GIUGN

L’ sol buient a fa madurè ‘lgran e a fa sudè per tutt ‘l dì ‘l paosan chom ant’ii sorch, con l’amiolet an man. Ma quand che ‘ns’ l’eira chiel a bat so gran a dismentia i so crussi nt’ la speranssa s’an racolt rich e ‘d frut an abundanssa.

 

Per superare i quotidiani ostacoli gli alleati migliori sono   il coraggio, la calma e la pazienza. Il coraggio mi da forza,  la calma mi fa riflettere e la pazienza  rinforza i due precedenti

 

La sfida della Fidas

Buongiorno a tutti  i volontari, ed un sentito e sincero ringraziamento a tutte le  autorità qui presenti ed al rappresentante del Consiglio Regionale ADSP-FIDAS Ing Faggiani Ricci. Oggi nella Festa sociale della Fidas di Favria Gruppo L.Tarizzo- D. Chiarabaglio, il nostro 26 compleanno

Prima di iniziare voglio a nome del Direttivo ringraziare tutti i commercianti di Favria che hanno contribuito alla riuscita della manifestazione, ringraziamo chi ha donato qualcosa per la festa e chi nulla, come donatore ringrazio sempre tutti anche chi dona un sorriso, nella vita l’importante è donare sempre qualcosa di positivo alle persone che abbiamo vicino.

Un ringraziamento sentito e sincero alla Pro Loco ed al suo Presidente e a Carlino per l’ospitalità e la disponibilità del gazebo e del tavolo posto all’ingresso del salone.

Grazie alla Protezione Civile  Comunale con i suoi volontari sempre attenti e premurosi di fornire un ottimo servizio.

Oggi Vi vogliamo parlare della donazione del Sangue. Donare sangue, un semplice gesto gratuito che spesso salva una vita. La solidarietà nei donatori scorre nelle vene. Il sangue è un liquido che rappresenta il 75 del peso del nostro corpo ed è responsabile delle più importanti funzioni vitali.  Di sangue, pur con i progressi della medicina e l’aumento dei donatori di sangue non c’è ne mai abbastanza! Il problema si aggrava durante l’estate, perché diminuiscono i donatori per le ferie estive. Tutti Voi potete donare sangue, basta essere di età tra 18 ai 65 anni, peso corporeo non inferiore ai 50kg. Al momento della donazione devono essere a norma: la temperatura corporea, la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca e l’emoglobina. Per una donazione vengono prelevati 450 millilitri di sangue. Per le donne in età fertile solo 2 volte all’anno, ogni sei mesi. Per gli uomini max 4 volte all’anno, ogni tre mesi,  dopo ogni 90 giorni. Tenete presente che il sangue si  costituisce dopo poche ore. Non esiste nessun rischio di contrarre infezioni donando sangue perché il materiale impiegato è sterile e usato una sola volta. I controlli sui donatori sono molto accurati e l’unico sistema per evitare la speculazione ed i rischi di contagio è quello di aumentare il numero di donatori periodici.  Come gruppo abbiamo raggiunto l’anno scorso la quota di 545 sacche! con 340 donatori attivi. Ne abbiamo fatta di strada dal lontano maggio 1988 quando venne fondato il gruppo ed erano  partiti nel 1988   con 42 donatori raccogliendo  149 sacche. Si siamo cresciuti in tutti questi anni abbiamo donato un fiume di sangue e di volontariato, tra quattro anni arriviamo ai 30 anni, andiamo avanti e cresciamo anno per anno. Non sempre i nostri sacrifici vengono a mio avviso ripagati con la collaborazione e quella minima riconoscenza che ci attenderemmo, e ci duole come Direttivo vedere impedito ai donatori membri del nostro sodalizio di parcheggiare nel cortile interno del municipio, così come ci duole dover corrispondere al Comune canoni di locazione e la cauzione, che riteniamo elevata se applicati ad un'Associazione come la nostra, priva di ogni scopo di lucro, fatta di donatori; ma noi andiamo avanti lo stesso, siamo donatori appunto, non ci attendiamo nulla se non appunto di poter essere utili al nostro prossimo.  Ma non importa, siamo e continuiamo a crescere lo stesso e il trend è sempre di più positivo. Noi come Donatori non facciamo politica, non siamo partigiani di nessun schieramento politico a livello locale come a quello nazionale noi raccogliamo il sangue in ogni donazione collettiva  per tutti gli esseri umani che sono nostri fratelli e sorelle e che hanno bisogno del nostro sangue. Inviterei il Signor Sindaco e ai membri dell’Amministrazione Comunale a venirci a trovare durante le donazioni, le offriremo sicuramente un caffè ed un panino, ma non solo, anche una forte carica di calore umano e di sincero volontariato! Così non ci si troverebbe solo negli incontri ufficiali come oggi ma nella quotidianità dei rispettivi compiti. Certo  di sangue non c’è ne mai abbastanza ma da quest’anno e negli anni avvenire la sfida è ancora più motivante per noi volenterosi donatori. La sfida non sarà solo quella di donare solo sangue, ma di donare oculatamente con il plasma e la plasmaferesi dove la carenza in Italia è tantissima Questa è la sfida che come Gruppo Comunale Fidas vogliamo porci nell’era della globalizzazione. La donazione del plasma si chiama plasmaferesi e si esegue con apparecchiature che prelevano il sangue e ne separano le componenti, restituendo le cellule al donatore in un processo continuo, attraverso un unico accesso venoso, per una apparecchiatura monouso .Questa donazione ha una durata variabile da 35 minuti a 50 minuti circa, si effettua su appuntamento e poiché sono necessarie apparecchiature specifiche, separatori cellulari. Come gruppo abbiamo a disposizione otto posti letto, al venerdì con cadenza bimestrale presso il gruppo di Rivarolo che ci ospita e che pubblicamente ringrazio per la disponibilità, ma questo tipo di donazione è anche possibile effettuarla presso il gruppo di Ciriè-San. Carlo o presso la sede di Torino in via Ponza, sempre su prenotazione.  Il plasma rappresenta la componente liquida del sangue, grazie alla quale le cellule sanguigne possono circolare. Il plasma è costituito prevalentemente da acqua (oltre il 90%), nella quale sono disciolte e veicolate molte sostanze quali proteine, zuccheri, grassi, sali minerali, ormoni, vitamine, anticorpi e fattori della coagulazione. La  donazione di piastrine detta piastrinoaferesi consiste nel prelievo delle sole piastrine. La donazione dura circa 90 minuti e le piastrine raccolte verranno utilizzate entro 5 giorni dal prelievo per la terapia di alcune gravi malattie come per esempio le leucemie, per i pazienti oncologici in chemioterapia e come supporto fondamentale nei trapianti di midollo osseo, per effettuare questa donazione bisogna andare alle Molinette alla Banca del Sangue. Queste due donazioni sono la nostra sfida, trovarci assieme. programmare la donazione, prenotare magari a Torino un piccolo gruppo che raggiungerà il luogo della donazione con un pulmino.  Come Associazione Favriese crediamo nel valore aggregate di una Comunità e allora ecco che a Titolo personale formulo una richiesta sulla Vostra disponibilità di donatori, e se L’amministrazione Comunale sarà d’accordo ad accettare di portare avanti, una pubblica sottoscrizione di cittadini e delle associazioni favriesi che ne vorranno fare parte per mettere a dimora un nuovo cedro del Libano nel parco Martinotti e di  depositare vicino alle sue radici  un piccolo barattolo con i nomi dei sottoscrittori e pensieri  di concittadini favriesi adulti e bambini. Grazie dell’attenzione e buona festa a tutti ed evviva la Fidas ed un hurrà per i volontari che con le loro donazioni, impegni e sacrifici rendono rigogliosa questa associazione. Infine ricordo che tra due anni scadrà il mio mandato, ed allora saranno ben 15 anni che sono alla guida di questo sodalizio, è giusto e doveroso richiede ai donatori di incominciare a pensare al prossimo Direttivo e al nuovo Presidente, perché per crescere abbiamo sempre bisogno di idee nuove, di idee vincenti di iniezioni di “sangue nuovo”  di una   sincera ed entusiastica passione

W la Fidas, W tutti i donatori di sangue, W Favria  ed anche W la Repubblica la cui festa cade domani e che purtroppo da diversi anni non viene più degnamente celebrata.

Favria  1 giugno   2014       Giorgio Cortese

 

Noi donatori di sangue siamo creature uniche ed irripetibili, è scritto nel nostro patrimonio genetico ma anche nel nostro sangue.

 

The mirror, il quotidiano specchio

Oltre lo specchio, oltre l’impossibile spazio riflesso dove la mia immagine è prigioniera muta e perduta, mi domando ogni mattina, ma dietro i miei occhi che cosa si cela? Gli occhi che  sono gli specchi intimi dell’esistenza, fanno danzare nel proprio mondo i sogni di una vita anche quelli più profondi e intensi.   Più mi soffermo e scruto gli occhi, e più come non mai mi  perdo come dentro ad un labirinto privo di uscita. Gli occhi mi fanno pensare ad immensi universi colmi di speranza, e dove piccole e grandi stelle mi indicano il cammino verso la pace nell’animo, ma il mio quotidiano cammino continua senza mai trovare tregua. Come immensi specchi d’acqua limpida,  gli occhi sanno riflettere la luce tenue della luna e con essa illuminare le mie più, malinconiche notti, ma sono anche radiosi donandomi delle gionate inondate di felicità. Molte volte uno sguardo vale più di mille parole e mostro, in queste circostanze, senza timore il mio animo senza bisogno di parlare. Ogni giorno con gli occhi, questa meraviglia quotidiana mi soffermo e contemplo la bellezza della vita.   Gli occhi sono lo specchio del mio animo e custodiscono la mia verità interiore. Gli occhi sono come le porte della mia vita e chiuderli o giare l’ sguardo da un'altra parte, sarebbe come rinunciare a vivere. Mille sguardi accompagnano la mia vita quotidiana e mi sembrano simili a  miliardi di stelle che nel cielo mi permettono di sognare. Tornando allo specchio, quante volte se osservo  attentamente mi viene da pensare che nella vita di battaglie ne ho già combattute molte e perse ancora di più ma la battaglia che ogni giorno devo vincere è quella che ingaggio ogni mattina davanti allo specchio, la quotidiana lotta della coerenza nelle idee e nel vedere dentro gli occhi il mio animo, che è un giudice che non fa mai sconti. Insomma come scriveva sant'Agostino: “Ritorna in te stesso: è lì che abita la verità”. Con gli occhi scrivo, e lo scrivere è per certi versi come la pittura, alle volte frutto dell’impeto incontrollato dei sentimenti, altre, invece, di accurate e minuziose riflessioni. Parole che congiuntamente prendono corpo, e talvolta anche anima, trasformandosi da semplice mezzo di comunicazione in qualcosa di più articolato e veicolo di emozioni, sentimenti, stati d’animo

Favria  2.06.2014    Giorgio Cortese

 

Più invecchio e più mi rendo conto che le  parole formano il filo su cui infilo le mie esperienze

 

Lo squasimodeo neghittoso!

Tempo addietro un colto cliente apostrofava certi personaggi pubblici come degli squallidi squasimodei neghittosi. Neghittoso significa pigro, lento, tardo, che fugge la fatica. Accidioso, indolente. Negligente, inoperoso, ozioso insomma un grandissimo infingardo. Questo lemma deriva dal latino neglectus, participio passato di “negligere”, trascurare. Personalmente la ritengo una parola dal suono buffo, simpatico, e mette in luce i legami che il concetto di negligenza ha con la pigrizia,   infatti trascuratezza e indolenza sono spesso accoppiate,  ma non sempre, e il neghittoso non è il trascurato per fretta o incapacità. Il neghittoso è colui che manca ai propri doveri per ignavia. Questa parola forse dovrebbe essere usata di più visto il proliferare di neghittosità! Ci sarebbe bisogno di fare assumere a queste persone delle robuste dosi di sneghetto, per dare la sveglia, insomma di “sneghittire”. Ma questi figuri oltre ad essere neghietti sono pure squasimodei.  Questo lemma è una voce antica, usata anche dal Boccaccio, e ancora in voga nell'Ottocento, ma oggi quasi dimenticata. Questo vocabolo aveva assunto anche il significato di fare le moine e le smancerie. Secondo il Devoto Oli il lemma potrebbe derivare dalla formula latina “quasi modo geniti infantes”, come bambini appena nati. Secondo altri potrebbe derivare dal lemma arabo “mudemmoegh”, che significa fatuo, stolto. Mancano insomma di paressia, lemma che deriva da due parole del greco antico, pan, tutto, e reo, dire, che significa, letteralmente, “dire tutto”. Quindi franchezza, libertà di parola, chiarezza, schiettezza, diritto-dovere di dire la verità Il termine greco viene attribuito a Euripide, V secolo a.C., che lo coniò per indicare la virtù del dire la verità, il contrario dell’ipocrisia dei quotidiani squasimodei neghittosi che pensano sempre di prenderci in giro con il loro falso atteggiamento serafico. Si pensano delle caldaie che ribollono di idee ed invece sono solo delle misere “cantimplora”. Questa parola che sembra quasi ad evocare atmosfere quasi mistiche indica, semplicemente, un “antico arnese per annacquare e freddare il vino”. Il termine deriva dallo   spagnolo cantimplora o canteplora, che deriva dal latino canna impletoria, canna da empire. Ma è convincente anche un’altra tesi, secondo il quale la derivazione va attribuita al francese chantepleure, letteralmente canta-piange, per il rumore che vi fa il liquido. Insomma per loro, viste le loro continue furbate si dovrebbe fare pagare di nuovo il blachennomio, lemma che deriva dalle parole del greco antico blakennomion e telos, tassa sulla stupidità, composto di blax, pigro, stupido e nòmos, legge. Pensate che nella Grecia ellenistica, e in particolare ad Alessandria d'Egitto, sotto i Tolomei, esisteva un'imposta stupenda, il blachennomio. Questa imposta andava a colpire i redditi degli astrologi, già allora era ben noto che la loro fosse una delle professioni indicate per spennare gli sciocchi, e visto che gli stupidi, per un verso o per un altro, rappresentano sempre un costo per la  società, mi viene da pensare che anche la stupidità di cui si riferisce questa parola non è generica, si tratta specificamente della stupidità che nasce dalla pigrizia, e così ritorniamo ai neghittoso e purtroppo la felice intuizione del blachennomio oggigiorno non è andata perduta. La stupidità oggi si chiama con tutti i giochi d’azzardo tollerati da una legislazione amorale, e poi la società, cioè noi, dobbiamo curare questi poveracci dalla ludopatia! Ma con la parola blachennomio mi riferisco anche a tutti i componenti della famiglia di introiti che lo Stato acquista tassando, mediatamente, la sciocchezza dei cittadini, e noi pantaloni paghiamo beati e contenti . Chiedo scusa per chi fino qui mi ha letto nel seguire questa mia brachilogica mail. Brachilogico, altra parola greca composta da brachys, breve e logos, discorso e grazie della Vostra pazienza ferrigna.

Favria,  3.06.2014     Giorgio Cortese  .

 

Molte volte cercare di essere paziente mi permette di non incorrere in quegli errori che la maggior parte delle persone fanno. Fare ogni giorno un piccolo esercizio di pazienza mi insegna a vincere le sfide della vita

 

Pensieri in bicicletta

Molti giorni la mia vita mi sembra come una bicicletta,  sta su perché va e per  mantenere l'equilibrio devo continuamente muovermi.  La bicicletta come la vita quotidiana mi insegna cos’è la fatica, cosa significa salire e scendere,  non solo dalle montagne, ma anche nelle fortune e nei dispiaceri, mi insegna a vivere. La bicicletta due ruote leggere simili a due pensieri rotondi e pieni di luce per capire la strada e sapere dove conduce.  La bicicletta è bella per quello che mi può dare. Mi fa stare bene, mi dà la possibilità di sentire, di parlare, di vedere il mondo da un'altra angolazione. La bicicletta mi fa tornare indietro nel tempo, mi fa tornare adolescente e di questo periodo dell’anno ricordo di quando andavo a “maroda” delle ciliege. Maroda lemma piemontese che deriva dall’antico francese marodeur, predone, saccheggiatore, razziatore, da cui deriva in francese anche il lemma maraud, gaglioffo, furfante. Per noi ragazzi allora non era sicuramente il saccheggio ma andare a mangiare le ciliegi mature ed invitanti di un appezzamento che non era certo il mio, la soddisfazione di poterne mangiare qualcuna, questa era per me la “maroda”. La bicicletta due ruote sottili due, idee rotonde piene di vento per ricordare sudate salite e temerarie discese e ricordare con nostalgia la gioia  e lo spavento. In  sella alla bicicletta mi sembrava di avere le ali ai piedi La bicicletta due ruote leggere due parole rotonde piene di sana gioia per parlare col mondo. La bicicletta è bella per quello che mi può dare. Mi fa stare bene, ti dà la possibilità di sentire, di parlare, di vedere il mondo da un’altra angolazione. La bicicletta  mi fa tornare indietro nel tempo, mi fa tornare ragazzo quando allora mi sembrava da ragazzo di essere un cavaliere in sella al suo destriero.

Favria,  4.06.2014    Giorgio Cortese

 

Nella vita non si  può trasformare il buio in luce e l’apatia in movimento senza sincera passione che genera una grande emozione

 

Animo diversamente sereno

Se penso al mio stato d'animo attuale posso dire che è diversamente sereno ed i refoli di ricordi riaffiorano, i ricordi sono come le stagioni si   susseguono veloci. Quando incontro delle persone molto care che si stanno lentamente consumando vedo sempre un sorriso tra le rughe del loro viso che hanno visto tantissime stagioni e un  po’ di stanchezza nelle loro ossa. Alcuni giorni prima di morire mio mio papà mi ha offerto, come oro nelle mani, con la sua mente saggia una manciata di caramelle. Recentemente ho letto che un greco nel   II sec. ad Alessandria d'Egitto elaborò una galleria di 50 ritratti letterari di animali, spesso con annotazioni fantasiose. L'opera fu tradotta in latino e in varie lingue antiche orientali e divenne popolarissima nel Medioevo col titolo Fisiologo. Non di rado quei profili hanno finalità morali, come nel caso dell'upupa sull’amore filiale e ha come spunto di partenza l'esperienza del vecchio che sembra regredire allo stato infantile, e quindi l'invertirsi dei ruoli: “…Esiste un uccello detto upupa. I figli, quando vedono i genitori invecchiati, strappano loro le vecchie ali, leccano loro gli occhi e scaldano i genitori sotto le proprie ali e quasi li covano, così da farli ridiventare giovani.”.  Nei giorni prima del decesso pensavo a mio papà, come mi hai covato e Ti sei dato grande pena per farmi crescere, così devo fare adesso io nei Tuoi confronti, anche se Tu mi pensi sempre il Tuo bambino e cerchi con cura le caramelle che mi  offrivi già quando ero piccolino. garzie papà anche se adesso non sei ppiù con me in questa umana esistenza, grazie di tutto!

Favria, 5.06.2014    Giorgio Cortese

 

I falliti si dividono in due categorie: coloro che hanno agito senza pensare e coloro che hanno pensato senza agire

 

Res gestae favriesi, da fabbricanti di botti a Bottino e Bottero

Pare che in Italia ci siano 910 persone hanno il  cognome Bottino e circa  712 che hanno  il  cognome Bottero. Questi due cognomi Bottino e Bottero, unitamente a Bottari, Bottaio, Botteri, Bottero sono una variante del cognome originario Bottai, ma il  cognome Bottini è proporzionalmente il più diffuso ai giorni d'oggi ma sono tutti compresenti e attestati variamente dal XIII-XIV secolo. Con tale soprannome di mestiere, poi divenuto nome e quindi cognome si prese ad indicare,  "chi fabbrica, ripara e vende botti"  da botte coi suffissi di mestiere -aro, -èro, -ino.. Pare che il lemma botte,  si vuole che derivi dal tardo greco boutis, vaso vinario, in latino butta, ma potrebbe derivare dal celto bot, but, con il significato di cosa gonfia, in cimbro, both, corpo rotondo. Questo vocabolo in molte lingue indoeuropee come l’anglo sassone butte, byt  in islandese significa anche calzatura, in gaelico, bot, fiammingo bootje, inglese boot, per una similitudine facile da comprendere, infatti l’otre che conteneva il vino nel medioevo era di cuoio. Oggi si intende per botte un recipiente in forma pressoché di doppio tronco di cono, costituito da doghe di legno opportunamente incurvate e mantenute strettamente a sesto da cerchiature, chiuso alle due estremità da fondi circolari, e di solito fornite di un foro, cocchiume,  nella parte più gonfia e di un altro, spina su uno dei fondi presso il bordo. La botte si  usa per conservare il vino e altre bevande. Si potrebbe dedurre allora  che i toponimi presenti in Favria, e Forno, case Bottini,   frazione Bottini sono da ricollegare aluighi dove avveniva anticamente l’attività di bottai

Favria  6.06.2014    Giorgio Cortese

 

S'ode a destra uno acuto suono di  clacson

Sembra strano ma il  clacson è stato ideato nel  1808 dall’inventore statunitense Miller Reese Hutchinson. Il brevetto del dispositivo venne rilevato dall'azienda Klaxon di  Newark, Usa, che che iniziò a commercializzarlo nel  1914. Nella sua prima versione, il clacson  produceva il   tipico suono che può essere onomaopeicamente reso con la parola "HA-UU-HA". Nell'arco di un breve periodo, anche considerata la sospensione della produzione automobilistica,  1914 – 1918, causata dalla  prima guerra mondiale, venne adottato dalle principali  aziende automobilistiche, in sostituzione delle precedenti tipologie di avvisatori acustici, per lo più costituite da trombe a pera, campane e  sirene. Dall'italianizzazione del nome aziendale "Klaxon", a partire dal  1923, iniziò a comparire sulla stampa la parola "clacson" che ebbe subitanea diffusione per indicare il comando di azionamento del dispositivo di segnalazione acustica dei veicoli, specialmente delle autovetture, ed anche quale sinonimo del dispositivo stesso. Da questa deriva il verbo clacsonare che significa appunto: "suonare il clacson" Ma il lemma clacson” è anche un eponimo, dal greco eponymos, composto di epí "sopra" e ónyma "nome"; cioè "soprannominato" un personaggio, sia esso reale o fittizio, che dà il suo nome a una città, un luogo geografico, una dinastia, un periodo storico, un movimento artistico, o altro. In origine indicava il personaggio, in genere mitico, a cui si attribuiva la fondazione di una città o di una stirpe. Attualmente il termine eponimo ha assunto un altro significato con le invenzioni, leggi scientifiche, teoremi matematici e formule che vengono infatti ricordate col nome del loro scopritore o inventore, insomma un doveroso e giusto tributo che rende al merito. Ecco allora alcuni celebri eponimi,   Alessandria d'Egitto da Alessandro Magno;  America da Amerigo Vespucci navigatore;  Ampere, da Andrè-Marie Ampere, fisico; Cardigan da James Brudenell, VII conte di Cardigan; Boicottare: da Charles Cunningham Boycott, agricoltore; Cane San Bernardo: da  San Bernardo di Mentone; Biro da Laszlò Jozef Biro, inventore; Besciamella, da  Louis de Bèchameil marchese di Nointel, 1630-1703, Big Ben, da Beniamin Caunt,  pugile; Bobby: da Sir Robert Peel, politico; Braille da Louis Braille, pedagogo e inventore Tornando ala cacofonia del traffico, quando arrivo a casa alla sera, dopo cena, seduto sulla comoda poltrona penso alla giornata passata, docile ed   efficiente, dove mi sono quasi incerato le orecchie nella quotidiane abitudini nell’operosità quotidiana,  per non prestare ascolto all’onda frenetica che dalle finestre invade la casa e l’ufficio o quando sono in auto o a passeggio come pedone.  Un’onda vitale generata dai miei simili bipedi,  un coro “Vivacissimo  allegretto” di auto, moto,  di  motori e colpi di clacson che innalza inni “Allegro moderato” alla quotidiana frenesia. Oggi nell’era virtuale, del qui adesso, della comunicazione 2.0, le strade nelle ore di punta si trasformano in un’assordante babele di colpi di clacson. Viviamo in una società acusmatica, lemma che vuole significare un  suono che si sente senza che la sua origine sia visibile. Deriva dal   francese, acousmatique, aggettivo coniato dal compositore e musicologo francese Pierre Schaeffer intorno alla metà del secolo scorso, mutuato dal greco akousmatikoi, nome degli allievi di Pitagora che udivano in silenzio le sue lezioni senza vederlo, da akousma, voce, suono. Questo aggettivo si è però rivelato versatile, e ha travalicato il campo musicale e in effetti può essere impiegato in tutti i casi in cui sia udito un suono la cui origine non è visibile. È quindi acusmatica una voce al telefono, dato che la persona all'altro capo non si vede. Appunto per questo è acusmatico la sinfonia di rumori nella strada, del traffico, con clacson e sirene persi in lontananza.. Prendendo a spunto la poesia di Alessandro Manzoni “Il Conte di Carmagnola” si potrebbe dire: “ S'ode a destra uno acuto suono di  clacson, a  sinistra risponde uno timbro acuto di altri clacson. D'ambo i lati il calpestio dei penumatici rimbomba dei  novelli cavalieri alla guida che sgommano impazienti.” Ma esiste nella vita una spazio  in cui però non è concesso tapparsi le orecchie, un luogo in cui non sono ammesse noie e indifferenze, dove il chiasso convulso che fa da colonna sonora alla nostra società liquida viene lasciato fuori, uno spazio dedicato al silenzio della voce, dei gesti, un silenzioso filo invisibile. Ma com'e' difficile interpretarlo, com'e' difficile spiegarlo, dice tante cose profonde e sincere. Il silenzio  è un amico fidato che mi  prende per mano e mi accompagna nelle profondità del mio animo. Il silenzio mi fa sentire la gioia e il dolore più intensi e sinceri. e mi rivela tutti i segreti che la bocca cela ma a volte. si unisce all'orgoglio e alla  superbia e   insieme costruiscono un muro difficile da abbattere che si pone tra me e gli altri

Favria,   7.06.2014  Giorgio Cortese

 

Pieuva  a San Medard quaranta dì i son part