Ci vuole coraggio

Nella vita di ogni giorno ci vuole coraggio per sorridere, ci vuole coraggio per guardare il mondo con ottimismo nonostante i quotidiani ostacoli. Nella vita di ogni giorno ci vuole coraggio per stringere la mano e regalare un abbraccio a qualcuno quando spesso mentre lo compio, il pugnale della sua falsità mi pugnala alle spalle. Nella vita di ogni giorno ci vuole coraggio per dire quello che penso senza falsità di circostanza. Nella vita di ogni giorno ci vuole coraggio per essere sempre onesti e portare rispetto con tutta  l’ipocrisia e falsità che c’è in torno…ci vuole coraggio

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Lo stupore del circo

Il circo non è nato ieri, presso gli  antichi Romani il circo era l'edificio adibito alle corse dei carri, corrispondente all'ippodromo greco. infatti la parola circo deriva dal latino “circus” che, in relazione alla forma dei circhi antichi, vuol significare "cerchio". Il circo quello attuale, dove si esibiscono durante lo spettacolo acrobati, pagliacci e, talvolta purtroppo, animali ammaestrati è nato alla fine del settecento, come spettacolo equestre, in cui cioè l'attrazione principale è costituita da numeri di bravura con i cavalli. Ben presto si aggiunge il serraglio, una raccolta di animali feroci o esotici  specialmente tigri, leoni, elefanti, orsi opportunamente ammaestrati per compiere esercizi di grande effetto. Altri elementi sono attinti dai baracconi delle fiere e soprattutto dal mondo del teatro, come l'esibizione di giocolieri e acrobati tipici del circo sono i trapezisti, che volteggiano sospesi a incredibili altezze, spesso senza rete di protezione e gli intermezzi comici affidati ai pagliacci o clown. Il primo clown fece la sua comparsa nel circo nel 1870, e a poco a poco questa figura si diffuse nei circhi di tutta Europa. Comico, acrobata, musicista e fantasista, il clown acquistò sempre più importanza nel circo, diventandone il simbolo. Sebbene esistano vari circhi stabili, questa forma di spettacolo viene tradizionalmente allestita da compagnie itineranti, che si spostano di città in città con i loro carrozzoni in cui sono alloggiati artisti e animali; si esibiscono nei tipici, grandi tendoni circolari, ma anche in teatri e locali pubblici. Gli artisti del circo spesso si tramandano il mestiere di padre in figlio, e molti circhi famosi esistono da generazioni. Dopo un periodo di grande popolarità tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento il circo ha conosciuto un progressivo declino, anche se continua ad avere un pubblico di affezionati e resta molto amato dai bambini. Scomparsi da tempo i “fenomeni da baraccone”, nani e persone deformi di vario genere, molti circhi hanno rinunciato al serraglio, sia per i costi elevati sia per le accuse di maltrattamenti e crudeltà verso gli animali mosse da varie parti. La tradizione circense aveva imposto la pratica del confronto tra l'uomo e l'animale, spesso di provenienza esotica per suscitare meraviglia e curiosità nell'osservatore, in esercizi che prevedano l'esecuzione, da parte degli animali, di precisi comandi del domatore, oggigiorno alcuni circhi conservano solo la componente teatrale-acrobatica e di giocoleria.. Personalmente non sono contro lo spettacolo circense che mi ha sempre affascinato già da bambino, ne sono contro chi lavora onestamente, ma personalmente ritengo che le ritengo crudele la detenzione di animali selvatici in gabbie troppo strette per loro ed inutili e stupidi esercizi a cui sono sottoposti questi animali tutti i giorni. La mia personale opinione che il circo con gli animali anche se può creare in un primo momento stupore è diseducativo. Gli animali selvatici sono esseri viventi è devono essere rispettati, sempre e rimanere nei loro habitat naturali. Se proprio sono non sono nel loro ambiente naturale, e mi piacerebbe sapere come hanno fatto ad arrivare fino a noi dovrebbero stare in recinti ampi con la possibilità muoversi in vaste aree recintate. Il fare cedere un animale selvatico che fa degli stupidi esercizi non vorrei che fosse scambiato dai bambini come a dei clown, g,i animali sono esseri viventi dotati  di  emozioni e sentimenti, che provano attraverso l’istinto paura sofferenza e appagamento, proprio come noi che siamo dei mammiferi bipedi, questo non dimentichiamolo mai. Nel circo i clown sono altri, sono artisti umani che scelgono liberamente la loro professione e la esercitano nel pieno della loro libertà. Se l’arte è espressione e stupore che stupiscono, nel Circo ne trovo tantissime senza dovere aggiungere lo spettacolo crudele ed obsoleto degli animali selvatici.. Se vogliamo migliorare la società per renderla più giusta, più buona, più umana iniziamo a proibire queste inutili crudeltà.

Favria, 21.07.2014   Giorgio Cortese

 

Fare del bene è l'unico investimento che non fallisce mai e che il tempo galantuomo fa rendere tantissimo, perché il bene ritorna sempre indietro

 

Oltre al portone l’infinito

Molte volte mi fermo a meditare quando mi trovo davanti a dei bellissimi portoni con dei batacchi. Mi viene sempre in mente quanto scriveva il popolare scrittore  Anatole France  ad inizio del novecento che: “Non ho mai aperto una porta per errore, senza scoprire con sorpresa uno spettacolo che mi ha fatto provare per l’umanità pietà o disgusto oppure orrore.” Ecco allora che la porta od il portone che si apre dopo che ho bussato alza il velo sulle vicende umane, mi fa scoprire molte volte certe miserie da rimanere confuso. Ma l’immagine della porta o portone mi fa anche pensare all’umana esistenza.  L’uscio di casa, spesso blindato, cela infatti non di rado una sorta fortezza  piena di umane  miserie, di angosce, di liti, di frustrazioni e persino di tragedie. Ma è anche vero come scriveva un altro grande francese Leon Bloy che : “L'infinito è in fondo al corridoio e la chiave è sulla porta.” Mi viene da pensare alla mia misera vita come ad un lungo corridoio dove in fondo c’è una porta con un batacchio. Ogni giorno procedo passo dopo passo, e quando arriverò davanti a quella porta ci sarà il mio addio a questa vita terrena. Purtroppo oggi giorno in questa società sempre di più liquida e relativistica, molte persone sono convinte che, giunti davanti a quella soglia, si busserà e nessuno risponderà, e sulla toppa non si troverà nessuna chiave. Quello della morte è, certo, un pensiero che  mi fa fremere anche se oggigiorno molti cercano di evitarlo in tutti i modi, ma la presenza della morte si affaccia a ogni angolo di strada. Io sono sicuro che   in quella porta ci sarà un batacchio e anche una chiave che adesso non vedo ancora. Aprendo quella serratura spalancherò la porta e al di là si aprirà un’ orizzonte dell'infinito e dell'eterno. Questa è la speranza che mi fa camminare ogni giorno verso quella porta.

Favria, 22.07.2014    Giorgio Cortese

 

Un grande dolore ha svuotato il mio animo. E allora ogni giorno cerco di riempirlo con i ricordi delle persone care che hanno fatto un passo avanti

 

Da maniscalco a maresciallo.

Il lemma maresciallo, presente fin dal 1427 nella lingua e nei documenti italiani. Discende dal francese "Marechal", grado militare e dignitario dello Stato creato nel 1185 da Filippo Augusto di Francia, assegnato anche al responsabile delle scuderie reali. Ottenuto dall'unione di due parole dell’alto tedesco antico: “mahrskalk, ovvero servo, skalk, addetto ai cavalli,mahr. Dunque, incarico ben importante ed umile insieme,  il maniscalco, altra parola che lega bene con maresciallo, ha infatti la grande responsabilità della ferratura del cavallo di un signore o dei cavalli di uno squadrone. Infatti il maréchal nell’antica Francia era un dignitario della corte medievale incaricato di sovrintendere alle scuderie del re. Il titolo crebbe in reputazione divenendo il maresciallo un membro fidato della corte. Insomma il lemma Maresciallo acquisisce  una duplice valenza sia  come grado o qualifica di vertice della gerarchia oppure grado dei Sottufficiali della cavalleria "corrispondente al Sergente delle Armi a piedi".  Un "Maresciallo d'Italia" era inteso quindi come "Palafreniere del Re" oppure Scudiero delle fortune militari della Nazione e quindi massimo grado raggiungibile. Secondo soltanto al "Capitano Generale" grado che spettava al Re, in Italia resta in uso a fasi alterne fino alla fine della seconda Guerra Mondiale. Ma già nell’ordinamento della cavalleria piemontese cinquecentesca di Emanuele Filiberto esistevano le figure del "Marechal de Logis" poi tradotto in "Maresciallo d'Alloggio". Sostituito, successivamente da "Furiere", introdotto nell'Esercito piemontese dal francese "fourrier", addetto al foraggio ma anche "precursore", cioè colui che giungendo per primo in un luogo organizza la sistemazione logistica cioè di alloggio per il reparto. La categoria dei Marescialli come Sottufficiali rientra nell'Esercito italiano nel 1903 sostituendo i "Furieri" e ordinandosi in tre livelli di Compagnia di Battaglione e di Reggimento equivalenti a Maresciallo Ordinario, Maresciallo Capo e Maresciallo Maggiore con spiccato orientamento logistico-amministrativo. Il grado successivamente rimaneggiato e ridenominato si stabilizza comunque al di sopra dei "sergenti". La categoria otterrà nel 1916 un grado nuovo, ed unico nel suo genere, l'"Aiutante di Battaglia". Sganciato dalla progressione d'anzianità, si accedeva al nuovo grado per meriti acquisiti in combattimento, indipendentemente dal grado di provenienza. La necessità di tale "invenzione" stava nella necessità di colmare i paurosi vuoti apertisi nelle fila degli Ufficiali Subalterni dopo i primi mesi di guerra di trincea, ed immettere rapidamente nuovi comandanti di plotone con esperienza di combattimento. Non posso non associare la figura del Maresciallo al film “I tartassati” del 1959, che rivedo sempre volentieri con Totò e Aldo Fabrizi. Nel film il cavaliere  Pezzella possiede e gestisce un lussuoso negozio di abbigliamento molto ben avviato. Per sua natura però non ama e non ritiene giusto pagare le tasse e per questo si avvale di un consulente fiscale per riuscire ad evaderle con maggiore tranquillità. Purtroppo per il cavalier Pezzella, Totò, arriva una verifica fiscale nella persona del maresciallo Topponi, Fabrizi. Il film è del 1959 ma allora come adesso ci sono persone che rubano per avidità e cercano di evadere il fisco con delle cialtronerie. Meno male che adesso come allora ci sono sempre dei marescialli Topponi che  con modi sorvegliano su queste evasioni.

Favria, 23.07.2014   Giorgio Cortese

 

Le esperienze positive che ho vissuto, non appertengono solo più al mio passato ma sono di aiuto nell’affrontare il presente con calma e serenità

 

Con la pizza da Leo  c’è il trionfo dei cinque sensi.

Gli elementi di base della pizza sono; acqua, farina, sale, lievito, pomodoro, basilico, origano, aglio e olio. L’acqua fonte di vita, la farina, l’elemento di base per il nutrimento di noi esseri umani, dalla farina nasce il pane. Il  sale simbolo di saggezza, Vi ricordate l’espessione popolare "avere sale nella zucca" ma amche nell’antichgità simbolo d’amicizia e di alleanza. Il basilico, il  cui lemma  deriva dal greco “basileus”, che significa “re”. L’aglio, che presso gli antichi Egiziani era   consideravano un dio in quanto antidoto contro i serpenti a causa del suo odore.nutritivo. Inoltre, è noto come l'aglio sia considerato un ottimo rimedio contro il malocchio. L’origano, che in greco antico significa potenza.  L’olio, anticamente simbolo di ricchezza  e di alleanza divina, i re nell’antichità venivano unti con l’olio. Infine per ultimo  il pomodoro, originario dell'America Meridionale e, in particolare, del Perù, e stato introdotto nel 1500 in Europa e nel secolo successivo in Italia, dove pero il termine è attestato fin dal 1544. Con il suo rosso rimanda al sangue, che scorre in profondità nelle arterie. La pizza è pronta per il forno. Ma la pizza è anche il trionfo dei cinque sensi, dall’udito per il  crepitare lento del forno a legna, la vista ha una meravigliosa visone  dal contrasto tra il bianco della mozzarella, il rosso della salsa e il verde del basilico, il naso, l’olfatto dall'inconfondibile fragranza della pizza. Il tatto, la pizza si mangia con le mani che l’aiutano a depositarsi  in un altro forno: quello della bocca, dove arriviamo al gusti nell’ovvia azione di masticare e di assaporare la bontà della pizza da Leo.

Favria, 24.07.2014  Giorgio Cortese  

La vera ricchezza non deriva dall’abbondanza dei beni materiali che posso accumulare ogni giorno ma dalla serenità dell’animo