Bilancio della giornata. – Flatus voci. – Fé cassul! – La renagloda o ranaglode, la regina delle susine – Aida! – Spostiamo la sedia e riprendiamoci la scena! – Come è attuale Gozzano!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Bilancio della giornata
Al mattino il buongiorno profuma sempre di possibilità, ma la buonanotte del

bilancio della giornata. Ma che cosa è la sera prima di andare a dormire se non il momento in cui mi trovo più vecchio di un giorno, e non più ricco di una manciata di minuti prima di andare a dormire. Ritengo che la sera tardi, prima di andare a dormire sia il momento adatto per fare il bilancio e vedere che ogni voce, nel giro completo della giornata e riflettere che forse il vero bilancio della mia giornata andrebbe fatto mettendo sul piatto le cose che rifarei e quelle che cambierei. Rifletto che poi tutto dipende da come faccio il bilancio della giornata, per esempio, non su cosa ho fatto oggi, ma quanta bellezza ho vissuto è ho condiviso. La giornata appena trascorsa la devo misurare non attraverso il numero di respiri che ho fatto, ma attraverso i momenti che mi hanno lasciano senza respiro. Che bella la giornata trascorsa simile alla musica, composta ad orecchio, con sentimento e passione. Sorrido nell’animo e penso che è bellissima la vita, un mistero da vivere ogni giorno non un problema da risolvere. Nella giornata trascorsa la vita quando mi è sembrata stretta o poi trovata comoda è solo in relazione al mio coraggio nel viverla. Beh la giornata è proprio finita ed arriva la notte fatta di pensieri, fatta per i sognatori e di sogni, e prima di abbandonarmi nelle braccia di Morfeo mi domando ma se dovessi rifare la giornata ne varrebbe la pena di riviverla salvando le modifiche?
Notte!

Favria, 3.08.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Quando tutto sembra andare male, ricorda che gli aerei decollano contro vento, non con il vento a favore. Felice martedì.

Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 6 AGOSTO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Donate il sangue, donate la vita! Attenzione,  per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Flatus voci.

La frase latina flatus voci, emissione di voce, viene attribuita tradizionalmente  al filosofo Roscellino di Compiègne, morto intorno al 1120, massimo rappresentante del nominalismo medievale, secondo il quale i concetti universali non hanno alcuna realtà oggettiva e sono soltanto semplici nomi, (cioè, appunto, dei flatus vocis. Oggi questa espressione viene ripetuta nel linguaggio comune in  senso polemico a discorsi privi di consistenza o a promesse che non hanno seguito. Nell’inconscio umano la voce costituisce una forza primordiale, dotata di un potente dinamismo creatore. Di qui la sua notevole capacità di generare miti e di prestarsi a significazioni religiose. Il linguaggio è senz’altro impensabile senza la voce. Eppure, le emozioni molto intense suscitano l’emissione della voce, non necessariamente del linguaggio come il grido inarticolato, il gemito puro, il vocalizzo senza parole ne sono l’espressione più naturale. Le situazioni che illustrano questa corrispondenza sono innumerevoli, dal primo grido del neonato, al baccano degli  studenti dopo la lezione, al grido di guerra, allo “jodel” tirolese. Il tema della voce caratterizza molti antichi miti, greci e romani: quest’ultimo può essere considerato come una sorta di specchio della vita nei secoli passati.  La mitologia classica è popolata di personaggi fantasiosi, ultraterreni, incarnanti non solo virtù, ma anche i vizi umani. Il mito è la testimonianza del fatto che determinati valori erano perseguiti (o meno) già in tempi assai remoti, nonché delle credenze dei nostri antenati che erano in grande armonia con la natura: ad esempio, essi adoravano le Ninfe, divinità inferiori personificazione delle forze naturali elementari, protettrici degli uomini nonché della vegetazione. Secondo alcuni erano figlie di Zeus, secondo altri di Oceano e di Teti o di Gea, la Terra, secondo altri ancora, di Nereo e Doride. I nomi delle Ninfe indicavano il luogo cui presiedevano (le Oceanine erano Ninfe dell’Oceano, le Agrostine dei campi, le Driadi dei boschi, le Alseidi delle foreste, e così via). La Ninfa Eco, che la tradizione vuole figlia dell’Aria e della Terra, è certamente la più celebre manifestazione vocale presente nel mito classico: la sventurata disse male di Era, Giunone, la regina degli déi, che per questo motivo la condannò a ripetere l’ultima parola dei discorsi che le si rivolgevano. Eco si innamorò  del vanesio Narciso, ma da lui disprezzata, la Ninfa si nascose nei boschi e da allora dimorò in grotte solitarie, finché le sue ossa si mutarono in pietra e di lei rimase solo la voce, l’eco, appunto. Un’altra versione del mito narra che il satiro Pan rimase folgorato prima dalla bellezza della voce di Eco che cantava con una voce chiara, armoniosa, dolce come il cinguettio degli uccelli, e poi, certamente, dall’avvenenza fisica della fanciulla, e la chiese in sposa. La Ninfa fuggì terrorizzata: si nascose in una caverna invocando l’aiuto di Narciso, giovane e bellissimo cacciatore di cui era perdutamente innamorata, che udì le preghiere della fanciulla senza però mai raggiungerla; egli era troppo superbo, così abbandonò la Ninfa al suo destino, che, consumata dal dolore, poco a poco si dissolse in flebile voce. Non avendo più la forza di chiamare il nome di colui che le aveva spezzato il cuore, Eco continuò in eterno a ripetere le ultime sillabe delle parole dei viandanti che attraversavano i boschi. Quello di Eco non è l’unico mito vocale restituitoci dalla classicità,  la melodiosità e il canto custodito nella vocalizzazione pura hanno il potere di influenzare gli affetti e di questo gli antichi greci e romani erano ben consci, tant’è che la voce, cantante e non, è presente in diversi racconti mitici.  In conclusione per tutti noi il  tono della voce dice quello che sta al di là delle parole, perché la voce con le sue sfumature  è più inconfondibili delle impronte digitali. Se il timbro è la pelle della voce, il tono è la sua carne emozionata. La voce di dio resta la più forte perché è l’inarrestabile voce del silenzio,  un altro alfabeto che mi parla dentro, insomma molto di più di flatus voci!

Favria, 4.08.2021 Giorgio Cortese,

Buona giornata. Nella vita quotidiana è l’occhio che  sceglie, ma la voce conferma e l’olfatto annuisce, perché anche gli sguardi hanno un loro tono di voce, impossibile da confonderli. Felice mercoledì.

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Fé cassul!

Fé cassul! Questo modo di dire che letteralmente significa fare mestolo, quando un bambino sta per piangere. Nasce  dalla caratteristica  smorfia che assume il volto del bambino che annuncia il pianto, il cassul è la posizione assunta dal labbro inferiore.

Favria, 5.08.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita mentre si insegna si impara. Felice giovedì.

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La renagloda o ranaglode, la  regina delle susine

Il frutto è rotondo, di una grossezza mezzana,  La buccia è sottile, verdastra, e sfumata da una velatura di rosso dal lato del Sole. La polpa è fina, delicata, e piena di un sugo abbondante e saporitissimo. Il nome è in onore della regina Claudia, 1499-1524, moglie di Francesco I di Francia, alla quale fu dedicata come era di moda nel Seicento dall’es0plorato Pierre Belon che gli dedica  questo susisino come simbolo di prosperità nel suo regno. Ma chi era la regina Claudia? Claudia di Francia nata a Romorantin 1499, figlia di di Luigi XII di Francia e di Anna di Bretagna. Claudia venne così chiamata in onore di San Claudio, il Santo che la madre aveva invocato durante un pellegrinaggio per riuscire a dare alla luce un figlio che sopravvivesse fino all’età adulta.  Da giovane viene  promessa  sposa dapprima all’arciduca Carlo d’Austria, il futuro  Carlo V,  e poi sposò nel 1514, per richiesta degli Stati Generali riuniti a Tolosa,  il cugino duca d’Angouleme, il futuro  Francesco I, confermandone così la successione a Luigi XII. Viene ricordata come la bonne reine e di lei non si sa quasi nulla.  Claudia diviene una pedina in un complicato gioco dinastico, era bassa di statura e affetta dalla scoliosi, che la rendeva gobba. A corte era eclissata dalla suocera, Luisa di Savoia e dalla cognata, la letterata Margherita, regina consorte di Navarra.   Quando Francesco divenne re ne l 1515 le tre  dame di compagnia di Claudia erano le sorelle inglesi Maria e Anna Bolena e Diana di Poiters. Maria Bolena divenne l’amante del re prima di tornare in patria nel  1519, mentre Anna fungeva da traduttrice ufficiale della regina ogniqualvolta fossero presenti dei visitatori inglesi e poi nel 1521 tornò in Inghilterra  dove oltre dieci anni dopo sarebbe divenuta regina come seconda moglie  di Enrico VII. Diana di Poitiers fu la principale ispiratrice della Scuola di Fontainebleu  del rinascimento francese e sarebbe divenuta l’amante per la vita del figlio e successore di Francesco, Enrico II.  Claudia trascorse la sua vita in un ciclo continuo di gravidanze; suo marito aveva numerose amanti, ma solitamente era relativamente discreto. Poco interessata alla politica, Claudia lasciò al marito anche il governo della Bretagna, dedicandosi alla cura dei figli e alle pratiche religiose, sotto l’influenza, secondo alcune fonti, di colui che era stato il confessore di Luisa di Savoia,  madre del re Francesco I, il francescano Cristoforo Numai di Forlì.  Claudia morì nel 1524,  all’età di soli ventiquattro anni. Il marito e la suocera non parteciparono neppure al suo funerale. Il marito di Claudia si risposò anni dopo la morte della prima moglie, con Eleonora d’Asburgo, sorella dell’imperatore Carlo V e l’atmosfera a corte si fece sempre più dissoluta e alcune voci volevano che la morte del re nel 1547 fosse dovuta alla sifilide. In Francia Claudia oltre a dare sette figli a re Francesco I legò il suo nome a una varietà di susine: “prugna Regina Claudia”. Da ricordare che Claudia di Francia fu anche  di la nonna materna di Carlo Emanuele I di Savoia ed in dialetto si chiamano renagloda e ranagloda dal francese reine Claude e con questo la regina con il nome dato al susino è passata alla storia.

Favria,  6.08.2021Giorgio Cortese

Buona giornata. Certi giorni la vita è simile ad una bilancia che dobbiamo semplicemente riequilibrarla. Felice venerdì

Aida!

La marcia trionfale dell’Aida, rappresentata per la prima volta al Cairo il 24 dicembre del 1871, fu l’opera che consacrò definitivamente la gloria di Giuseppe Verdi. La vicenda derivò da uno scenario scritto dall’egittologo francese Mariette, dipendente del Kedivé d’Egitto, che aveva ricevuto l’incarico di occuparsi di un’opera per celebrare l’apertura del Teatro lirico del Cairo, costruito per festeggiare l’inaugurazione del canale di Suez. La storia narra quando gli Etiopi hanno invaso l’Egitto. Radamès, consacrato condottiero, parte alla testa dell’esercito. Egli ama Aida, schiava di Amneris, la figlia del Faraone, che ignora essere Aida figlia del re nemico. La vittoria arride agli Egizi e Radamès riceve in premio la mano di Amneris ma, per amore di Aida, si fa involontario traditore. Scoperto, vuole fuggire con Aida ma, ripreso, è processato e condannato a morte: sarà sepolto vivo insieme ad Aida sotto l’altare di Fthà. Su Aida e Radamès agiscono Ramfis ed Amonasro che manipolano la situazione difficile in cui si trovano gli innamorati facendo leva sull’unico sentimento che, secondo Verdi, poteva contrastare l’amore: la fedeltà alla Patria. Amneris cerca di servirsi della ragion di stato e della sua posizione sociale per annientare la rivale in amore ma, similmente alla sua schiava, resta vittima di forze sulle quali si era illusa di poter avere il controllo; i sentimenti privati si scontrano qui con le ragioni della storia, e lo scontro è reso più acuto dalla mancanza di vincitori. Tranne Ramfis, infatti, i personaggi escono tutti sconfitti dalla vicenda: il piano di Amonasro fallisce e il re muore durante la fuga; Amneris si vendica della sua rivale ma perde l’amore di Radamès; Radamès, vincitore in battaglia, nella vita privata è uno sconfitto, solo oggetto di desideri femminili e suscitatore di intrighi altrui; Aida può realizzare il suo sogno d’amore per il comandante egiziano non da libera ma nel chiuso della tomba. Sono numerosi i temi ricorrenti che, come in nessun altra opera di Verdi, che intrecciano una trama fitta di relazioni  tra i vari protagonisti nei vari atti e viene affidata all’orchestra una funzione narrativa.

Favria, 7.08.2021   Giorgio Cortese

Buona giornata. In tutte le cose è meglio sperare che disperare. Felice sabato

Ti aspettiamo a Favria MERCOLEDI’ 25 AGOSTO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Donate il sangue, donate la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portate sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parola e divulgate il messaggio

Spostiamo la sedia e riprendiamoci la scena!

Il testo di Giorgio Gaber e Sandro Luporini sul monologo di spostare la sedia. Gaber nel suo monologo rifletteva su come spostare la sedia, che sta lì, ben illuminata, intorno il buio. Sembra una cosa semplice e invece non lo è, tanto da dar luogo ad approfondite analisi che approdano alla necessità di rivolgersi a una figura ben autorevole o a un cambiamento della Costituzione o addirittura a proporre un referendum, il problema è che non si troveranno mai cinquecentomila firme per spostare una sedia. La soluzione pare dunque quella delle elezioni anticipate, ma sarebbe troppo grave per il Paese. Così si giunge alla decisione: il punto di incontro su cui parlare e parlare ovvero «il problema grave della sedia da spostare». Insomma, la sedia resta lì, mentre noi italiani, donne o uomini, siamo completamente fuori dalla scena, perché la nostra  vera colpa è un voto. Ci affliggiamo per le scelte sbagliate che avremmo potuto evitare, per una vita che avrebbe potuto prendere un’altra direzione e cerchiamo nel nostro passato più prossimo i nostri abbagli. Forse l’errore non è recente, però, forse è antico, magari è un piccolo errore che risale all’infanzia, che ci siamo trascinati sino all’età adulta, che ci ha spinto a compiere scelte scorrette e che continua a far danno. Come quando si sbaglia un piccolo segno nelle equazioni algebriche. Un errore che all’inizio sembra davvero irrilevante, ma che poi inficia l’intero procedimento dando come risultato un numero enorme e insensato, magari pure fratto sulla radice quadrata di una cifra senza misura. La matematica necessita di una sua estetica, come la vita e forse non  lo sapremo mai qual è l’errore. Se è vero però che piccole sviste possono determinare orribili risultati, allora non è bene considerare cosa da poco l’unica forza che abbiamo per esserci, per quanto piccola e insulsa ci sembri: il voto! Non conosceremo mai tutto ciò che ci fa bene e tutto ciò che ci fa male, perché il futuro è buio e le possibilità tante, ma dobbiamo rivendicare il nostro essere persone, a maggior ragione in questo tempo che ci vuole fuori dalla scena.

Favria, 8.08.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ci sono due cose che non tornano mai indietro: una freccia scagliata e un’occasione perduta. Felice domenica

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Come è attuale Gozzano!

Quando sento parlare di Guido Gozzano  la mia mente  corre subito ad  Agliè una perla del verde Canavese, luoghi in cui il poeta trascorse molto tempo e che videro il nascere di alcuni dei suoi capolavori, tra cui “La Signorina Felicita” dove il poeta fa chiaro cenno al territorio:…. Ivrea turrita, i colli di Montalto, / la Serra dritta, gli alberi, le chiese; / e il mio sogno di pace si protese / da quel rifugio luminoso ed alto”…. Purtroppo l’immagine che ci ha tramandato la scuola era quello di un poeta un po’ retrò e conservatore. Questa immagine anche lo stesso poeta in parte, ha contribuito a divulgare con le sue poesie come della Signorina Felicita, dell’Amica di nonna Speranza. Eppure Gozzano conosciuto ai più come il più importante esponente del Crepuscolarismo, è stato l’iniziatore dellapoesia italiana contemporanea.  E’ stato, permettetemi di dire nella mia limitata conoscenza il precursore di Montale, Saba, Ungaretti, tanto per citarne alcuni. Gozzano a prima vista sembra un poeta tradizionale e conservatore ma ha parodiato in maniera divertente la tradizione della poesia italiana. Nelle sue poesie Gozzano ha continui riferimenti alla letteratura precedente, da Dante a Petrarca, da Ariosto a Tasso, da Leopardi  e pure di D’Annunzio! Il suo non era un plagio ai vari poeti passati, ma una memoria di quanto avevano scritto dei grandi che presentava sotto una luce diversa, una poetica diremmo adesso postmoderna, alla faccia del conservatore, che riprendeva temi cari a grandi poeti del passato. Purtroppo Gozzano muore a 32 anni il 9 agosto 1916 lo stesso giono della presa di Gorizia da parte dell’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale. Nel primo dopoguerra funestato da due anni di bienno rosso e poi la presa del potera del fascismo non lasciano spazio alla figura di Gozzano. Il poeta  Canavesano non era adatto alla prosa retoria del regime lui che era stato il maestro di giocolieri e funamboli del linguaggio viene releganto  al polveroso stereotipo di poeta marginale senza capire  subito dopo la sua morte che  la sua poesia era anche ironica, perché molte volte sotto la superficie di un sorriso amaro, nei suoi versi emergono questioni e tematiche esistenziali tutt’altro che banali, come il motivo della morte, come chiama la Signora vestita di nulla, nel suo testo l’ipotesi. In conclusione può sembrare a prima vista che la poesia di Gozzano non abbia nulla di grandioso e di così importante nel suo contenuto da propormi qualche progetto per il futuro o dei manifesti per una nuova società ma che, al contrario, coglie la tristezza e la solitudine della nostra vita quotidiana. La sua poesia mi comunica un messaggio sempre attuale, nella vita l’attenzione ai sentimenti e la disponibilità a comunicare con gli altri rendono più facile affrontare le difficoltà quotidiane, anche quella della incombente presenza “la Signora vestita di nulla”.

Favria,  9.08.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Una cosa è chiara sulle lezioni di vita: c’è esubero di maestri… e carenza d’alunni. Felice lunedì.