Il tempo che fugge è il più grande problema della mia esistenza, mi cancella o mi conserva viva la memoria nei meandri più segreti dell'animo..

 

-0,2% nel pantano della crisi

Leggendo in questo giorni i quotidiani sono rimasto agghiacciato dal  -0,2% registrato dall’Istat, che se a prima vista può apparire solo una delle tante percentuali che ogni giorno vengono sciorinate dai media è invece la fredda realtà, è il grido di dolore dell’economia reale, quella che crea ricchezza e produce benessere e non quella che vende fumo e non crea nulla.

-0,2%. è il peso che sopportiamo sulla nostra pelle, in questa anomala estate, noi tutti cittadini, operai, impiegati, casalinghe e pensionati.

-0,2% non è sicuramente ancora il giudizio divino, la famosa ordalia dal longobardo Ur-theil, ma un segnale inequivocabile che la recessione, cioè la crisi profonda che stiamo vivendo da anni, non è affatto finita, insomma siamo ancora nel lungo tunnel.

-0,2%, questa fredda percentuale mi indica che le misure messe   in campo finora, anche al di là del giudizio sulle singole scelte, non hanno comunque ottenuto il risultato sperato, quello di farci uscire dal pantano della crisi, ma anzi stiamo scivolando sempre di più verso il declino.

-02% mi ricorda di tutte quelle persone che hanno perso o stanno perdendo il lavoro

-0,2% è il segnale del calo del potere di acquisto degli stipendi e dei redditi autonomi, di chi guadagna meno, di chi non può più spendere e così non rende più possibile il lavoro di altri, di chi non riesce più a realizzare un’idea, un progetto, una produzione.

-0,2% è la percentuale che mi fa riflettere su questa   spirale che è urgente spezzare, e che ha come conseguenza negativa anche sui conti pubblici sempre più difficili da quadrare ma che non sono il problema principale.

-0,2%  è il segnale che mi dice che l’economia reale, e in particolare il mercato interno non sono ripartiti.

-0,2% mi ricorda che la percentuale potrebbe aumentare se non si concentrano gli sforzi riducendo la tassazione che ha raggiunto livelli insostenibili.

0,2% è il campanello di allarme che mi ricorda che dalla crisi si può e si deve uscire solo con un progetto-Italia che coinvolga tutti, si ma proprio tutti.

E allora come ripartire  dal -0.2% ?

Favria, 18.08.2014     Giorgio Cortese

 

Nel ricordo di De Gasperi

Il 19 agosto di 60 anni fa, nel 1954, Alcide De Gasperi, un  grande statista della nostra storia, moriva improvvisamente.  Fu una morte che commosse tutta l’Italia, le cronache del tempo, infatti, ci raccontano che il lungo tragitto in treno con cui la salma raggiunse Roma per le esequie di Stato, fu rallentato da numerose soste impreviste perché gli italiani erano accorso da ogni parte per rendere omaggio alla salma dell’uomo che ebbe la forza e le capacità necessarie per risollevare la Patria dallo stato in cui era stata precipitata dalla seconda guerra mondiale. L’eredità di De Gasperi è senza dubbio una delle più ricche e proficue della nostra storia, al pari di quelle lasciateci da Don Luigi Sturzo, da Luigi Einaudi, da Benedetto Croce, Cavour, Garibaldi e Mazzini e proprio per questo ai giorni nostri, vista la pochezza degli attuali leader politici, la sua eredità viene rivendicata da molti. Personalmente mi sono sempre considerato un “degasperiano”, nel senso che la sua azione politica è la sintesi peretta di come intendo il servizio in Politica, un servizio al Bene Comune. La Politica, si quella con la P maiuscola dovrebbe realizzare, la Politica non come uno stipendificio ma una sincera passione,  una missione per il Bene Comune non per il profitto personale. Oggi più che mai, infatti, il  pensiero sempre attuale di De Gasperi può essere una soluzione efficace per risanare la politica di questi ultimi tempi, famosa più per le urla che per il dialogo, più per i veleni che per il rispetto, più per i dossier che per le proposte concrete. Il pensiero dello statista trentino mi   ricorda poi la necessità di un rilancio della funzione politica dell’Europa, di un Europa che possa diventare una potenza politica ed economica capace di confrontarsi ad armi pari con Cina, Russia e USA, nel contesto sempre più irreversibile della globalizzazione e alle crisi che investono sempre di più aree vicine. Stiamo vivendo degli eventi dirompenti, carichi di incognite per il futuro dell’Europa, legati alla situazione nel Mediterraneo, nell’Africa settentrionale e nel Medio Oriente. Nel momento in cui emerge la crisi internazionale che interessa direttamente l’Europa, tanto in termini di pericolosità diretta, intervento militare,  quanto indiretta, flussi migratori di eccezionali proporzioni, l’Europa e l’unità politica che dovrebbe rappresentare rivelano tutta la loro debolezza. Pur nella grande diversità dei tempi e dei contesti, il pensiero e l’azione di Alcide De Gasperi nel battere la strada della unità morale e politica tra i popoli e le nazioni europei risultano sempre un esempio di lungimiranza e realismo. Il suo pensiero mi fa riflettere di come  sia indispensabile riprendere la via maestra del cattolicesimo liberale, della sintesi efficace cioè tra i principi del cristianesimo democratico e del liberalismo e  l’esempio degasperiano dovrebbe stimolare alla ricerca di nuove modalità di selezione della classe dirigente: con regole che impediscano che questa si trasformi in “casta”; evitando ambigue contiguità tra classe politica, funzionari pubblici e amministrazione; limitando i meccanismi che generano e regolano i privilegi ed i vantaggi di chi è al potere, al fine che la convenienza non prenda un facile sopravvento sulla coerenza. Mi viene da porre una richiesta a chi,  nella politica, nell’amministrazione ad ogni livello, afferma di rifarsi a De Gasperi, un impegno a ricalcare il suo esempio anche sul piano dei comportamenti e sulla consapevolezza delle sfide che vanno affrontate.

Favria, 19.08.2014    Giorgio Cortese

 

Nella vita di ogni giorno avere uno spirito ottimista è un biglietto in prima classe sul treno della felicità.

 

L’erba cerea

Già i Romani facevano uso di quest'erba mediterranea dall'intenso profumo, Satureia hortensis, per aromatizzare salse e aceto chiamata in Piemonte erba cerea. Fin dall'antichità, venivano attribuite alla santoreggia proprietà afrodisiache, i Greci la dedicavano a Dioniso, capace di far perdere a uomini e donne le inibizioni perché potessero lanciarsi in danze sfrenate e liberatorie. Questi precedenti fecero si che ai monaci medievali fossero vietati la coltivazione e il consumo della pianta. Santa Ildegarda raccomandava comunque la santoreggia quale rimedio contro la gotta, la paralisi e la diarrea. Nel Rinascimento venne definita 'salsa dei poveri', e nel XVII secolo era consigliata dal medico Pietro d'Argellata, sotto forma di decotto nel vino, per curare le ulcere della bocca. Oggi la santoreggia è diffusa anche nell'Europa centro-settentrionale e nell'Asia occidentale, e fa parte di molte miscele di erbe: entra per esempio nella composizione delle erbe provenzali e in quella del mazzetta aromatico tedesco, che la mescola a sedano, prezzemolo e aneto. Eccola poi nello khmeli-smeli georgiano, comprendente inoltre maggiorana, aneto, basilico, eventualmente prezzemolo, menta e foglie di coriandolo,  e in un misto bulgaro, dove fa degna compagnia a paprica, basilico, e aglio. Sempre in Bulgaria, la santoreggia è protagonista di varie preparazioni, tra cui il piatto nazionale,  involtini di cavolo farciti con cipolla, riso, carne trita, prezzemolo, aneto, paprica, pepe e appunto santoreggia. Molte cucine preferiscono utilizzare l'erba acciuga, come viene anche chiamata la santoreggia,   per condire verdure e soprattutto legumi. Il gusto intenso e aromatico della santoreggia, lievemente pungente, si sposa a meraviglia anche con cavoli, zucchine, patate, funghi, pomodori e molti altri ortaggi. Non è consigliabile farla cuocere a Iungo, meglio aggiungerla a fine cottura. La fitoterapia moderna ha confermato molti usi attribuiti alla santoreggia dalla medicina popolare, che ne esaltava le proprietà antisettiche e stimolanti per l'intelletto. La tisana può servire per gargarismi contro il mal di gola, strofinarne una foglia sulle punture d’insetti è utile ad alleviare il fastidio e il gonfiore.Avere in balcone in piccolo vaso di santoreggia è un piccolo orgoglio, la ricompensa rispetto ad un modo di vivere in armonia con la natura.

Favria, 20.08.2014      Giorgio Cortese

 

Ritengo che molte volte è meglio essere ottimista e avere torto piuttosto che pessimista e avere ragione.

 

Nella vita…..

Nella vita di ogni giorno non ci sono percorsi senza ostacoli, e purtroppo non  ci sono dei cammini senza cadute. Quando mi trovo danti ad un ostacolo insormontabile  valuto nuovi percorsi che non aveva pensato, percorsi straordinari e impensati.. Nella vita molte volte ho delle cadute dalle quali si possono intravedere e poi intraprendere altri cammini.. E allora, nella vita quotidiana, quando vedo un ostacolo penso sempre ad una nuova ed impensata opportunità. E’ solo una solo questione di prospettive e altre volte è solo solo questione di tempo

Favria, 21.08.2014     Giorgio Cortese

 

Nella vita di ogni giorno la paura di sbagliare può farmi prigioniero delle mie azioni, ma la speranza può rendermi libero di agire

 

Il senso del ridicolo

Viviamo in un’epoca in cui l’ironia trionfa e il senso del ridicolo ripiega sconfitto. È il tempo dello sfottò a prescindere, dell’   “agudeza” fine a sé stessa, della battuta elevata ad aforisma, se non addirittura ad apoftegma. Ma queste sono parole rischiose se parlo difficile e trovo subito qualcuno pronto a prendermi in giro. Nel’antica Grecia, Aristofane metteva alla berlina Euripide e pure Socrate, ma sempre all’interno di un reciproco bilanciamento: la commedia poteva avventarsi sulla tragedia perché ne riconosceva la legittimità. Più di recente, nei primi anni Ottanta, anche la candidatura del giullare Coluche alla presidenza della Repubblica francese muoveva da un paradossale riconoscimento della dignità della dimensione politica. Impostasi come linguaggio unico anche attraverso i meccanismi virali del Web 2.0, l’ironia nostra contemporanea pretende invece di essere l’inizio e la fine di ogni discorso, rivendicando per sé ogni residuo elemento di serietà. Cadono le ideologie, crollano i mercati, quel che resta è la libertà e a tratti l’arroganza di riderci sopra, possibilmente guadagnandoci un po’. Non necessariamente in termini economici  ma di sicuro in termini di prestigio, di reputazione. Basti pensare al ruolo assunto nel nostro Paese da Beppe Grillo che promuove una derisione beffarda e nichilista che non porta da nessuna parte. Ma ridere fa bene, secondo lo scrittore  russo Fjodor Dostoevskij, 1821-1881:”Si conosce un uomo dal modo come ride.” Giacomo Leopardi nel suo Zibaldone, scriveva: “ Chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco diversamente di chi è preparato a morire”. Infatti, il vero riso non solo vede il lato positivo della realtà e mi aiuta a vivere anche nei contesti più ardui, il riso si sa fa buon sangue e molte volte mi aiuta pure a demolire le ipocrisie, facendo vedere che «il re è nudo», nonostante la propaganda dica il contrario.  È per questo che l'ironia è segno di libertà e di intelligenza ed è ciò che manca tra i benpensanti gretti, tra i dittatori, tra i "lamentosi" sistematici. Detto questo, bisogna però ricordare che il vero ridere non deve mai sconfinare in sguaiatezza, l'ironia non deve precipitare nello sberleffo, la satira correre verso l'offesa cattiva, il linguaggio sarcastico trasformarsi in insulto truce. Aveva ragione il filosofo danese Kierkegaard quando osservava che il riso eccessivo o l'ironia esagerata è  simile al fegato delle oche di Strasburgo, si proprio quello usato per il barbarp rito di estrarre il patè, che  finisce per uccidere l'individuo. Ben fanno allora le donne Turche a sommerge con una risata delle uscite sessiste del loro vice premier, con una risata li seppelliranno. Personalmente cerco di cospargere la mia giornata di sorrisi, sorgente di libertà e serenità evitando lo sghignazzo becero ed i truci insulti per quello ci sono già troppi politici e quelli non fanno proprio ridere ma sono patetici a come si attaccano alle loro poltrone bocciano ogni tipo di riforma, che forse non serve nell’immediato a darci del pane ma nel futuro ci darà prosperità

Favria, 22.08.2014         Giorgio Cortese