I have a new dream!

Lettera aperta ai Sindaci ed Amministratori Canavesano, perchè il Canavese ha bisogno di una svolta forte per potere ripartire sia economicamente che socialmente. Il Canavese per aiutarlo a ripartire oltre alle capacità manageriale degli imprenditori, la professionalità dei lavoratori ha bisogno di maggiore omogeneità politico amministrativa per poter ripartire veramente. Siamo qui nell’alto Canavese una realtà frazionata di piccoli o modesti centri, abbiamo tanti paesi e qualche piccola città ma che fuori dall’ambito locale a livello provinciale o regionale non contano nulla sul piano del peso numerico degli abitanti e tanto meno in quello economico. Permettetemi di parafrasare la celebre frase del principe di Metternich sull’Italia del 1815: “Il Canavese, non deve essere solo un’espressione geografica” ma, un’espressione dell’unità di intenti del territorio, non un mosaico di Comunità sospettose le une con le altre, infatti se prendiamo una carta geografica-amministiva dell’Italia, quasi il verde Canavese non si vede! Sono il primo, come canavesano da tantissime generazioni ad essere orgoglioso della peculiarità della storia dei nostri  centri anche in quelli piccolissimi, perché le loro radici affondano nel medioevo e si sono sviluppati nel corso dei secoli con fatica e sudore dei locali amministratori e degli abitanti che li hanno vissuto. Una storia che non si deve mai dimenticare ne rinchiudere in un cassetto come un anticaglia ormai passata di moda. Il futuro che è adesso, il futuro che ci attende, la sfida del territorio è quella di fare squadra, ma non a parole ma su fatti concreti e su tutto. Certo che parlare di unione oppure di fusione, fa strabuzzare gli occhi a più di un amministratore locale, sinceramente geloso del suo territorio e delle sue peculiarità che deve giustamente essere salvaguardare e passare alle future generazione che li andranno ad abitare, perché se non conosciamo le nostre radici e il passato di dove abitiamo come possiamo fare crescere rigogliosa la pianticella del futuro per  le giovani generazioni del domani? E’ doveroso a questo punto fare una premessa per distinguere tra “fusione” e “unione” di comuni: con la “fusione” due o più comuni scompaiono e ne nasce uno nuovo, corrispondente alla somma dei territori di quelli soppressi. Con   “l’unione”, invece, due o più comuni mantengono la loro identità e autonomia ma costituiscono un nuovo ente per gestire in forma associata una pluralità di funzioni di loro competenza che riguardano l’amministrazione generale,  dall’anagrafe all’ufficio tributi, la Polizia locale, l’istruzione,  manutenzione delle scuole, la viabilità, la gestione del territorio e i servizi sociali. Ma l’unione la chiamerei federazione, dove ogni Comunità anche piccolissima rispetto ai centri più grandi, mantiene intatta la sua peculiare identità, senza avere nessun Comune capofila, ma la gestione paritaria in forma associata dei progetti tecnici per le opere pubbliche, e poi a seguire quanto già sopra menzionato. Per fare una gestione paritaria, i sindaci democraticamente eletti non dovrebbero avere il peso del voto in base agli abitanti ma in base alle teste, insomma il principio che ogni sindaco vale un voto, e poi la gestione tecnica dovrebbe essere definita dallo statuto di creazione dove in base alle caratteristiche  delle risorse umane verranno accentrati dei servizi senza per questo togliere il presidio del territorio nei piccoli centri che dialogheranno con il centro maggiore in via informatica e dando al cittadino subito quanto chiede. Con questa federazione tra Comunità di eguali si  razionalizzerebbe il persone che potrebbe essere impiego in tutto i Comuni coinvolti, si direbbe basta agli uffici fotocopia a pochi chilometri gli uni dagli altri, che fanno la stessa cosa e che moltiplicano solo i costi e che pesano sul carico fiscale dei cittadini. Pensate solo ai progetti delle opere pubblici, strade non più affidate a studi esterni ma gestite quasi completamente dall’Ente, pensate a quanto incidono i progetti ed i preliminari di questi. Pensate a quanto incidono gli incarichi legali dati ad una miriade di avvocati, ogni Comune sceglie il suo, ma dati ad un pool di legali, per le specializzazioni che gli competono e che seguono tutti i comuni facenti parte del progetto dandogli la consulenza necessaria. Pensate a delle piste ciclabili che proseguono da Comune a Comune o a delle strade che sono solo asfaltate da parte di un Comune o dall’altro, o alla programmazione economica. Vi domanderete come gestire una realtà così grande e complessa a livello amministrativo e come fare per evitare le prevaricazioni dei centri maggiori su quelli minori, la ricetta è semplice, ogni Sindaco vale un voto e non per quanti abitanti rappresenta per il suo Comune, questo per  evitare che i centri più popolosi dettino legge a quelli piccoli. Nessun centro perderebbe la sua peculiare autonomia ma a guadagnare saremmo sicuramente nei cittadini residenti con forse un minore carico fiscale. Occorre però che anche la classe politica Canavesano mel loro complesso si facciano fattivi e operativi sostenitori e incentivatori di tali percorsi. Non possono più essere premiate le divisioni come per troppo tempo si è fatto, la moltiplicazione di opere-doppioni, la persistenza di municipi sotto il minimo vitale, dove le tasse dei cittadini servono solo a tenere in piedi gli apparati, ma non a garantire la qualità dei servizi ai cittadini e una programmazione di più ampio respiro.

Favria, 14.07.2014    Giorgio Cortese

 

Il buon umore è   il migliore  ricostituente per lo spirito ed il corpo. Ritengo che sia l’antidoto migliore per ansia e depressione

 

Gli occhiali da correttivo per la vista a status symbol

Certo che la natura è fantastica, un  miliardo d'anni fa non avrebbe mai  sospettato che noi miseri bipedi avremmo portato gli occhiali, eppure ci ha fatto le orecchie! Si narra, che persino nell’antichità gli uomini primitivi usassero costruirsi occhiali da sole di “legno” con sottili fessure centrali che permettevano di vederci, occhiali usati dagli echimesi nell’Artico, per limitare il riverbero del sole. Oggi gli occhiali da vista più che oggetto di moda, è un oggetto che soddisfa esigenze di primarie del singolo individuo affetto da miopia, astigmatismo, ipermetropia e tante altre patologie degli occhi. Ma non e' da sottovalutare il fatto che anche l'occhiale da vista segue la moda, con occhiali dall'asta cosiddetta a forchetta o tempestati di strass. L'occhiale da vista viene consigliato da esperti oculisti in relazione alle patologie; ma esistono anche occhiali da vista per chi non ha una vera e propria patologia ma accusa stanchezza e affaticamento degli occhi, in tali casi si utilizzano, appunto, occhiali cosiddetti da riposo per chi lavora molto tempo al computer o per chi guarda molto la televisione. Naturalmente gli occhiali da sole se equipaggiati con lenti apposite sono in grado di proteggere gli occhi dai raggi solari e contemporaneamente di correggere la vista. Gli occhiali hanno una lunga storia già   Seneca indicava nelle sfere di vetro un mezzo per ingrandire le immagini.   Plino scrive che Nerone usava uno smeraldo per osservare i giochi dei gladiatori nell’arena e per molti questo è inteso come uso a fini ottici. Pensate che in Orienti i cortigiani si avvicinavano all’imperatore con enormi occhiali, perché l’imperatore era il sole in terra e poteva accecarli con la sua brillantezza. Il primo prototipo di occhiale da sole risale alla Cina del XII secolo, con lenti al quarzo grigio che usavano i giudici non per proteggersi dal sole, bensì per non lasciar trasparire le loro emozioni quando interrogavano nei loro tribunali. In Europa  si trova notizia degli occhiali nel  1100 quando la Repubblica di Venezia colse l’importanza di mantenere segreta l'arte della produzione del vetro, confinò le fornaci sull'isola di Murano con la scusa della pericolosità di queste nell'ambito di una città costruita prevalentemente con il legname del Cadore,  e pertanto vietava espressamente ogni fonte di traffico a forestieri e veneziani sia interna che esterna. Si evidenzia perciò che la produzione di lenti a Venezia era oramai fortemente presente. Si deve poi ai veneziani l’invenzione delle stanghette, in origine gli occhiali avevano una montatura molto pesante ed erano pensanti sul nazo e doceveno essere utilizzati con un manico da tenere con una mano, infatti gli ottici veneziani  introdussero le stanghette. chiamate branche, dal veneziano brancar trattenere. E’ bene ricordare che l’aplicazione razionale di questo t strumento correttivo per la vista è ipera di un Olandese Franciscus Donders, che   , che per primo prescrisse lenti con potere corrispondente alla correzione del difetto visivo. La prima industrializzazione dell'occhiale, in Italia, avvenne nel   1878 per opera di Angelo Frascura che aprì la fabbrica, indovinate un po’, in Veneto, dove esisteva già una tradizione artigianale per gli occhiali a Casalzo di Cadore, dando inizio al distretto industriale dell’occhiale. Ne hanno fatta di strada gli occhiali, inizialmente strumenti dell’elite, e anche gli occhiali da sole, usati all’inizio non per proteggere dal sole ma per mantenere il pallore del viso.Per i nobili mostrare il pallore era un elemento di distinzione rispetto ai popolani, costretti a lavorare in mare e nei campi ed erano abbronzati. I nobili si spalmavano la faccia di un cerone bianco ante Rivoluzione Francese per sempre più nobilmente pallidi. E’ solo nel ‘900 che gli occhiali da sole diventano un accessorio di massa. Dall’icona dei Ray Ban, che emerge negli anni ‘30 per gli aviatori, fino ai modelli personalizzati attuali di ogni foggia. Come sempre, l’accessorio funzionale diventa una moda del design. Il sole sarà anche fonte di luce e di vita, ma gli uomini hanno sempre unito il bisogno di proteggersi dal sole con il piacere di farlo. Il sole illumina il colore degli occhi. Ma l’imperativo della moda è dotarsi di un elegante paio di   occhiali da sole contro il sole a volte anche se il sole è già tramontato. Pensando agli occhiali mi viene in mente il mio primo ottico a Cuorgnè Doano, in via Garibaldi a Cuorgnè che mi ha venduto il primo occhiale quando frequentavo la prima media, quanti ricordi dietro ai primi occhiali, perchè allora eravamo in pochi a scuola e venivamo derisi con il nomignolo di "quattrocchi". Oggi la situazione è completamente cambiata: chi li porta non solo non si sente a disagio ma ne ha fatto uno status symbol o un segno distintivo.

Favria  15.07.2014   Giorgio Cortese

 

Scriveva  Goethe : “Chi sbaglia la prima asola non si corregge abbottonandosi”, certo perché un errore crea tante conseguenze. Se   una cosa nasce storta con molta difficoltà si raddrizza, se si sbaglia   strada al bivio è difficile ritrovare la strada senza tornare indietro

 

Da un equivoco il nome Argentina!

Il nome della nazione sudamericana Argentina, deriva dal latino argentinus, aggettivo derivato da argentum,  argento. In verità di argento, plata in spagnolo non ce ne è mai stato tanto in Argentina, ma nel 1526, quando il veneziano Sebastiano Caboto passò per l'estuario formato dalla foce nel fiume Uruguay, cercando di arrivare all'Oceano Atlantico, non sapeva della carenza do argento e chiamò l’ampio estuario formato dalla foce del fiume Urugay sull’Oceano Atlantico Rio della PLata, fiume d’argento. Il nome attribuito dagli ndios  era invece Paraná-Guazú, Fiume grande come il mare.  Sebastiano Caboto fraintese l’origine dell’argento in mano ai nativi, ignorando che questo metallo era stato loro da una precedente spedizione guidata dal portoghese Aleixo Garcia. Sebbene la cosa fosse chiarita poco tempo dopo, il nome rimase così Rio della Plata, per indicare gli abitanti di entrambe le sponde del fiume Plata. Nel febbraio del 1516 la spedizione  di Juan Diaz de Solis seguì la costa orientale presso la foce del Rio de la Plata, nominato "Mar Dulce" e risalì fino alla confluenza dell'Uruguay con il Paraná. Ma ormai intorno al 1524 la leggenda della Sierra del Plata, una montagna ricca di argento, raggiunse la Spagna e il nome Argentina venne messo su stampa per la prima volta su una mappa Veneziana del 1536. Il nome Argentina fu utilizzato per la prima volta dal poeta  Martin del Barco Centenera 1535 – 1602,  in un suo poema storico pubblicato postumo nel 1602, sessantasei anni dopo la fondazione del Puerto de Nuestra Señora Santa María del Buen Aire, l'odierna Buenos Aires, nella prefazione l'autore stesso spiega: "Ho scritto questo libro, cui do per titolo il nome di Argentina, prendendo tale nome dall'argomento principale, vale a dire il Río de la Plata, il cui territorio veniva chiamato Tierra Argentina,  Terra d'Argento.

Favria 16.07.2014  Giorgio Cortese

 

La vita non ha prezzo, donare il sangue non costa nulla. Donare sangue non comporta un impegno di tempo notevole, bastano circa 10 minuti per svolgere un gesto di altruismo che lascia una grande soddisfazione personale. Vieni a Favria   mercoledì 16 luglio dalle ore 8-11 cortile interno del Comune….Ti aspettiamo!