Caro giugno – Onorificenza Re Rebaudengo . – W i donatori di sangue – Luglio.- Elogio all’orto. – Valgo perché sono, non perché appaio. – Il passero.- Sera di luglio…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Caro giugno,sei stato un mese intenso e bello. Un mese di feste tra

famigliari. Un mese ricco di momenti felici, un mese di scoperte di nuovi luoghi, di verde, e di respiro. E se c’è stato anche un momento no, per fortuna è passato in fretta. Sei stato un mese di una nuova consapevolezza del credere nelle mia azioni nel fare del bene. Alla mia paura di essere giudicato, che mi porta a frenarmi sempre. Troppo spesso. Impedendomi di essere migliore. Un punto in cui vorrei tanto migliorare. In cui DEVO rimediare. Sei stato il mese di tante letture, belle ed emozionanti. Un mese caldo, troppo caldo. Dove non riuscivo a respirare, ma ho preso tutto con serenità.
Favria 29.06.2022 Giorgio Cortese

Onorificenza Re Rebaudengo Sabato 18 giugno a Selve di Vigone è stata conferita ad un donatore del gruppo l’Onorificenza Re Rebaudengo per il suo impegno profuso da donatore.Parlo di una persona molto umile che si schermisce quando nuovi donatori vengono a donare grazie alla sua instancabile opera di propaganda ed esempio come modello di donatore di sangue che oltre a donare ne promuove il dono.Il premiato ha la matricola n. 19, uno dei primi donatori che hanno fatto parte del gruppo dal lontano maggio 1988.Il donatore è membro del nostro direttivo, di cui ricopre il ruolo di vicepresidente con Macrì Nicodemo. Il premiato, da sempre, si adopera con impegno e lusinghieri risultati nel promuovere il dono del sangue, prima in ambito lavorativo e adesso nelle associazioni in cui è impegnato quali la Caritas di Forno, Associazioni Petilini Piemontesi e in altre numero attività, si potrebbe dire che rappresentata una fulgida figura di volontario che lancia sempre il cuore oltre l’ostacolo del fare del bene, bene.
Beh avete capito di chi parlo: Grazie Vincenzo Varrese, grazie di cuore
Favria, 28.06.2022 Giorgio Cortese
Buona giornata. Ogni per essere felici pensiamo a tutta la bellezza che abbiamo intorno a noi. Felice martedì.
Domenica 19 giugno è avvenuta la festa dei donatori di sangue a Favria, un grazie a tutti i volontari che dopo 4 anni di assenza sono tornati a fare festa al gruppo Fidas di Favria Gruppo L.Tarizzo- D. Chiarabaglio, dopo quattro anni di assenza causa pandemia.
Siamo tornati a fare festa
Prima di iniziare voglio a nome del Direttivo ringraziare tutti i commercianti di Favria che hanno contribuito alla riuscita della manifestazione, ringraziamo chi ha donato qualcosa per la festa e chi nulla, come donatore ringrazio sempre tutti anche chi dona un sorriso, nella vita l’importante è donare sempre qualcosa di positivo alle persone che abbiamo vicino.
Oggi Vi vogliamo parlare della donazione del Sangue. Donare sangue, un semplice gesto gratuito che spesso salva una vita. La solidarietà nei donatori scorre nelle vene. Il sangue è un liquido che rappresenta il 75 del peso del nostro corpo ed è responsabile delle più importanti funzioni vitali. Di sangue, pur con i progressi della medicina e l’aumento dei donatori di sangue non c’è ne mai abbastanza! Il problema si aggrava durante l’estate, perché diminuiscono i donatori per le ferie estive. Tutti Voi potete donare sangue, basta essere di età tra 18 ai 65 anni, peso corporeo non inferiore ai 50kg. Al momento della donazione devono essere a norma: la temperatura corporea, la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca e l’emoglobina. Per una donazione vengono prelevati 450 millilitri di sangue. Per le donne in età fertile solo 2 volte all’anno, ogni sei mesi. Per gli uomini max 4 volte all’anno, ogni tre mesi, dopo ogni 90 giorni. Tenete presente che il sangue si costituisce dopo poche ore. Non esiste nessun rischio di contrarre infezioni donando sangue perché il materiale impiegato è sterile e usato una sola volta. I controlli sui donatori sono molto accurati e l’unico sistema per evitare la speculazione ed i rischi di contagio è quello di aumentare il numero di donatori periodici. Come gruppo abbiamo raggiunto l’anno scorso la quota di 563 sacche! con 340 donatori attivi. Ne abbiamo fatta di strada dal lontano maggio 1988 quando venne fondato il gruppo ed erano partiti nel 1988 con 42 donatori raccogliendo 149 sacche e nel 2021 abbiamo raccolto ben 563 sacche con 380 donatori effettivi e 27 nuovi donatori

Luglio è il settimo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano ed è composto da 31 giorni. Il nome di questo mese deriva da Giulio Cesare che essendo nato il 12-13 luglio, lo chiamò Julius. In passato, gli antichi romani che utilizzavano il calendario romano di Romolo lo chiamavano Quintilius, Quintile, quinto. Non mancano le tradizioni legate a questo mese che vede maturare frutti e campi. Il raccolto del grano all’inizio del mese era legato a numerosi riti agrari che celebravano spesso le dee madri, di cui sono rimasti alcuni vestigi nelle feste e sagre di paese dedicate alla Vergine Maria. Sin dall’antichità, questo mese che segna il momento del raccolto del grano, cereale di prima importanza per il nostro sostentamento ancora oggi, era legato al culto della fertilità della terra. Questo culto che ricordava alle popolazioni l’importanza della ciclicità della vita era legato ai misteri di vita, morte e rinascita. L’avvento dell’agricoltura è legata all’evoluzione dell’umanità: intorno ai campi si organizzarono i primi nuclei stanziali, e da lì, le prime comunità. Simbolicamente, è intorno al grano che la nostra società nacque. Sulla base di un tentativo di comprendere il miracolo della vita attraverso l’osservazione della ciclicità del tempo e il movimento degli elementi naturali, si è forgiata la credenza in una Dea Madre e in divinità legate al culto della fertilità che le popolazioni agrarie onoravano attraverso riti propiziatori. Ora, è utile tenere bene in mente tutto ciò perché come lo scoprirai, molti dei nostri detti popolari si fondano ancora su questo legame tra uomo e terra. Allora gli esseri umani potevano capire i mistesri del ciclo delle stagioni in base ad un elemento fondsmentale: il Tempo, un concetto difficilmente comprensibile, eterno, senza inizio né fine. Il Tempo divora tutto ciò che crea, come lo spiega bene il mito del dio Cronos che divorava i suoi figli; Cronos era il dio al quale secondo la leggenda dobbiamo l’insegnamento dell’agricoltura e della civiltà e che avrebbe dato il via alla famosa età d’oro; un dio, assimilato al dio Saturno, che spesso veniva raffigurato con una falce in mano. Saturno, il grande mietitore di campi e di anime, rivela attraverso i segreti del Tempo il miracolo della vita grazie alla morte che diventa preludio di rinascita, ecco perché una parte del raccolto era dedicato alla dea madre che poi avrebbe assicurato in futuro un buon raccolto: il frutto del passato diventava il seme del futuro per permettere alla vita di continuare il suo corso. In questo periodo cardine si festeggiava con gratitudine i doni concessi dalla terra, da questa Grande Madre: la comunità si riuniva per celebrare l’abbondanza durante quelle celebrazioni che potremmo definire goliardiche e che costituivano la matrice delle nostre odierne feste e sagre di paese. Un’antica tradizione di luglio: la sagra delle Regne di Minturno
Un esempio emblematico di queste tradizioni antiche, che risalgono all’epoca romana e ai riti pagani legati alla raccolta del grano, è la Sagra delle Regne che si svolge a metà luglio a Minturno, in provincia di Latina.
Il nome Sagra delle Regne deriverebbe dal latino regne, termine che indica la gremia, ovvero i fasci di spighe o covoni di grano, che già in antichità venivano offerti alla Madre Terra che poi, col tramonto degli dei pagani, converse verso la figura che più rappresentava nell’immaginario cristiano la dea madre: la santa Vergine Maria. Come detto in precedenza, luglio è un mese fortemente legato all’agricoltura e alla nostra sussistenza in generale, ecco perché è così ricco di detti popolari, testimoni della saggezza umile dei nostri vecchi.
Favria, 1.07.2022 Giorgio Cortese
Buona giornata. Per me avere speranza significa non arrendermi mai. Felice venerdì

Cerchiamo Persone che Amano la propria Vita pensando spesso a quella degli Altri. Se ancora non sei donatore, pensaci, ma non con la testa, con il cuore. Ti aspettiamo mercoledì 13 Luglio ore 8- 11,20 a Favria, cort.int Comune. Per info e prenotare cell.3331714827
Elogio all’orto.
Sulla strada la calura è insopportabile, con l’asfalto che ne ingigantisce l’effetto. Poi la padrona di casa mi apre il portone ed entro in un orto ben curato, completo e carino. Il piacere di coltivare l’orto è fatica, ma li si scopre l’utilità e la sua bellezza.
Alla padrona e conduttrice dell’orto Magda, la sua cura dà grandi soddisfazioni, libera dalle tensioni, pensieri negativi. In quel piccolo fazzoletto di terra, si respira aria sana godendo la sua purezza.L’orto di Magda è un luogo magico, creativo e inventivo, dona la gioia di vivere sereni che è un bel positivo motivo.Magda coltiva con impegno e passione l’orto, vanga tutto a mano, semina le verdure e poi aspetta con pazienza la loro crescita, con utilizzo finale a chilometro zero.Con la bellezza dell’orto, Magda nelle ore che passa li si gode le meraviglie della natura, guarda il cielo, la pioggia, il vento, il sole i bei colori, sente il canto dei uccelli, che sembra un concerto di musica, che l’aiutano a vivere la vita con buoni umori.La fatica e il sudore a coltivare l’orto vengono sempre compensati, dalle verdure che si raccoglie e poi mangia, i loro sapori, portano beneficio per la salute.Quando chiedo a Magda, come va l’orto, lei mi risponde sempre che gode di ottima salute e che gli fa star bene vederlo ben ordinato.Che bella questa oasi di tranquillità e lavoro vigorosa e colorata.Mi viene da pensare che se tutti coltivassero l’orto, i mezzi di trasporto per le verdure sarebbero dimezzati e l’ambiente meno inquinato.Viva l’orto, luogo magnifico, creativo e salutare; è molto bello starci a coltivare e da amare nonostante la terra sia bassa come mi ricordava sempre gli anziani.L’orto è lavoro e fatica e come diceva Jorge Luis Borges chi coltiva un giardino o un orto, a suo modo sta contribuendo senza saperlo a salvare un po’ il mondo.Oglianico, 2.07.2022 Giorgio Cortese
Buona giornata. La vita è un vaso invisibile e noi siamo ciò che vi gettiamo dentro. Se mettiamo invidia, insoddisfazione e cattiveria e traboccherà ansia, se lo colmiamo di gentilezza, empatia e amore traboccherà serenità. Felice sabato
Valgo perché sono, non perché appaio.Secondo William Shakespeare tutto il mondo è un palcoscenico e gli esseri umani sono soltanto degli attori che hanno le loro uscite e le loro entrate. E ognuno, nel tempo che gli è dato recita molte parti. Pensiero sempre attuale in questa società dove l’apparire ha un valore maggiore dell’essere. La moda dei tatuaggi, che imperversa da diversi anni nelle ultime generazioni, ne è un esempio eclatante. L’immagine è la prima cosa che si spende nel contattare l’altro. Essere è l’identità della persona, la sua intima natura, ciò che si è; apparire è il mettersi in vista, avere l’apparenza, sembrare ma anche mostrarsi. Attraverso l’essere esprimiamo la nostra identità, un modo di vivere personale e necessario, la nostra unicità, il nostro contenuto, ma vivendo di relazioni anche l’apparire diventa una manifestazione necessaria. Viviamo quindi in una società in cui conta più l’apparire rispetto all’essere o meglio dove l’essere coincide con l’apparire? Oggi la nostra attuale società genera una cultura fatta di modelli generati dalla pubblicità, dallo sport, spettacolo, dalla televisione, e dai social con la figura degli influencer. Viviamo in un mondo preconfezionato dove tutto e catalogato. Mi domando, ma perché oggi l’apparire è così importante in questa società? Perché è l’emblema di uno status, derivante da molta solitudine. Apparendo come o meglio di altri forse ci sentiamo meno soli, o credendosi migliori ci illudiamo e ci costruiamo una maschera in cui crediamo veramente. Ma alla fine la vita presenta il conto mettendoci in condizioni di riflettere e capire come effettivamente andrebbe vissuta. Oggi molti indossano più maschere e recitano un loro copione e si muovono secondo schemi ben definiti che si accettano per convenienza senza avere mai il coraggio di rifiutarli, anche quando contrastano con la loro natura. Sotto la maschera, non quella fisica per il covid, lo spirito freme, ma viene frenato per non urtare contro i pregiudizi della società, o per la personale tranquillità. Ma a volte capita che l’animo esplode e la maschera si spezza simile ad un violino stonato, o come un attore che si mette a recitare sulla scena una parte del copione che non gli è stata assegnata. Tutto questo per la paura di non sentirsi accettato. Come umani siamo esseri sociali e abbiamo bisogno di essere accettati, amati e stimati, ma dobbiamo accettarci come siamo. Chi ha tutto, ma non è, può perdere, in un solo istante, tutto ciò che ha. Chi è, ma non ha niente, può avere tutto ciò che vuole. Il vero potere degli esseri umani è nell’essere non nell’apparire. Valiamo perché siamo e non perché appariamo sui social con i mi piace o no! Favria, 3.07.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. La felicità è la sola cosa che raddoppiamo quando la condividiamo. Felice domenica
Il passero.Tanto tanto tempo fa, nel cuore della foresta, viveva una vecchia coppia. Essi vivevano in pace e armonia, nonostante le differenze di carattere; il vecchio, infatti, era un uomo onesto e buono, mentre la moglie, cupida e attaccabrighe, litigava con tutti quelli che incontrava. Un giorno il vecchio stava seduto sulla veranda, come d’abitudine, quando vide volare verso di lui un passerotto, braccato in volo da un grosso corvo nero. Il povero uccellino gridava per la paura, e l’uccellaccio nero, che lo cacciava per mangiarselo, gli volava dietro sbattendo le ali e allungando il becco. Il vecchio, allora, si alzò di scatto e come il corvo gli fu a tiro, gli diede una bella botta e lo mise in fuga; quello emise un grido arrabbiato e volò via. E così l’uccellino, liberato dal suo nemico, se ne stette rifugiato nelle mani del vecchio, il quale se lo portò in casa. L’uccelletto sbattè le ali, e l’uomo lo rassicurò che era al sicuro; ma siccome sentiva che il suo cuoricino batteva forte, lo mise in una gabbietta, dove l’uccelletto riprese coraggio e tornò a cinguettare e a saltellare. Il buon vecchio, che amava molto gli animali, da quel giorno ogni mattina gli apriva lo sportello della gabbia di modo che il passerotto potesse svolazzare libero all’aria aperta, ma non appena si sentiva minacciato da qualche bestia feroce come gatti o topi, istantaneamente tornava a rifugiarsi dentro, perché lì sapeva che sarebbe stato al sicuro. La moglie del vecchio, che trovava sempre un motivo per brontolare, divenne molto gelosa dell’affetto che il marito nutriva per quella bestiola, e avrebbe voluto fargli del male per vendicarsi, ma non osava, finché un giorno ebbe l’occasione di farlo. Il marito era dovuto scendere dalla montagna per raggiungere la città, e non sarebbe tornato per diversi giorni, ma prima di partire aveva lasciato aperta la gabbia come al solito. Il passero gironzolò per un pò, cinguettando allegramente, felice e tranquillo come sempre; la donna sopportò per un pò la sua presenza, aggrottando la fronte ogni minuto che passava, e alla fine la sua furia esplose: allora lanciò la scopa contro il poverino, il quale si appollaiò su un’alta mensola. La scopa aveva mancato l’uccello, ma aveva colpito un vaso, che cadde in terra e si ruppe in mille pezzi. Questo non calmò la furia della vecchia, la quale si arrabbiò ancora di più. Allora gli diede la caccia per tutta la casa, finché riuscì ad acchiapparlo, ed egli ora aveva veramente paura. La vecchiaccia però era più furiosa che mai, avrebbe ucciso volentieri il povero uccellino, se ne avesse avuto il coraggio, ma non osava, ma cattiva com’era, lo prese e gli tranciò di netto la lingua. Il passero lottò, cercando di divincolarsi ed emise un suono acuto, ma non c’era nessuno che potesse sentirlo, così, preso dal terrore, volò fuori dalla capanna e fuggì nelle profondità della foresta. Dopo qualche giorno, il vecchio tornò a casa e subito chiese del suo animaletto. La moglie, che non si era ancora calmata, gli raccontò tutto e lo rimproverò severamente per essere stato così imbecille da aver fatto tanto casino per uno stupido uccello. Ma il vecchio, che era sconvolto, dichiarò che lei era una donna dal cuore di pietra, per quello che aveva fatto a quel povero uccellino innocente. Ciò detto, uscì di casa e andò a cercare il passerotto nella foresta. Camminò per diverse ore, chiamando e fischiando, ma non lo trovò; alla fine se ne tornò a casa con il cuore gonfio di tristezza e promise a se stesso che si sarebbe alzato all’alba per cercarlo, e non si sarebbe dato per vinto finché non l’avesse trovato. Giorno dopo giorno chiamava e cercava instancabilmente, e sera dopo sera tornava a casa disperato. Continuò così per molto tempo, finché alla fine si rassegnò e si convinse che non avrebbe mai più rivisto il suo piccolo amico. Una calda mattina d’estate, il vecchietto camminava piano all’ombra fresca dei grandi alberi, e senza fare caso a dove stesse andando, entrò in un boschetto di bambù. Quando i giunchi si fecero più radi, si scoprì davanti a un bel giardino, nel centro del quale sorgeva una casetta linda, e vide uscire dalla casa una deliziosa fanciulla, togliere il chiavistello al cancello per invitarlo graziosamente a entrare e a riposarsi. “Oh, mio carissimo vecchio amico,” esclamò, “come sono felice che alla fine mi hai trovato! Non mi riconosci? Io sono il tuo piccolo passero, al quale salvasti la vita, e del quale ti prendesti tanta cura.” Il vecchio le strinse le mani appassionatamente, ma non ebbe il tempo di fare domande, poiché la ragazza lo condusse in casa e gli servì da mangiare per lui e per sé. Mentre pranzavano, la fanciulla e le sue ancelle presero in mano i liuti, e cantarono e ballarono per lui, e insieme le ore trascorsero così in fretta che il vecchio non si accorse che era calato il buio, e neanche pensò alla lavata di capo che sua moglie gli avrebbe certamente fatto quando sarebbe tornato a casa così tardi. Così, tra un ballo e un canto, nel ricordo dei giorni passati, passarono le ore e quando dalla finestra filtrarono i primi raggi del sole, il buon vecchio finalmente si alzò, ringraziò la sua gentilissima ospite e si accinse a prendere commiato. “Non ti lascerò andar via così,” disse ella, “ho un regalo per te, un pensierino in segno della mia gratitudine.” Così dicendo, entrarono le sue ancelle e portarono due scrigni: uno era piccolo e leggero, l’altro, grosso e pesante. “Adesso scegli quale dei due vuoi prendere.” Il vecchio scelse quello piccolo, se lo mise nel mantello e tornò a casa. Ma quando fu quasi arrivato ebbe un piccolo tonfo al cuore, immaginando la sfuriata che la moglie gli avrebbe fatto per essere stato via così a lungo. E infatti andò anche peggio di quanto si aspettasse. Ma egli, nella sua saggezza, sapeva come in quei casi il tempo è il miglior consigliere: si accese la pipa, quindi lasciò sfuriare bene bene la moglie, aspettando la quiete dopo la tempesta. Dopo un bel pò, però, essa era ancora in collera, e sembrava che non fosse ancora del tutto stanca di litigare, quando il vecchio marito, che nel frattempo non le aveva fatto più caso, tirò fuori dal mantello lo scrigno che le aveva donato la fanciulla, sollevò il coperchio, e…. Prodigio! Cumuli di oro e pietre preziose fuoriuscirono dallo scrigno fatato, si depositarono ai loro piedi, scintillando nella notte. Alla vista di queste meraviglie, anche quella linguacciuta brontolona della moglie si zittì; si avvicinò al tesoro, lo prese tra le mani, gongolando per la cupidigia. A quel punto anche la sua voce si fece suadente e chiese garbatamente al marito dove avesse trascorso la notte, e come era venuto in possesso di tali ricchezze. Allora egli le raccontò tutta la storia; lei ascoltò sbigottita, e quando il marito, raccontando, giunse al punto della scelta tra i due scrigni, ecco che ricominciò a insultarlo e a strigliarlo per non aver portato a casa quello grande, invece di quello piccolo. Così, la vecchia avida non diede pace al marito finché egli non le spiegò nel minimo dettaglio la strada che doveva fare per arrivare alla casa della giovane dama. Allora essa indossò i suoi migliori vestiti e uscì come una furia di casa; ma nella sua furia cieca, aveva dimenticato il percorso. Dovette vagare ore e ore nella foresta prima di riuscire a trovare la casa, e quando arrivò, si diresse audacemente alla porta ed entrò in casa della fanciulla, come se fosse lei la padrona, e spaventando molto la povera ragazza, la quale trasalì alla vista della sua vecchia nemica. Ciò nonostante, cercò di controllare i suoi sentimenti più che poteva, e diede all’invadente ospite il benvenuto, e le offrì del buon vino e del cibo, sperando segretamente che se ne andasse subito dopo aver mangiato. Purtroppo si sbagliò. “Non vorrai mica lasciarmi andare senza un piccolo presente?” disse la vecchia cupida, vedendo che la ragazza non le offriva nulla. “Certo che no,” rispose la ragazza, e ordinò alle ancelle di portare due scrigni, come avevano fatto l’altra volta. La vecchia si buttò a pesce su quello grande, e, vacillando sotto il peso dello scatola, sparì nella foresta senza neanche dire arrivederci. Fece una fatica del diavolo a tornare, perché lo scrigno pesava come un masso, e sembrava che a ogni passo diventasse sempre più pesante. Fu più volte sul punto di pensare che non ce l’avrebbe fatta a portarlo oltre, e stava per rinunciare, ma la sua avidità le diede la forza di proseguire e resistere, e alla fine giunse alla porta di casa sua. Esausta, si sedette sulla soglia per riposare; dopo poco si rimise in piedi, ma barcollava. Quando entrò era ormai notte e in casa era buio, e la donna aveva troppa fretta di vedere il tesoro per pensare che fosse prima il caso di accendere un lume. Così, inaspettatamente, la cassa si aprì e.. Orrore! Invece di oro e gioielli, si trovò circondata da temibili serpenti che la guardavano con occhi minacciosi, che le si avventarono addosso con le loro lingue biforcute, iniettandole il veleno letale, ed essa morì, e nessuno la rimpianse.

Buona giornata. La scelta quotidiana di coraggio è quella di cercare di aprimi sempre all’amore a costo di provare dolore. Felice lunedì

Sera di luglio.La sera lenta di luglio sta scivolando dietro ai monti. In questa lunga fuga della luce, solo la fiamma del gas nella cucina e la brezza che muove i gerani sul balcone sono gli unici attori in movimento in questa placida calma estiva.

Buona giornata. Ogni giorno bisogna pendere la vita con gentilezza, che leggerezza non è mai superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni nel cuore. Felice martedì.

AAA. Cerchiamo Persone che Amano la propria Vita pensando spesso a quella degli Altri. Se ancora non sei donatore, pensaci, ma non con la testa, con il cuore. Ti aspettiamo mercoledì 13 Luglio ore 8- 11,20 a Favria, cort.int Comune. Per info e prenotare cell.3331714827. Grazie del Tuo aiuto, anche solo nel diffondere il messaggio