Apertura corso musicale 2022 a Favria. – Tempus fugit! – Poi viene…-Poi viene… – Il regno del nord, i Cazari! – Acque cristalline ed isole selvagge: le Egadi. -Ciao settembre! …LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE.

Apertura corso musicale 2022 a Favria
Fino dalla sua dalla sua fondazione, la  Società Società Filarmonica 

Favriese   ha avuto tra i suoi scopi principali la promozione della formazione musicale. Per questa ragione, l’attività della Filarmonica si accompagna da sempre con quella della scuola di musica. Negli ultimi anni, si è deciso di investire sempre maggiormente su di essa  fino a farla diventare il vero cuore pulsante di questa centenaria associazione dalla centenaria storia. Questo corso è aperto a chi piacerebbe suonare uno strumento musicale. La Società Filarmonica  Favriese ti aspetta sabato 15 ottobre ore 10,00 presso il Salone Polivalente vengono aperti i  corsi musicali del 2022 a partire dai 9 anni di età.
Per informazioni cell.  3420038633 Alberto o cell. 3474462158 Laura che saranno ben lieti di fornire tutte le informazioni.

Grazie a tutti i genitori che vorranno sfruttare questa possibilità di avvicinare le nuove generazioni alla musica, ragazzi con percorso di musica d’insieme che porterà gli allievi nella Banda musicale. Concludo citando Johann Sebastian Bach: “Tutti gli strumenti musicali sono facili da suonare: tutto ciò che devi fare è toccare il tasto giusto al momento giusto, e lo strumento suona da solo.” Voi metteteci passione ed impegno.

Favria, 20.09.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana le cose che amiamo ci dicono chi siamo. Felice martedì.

Tempus fugit!

Tempus fugit, si sa. Un’ulteriore ragione per cercare di dominarlo se si sta nella stanza dei bottoni. La “variabile tempo” ha identificato uno degli elementi strutturali della modernità sotto la forma della freccia lineare del progresso. Ha impresso un’accelerazione esponenziale – sebbene, in questo caso, decisamente non lineare – alle nostre esistenze immerse nella condizione postmoderna. E costituisce una componente fondamentale della finanza, una delle potenze che orientano maggiormente il Villaggio globale contemporaneo. E, dunque, il potere ha molto a che fare anche con il controllo del tempo e con quello che lo storico dell’antichità François Hartog ha definito il «regime di storicità», ovverola modalità con cui una società si riferisce al proprio passato e ne discute. Ne I tempi del potere (trad.di David Scaffei; Laterza), un grande della storiografia, Christopher Clark (Regius Professore di Storia all’Università di Cambridge), prende le mosse proprio da questa categoria permettere in comparazione alcune letture del tempo storico calate dal potere di turno sulla società. Con la finalità di evidenziare una volta di più, come il tempo non coincida con una sostanza neutrale e universale, riconosciuta in maniera equivalente da tutti i consessi sociali, ma corrisponda all’esito di una costruzione, naturalmente contingente. Di qui, la percezione di taluni «segmenti del passato» come più vicini al presente rispetto ad altri avvertiti, invece, come più distanti e remoti. Come ricorda Clark, nel corso dell’ultimo ventennio si è prodotta una «svolta temporale» nell’ambito degli studi storici e delle scienze umane riconducibile soprattutto al lascito della scuola delle Annales che, a sua volta, risultava debitrice sotto questo profilo di una serie di riflessioni intorno al tempo di Durkheim, Halbwachs (l’autore, nel 1925, de I quadri sociali della memoria), Bergson e Heidegger. Mentre lo storico tedesco Reinhart Koselleck, con la sua «semantica dei tempi storici», compì l’operazione di «storicizzare la temporalità», indicando una “epoca crinale”, grosso modo il secolo compreso tra il 1750 e il 1850. Un periodo durante il quale la coscienza storica degli europei visse un mutamento profondo con la progressiva scomparsa dell’autorità della tradizione e il definirsi di un’idea di storia quale successione di eventi di trasformazione irreversibili, sotto l’impulso dei processi orientati da nuove categorie (progresso, rivoluzione, classe e Stato). Clark sottolinea come storicità e temporalità non siano concetti coincidenti, per quanto strettamente imparentati, e impiega così il secondo nell’accezione del senso intuitivo che un attore politico ha della composizione strutturale del tempo di cui si fa esperienza. Con le relative domande che lo storico deve farsi sulla visione del tempo come flusso di «momenti» nei quali inserire l’azione (e l’agenda) politica, l’approccio rispetto all’eredità del passato, l’idea del presente in termini di mutamento o staticità. In questo libro (magistrale), lo studioso mette tali interrogativi alla prova di quattro concezioni della storia espresse dalla politica dell’Europa di lingua tedesca nel corso degli ultimi quattro secoli. Un’area geografica e culturale particolarmente interessante da analizzare poiché si tratta di quella che, dalla metà del XVII secolo in avanti, visse le fratture politiche più numerose e radicali. Quattro scenari e teatri in cui il potere si mise, quindi, a codificare le coordinate della temporalità. Il primo è quello, al termine della Guera dei trent’anni (1618-1648), della lotta tra il Grande elettore Federico Guglielmo di Brandeburgo-Prussia e i suoi stati provinciali. Di fronte alle richieste di finanziamenti e reclutamento di soldati fatta dal sovrano nel 1657, in occasione della Guerra del Nord, le élite locali risposero di sentirsi estranee a una campagna bellica che non le riguardava (come se il Grande elettore rimanesse per loro sostanzialmente uno straniero). E ribadirono i loro privilegi ereditari, invocando a tutela delle proprie prerogative la continuità col passato. Un conflitto nel quale vennero messe in campo e si scontrarono, pertanto, forme di temporalità assai diverse, destinate a esercitare un influsso significativo anche sulla nascente storiografia prussiana. Il presente dello «spirito dei tempi» del regno di Federico Guglielmo si presentò come il confine, labile, tra un passato drammatico che non voleva passare e un futuro non dato per acquisito, per la cui conquista il principe voleva appunto emancipare lo Stato dai lacci e lacciuoli della tradizione. Il secondo teatro del tempo analizzato da Clark è quello settecentesco del bisnipote di quel Grande elettore: Federico II, il solo re prussiano che si sia dedicato in prima persona a studi storici, il quale scelse deliberatamente di abbandonare il modello temporale conflittuale dell’antenato. Optando per una formula di stasi post vestfaliana, un paradigma di temporalità neoclassica, perenne e inalterabile, fondato su un’idea di ricorrenza ciclica, e dove lo Stato non rappresentava più il motore del cambiamento storico. Al centro del terzo quadro scandagliato da Clark c’è la concezione della temporalità dell’architetto dell’Impero tedesco, il cancelliere di ferro Otto von Bismarck, che viveva la scissione fra l’idea della perennità dello Stato (senza il quale nella storia avrebbero prevalso il caos e l’anarchia, come nel caso dello spettro delle rivoluzioni del 1848) e l’inevitabile mutamento della vita pubblica a cui la politica doveva comunque corrispondere. Nella visione dello statista prussiano la storia costituisce una sequenza complessa di avvenimenti sempre proiettata in avanti, che crolla insieme allo Stato imperiale dopo la catastrofe della Prima guerra mondiale. Spianando la strada al terribile esperimento della «storicità di regime» del Terzo Reich, fondata su un’artefatta e indissolubile identità di presente, passato remoto e ipotetico futuro inarrestabile. E decifrare le visioni di temporalità dei poteri del passato può essere un viatico per comprendere anche le manipolazioni politiche di oggi.

Favria, 21.09.2022   Giorgio Cortese

.

Buona giornata. Le giornate estive si accorciano… E come sempre, in questo periodo dell’anno mi sento addosso lo sguardo del tempo. Felice mercoledì.

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo oggi a FAVRIA  MERCOLEDI’ 12 OTTOBRE  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Poi viene…

Poi viene la fine dell’estate, quando il sole ha concentrato sulla terra tutta la sua forza, quando al termine delle lune estive  il vento cambia i suoi giri, e le nuvole chiudono volentieri il cielo, e gli uccelli partono per caldi lidi.

La fine dell’estate.

Favria,  22.09.2022 Giorgio Cortese

Buona  giornata. la speranza è un filo invisibile che lega i nostri sogni alla loro capacità di realizzarsi. Felice giovedì

Un eroe nel quotidiano.

Oggi voglio parlare di un donatore di sangue. Se si pensiamo bene, questa persona è talmente modesta che non vuole essere citato con il suo nome, ma è stato sino ad oggi un privilegiato, il poter donare il sangue godendo sempre di buona salute. Oggi ha 59 anni, e dall’età dei 18 anni ha iniziato a donare costantemente. Questa passione ha coinvolto tutti i tuoi famigliari che donano, non vi dico se in Avis o in Fidas. Oggi questo eroe anonimo nel quotidiano ha raggiuntole le 196 donazioni, donando più di 88 litri di sangue. Caro anonimo volontario hai sfruttato bene il tuo talento di stare in salute donando il sangue e aiutando il prossimo. Sono tante le 196 donazioni, una dietro l’altra, fatte di pazienza, orgoglio e tenacia sottraendo anche tempo alla tua famiglia. Tu sei donatore di vita, hai permesso che altre persone che nemmeno conosci di ottenere trasfusioni, a persone debilitate, interventi a chi era ricoverato e trapianti ai malati. Con il Tuo costante e continuo gesto hai promesso a delle persone che non conoscerai di continuare a sognare e permesso di realizzare i loro sogni. Hai regalato la speranza dentro una sacca di sangue malgrado le quotidiane difficoltà nel continuare a donare, sempre con entusiasmo e senza mai tirarti indietro. Carissimo non hai donato non solo 196 sacche ma anche ogni volta hai donato l’entusiasmo del dare, l’entusiasmo del dono che è il motore della vita, la vita che continui a donare a chi è nel bisogno ogni volta che stendi generosamente il braccio. Grazie di cuore.

Favria, 23.09.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Un giorno senza risate è un giorno sprecato. Felice venerdì.

Il regno del nord, i Cazari!

Tra i tanti popoli che hanno influenzato la vita degli antichi slavi, in quei territori che oggi sono parte dell’Ucraina e della Russia ci sono i Cazari. Un popolo che ha condiviso con gli slavi un periodo che va tra dal settimo al decimo secolo dopo Cristo, abitando in aree contigue e avendo con essi scambi e contatti, questi sono i cazari che rappresentano un caso del tutto peculiare nella storia europea con ripercussioni nella storia del Novecento. I cazari erano un popolo di origine turca,  proveniente dall’Asia centrale e apparentato con i bulgari, di cui parlerò un’altra volta. L’origine del loro nome è controversa , la più plausibile il nome deriva  dal verbo turco  qaz- con il significato di girovagare, vagabondare, attività tipica delle popolazioni dell’Asia centrale che, a fronte dell’aridità dei suoli, erano costrette al nomadismo per nutrire gli armenti. Il turco moderno presenta, per lo stesso verbo, la radice kez-, che confermerebbe la bontà della teoria. Questa popolazione, secondo storici e archeologi, sarebbe una filiazione della dominazione  Goturk  dell’Asia centrale. Quello Goturk era un impero, basato su una confederazione di tribù, come quello unno, prima, e mongolo, dopo, stanziato nei territori lasciati liberi dagli unni migrati verso occidente. Sono noti come turchi celesti, devoti al tengrismo, religione sciamanica che fu anche dei mongoli,  ricevettero missionari cristiani di fede eretica nestoriana che, come vedremo lle prossime puntate, tanta influenza ebbero sui mongoli di Gengis Khan. I cazari occuparono quindi uno spazio storico posto tra gli unni e mongoli, giungendo alle porte d’Europa nell’intervallo di tempo tra le due grandi invasioni, o migrazioni, di queste due popolazioni. Pare che la tribù che si spinse in Europa, quella detta Ashina, fosse una delle tante dell’impero Goturk, collassato a causa delle spinte centrifughe. Arrivati tra il Mar Caspio e il Mar Nero, si stanziarono occupando alcuni abitati unni e gettando le basi per il futuro stato, combattendo contro gli Avari, i protobulgari e gli slavi, ricavando un regno unificato, chiamato dai bizantini Regno del Nord, che andava dalla Crimea al Caspio, fino al Caucaso a sud. Questa espansione copre un periodo che va tra il 630 e il 700 d.C., dopo di che subentra un elemento  di assoluta novità, i cazari si convertono in massa alla religione ebraica. Le cause e le modalità di questa conversione non sono chiare e vanno a toccare nel vivo l’identità etnica e culturale del popolo ebraico al punto che oggi esiste, in Israele, una diatriba storica accesa che ha, evidentemente, ricadute politiche sul moderno stato di Israele. Personalmente mi limito a dire che la conversione avviene  tra l’ottavo e nono secolo d.C. questo viene confermato dal fatto che quando il principoe di Kiev, slavo , decise di convertirsi alla religione migliore, i cazari inviarono propri rabbini a disputare con imam e missionari bizantini al fine di guadagnare alla propria fede un potente vicino.  Se avessero vinto loro oggi la Russia sarebbe ebraica e non cristiana ortodossa. La domanda che sorge spontanea è perché i cazari scelsero di convertirsi all’ebraismo e non alla religione cristiana o mussulmana? Per le stesse ragioni degli slavi che quando abbandonarono il paganesimo scelsero di convertirsi ad una religione monoteista. I cazari, tradizionalmente tolleranti, si trovavano pressati dall’impero bizantino,  che continuamente inviava missionari in Cazaria,  e dal califatto omayyade che a metà del settimo secolo arrivò fino al Caucaso. Il timore dei cazari di perdere la loro autonomia li spinse a scegliere una religione forte capace di tenere testa al cristianesimo ell’islam, la religione ebraica e poi la decisone di abbandonare il paganesimo era che il tengrismo era punitivo, in quanto prevedeva la morte del capo qualora questo avesse fallito nella sua missione militare in quanto “non più in grazia di Tengri”. I cazari sono venuti in contatto con gli ebrei a causa delle persecuzioni degli imperatori bizantini e la loro emigrazione nelle steppe del regno del nord. Secondo altre fonti, i cazari si convertirono all’ebraismo per il contatto avuto nel Caucaso con gli Johuro,  popolazione di religione ebraica tutt’oggi esistente e residente tra le montagne del Caucaso. Noti per questo come  “gli ebrei della montagna”,  migrati fin lì dalla Persia, sarebbero stati gli Johuro a trasmettere l’ebraismo ai cazari. I cazari con la conquista della Crimea avrebbero sottomesso dei popoli di origine gota  i gretungi. I gretungi, di origine scandinava, come tutte le popolazioni note sotto il nome di “goti”, sarebbero poi emigrati verso la Polonia, Lituania e la Germania avrebbe dato luogo alla peculiare cultura aschenazita, che si esprimerà con la lingua yiddish.  Se questa teoria fosse confermata gli  aschenaziti, è bene ricordarlo, rappresentano oggi l’80% della popolazione ebraica complessiva non sarebbero di radice semitica. Queste sono questioni troppo grandi,  in cui teorie e contro teorie, tradizione e revisionismo, la fanno da padrone. Il margine di errore, in argomenti tanto complessi, è sensibile. Spero di avervi incuriosito nel parlare di questo popolo delle steppe, unico nella storia, si convertì all’ebraismo e di quanto quella conversione abbia ricadute ancora oggi. Una storia di grandi incroci su questo piccolo pianeta.

Favria,  24.09.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita l’occhio per occhio serve solo a rendere il mondo cieco. Felice sabato.

Acque cristalline ed isole selvagge: le Egadi

Le isole Egadisi trovano a circa 7 km dalla costa occidentale della Sicilia, di fonte a Trapani. L’arcipelago è formato da tre isole principali (Favignana, Marettimo e Levanzo) e 4 minori (Maraone, Formica, Stagnone, Galera, Galeotta e Fariglione) che in realtà sono solo poco più che scogli.  Le Egadi sono conosciute per le loro acque cristalline e la loro natura selvaggia e incontaminata. Per via di particolari condizioni idrodinamiche il mare delle Egadi è fra i più puliti e limpidi del Mediterraneo. I fondali si caratterizzano per la presenza di estese praterie di Posidonia oceanica, favorite dall’eccezionale limpidezza delle acque. La Posidonia costituisce un ecosistema molto prezioso, habitat ideale per numerose specie ittiche tra cui ricci, cernie, saraghi, polpi, aragoste, calamari. Tra gli abitanti del meraviglioso mare delle Egadi vanno ricordati anche l’ombrina, la razza, il tonno. Recentemente intorno a Marettimo sono state avvistati degli esemplari di foca monaca. Una curiosità: secondo la leggenda il dio Elios mandava il suo gregge ai fertili pascoli dell’isola di Trinacria (la Sicilia), affidandolo alla custodia delle sue due figlie Fauetusa e Lampatia, nate dalla sua unione con la giovane Neerea. I nomi delle isole Egadi prenderebbero origine dai nomi delle pastorelle e di loro madre: Auegusa, Favignana (Foetusa), Pharbantia, Levanzo (Lampatia) e Hiera, Marettimo (Neerea).

Favria, 25.09.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana non bisogna mai giudicare sbagliato ciò che non si conosce, così perdiamo l’occasione per comprendere. Felice domenica

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo oggi a FAVRIA  MERCOLEDI’ 12 OTTOBRE  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Ciao settembre!

Questa mattina, 26 settembre il cielo era plumbeo e piovoso. Domenica mattina ammutoliva tutto e la terra bagnata tornava al cielo. Fra pochissimi giorni sarà’ ottobre, un mese dove i giorni si accorciano ma con la luce dorata dall’alba al tramonto. E si, non rimane molto tempo prima dell’arrivo dell’inverno. Ciao settembre!

Favria, 26.09.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana la distanza che si trova tra l’incertezza e la certezza si chiama speranza. Felice lunedì.