562 volte grazie donatori di sangue di Favria – Dicembre. – FIDASAUGURI! – Meravigliosa Grazia. – In Dulci Jubilo – La Novella del grasso legnaiuolo! …LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

562 volte grazie donatori di sangue
La pandemia ha fermato il mondo ma non la generosità dei donatori di sangue, quest’anno

abbiamo registrato un incremento significativo, rispetto al 2020, che era già positivo rispetto al 2019. Nel 2020 abbiamo raccolto ad oggi ben 562 sacche, nel 2020 erano 546 e nel 2019 erano state 530. Abbiamo incrementato i nuovi donatori passati da 15 nel 2019, 19 del 2020 e ben 25 nel 2021. Un grande grazie di cuore al tutto il Direttivo che si è prodigato per ogni donazione con una attenta programmazione delle giornate di raccolta e la prenotazione delle presenze nelle diverse fasce orarie al fine di evitare assembramenti, nel rispetto delle varie disposizioni governative, in materia di prevenzione e sicurezza (vari DCPM), ha contribuito ad ottenere tale risultato. Un grazie di cuore al Direttivo Centro Incontri Pensionati con il suo Presidente Murano Santo per la disponibilità data per ospitarci durante l’anno. Un grazie di cuore alle equipe mediche dell’unità di Raccolta Fidas ed infine non per ultima ma Voi che siete alla base di tutto un grazie enorme ai donatori che nel 2021 avete avuto una generosità più forte della pandemia. Appuntamento ai donatori sabato 11 dicembre presso sede FIDAS cortile interno Comune Favria dalle ore 15,00 alle ore 19,00 per chi ha donato nel 2021 consegna panettone e calendario 2021. Siamo un Direttivo coeso con non un uomo solo al comando, ma un gruppo coeso, propositivo ed operoso, assumendone ognuno le proprie responsabilità in base agli impegni assunti. Sempre sabato 11 dicembre verranno inoltre indette nello stesso pomeriggio elezioni per il nuovo Direttivo per gli anni 2022- 2025. Per info o Tua candidatura cell. 333 171 48 27. Purtroppo causa pandemia ti chiedo confermare tua presenza è orario di passaggio per evitare assembramenti. Grazie Ti aspettiamo
Favria, 30.11.2021   Giorgio Cortese

Buona giornata. La vita ci offre sempre una seconda possibilità. Si chiama adesso! Felice martedì

Dicembre.

Eccoci arrivati a Dicembre il dodicesimo ed ultimo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano, conta di 31 giorni e si colloca nella seconda metà di un anno civile. Al tempo degli antichi romani era il decimo mese del calendario, da cui il nome, che iniziava con il mese di marzo. Tra i tanti proverbi aventi dicembre per protagonista: “Dicembre  mese di bruma: davanti mi scalda e dietro mi consuma”; “Seminare decembrino vale meno d’un quattrino”; “Dicembre piglia e non rende”, “Dicembre gelato non va disprezzato”; “Dicembre vezzoso, anno capriccioso”; “Dicembre nevoso, anno fruttoso”; “Dicembre imbacuccato grano assicurato”. Si dice anche: “Per i Santi Innocentini son finite le feste ed in quattrini”; “Dicembre, davanti t’agghiaccia e di dietro t’offende, o viceversa”; “Dicembre variante, freddo costante”. “Per Sant’Anso, 1 dicembre, uno sotto e uno in mano”; “Se piove per Santa Bibiana, 2 dicembre, dura quaranta dì e una settimana”; “Per Santa Bibiana, 2 dicembre, scarponi e calza di lana”; “A Santa Barbara, 4 dicembre,  sta’ intorno al fuoco e guardalo”; “Per San Nicola di Bari, 6 dicembre, festa o non festa, a scuola non si resta”; “A San Nicola di Bari, 6 dicembre, la rondine passa i mari”; “A Sant’Ambrogio il freddo cuoce”; “Chi si rinnova per Maria, 8 dicembre, scampa la malattia”; “Se San Damaso, 11 dicembre, venerate, sarete in pace con chi amate”. Ed ancora: “Da Santa Lucia, 13 dicembre, il freddo si mette in via”; “Santa Lucia da la brodarella, Natale da le stradarella”; “Santa Lucia con il fango, Natale all’asciutto”; “Da Santa Lucia a Natale il dì s’allunga quanto un passo di cane”; “Santa Lucia. Il giorno più corto che ci sia”; “Per Santa Lucia e per Natale, il contadino ammazza il maiale”; “A San Graziano, 18 dicembre, lo scaldino in mano”; “Chi per Natale non ammazza il porco, tutto l’anno resta col muso storto”; “Avanti Natale, né freddo né fame”; “Se avanti Natale fa la brina riempi la madia di farina”. “San Tommè,  21 dicembre, cresce il dì quando il gallo alza un piè; A Natale, 25 dicembre, freddo cordiale”; “Natale, in pantanella, Pasqua in polverella. Natale, al balcone, Pasqua al tizzone”; “Da Natale in là il freddo se ne va”; “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”; “Chi fa Natale al sole, fa Pasqua al fuoco”; “A San Silvestro, 31 dicembre, la neve alla finestra Per San Silvestro, ogni oliva nel canestro”. Un proverbio romanesco, riferito al freddo pungente di dicembre recita: “Le ggiornate d’inverno sò mozzichi”, e cioè “sono morsi”; mentre i veneti sentenziano: “L’inverno l’è ‘l boia dei veci, el purgatorio dei puteleti, e l’inferno dei poareti”, “Il freddo è il boia dei vecchi, il purgatorio dei bambini e l’inferno dei poveri”. In ogni modo i contadini sperano che nevichi perché “Sotto la neve pane, sotto l’acqua fame”; ed in Piemonte  si dice che “Au dezember fioca senza gelé a val pe’ i gran pi’ d’un liamé”, e cioè “Se a Dicembre nevica senza gelare vale per il grano più di un letamaio, inteso come concimazione”. Attenzione però, perché se nevica troppo tardi la neve tende a gelare e allora per il grano sarebbe terribile: “La neve prima di Natale è madre, dopo è matrigna”, rammenta un altro proverbio. Benvenuto Dicembre!

Favria, 1.12.2021

Buona giornata. Oggi è primo Dicembre  tirate fuori luci, addobbi. Invadete le case con la miglior musica natalizia perché sta iniziando il miglior periodo dell’anno. Felice

FIDASAUGURI!

Grazie donatori del generoso gesto di solidarietà umana in questo anno Ti aspettiamo sabato 11 dicembre presso sede FIDAS cortile interno Comune Favria dalle ore 15,00 alle ore 19,00 per chi ha donato nel 2021 consegna panettone e calendario 2021. Ti comunico inoltre che verranno indette nello stesso pomeriggio elezioni per il nuovo Direttivo per gli anni 2022- 2025. Per info o Tua candidatura cell.333 171 48 27. Purtroppo causa pandemia Ti chiedo confermare tua presenza è orario di passaggio per evitare assembramenti.

Grazie Ti aspettiamo e auguri di buon Natale e Felice  Anno Nuovo.

Meravigliosa Grazia.

Grazia Meravigliosa è il canto Amazing Grace,  uno dei più famosi inni cristiani in lingua inglese cantato in tutto il mondo. Il titolo, fa riferimento ad un passo della lettera di San Paolo agli Efesin: “Voi infatti siete salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi; è il dono di Dio, non per opere, perchè nessuno si glori” L’autore del testo è John Newton, mentre la musica è un canto di disperazione degli schiavi trasportati dalle navi che Newton, l’autore, comandava. John Newton, ex capitano di navi negriere, e il canto può considerarsi un inno di ringraziamento a Dio per la grazia della sua conversione, tanto più sorprendente, quanto più infima era la sua professione. Il percorso che portò l’autore alla riscoperta del Cristianesimo fu lungo e tormentato: orfano di madre a sei anni, all’età di undici anni decise di seguire le orme del padre marinaio abbandonando gli studi classici intrapresi. Trascorse l’adolescenza nella Marina Britannica, non senza problemi perché venne messo ai ferri per motivi disciplinari e successivamente fu venduto ad un colono della Sierra Leone. In seguito a questi eventi perse la fede giungendo a fare professione di ateismo e ad assumere volutamente comportamenti empi e irriverenti. Riuscì ad evitare un destino di schiavitù arruolandosi come marinaio semplice su un’imbarcazione, ed in seguito fece carriera diventando capitano di imbarcazioni negriere intorno alla metà del Settecento. Nelle sue memorie lascia un ricordo di quel periodo, che doveva segnare profondamente la sua coscienza, e del disagio che lo condurrà infine all’abbandono di quella professione e alla conversione religiosa. Sposatosi con Mary Catlett, si riavvicinò gradualmente alla fede, iniziando a dedicare alla preghiera un’ora ogni sera e obbligando anche i suoi marinai a pregare insieme la domenica. Una serie di eventi anche piuttosto pericolosi portarono a risvegliare in lui il desiderio di riavvicinarsi alla fede. Da quel momento iniziò a crescere in lui il disagio per l’attività che conduceva, e per quanto inizialmente tentasse di conciliarla con la ritrovata fede cristiana, adoperandosi per rendere più umane le condizioni degli schiavi trasportati, si rese infine pienamente conto dell’impossibilità di farlo, così decise di abbandonare il lavoro sulle navi che operavano la tratta. Il cambio di occupazione lo portò a diventare ispettore delle navi al porto di Liverpool. Tuttavia la maturazione della conversione avvenuta a bordo delle navi negriere lo portò ad una ricerca spirituale sempre più profonda che culminò nella vocazione religiosa. Lottò per l’abolizione della schiavitù, impegnandosi in modo attivo all’interno della propria Chiesa fino all’ultimo, malgrado problemi di salute che lo ridussero quasi cieco, e la memoria che cominciava ad abbandonarlo, volle continuare a testimoniare la propria conversione, considerata una “meraviglia della grazia di Dio”, per indicare che, se aveva toccato lui, nessun peccatore ne era escluso, qualunque fossero i suoi peccati. Infatti affermava durante un sermone: “La mia memoria è quasi del tutto svanita, ma ricordo due cose: che io sono un grande peccatore e che Cristo è un grande salvatore”. Morì nel 1807, esattamente l’anno che vide l’abolizione della tratta degli schiavi in tutti i domini inglesi. Sulla sua lapide sono incise, per sua volontà, le parole pronunciate poco prima di morire: “John Newton, ecclesiastico, un tempo un infedele e un libertino, servo degli schiavisti in Africa, fu, per grazia del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, conservato, redento, perdonato e inviato a predicare quella Fede che aveva cercato di distruggere”. Che dire… un esempio di come la vita di un fervente peccatore è stata trasformata, rinnovata in un uomo nuovo, fervente seguace di Cristo, tutto questo grazie alla Meravigliosa Grazia che Cristo Gesù ha verso ogni essere umano.

Favria,  2.12.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Dicembre, dà freddo al corpo ma gioia al cuore. Felice giovedì.

I due colombi sull’orologio del campanile.

Il campanile si staglia alto nel cielo e si porta appresso l’occhio di tutti noi umani che dal basso lo fissiamo. Il campanile con le sue campane ricopri con i tuoi suoni tutti i tetti di Favria, bussando ai nostri orecchi per avvisarci quanto scorre il tempo, anche avvisandoci per la dipartita di persone che abbiamo conosciuto. Intorno al campanile che come un dito indica l’alto cielo volano i piccioni che sui tuoi cornicioni si posano al volo. Guardo i piccioni con il loro muoversi a scatti, il ritmo dei loro colli, i colori delle piume farsi nel gesto del volo in mille sfumature. I colombi quando sono a terra mi paiono goffi con i loro piccoli passi brevi, il loro guardare sempre di lato piegando il capo con gli occhi fissi. Ma quando volano nel vuoto penso che stiano respirando l’aria pura e fresca della libertà e ne invidio le ali. Questa mattina vi ho visto voi due piccioni innamorati che sul cornicione dell’orologio del campanile erano aggrappati. Forse tubavano parole dolci oppure facezie come noi umani, questo non so, quello che ho pensato che per loro il senso del tempo è diverso da noi umani e ma è gratis per tutti e  senza prezzo. Noi umani, fabbrichiamo orologi, abbiamo eretto campanili ma non possiamo possedere il tempo, ma solo usarlo bene.  Il tempo non possiamo purtroppo conservarlo ma solo spenderlo e se speso male non possiamo più averlo indietro.

Favria,  3.12.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Dicembre è il mese del Natale, dove la tristezza delle sedie vuote si nota di più, ma è bilanciata all’allegria dei nuovi che hanno preso il loro posto. Felice venerdì.

In Dulci Jubilo.

Voglio iniziare questo periodo d’Avvento parlando del canto di Natale: “In Dulci Jubilo”, con l’auspicio che questo sentimento ci accompagni tutti fino al S. Natale.  Questo non è solo il mio personale augurio, o uno stato emotivo dell’animo, ed è anche il titolo di un tradizionale canto natalizio con un testo scritto parte in latino volgare e con parole tedesche, che sembra risalire al medioevo scritto nel 1328 dal mistico Henrich Suso. Henrich Suso, o meglio italianizzato in Enrico Suso, con la curiosità si firmava Amadeus, nato probabilmente il 21 marzo 1295 a Costanza e morto il 25 gennaio 1366 a Ulm, è il monaco tedesco domenicano a cui gli storici attribuiscono la paternità del testo di “In Dulcis Jubilo”. Secondo la tradizione, si narra che nel 1328 Enrico Suso una notte ebbe una visione di angeli che danzavano e cantavano e lui fu preso per mano e si unì a loro cantando e danzando in segno di adorazione e intonò un canto a Gesù Bambino che iniziava con “Nun singet und seid froh o In Dulci Jubilo”. Henrich o Enrico Suso, venne proclamato beato nel 1831 da papa Gregorio XVI e si festeggia il 2 marzo. Il brano apparve per la prima volta in un manoscritto della Biblioteca dell’Università di Lipsia il Codexz 1305 intorno al 1400 anche se pare che qualche versione dello stesso brano potrebbe essere esistita già prima di questa data. Questo canto venne usato sia dai cattolici che dai protestanti e nel 1545 venne aggiunta una strofa al canto sembra addirittura da Martin Lutero e, in questa versione, fu inserito nella raccolta Geistliche Lieder di Valentin Babst, stampata a Lipsia. In Dulci Jubilo, era famoso in tutta Europa e lo dimostra una traduzione svedese del XVI secolo, che si trova nell’innario finlandese Piae Cantiones del 1582 che raccoglie 74 canzoni religiose, popolari e sacre. Oltre poi alla traduzione tedesca che si trova nel New Ordentlich Gesang Buch del 1646 questo canto venne tradotto anche in inglese e due versioni più famose sono quella di Robert Lucas de Pearsall, 1795-1856, che si trova in Musical Times e Novello’a Part Song Book, 1887, basata su un testo del 1570 trovato in un libro usato per la celebrazione del culto dove veniva descritta come “Una canzone molto antica per la vigilia di Natale” di cui l’autore inglese, sostituì le frasi in tedesco con delle parti in inglese. Ecco il testo italiano:“In dulci jubilo, lodate, Angeli, Cristo nostra pace  È sceso sulla terra, Rifulge come astro Nell’ombra della notte. Alleluia. In dulci jubilo, lodate, Angeli, Cristo nostra luce Ci illumina il cammino, O nato da Maria Gesù a te sia gloria. Alleluia… In dulci jubilo, lodate, popoli, Cristo nostra Pasqua Ci libera dal male, E nuova vita dona Offrendo il suo corpo. Alleluia.” Peccato che la produzione contemporanea di canti natalizi non contenga carole basate su questo gioiello della musica medievale.

Favria,  4.12.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. A Dicembre, giornate corte, lunghe notti, l’ape tace, il giunco geme, proverbio francese. Felice sabato.

La Novella del grasso legnaiuolo!

Filippo Brunelleschi è stato architetto, scultore, orafo, scenografo, l’ideatore della prospettiva e il progettista della più grande cupola in muratura mai realizzata al mondo, quella del Duomo di Firenze, fu anche,  non tutti ne sono a conoscenza, l’orchestratore di una divertentissima beffa, destinata a divenire la novella più famosa di tutto il Quattrocento: la Novella del Grasso legnaiuolo. Fu il biografo dell’architetto, Antonio Manetti, a decidere che la Novella del Grasso legnaiuolo meritasse di essere consegnata ai posteri in una versione che fosse quanto più vicina possibile alle parole del Brunelleschi. La vicenda inizia a  Firenze nell’inverno del 1409, la vicenda ha inizio una domenica sera, quando Manetto Ammannatini, detto il Grasso, non si presenta,  forse per la sua stranezza,  a casa di Tommaso Pecori, là dove era stata organizzata e preparata una cena tra uomini dabbene, i quali, sentitisi offesi dalla sua ingiustificata assenza, cominciano a tramare svariati piani di vendetta. Tra questi, il più geniale, ma anche il meno fattibile, appare quello immaginato da Brunelleschi, quello di  convincere Manetto Ammannatini, di aver assunto una nuova identità. Certo non è un’impresa semplice, ma  Brunelleschi, tuttavia, piacciono le sfide, specie quelle che mettono a dura prova la sua intelligenza e che, se superate, consentono di occupare un posto fisso nel libro incorruttibile della Storia e, in tal caso, anche della Letteratura. Raggirando il Grasso – spalleggiato tra l’altro da un’altra mente sopraffina, quella di Donatello,  Filippo potrà dimostrare per l’ennesima volta, e con un’opera da astuzia e non di ingegneria, la sua capacità di plasmare e sottomettere il reale. Con la  buona riuscita della beffa si decreterà il trionfo dell’Umanesimo dello spirito rinascimentale sulla cultura medievale, sull’arretratezza delle persone sempre arroccate al loro mestiere, nel chiuso di una bottega al di fuori della quale non c’è altro che conti. La beffa ordita dal Brunelleschi con la complicità dei compagni non può che presentarsi come una vera e propria opera d’arte: per far sì che essa risulti indimenticabile e che si mostri come il frutto di un ingegno fuori dal comune, è necessario conferirle le vesti di uno spettacolo teatrale. E, in effetti, la Novella del Grasso legnaiuolo si presenta come una sorta di commedia articolata in molteplici atti, in scene vivaci che inquadrano diversi luoghi della città, dal  laboratorio dell’intagliatore, l’esterno della sua abitazione, piazza San Giovanni, il carcere,  nei quali i movimenti dei singoli attori sono tutti ben studiati e volti a illuminare azioni e indirizzare le azioni della vittima.  Una commedia degli equivoci esiliranti e con riferimenti a fonti classiche quali l’Anfitrione di Plauto che convinceranno Manetto Ammannatini detto il Grasso di essere diventato un certo Matteo Mannini, un fannullone indebitato fino al collo, giustamente perseguitato dai suoi creditori. Il gabbato  si ritroverà così dietro le sbarre, poi liberato dai presunti fratelli, i quali lo costringono a confessare i suoi peccati a un sacerdote e, infine, nuovamente nel letto di casa sua, dove, risvegliatosi da un sonno profondo, affida la ricerca della verità agli organi di senso: con gesti spiccatamente teatrali, il legnaiuolo si tocca ora il braccio ora il petto, come se a distinguere un sogno dalla realtà debba essere il corpo con i suoi impulsi, piuttosto che la mente.  Ma il piano di  Brunelleschi non è però ancora concluso e viene coronato del beffato con il sosia.  Grasso e Matteo, faccia a faccia, non faranno altro che ingarbugliare ulteriormente la questione, trasformatasi nelle ultime pagine in una matassa che solo leggendo, e resi complici si può sciogliere.  A rendere tutto più chiaro al legnaiuolo sarà invece il colloquio con la madre, in seguito al quale Grasso, finalmente cosciente di esser stato vittima di una beffa corale, decide di lasciare Firenze e trasferirsi in Ungheria, luogo in cui saprà finalmente farsi artefice della sua fortuna. La novella, che ormai ha assunto schema e toni della commedia, non può però chiudersi amaramente, con la fuga dello sconfitto. Alla fine beffato e beffatore si ritrovano e si raccontano, regista e attore passivo acquistano nuovamente pari dignità, uniti da un riso che sancisce l’appartenenza di entrambi a un mondo di cui noi esseri umani siamo al contempo creature e creatori del nostro destino.

Favria, 5.12.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Babbo Natale con i suoi gnometti ha sudato per mesetti, parte in volo tra un pochino per portarti un regalino. Guarda bene, è speciale! I miei auguri di Natale. Felice domenica.