Da correggere per errore di battutina da anale ad anela nella mail: Allegro… ma vivace non troppo!

Grazie

Giorgio Cortese

 

 

                                                                                                              Emergenza Sangue! Prelievo straordinario a Favria venerdì 1.08.2014

Servono scorte per l’estate

Servono scorte di sangue, Per scongiurare i problemi di reperimento delle sacche per non donare di più ma donare meglio, in modo programmato. La donazione di sangue è un atto volontario e altruista, che permette non solo di aiutare altre persone, ma è un’occasione utile per il donatore che può sottoporsi a un piccolo check-up gratuito. In un certo senso è come unire l’utile al dilettevole.

Non per tutti estate vuol dire vacanze. I malati non vanno in ferie.  E gli ospedali non chiudono mai. L’estate   è un periodo particolarmente “magro” per chi ha bisogno di trasfusioni ematiche.  I donatori abbandonano le città per i luoghi di villeggiature. E il sangue è difficile da trovare come l’acqua nel deserto. I donatori vanno in vacanza, ma i malati no. E nel periodo estivo la difficoltà di reperire quantità sufficienti di sangue si fa sentire. Per questo è stata organizzata questa sessione straordinaria di prelievo  che contribuisce a superare questo momento difficile.

A Favria venerdì 1 agosto prelievo straordinario. Un appello a venire a donare per tutti i donatori che dall’ultima donazione siano passati 90 giorni per il sangue intero e 30 giorni per piastrine e plasma. L’emergenza sangue non va mai in vacanza viene a donare a Favria venerdì 1  agosto, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,00. Ti stiamo aspettando.  Se decidi di venire visto il carattere straordinario della donazione è gradito un cenno di conferma per avere un equipe medica proporzionata l numero dei donatori. GRAZIEEEE!!!! TI ASPETTIAMO E ASPETTIAMO UN TUO CENNO DI CONFERMA

Favria  24.07.2014      Giorgio Cortese

 

Meno frutta ma più tasse

Siamo uno strano paese, secondo la Coldiretti in Italia si consuma sempre meno  frutta e verdura sulle tavole Di noi italiani. Le famiglie del nostro Paese nel 2014 ne hanno consumate meno di un chilo al giorno, la quantità minima raccomandata dal Consiglio dell'Organizzazione mondiale della sanità. Ma non preoccupiamoci intanto se si mangia meno frutta a tavole per gli effetti della spirale recessiva tra deflazione e consumi che sta mettendo a rischio le imprese e la salute consumatori aumentano in maniera considerevole le tasse schizzano all’insù. Pensate che nel Belpaese negli ultimi 5 anni  la tassazione su case e immobili è quasi raddoppiata, mentre il valore economico delle abitazioni è mediamente sceso del 15%. Per le  abitazioni di tipo economico, categoria catastale A3,  la contrazione media del valore di mercato è stata del 15%, siamo passati da  quasi 174.500 a poco più di 148.30 euro, mentre il peso fiscale è aumentato dell'88%, da 264 a 495 euro. In questa situazione, dunque, l'incidenza delle imposte sul valore dell'immobile è salito dall'1,5 per mille al 3,3 per mille (+121%). Sempre nello stesso periodo,l'inflazione è aumentata del 7,3%.. Fino a pochi anni fa l'acquisto di una abitazione o di un immobile strumentale costituiva un investimento, ora chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari gli immobili sono sottoposti ad un carico fiscale ormai insopportabile e vediamo cosa ci riserverà il bilancio Comunale di previsione del 2014, che deve ancora essere approvato, quali amare sorprese ci porterà nei prossimi mesi.

Favria, 25.07.2014   Giorgio Cortese

 

25 Luglio, Battaglia di Custoza,  San Giaco a veul sempre verse la bota

 

Lo Stato siamo noi!

Leggo sul giornale delle giornate di tensione che ciclicamente sempre di più si ripetono in alcune zone del Patrio stivale dove si fronteggiano degli immigrati, i nuovi poveri, con i residenti, i poveri italiani, ed in mezzo le forse dell’ordine. Leggo di barricate, insulti, provocazioni e frasi razziste. Emerge ancora una volta la difficile convivenza, la guerra tra poveri, fomentata dallo sfruttamento e dalla microcriminalità. Questo stato di tensione è latente sempre di più in questa Patria dove ampie zone del territorio sono terra di nessuno, anzi terra in mano alla camorra, mafia , ndrangheta insomma in mano alla  delinquenza organizzata e, poi chiamatela come volete. Queste tensione che si acuisce sempre di più per la mancanza di lavoro mette tutti contro tutti,  i poveri di sempre quelli nati in Italia e quelli che sono appena arrivati pensando di essere giunti nel paese del Bengodi. Il fragile equilibrio tra italiani e immigrati si sta spezzando, viviamo sempre di più su una  bomba sociale pronta ad esplodere. Non c’è alcuna percezione dello Stato semplicemente perché lo Stato non c’è, ma voglio ricordare  che lo Stato siamo noi e troppo spesso ci dimentichiamo che siamo cittadini e non sudditi pecoroni. Certo degli italiani, una sparuta minoranza, sono contrari agli immigrati, ma poi si dimenticano che gli affittano le case in nero, edifici fatiscenti, e li sfruttano economicamente sono proprio loro. Negli ultimi venti anni stiamo diventando, con immenso dispiacere sempre di più razzisti e cinici. L’Italia è un Paese accogliente ma certo non può umanamente   accoglierli tutti. Fino il Belpaese ha dimostrato di essere altamente impreparato a disastri sociali e non solo, di non essere nuovo a clamorosi flussi migratori, come per esempio quello che l’ha colpita nei primi decenni del ventunesimo secolo, quando un incredibile espressione migratoria proveniente dai Paesi meno agiati dell’Africa,   e quelli dell’est Europa.  Fin d’allora la nostra Patria si è dimostrata incapace di gestire questi flussi, esponendosi a gravissimi rischi, come le malattie, i reati vari degli immigrati, i disagi nei vari settori, in particolare in quello sociale ed economico. È vero che la Libia è nel caos ma se nei precedenti mesi le autorità sono state in grado di inviare l'esercito a presidiare due porti petroliferi della Cirenaica per consentire la ripresa del ricco export petrolifero, perché allora non c’è la volontà di inviare la marina militare direttamente a presidiare anche i porti della Tripolitania da dove partono i migranti? Mi parrebbe una cosa ovvia,  considerato che i battaglioni di reclute libiche vengono addestrati anche dagli istruttori italiani a Tripoli e in Italia. In questa ipotesi i centri di accoglienza sarebbe istituiti direttamente nei porti di partenza, dove si darebbe un’accoglienza concreta e poi si dovrebbe istituire la  marziale per chi commercia in maniera indegna sulla “carne umana” per evitare che il Mediterraneo da mare di incontro diventi il cimitero dei disperati, i poveri migranti. Si potrebbe così regolamentare i flussi dei migranti che veramente servono all’economia reale e non alla malavita organizzata. Voglio ricordare che gli i immigrati sono una risorsa fondamentale per l’economia globale, ma invece di ragionare su come attirarli e integrarli, stiamo a combattere ogni giorno con dei miti negativi che hanno radice solo nel pregiudizio. Ricordo ancora   ai tanti smemorati e faciloni che affollano il nostro paese che il grande patrimonio scientifico e matematico della cultura degli antichi greci e romani è arrivato fino a noi grazie alle trascrizioni dei letterati e dei sapienti arabi vissuti dal VII al X secolo della nostra era e che interi pezzi della medicina della matematica, compreso lo zero, e senza di quello non esisterebbe internet, e anche dell’astronomia sono il frutto di pensatori arabi e persiani e che il mondo è abbastanza grande per contenerci tutti, senza guerre e odi etnici e nazionalistici. Ritornando ai nostri italici problemi noto che il  tessuto sociale si sta sempre di più sfilacciando ed è  guerra sempre di più conflitto tra poveri quando vedi delle persone accapigliarsi nella pubblica piazza per la squadra di calcio o discutere per un allenatore della loro squadra senza nessun ritegno, contegno, dignità, ma se almeno la discussione riguardasse un ideale. E’ guerra tra poveri quando una storia continua ad esistere senza trama né personaggi, ma solo con parole urlate, lanciate, scagliate ora da una ora dall’altra parte politica, senza scopo né fine se non quello di ferire e far del male a se stessi, ma se almeno queste persone avessero una meta. E’ guerra tra poveri quella che non conduce al alcuna vittoria, che accresce solo rabbia e rancore e lascia tutti, nessuno escluso, delusi ed affranti, coperti di boriosa presunzione. Purtroppo gli i italiani poveri sono sempre di più e lo scorso anno sono aumentati di quasi il 20% superando la soglia dei sei milioni di persone. Si tratta quasi del 10% della popolazione e sono coloro che non hanno i mezzi per acquistare quel paniere di beni e servizi considerati essenziali per assicurare uno standard di vita accettabile. Vivono soprattutto al Sud e tra loro ci sono quasi un milione e mezzo di minorenni e anche molti anziani. Mentre la povertà relativa che comprende chi ha un reddito inferiore alla metà della media, è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi anni, il numero dei poveri "senza se e senza ma", quelli che non arrivano a fine mese, è decollato: dai 3,1 milioni del 2009 ai 6 milioni e 20mila del 2013, come informa un recente rapporto dell’Istat. Gli incrementi più forti si sono registrati nel 2012, anno nero con 1,4 milioni di poveri in più,  e nel 2013, più 1,2 milioni. L’epidemia della povertà è figlia di una crisi economica che ha colpito tutto il Paese, ma non tutti allo stesso modo. C’è ancora un’Italia che riempie i ristoranti e affolla i porticcioli turistici mentre nel giro di pochi anni un’ampia fascia di famiglie, specialmente le più numerose, è sprofondata nell’indigenza. È la conseguenza dura e concreta dei segni in meno del Pil, dei posti di lavoro spariti, delle aziende che chiudono e di un sistema di protezione sociale a corto di risorse. Nel Mezzogiorno la situazione più critica: qui lo scorso anno le famiglie in povertà assoluta sono risultate 700mila in più del 2012 e la percentuale è salita fino al 12,6% (dal 9,8 del 2012). La media nazionale è aumentata invece al 7,9% (era al 6,8%). In generale, il peggioramento delle condizioni economiche riguarda soprattutto i nuclei con più componenti: tra le famiglie con tre o più figli, ad esempio, l’incidenza della povertà è balzata dal 16,2 al 21,3%. Tra i minorenni è salita dal 10,3 al 13,8% del totale mentre sono quasi 900mila gli ultra65enni indigenti, il 7% della popolazione anziana. In difficoltà più sensibile le famiglie operaie e con titoli di studio medio-basso oltre che, naturalmente, quelle colpite dalla disoccupazione. Più stabile, come detto, l’indicatore della povertà relativa che si raffronta a un reddito medio in calo, nel 2013 questa condizione coinvolgeva il 12,6% delle famiglie, 12,7% nel 2012,  e il 16,6% dei cittadini. Pensate un esercito di 10 milioni e 48mila persone, ben un italiano su sei. Secondo l’Istat la soglia della povertà assoluta, cioè il minimo necessario per vivere, è pari a circa 1.500 euro per una famiglia con due figli minorenni che vive in una grande città del nord, e scende a poco più di 1.000 euro in un piccolo Comune del Mezzogiorno. Ma non solo la  disoccupazione minaccia di sgretolare la nostra società, anche nel nostro Patrio Stivale si stanno aggravando i fenomeni dei lavoratori poveri con le  retribuzioni  che sono così basse che essi e le loro famiglie restano al di sotto della soglia di povertà. Poi ci sono gli italiani che pur lavorando, rimangono ai margini e hanno alta probabilità di scivolare nella povertà o perché hanno compensi erosi da un’inflazione sempre più vorace, composta principalmente dai generi di prima necessità come abitazione e cibo, o perché sono a rischio di perdere l’impiego. Secondo i dati i della Commissione Europea, già nel 2012 il 29,9% della popolazione italiana era a rischio povertà ed esclusione sociale e tra  i 28 dell’Ue ci superavano solo Romania e Grecia. Oggi, la proporzione supera il 30%. Una  parte consistente della massa dei nuovi poveri è composta da persone che hanno perso il lavoro che come i reduci vengono accantonati nelle piazze a cova rancore verso chi pensa gli possa rubare il lavoro. E gli anticorpi per debellare la malattia ci sono, come la riduzione del cuneo fiscale, introduzione di un salario minimo legale, e per quanto riguarda le famiglie, la cellula della nostra società, si dovrebbero tracciare degli incentivi per fare entrare nella forza lavoro coloro che, delusi, la hanno abbandonata, questi sono i fatti concreti che servono. Concludo questa riflessione parafrasando Massimo D’Azeglio che dopo il 1860 disse: “Fatta l’Italia, restano da fare gli italiani”. Oggi  cerchiamo almeno dopo aver fatto l’Europa di fare degli  europei per dare anima e cuore a questo vecchio continente che ha bisogno della linfa dei nuovi immigrativi, perché prima di loro anche gli Europei sono migrati nel Nuovo Mondo creando nazioni prosperose, perché l’Europa non sia solo   intesa come espressione geografica ma come unione di animi perché lo Stato siamo noi!

Favria,   26.07.2014    Giorgio Cortese

 

26 LUJ,  S’a pieuv a Sant’Ana a piuv ‘n meis e ‘na smana

 

Molte volte mi viene da pensare che la quotidiana missione che ci hanno affidato su questa terra non è quella di trionfare ma  anche di cadere sempre con l’animo sereno per poi rialzarci

 

Allegro… ma vivace non troppo!

Certo giornate prendendo a prestito la terminologia musicale le giornate sono si allegre e vivaci ma non troppo. Insomma nonostante mi impegni a tenere il tempo nelle mie attività mi sembra che alla fine ci sia una vena di malinconia. La malinconia, nonostante il cammino quotidiano sia costellato da piccole e grandi soddisfazioni personali, l’animo anela l’infinito e il non trovarle nel quotidiano genera una malinconia che definisco una gioia a metà. Mi rendo conto in quei istanti il vuoto della nostra attuale società, la mancanza di valori, ed allora la delusione si allarga diviene il sentimento di un gran vuoto. Forse la malinconia è il linguaggio con cui il mio animo mi comunica la realtà di essere limitato nonostante viva a ridosso dell’infinito e di trovarmi mentalmente limitato nei sui confronti. La malinconia prende di soliti quando scende la sera e con grazia questo sentimento cerca di avvolgermi, come se tanti pensieri grevi scendessero contemporaneamente su di me, cercando di spegnere le luci della speranza. La stessa parola malinconìa arriva dal tardo latino melancholia, che deriva da una parola del greco antico composta da nero e bile, insomma, bile nera. In quei momenti mi sembra di avere messo in isolamento le mie speranze in attesa di guarire dalle mie paure. Ma la speranza esce dall’animo come una piccola fiammella, come un esile corda, dove io posso aggrapparmi, per non essere trascinato via dalla forza degli eventi. Ho sempre la strana sensazione in quei frangenti che la corda non sia abbastanza robusta per tenere il mio animo per evitare che sia inghiottito dal nero nulla della disperazione. In quei momenti mi domando sempre che giorno sia e mi rispondo sempre  che non ha importanza quale giorno sia, è semplicemente l'inizio di un nuovo giorno di speranza, un nuovo giorno da affrontare con allegria in maniera vivace ma non troppo!

Favria, 27.07.2014 Giorgio Cortese 

 

Scontrino!
Dal  commerciante temuto e  dal fisco voluto, e dal cliente molte volte fantasticato. Ma serve veramente per l’equità fiscale dell’Italico Stivale…se poi noi italiani pantaloni non possiamo mai dedurlo….

 

Tanto va la gatta al lardo…..

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino  è un espressione proverbiale della lingua italiana. Si ritiene, tra le varie ipotesi circolanti in ambito popolare, che questa espressione sia ricollegabile ad un evento probabilmente frequente in passato, quando il lardo veniva affettato sul tagliere con la mezzaluna, e poteva occorrere che il gatto domestico di turno tentando furtivamente di sottrarne dei pezzi con le zampe finisse per perderle accidentalmente. I proverbi dal latino proverbium sono delle massime che contengono norme, giudizi, dettami o consigli espressi in maniera sintetica, molto spesso sotto forma di metafora e molte volte in rima,  e che sono stati desunti dall'esperienza comune. Essi generalmente riportano una verità,  o quello che la gente ritiene sia vero,  si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della cosiddetta "filosofia popolare" o spontanea, ma potrebbero anche essere la versione codificata di luoghi comuni o del senso comune. Possono contenere similitudini che sono tratte da usi, costumi, leggende del popolo nella cui lingua è nato il proverbio. Ma molti proverbi sono comuni a più lingue diverse. Ritornando al proverbio del titolo il significato è abbastanza evidente,  certe persone che compiono ripetutamente atti riprovevoli, alla fine  rischieranno di subire le dovute conseguenze. Nella vita gli zotici e villani discutono  con i piedi e per certa gente seppur laureata o in attesa di laureasi viene da dire che vale più la pratica che la grammatica. Certo molti affermano che taglia più la lingua che la spada, ma questi personaggi che sono tutto fumo niente arrosto e non pensano che quando scrivono certe cose, anche sotto forme di anonimato. Le loro lettere anonime sono simili a chi   cerca di sputare verso il cielo, le loro parole gli ritorneranno sempre sulla faccia, perché la  gatta frettolosa ha fatto i figli ciechi e fare le cose di fretta da sempre dei brutti risultati

Favria, 28.07.2014    Giorgio Cortese

 

Ma sono pochi coloro che vogliono adattarsi a questo esercizio di fisioterapia della mente. E non illudiamoci di essere immuni da simile sindrome: un po' tutti abbiamo un piccolo spazio del cervello popolato dalle nostre idee fisse e storte, uno spazio a cui non diamo mai un po' d'aria. Un'aria che le faccia vacillare e, forse, le spazzi via.

 

Chiare e fresche et dolci acque

“Chiare, fresche et dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna”, Petrarca. Osservando un quadro dove viene ritratto su di un acquarello il tipico torèt, fontanella pubblica torinese. Mi viene da riflettere sul nostro doloroso destino, guardando anche alla vita dell'aldilà.  A differenza della lirica del Petrarca qui non è il corpo inanime che fa da tramite alla riflessione, ma la leggiadra fontanella pubblica che con il suo scorrere ci ricorda la nostra umana caduta nella morte ma ci rammenta anche che sarebbe bello essere sepolti in mezzo alla Natura che è stata testimone del nostro umano cammino. Nel quadro la natura sotto forma dello zampillare della fontana serve solo per esaltare la bellezza e la purezza dell’animo dell’artista.. L’acquedotto che imbriglia parzialmente la natura ci porta l’acqua nelle case, ma  un altro  servizio svolto dagli acquedotti è la facoltà di poter bere ovunque in città acqua fresca e pulita. Fin dall’inizio ogni acquedotto ha messo a disposizione le fontanelle, che entrate a far parte del paesaggio urbano, sono stati anche “battezzate” con nomi diversi a seconda della città. E così abbiamo le vedovelle a Milano, a Roma i nasoni, ed a Torino i famosi torèt.. Le tipiche fontanelle di Milano denominate vedovelle, così chiamate perché il filo d’acqua che sgorga somiglia al pianto di una vedova. Fatte in ghisa di tipico colore verde, sono apparse in città a partire dal 1931 e fanno ormai parte dell’arredo urbano. Le fontanelle pubbliche di Roma sono chiamati nasoni ed il nome deriva dal  tipico rubinetto ricurvo di ferro, la cui forma ha richiamato l’idea di un grande naso. Per tornare a Torino, qui le fontanelle pubbliche vengono chiamate torèt che è un sostantivo della lingua piemontese, che letteralmente significa piccolo toro, infatti il rubinetto ha proprio la forma della testa del toro. La tradizione storica secondo cui i primi torèt installati furono connessi all'acquedotto del Pian Della Mussa, è quasi certamente all'origine della leggenda metropolitana la quale vorrebbe che la fontana di Piazza Rivoli, in Torino, erogasse tuttora acqua della medesima sorgente. Nonostante i responsabili dell'acquedotto torinese abbiano più volte smentito il fatto, affermando anzi che la fontana è connessa all'acquedotto ordinario. Tornando al quadro, liquidità, fluidità, movimento ondeggiante, riflessi cangianti, riflessione, specchio, ecco alcuni degli artifici che esercita, sull’immaginario, la grande seduzione dell’elemento più ambiguo e fatale: l’acqua. Nulla è più ambivalente dell’acqua. L’acqua può slegare e legare  più del martello percuote annientando la terra, oppure, come dolce carezza emolliente rende tenere le sostanze. L’acqua fonte di vita,  deve esser pura, genera prosperità massima all'intera umanità e ci ricorda l’umana caducità, sorga e poi dopo un lungo percorso fluisce nel mare.

Favria,  29.07.2014     Giorgio Cortese