Res gestae favriesi: al servizio del Re , 7 maggio 1650

Nell’Ordinato del 7 maggio il Consiglio di Congrega per l’ordine di S.A.R. giunto fino a Favria attraverso il signor Paglia Giorgio luogotenente della compagnia di scielta e militia dell’Illustrissimo signor Ferdinando Conte di San Giorgio per la richiesta di soldati al presidio di Chivasso. La Comunità procede all’elezione della quarantena, il servizio militare durava quaranta giorni, i diciotto Particolari eletti sono: Francesco Costantino fu Simone, Giovanni Domenico Gaijs Bertelo, Pantaleone Pomato, Giovanni Matteo Rosso fu Bartolomeo, Marcho Moretto, Guglielmino Casolascho, Domenico Serena Tappero,Claudio Tritio, Giovanni Pietro Cattaneo, Lorenzo Forgialo, Guglielmo Moscha, Antonio Nitia Giochetto, Tomaso Chiarabaglio, Antonio Vaijra fu Martino, Pietro Tarro, Giovanni Domenico Costantino fu Costantino, Domenico Biesta fu Pietro Giovanni, Francesco Giovanni Maria Vaijra. Viene imposto ai Particolari di stare pronto con le loro “arme e bogge” per partire sotto il comando dell’Illustrissimo Conte Allevame, colonnello, lo stipendio per ogni Particolare, a carico naturalmente delle Comunità di Favria era di lire otto. Nell’Ordinato del 5 ottobre  il Consiglio provvede all’elezione di 18 Particolari per andare a servire il presidio di Crescentino o dove ordinato al servizio di Quaglia di San Giorgio, alfiere della Compagnia. All’elezione hanno fatto opposizione Antonio Vaijra con il pretesto di un dolore alla gamba, Giovanni Pietro Capello sotto il pretesto di essere custode della Roggia, Giovanni Antonio Burchio con il pretesto di essere conservatore di caccia, Giovanni Domenico Bima sotto il pretesto di esser chierico e rogato dopo l’elezione, Domenico Faletto sotto il pretesto di essere massaro di Giovanni Beda prete della Parrocchiale di Favria. Il Consiglio dei detti nobili congregati ordina ai Particolari di andare lo stesso al servizio militare in quanto eletti dal Consiglio, che servino in buon animo e non mettano in difficoltà sindaci e consiglieri. Viene stabilita la paga di 10 soldi al giorno  per Particolare e ordinano all’esattore Carlo Antonio Costantino di pagare quanto stabilito. Vengono poi eletti altri soldati in sostituzione dei Particolari che si sono opposti nelle persone di: Domenico Ferrero, Antonio di Gabriele, Francesco Cataneo fu Giacomo, Pietro Andrisone, Bernardo Bollone, Giovanni Bandito e Giacomino Minolla. Nell’Ordinato del 14 ottobre 1650 la Comunità su ordine di SAR manda   dieci Particolari al  Presidio di Chivasso muniti di zappe, picchi, badili e falcetti, i Particolari eletti sono i seguenti: Giovanni Matteo Taritio fu Tomaso, Martino Gaijs, Tomaso Gaijs, Ludovico David, Giovanni Battista Ghigono, Vincenzo Cattaneo, Giovannino Midolla, Battista Gaijs fu Giovanni Giacomo, Antonio Choa, Pietro Bima. E’ interessante la descrizione fisica dei Particolari chiamati alle armi, nell’ordinato del 11.2.1795 vengono così descritti: Vajra Pietro di Bernardino di anni 16 come da consegna scorso anno, capelli ed occhi biondi, di questo luogo; Dona Bartolomeo di Antò di anni 17, capelli ed occhi scuri, di questo luogo; Votta Domecò, di anni 17, occhi e capelli castani di questo luogo; Cattaneo Sebastiano, anni 19, di occhi e capelli quasi neri.

Favria,  7.05.2014      Giorgio Cortese

 

Ogni giorno mi devo ricordare quel  proverbio cinese che dice: “Dove non c’è la tigre, anche la lepre spadroneggia” Bisogna evitare di passare per saggi, solo perché si tace.

 

Rosa, un fiore, un nome di donna o sei sfumature di colore!

Il rosa è un colore ottenuto miscelando il rosso e il bianco, talvolta descritto come un colore della gamma del rosso, più tecnicamente si tratta di un rosso chiaro è usato oggi come simbolo di amore e dolcezza. Esistono sei gradazioni di rosa: Rosa caldo, Rosa shocking, Rosa profondo, Rosa vivo, Rosa scuro, Rosa Antico. Oggigiorno in alcuni paesi, il  colore rosa è associato con il sesso femminile, mentre l'azzurro o meglio la carta da zucchero è associato con quello maschile. Un esempio molto comune sono i fiocchi appesi alle porte per indicare il sesso di un nuovo nato. Questo mi fa pensare che, oggigiorno per una serie di circostanze economico sociali, ci sono ancora cose da maschi che le femmine non possono fare e ci sono cose da femmine che è vergognoso che i maschi facciano, come quello di indossare qualcosa di rosa. Quello di attribuire i colori in base al sesso dei bambini e bambine, è uno dei clichè mentali più scontati, che ci portiamo dietro dal diciottesimo secolo. Per secoli il colore rosa è rimasto neutro e veniva usato sia dai maschi che dalle femmine, ed era perfettamente normale per un uomo indossare un abito di seta rosa con ricami floreali. Fino ad allora le bambine ed i bambini fino ai sei anni, venivano vestiti con abiti lunghi di colore bianco e l’unica differenza era il posizionamento dei bottoni. Per gli uomini nei secoli passati, i nobili, che si vestivano da soli, quasi tutti destri, era più comodo che i bottoni fossero dal lato della mano che doveva infilarli, ossia con maggior probabilità la destra. Le donne invece generalmente non si vestivano da sole ma venivano vestite dalla dama di servizio, e quindi i bottoni dovevano essere situati in posizione della mano destra di quest' ultima. E poiché questa si trovava di fronte, di conseguenza alla sinistra della donna che veniva vestita.  Anche se oggi ciò non ha più ragione d'essere, tale consuetudine di disposizione dei bottoni si è tramandata fino ai giorni nostri. Tornando al colore rosa, la scelta del colore bianco per i bambini fino ai sei anni era soprattutto di natura pratica: gli abiti bianchi e i pannolini bianchi di stoffa erano infatti più semplici da lavare, più che per il sesso la differenza degli abiti   si distingueva  tra i piccoli ed i grandi. Verso la metà del   Diciannovesimo secolo il rosa, il blu insieme ad altri colori di tonalità tenue furono introdotti nell’abbigliamento per bambini. Traccia di questa  moda si trova nel romanzo, femminile, di Louisa May Alcott: “Piccole Donne”, letto da bambino, dove in dove un nastro rosa è usato per identificare la bambina ed uno azzurro il bambino. Nel romanzo tale usanza viene definita moda alla francese, una moda che prendera alla fine il sopravvento negli usi e consuetudini precedenti. Pensate che negli   Usa,  nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale, era abitudine vestire i bambini di rosa, colore considerato allora più forte e deciso e vestire le bambine di blu, considerato un colore delicato e grazioso, è più adatto alle femmine. Il rosa allora veniva associato al rosso, colore forte e virile legato agli eroi e ai combattimenti, mentre il blu veniva associato al colore del velo con cui veniva rappresentata la Vergine Maria e questa tendenza perdura fino al 1927. ma dopo la grande crisi del 1929, evento epocale, tra gli anni  tra  gli anni Trenta e Quaranta le cose iniziarono però a cambiare: gli uomini cominciarono a vestire con colori sempre più scuri, associati al mondo degli affari, per distinguersi dalle tinte chiare percepite come più femminili e legate alla sfera domestica.  E negli anni Cinquanta, avviene una precisa  assegnazione dei colori tra le bambine ed i maschietti. Poteva andare diversamente, fu una scelta del tutto arbitraria, legata alla società consumistica di quel tempo. Da allora il rosa finì per essere identificato con le donne e divenne onnipresente non solo nell’abbigliamento ma anche nei beni di consumo, negli elettrodomestici e nelle automobili. La bambola Barbie fu introdotta nel mercato proprio in quegli anni e consolidò la femminizzazione del rosa. Negli anni Settanta, con la diffusione del movimento femminista e la messa in discussione dei ruoli tradizionali di genere. Le donne iniziarono ad adottare stili più neutri, privi di dettagli riconducibili al sesso. La ribellione contro questa moda si trova, in quel periodo nel fumetto dei Barbapapà, dove non era un caso che il padre fosse rosa e la madre nera. Ma ormai il clichè era entrato a fondo nella società e negli anni  Ottanta si impone definitivamente l’idea dei colori che  distinguevano i bambini dalle bambine. E pensare che il  colore rosa la dolcezza e l'innocenza del bambino o bambina che è dentro ognuno di noi. Non a caso è usato moltissimo per pubblicizzare prodotti per neonati, sopratutto nelle tonalità più chiare, per le sue capacità di rilassare e renderci più sensibili alle cure che un neonato richiede. Nelle tonalità più chiare è perfetto per tingere le pareti delle camere da letto perchè favorisce un buon riposo. Nella religione Cristiana Cattolica, il rosa simboleggia la gioia e la felicità. È usato nella terza Domenica di Avvento, chiamata Gaudente e nella Domenica di Quaresima, chiamata Laetare. In alcune culture orientali è simbolo di felicità perfetta, raffinatezza e modestia. Per gli antichi Egizi racchiudeva in se le qualità del rosso e del bianco, i due colori che uniti formano il rosa. Il rosso per gli Egizi era il colore simbolo della vittoria e della vita, mentre il bianco era simbolo di onnipotenza e purezza. Il rosa   è il colore sociale del Palermo Calcio.  Il leader del Giro d’Italia indossa la Maglia rosa, in onore del quotidiano sportivo la Gazzetta dello Sport, che organizza l’evento. Il colore rosa è anche associato con l'omosessualità.. Tale accostamento deriva dal modo con cui i nazisti contrassegnavano con un triangolo di questo colore  i prigionieri omosessuali. Purtroppo la malignità degli uomini è riuscito anche ad associarlo come  colore discriminante il caldo e rilassante rosa. simbolo di amore e dolcezza.

Favria, 8.05.2014     Giorgio Cortese

 

Certe persone chiamano comunemente idee quelle che hanno lo stesso grado di confusione delle proprie

 

Taraxacum

Taraxacum, nome dato alla fine del Medio Evo, dal greco turbamento e rimescolo e da tarasso, rimedio, allusione alle sue proprietà. Leontodon dal greco dente di leone, per la dentellatura delle foglie, paragonata ai denti di leone o soffione, o anche con lo storpiamento del nome in tarassàco. Uno dei nomi comuni del tarassaco è anche piscialletto poiché ai bambini viene di solito raccontato che chi lo coglie bagnerà il letto durante la notte. Si cominciano a trovare notizie su questa pianta a fiore, angiosperma,  appartenente alla famiglia delle Asteracee a partire dal XV secolo; documenti del 1500 ne parlano già come di un potente diuretico e altre fonti raccontano come venisse utilizzato come talismano per migliorare i rapporti sociali. Si utilizza anche in cucina: i boccioli non ancora schiusi posti sotto aceto si possono usare al posto dei capperi; la radice tostata in forno poi macinata fornisce un benefico surrogato del caffè. I medici cinesi usavano prescrivere il tarassaco sin da tempi antichissimi per trattare numerosi disturbi (raffreddore, bronchite, polmonite, epatite, foruncoli, ulcere, sovrappeso). I medici arabi del X secolo furono i primi a riconoscerne le proprietà diuretiche. Nel XVII secolo, il tarassaco era così diffuso come diuretico da essere volgarmente chiamato "piscialletto", dal francese pissenlit, nome tuttora in uso nel dialetto toscano. Nel tarassaco quando  i frutti, i falsi acheni con pappo alla maturazione,  i peli dei pappi si espandono formando un’infruttescenza a sfera che, al minimo soffio, si dissolve perché gli acheni si staccano facilmente dal ricettacolo, per questo si chiamano anche soffioni. E allora soffio, soffio forte,e così volano  via   i peli dei pappi maturi, e si espandono formando un’infruttescenza a sfera che, al minimo soffio, si dissolve perché gli acheni si staccano facilmente dal ricettacolo dal fiero germoglio del  dente di leone che divieni nel mutare un gentile soffione.. Gli acheni pare che si librino col paracadute e mi scompaiono  intorno.   Nella storia contadina, si racconta che se  soffiando sul soffione dal suo interno sortirà un desiderio espresso. Certo che basta poco  davvero che un   gentile fiore si lascia disperdere nell'immensità del cielo. Ma quando soffio mi viene da pensare con un ragionamento molto materiale che  la natura sembra che abbia creato i soffioni non per il mio  svago, ma invece il  tarassaco, mi spinge a soffiare con potenza favorendo nuova infiorescenza.

Favria, 10.5.2014  Giorgio Cortese