Per noi esseri umani la gratitudine non è un sentimento,   per i cani una qualità 
La dignità della goccia minore

Cadde dall’alto sentendo l’aria diventare sempre più calda, mentre intorno a lei il cielo si faceva sempre più chiaro, pur essendo grigio. La sua paura crebbe in prossimità del suolo, ma il vento la volle cadere altrove: una foglia infatti la accolse, come accolse altre come lei.   Non ebbe il tempo di rendersi conto di cosa fosse successo: la foglia, pur restando immobile, la spinse in basso. Più in basso ella trovò il rametto che sosteneva la foglia e le dava la vita, ma anche il rametto non poté trattenere il nuovo ospite: la spinse ancor più giù, al cospetto di un ramo più grande. La goccia si chiedeva il perchè erano così tutti così impassibili?   E dov’erano andate le sue sorelle?

Poi sentendosi finalmente ferma, volse lo sguardo e vide una di loro. La stava raggiungendo, e mentre le si avvicinava, pareva sorriderle. Non ebbe il tempo di ricambiare il sorriso che la sorella si sdoppiò in due, e poi in tre.    Alla fine erano decine di sorelle, che la travolsero portandosela con loro lungo il ramo, verso il basso. Quando cominciarono a prendere forte velocità erano già sul tronco, che si andava a conficcare sicuro nella terra. Mentre scendevano, lei si voltò, e si sentì parte di qualcosa. Quando capì che la sua breve esistenza sarebbe finita al termine della corsa, era già troppo tardi. Forse ebbe il tempo di capire che era sempre stato tardi per lei, dopotutto.   L’albero sapeva, ma era costretto a tacere. Non era colpa sua se il destino delle gocce era segnato fin dall’inizio. Tutte avrebbero avuto il medesimo destino, anzi forse quelle che cadevano su di lui avrebbero perlomeno avuto il tempo di sentire l’aria, di immaginare il sole, nascosto dietro alle nuvole. Chissà se era un bene, per le gocce, assaporare il profumo del   mondo, odorare il gusto dell’attesa in mezzo alle radici, inesorabili ragni per piccole mosche d’acqua. Dalla loro donazione l’albero traeva la vita, in fin dei conti, e la vita non ha alcun senso senza la morte, dopotutto. 

Ecco  le gocce sono i donatori, l’albero la società, chissà se il sacrificio ultimo alle radici dona la consapevolezza delle nuvole, il limbo di tutte le gocce.

Favria  8.06.2012                  Giorgio Cortese   

 Nella vita penso che ci  vuole più coraggio per dimenticare che per ricordare.

 AAA cercasi disperatamente nello staff  un novello Harry Potter!

Si avvicina il bilancio di previsione ed allora  urge prendere nello staff Harry Potter, perché per scrivere oggi un bilancio di previsione per il 2012 di un Comune, più che un ragioniere serve un maghetto, in quanto sono ignoti i gettiti dell'Imu, l'entità del fondo statale di riequilibrio e la distribuzione degli obiettivi necessari a rispettare il Patto di stabilità, il preventivo è un atto di fantasia e non di calcolo. Mi viene da pensare che il panico è un pessimo consigliere, e nell'incertezza molte amministrazioni  decidono di alzare le aliquote al massimo per parare i colpi della sorte, con il risultato di moltiplicare le distorsioni già presenti nell'impianto generale della nuova IMU.

C'è un problema, però: stare per sei mesi in «esercizio provvisorio» impone di non spendere ogni mese più di un dodicesimo di quanto impiegato l'anno prima, con buona pace di chi pensa che amministrare significhi programmare e gestire al meglio le risorse. L'anno scorso l'incertezza sui numeri portò avanti nell’anno, e la politica locale smette sempre di più i panni del decisore per vestire quelli decisamente più modesti del gestore di dinamiche decise altrove e mette nel baule dei sogni smarriti i roboanti progetti della recente campagna elettorale, promesse che non verranno mai mantenute.

Favria, 9.06.2012                 Giorgio Cortese