Da Tiglietto a Canaussa: escursione a cura di Roberto Pozzi

Ricevo dall’amico Roberto questa appassionata descrizione relativa alla sua escursione da Tiglietto

verso i laghi di Canaussa che mi piace condividere con gli amanti delle montagne della valle Soana.

Laghi di Camaussa: indicatomi come ambiente “poco frequentato” è di fatto un’esperienza di vera wilderness, quale raramente oggi si trova. Anche la strada di accesso alla frazione di Tiglietto è quasi un’avventura “eroica” e direi poco consigliabile a chi non ha una consolidata esperienza di stradine di montagna. Tutto ciò nonostante sia presente una manto di asfalto in ottimo stato.

La frazione di Tiglietto costituisce un’altro motivo di stupore: isolata e sperduta, ci si aspetterebbe composta di soli ruderi e invece percorrendo il sentiero si scoprono una serie di costruzione molto ben ristrutturate con muratura conservata in pietra e infissi in legno massello. Con quali mezzi possono avere trasportato i materiali da costruzione lungo quella stradina minuscola?
Dopo il paese, un sentiero ben marcato si addentra in uno splendido bosco dove penetra solo qualche raggio di sole e domina invece una penombra quasi inquietante. Il silenzio è interrotto soltanto dai suoni dei numerosi uccelli. La traccia è ben individuabile nonostante uno spesso strato di fogliame, che contribuisce a dare una sensazione di ovattamento generale.
Inizialmente il sentiero si dirige verso il centro del vallone con percorso quasi orizzontale e anzi perdendo un po’ di quota, ma successivamente comincia finalmente a salire e in breve si arriva al torrente e lo si attraversa, per poi proseguire con salita costante e diretta lungo il versante sn orografico. 
In questa parte, il bosco scompare per lasciare il posto ad arbusti e cespugli e al mantello di foglie si sostituisce una vegetazione lussureggiante e decisamente invadente. Il sentiero sembra svanire sommerso dal verde e invece davanti alla punta dei piedi si intravede sempre la traccia su cui proseguire grazie all’enorme lavoro dei volontari che se ne sono fatti carico. Qua e là anche qualche sporadica tacca rosa e bianca: si potrebbe desiderarne di più, ma come potrebbero essere utili se completamente occultate dalla vegetazione prorompente? 
E per fortuna si riesce a individuare la traccia, ma se si alza lo sguardo  si rimane sbigottiti quasi impauriti dal completo isolamento e dal “mare” verde che tutto ricopre. Si incontrano più in alto gli alpeggi abbandonati e ci si chiede come doveva essere diverso il terreno quando venivano portate le mandrie  per il pascolo estivo. 
Il sentiero devia successivamente a sn per riattraversare nuovamente il rio e quasi di colpo il terreno cambia completamente aspetto: emergono sempre di più pietre e massi e la vegetazione d’alta quota. Qui ci aspetterebbe un sentiero ben evidente ed invece la traccia è ancora più confusa e gli spazi tra un masso e l’altro spesso traggono in inganno con falsi percorsi che sembrano sentieri.
Poco prima del primo lago le tacche scompaiono per lasciare il posto a improvvisati e piccoli ometti del tutto instabili e spesso nascosti. L’arrivo al primo lago è però assicurato, ma già queste ultime difficoltà mettono in guardia sul tratto successivo per arrivare ai laghi soprastanti.
Il primo lago è peraltro un vero spettacolo: incastonato in una conca isolata e silenziosa, completa la sensazione di completo isolamento. La superficie viene scossa da dolci piccole ondine: ci si aspetterebbero rane e girini e invece sono tanti i pesci che veloci scattano da un angolo all’altro.
Al primo lago devo purtroppo fermarmi perché, partito con il sole e un bel cielo blu, a poco a poco le nuvole hanno coperto il sole e una fitta nebbia mi ha  avvolto.
Come avevo sommessamente temuto, il primo tratto di rientro mi ha creato qualche problema a ritrovare il sentiero e più di una volta sono stato sviato da simil tracce. Occorre fare attenzione, perché se si scende in direzione diversa, in qualche tratto si finisce su rocce montonate scoscese che obbligano a risalire per poter ritrovare una possibile via di discesa e il sentiero. Gli ometti comunque alla fine aiutano e si riescono a intravvedere come punti di riferimento.
Non essendo una vera perturbazione, scendendo la nebbia si è diradata e il la via è diventata facilmente individuabile.   
Ripercorrere in discesa il sentiero non è stata una noiosa ripetizione perché la diversa prospettiva di luoghi così selvaggi ha riservato comunque piacevoli emozioni. Roberto Pozzi