Nella vita non mi è possibile applaudire con una mano sola
e allora certi amici se sono stufi di farsi prendere in giro mi dicano da che parte
sono.
Un amico mi ha inviato questo pensiero attribuito a Confucio; Possiamo imparare a essere saggi in tre modi. Il primo è quello dell'imparare a riflettere, ed è il migliore. Il secondo è l'imitazione, ed è il più facile. Il terzo è l'affidarsi all'esperienza, ed è il più doloroso. In realtà questa trilogia proposta dal grande maestro cinese del, VI-V sec. a.C., non è necessariamente da ramificare in tre strade separate. Penso che nella vita quotidiana , si può, infatti, riflettere scoprendo verità da soli, ma contemporaneamente seguire una guida o un modello per raggiungere una nuova meta di conoscenza e di saggezza. La terza via, quella dell'esperienza, è però il percorso che non si può evitare perché esso è intrecciato indissolubilmente con lo stesso vivere. Mi vorrei fermare su questo ultimo modo per conquistare la saggezza. È un itinerario che scandisce l'intera esistenza e, nonostante sia, anche per questo fatto, obbligatorio, non è detto che produca effetti positivi. Anzi, spesso è vero ciò che afferma un altro motto cinese già usato dal sottoscritto diverso tempo fa: L'esperienza è un pettine offerto ai calvi, proprio perché non sembra avere risultati. È una sorta di dono utile che la vita mi presenta, ma che non serve a niente perché la superficialità o l'orgoglio fanno sì che la sua efficacia sia sminuita o annullata. Confucio giustamente osservava che quella dell'esperienza è una via dolorosa. Da un lato, infatti, la si costruisce soprattutto sui propri errori e quindi è il segnale di tanti momenti di lacerazione e di umiliazione. D'altro lato, l'esperienza è un frutto che matura troppo tardi, quando non può essere più gustato e crea allora malinconia. Ecco, allora, la necessità di essere ogni giorno nel quotidiano cammino cosciente, coraggioso e costante nel camminare nella vita
Favria 14.05.2012
Tutto è politica!
Tutto è politica e anche quello che non è la facciamo diventare
tale. Da qui lavversione che oramai è maturata in tantissimi, anche in alcuni che
si avvicinano alla politica attiva e che nel proporsi si qualificano come sostenitori dellanti-politica
non comprendendo che in tal modo si squalificano già in partenza. La politica non
è di per sé un qualcosa di negativo, anzi, è forse una delle più nobili attività alle
quali luomo potrebbe dedicarsi. Tante sono i significati ma la prima
definizione di politica risale ad Aristotile ed è legata al termine
polis, che in greco significa città, la comunità dei cittadini; secondo il
filosofo, politica significava lamministrazione della polis
per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini
partecipano. Altre definizioni, che si basano su aspetti peculiari della politica, sono
state date da numerosi teorici: per Max Weber la politica non è che aspirazione al
potere e monopolio legittimo delluso della forza, per Agamennone è la squallida
gestione del potere, per altri la politica è la sfera delle decisioni collettive
sovrane. Ma al di là delle definizioni, la politica in senso generale,
riguardante tutti i soggetti facenti parte di una società, e non
esclusivamente chi fa politica attiva, ovvero opera nelle strutture deputate a
determinarla, la politica è loccuparsi in qualche modo di come viene gestito lo
Stato o sue strutture territoriali. In tal senso fa politica anche chi,
subendone effetti negativi ad opera di coloro che ne sono istituzionalmente investiti,
scende in piazza per protestare. Cosa cè quindi di più nobile della
politica? Nulla. Il problema sorge nel momento in cui coloro che praticano la politica
attiva abbandonano linteresse collettivo per dedicarsi al proprio e a quello della
propria cerchia. Una politica ad ogni livello amministrativo che mette
in primo piano il benessere di pochi a quello di tanti è destinata a impoverire la
società, a impoverirla economicamente, socialmente e culturalmente. Così come La
moneta cattiva scaccia quella buona come spiegava nel 1551 Sir Thomas Gresham,
finanziere al servizio della regina Elisabetta I, la politica cattiva scaccia quella
buona. Ma quale è la politica cattiva e quale è la politica buona? Ma allora sorge
spontanea una domanda può esistere una cattiva politica senza una comunità che la
appoggia? La risposta personale è che la cattiva politica è il frutto di una
società che si è deteriorata, che ha perso di vista i principi morali della buona
convivenza e della solidarietà. Non so fino a che punto la cattiva politica è avanzata
o, piuttosto, se ha preso spazio perchè la buona politica si è ritirata. La buona
politica potrà un giorno tornare a governare le nostre Comunità, le nostre
regioni
Favria, 15.05.2012
Gli gnomi del rating
Le agenzie di rating del credito forniscono agli investitori con
an
Favria, 16.05.2012
Se nell'economia sono pericolosi gli zeri che stanno dietro, nella politica di ogni
livello sono dannatamente pericolosi quelli che stanno davanti. E poi il
problema dell'economia di mercato libera è che richiede così tante guardie per
farla funzionare. Ma è anchew vero che senza economie nessuno potrà essere mai ricco;
facendo economie pochi saranno poveri.