Granciporro e altre antiche parole! – L’aucupio del bracconiere! – Cave canem, ma anche no! – Pensare positivo! – La prussa o parussina. – Le zucchine, una festa per gli occhi! – Il sangue non è acqua, molto di più! – L’idra di Lerna…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Granciporro e altre antiche parole!
Complice il gradito regalo di compleanno di un vocabolario del 1868 con parole ormai

dimenticate, ecco il breve racconto. Un giorno l’altezzoso Granciporro, errore madornale, uno strafalcione, per fare il galante come un sagittabondo, una persona che scocca sguardi che fanno innamorare si vesti in maniera sciamannata, trasandata e per la strada incontrò una peripatetica, una passeggiatrice di strada dal trucco che rendeva il viso artefatto, artificioso. Con lei Granciporro abbacinato, momentaneamente accecato dalla sgarzigliona, fanciulla prosperosa inizia con lei un dardeggio, scambio di frasi scherzose. Ma ecco che arriva un gaglioffo, ribaldo, briccone, che lo apostrofa, lo assale con discorsi concitati e con atteggiamento da perfetto smargiasso, vantando e ingigantendo le proprie qualità di solipsista, tipico atteggiamento di chi vede solo il proprio mondo e chiede una buonamano, una mancia per continuare a parlare con la sgarzigliona. Granciporro precipitevolissimevolmente, in modo estremamente precipitevole capisce quanto stolido, poco intelligente sia il suo interlocutore dal modo di parlare eristico, persona polemica per natura, si accomiata cambiando il percorso della passeggiata anche se il suo animo è misoneista, persona che odia i cambiamenti e riprende a passeggiare. Prosegue e trasecola, prova grande stupore, mentre come peripatetico, ciò che accade mentre passeggia, incontra Zuzzurellone, un giovane adulto che si comporta ancora come uno spensierato bambino. Zuzzerellone ha atteggiamenti pleonastici, inutili, nel suo sproloquio, discorso prolisso e inconcludente divenendo pure tracotante, arrogante, nel dire cosa Granciporro doveva procrastinare, rinviare nei giorni successivi. Zuzzerellone con parole lapalissiane, scontate, aveva un parlare simile ad un girandolare, girare senza un fine preciso lasciando Granciporro trasecolato. Granciporro sconcertato riprende a passeggiare per tornare a casa meditabondo, immerso in meditazione su quanto era stato bislacco, strambo, Zuzzerellone. Passo prima dal signor Neralbo, che ha contrasti di chiaro e scuro, per ritirare la bolgetta, borsa di piccole dimensioni, simile a una cartella, usata per portare documenti o posta. Poi passò ad acquistare un calamistro, arricciacapelli, uscito dal negozio pensò che quel acquisto subitaneo, improvviso, era pleonastico perché lui era calvo. Entro dopo dal gioielliere Lùteo, aggettivo che significa di giallo intenso, dicendo che era rimasto abbacinato dall’anello in vetrina, ne chiese il prezzo ma non comprò nulla. Tornò a casa e la fantesca, collaboratrice familiare, aveva preparato un tornagusto, cibo o bevanda che stuzzica l’appetito, e poso sul mobile d’ingresso il cappello ormai frusto, logoro e parlò con la fantesca con linguaggio forbito, accurato prima della cena luculliana, abbondante e raffinata. Verso la fine della cena la sua mente inizia ad obnubilarsi, per l’ottimo cibo e l’abbondante vino e sogno di andare nel paese di Vattelapesca, vallo a sapere, per rimanere ammaliato, affascinato dalla profumo ulimoso della signorina Facondia, famosa nell’eloquenza del parlare in modo chiaro e semplice lui che si considera solo un sacripante, una persona grande e grossa, forse un tantino opimo, grasso, ma sicuramente probo, onesto forse non sarebbe mai riuscito a chiederle la mano.
Favria, 8.06.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Se certe liti durano tanto, è perché il torto non è mai da una parte sola. Felice martedì.

L’aucupio del bracconiere!

La parola aucupio deriva dal latino aucupium, parola composta formata da avis, uccello e capere prendere.  Le tecniche di aucupio sono vietate dalla legge. N 157 dell’ 11 febbraio 1992, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Esistono numerose tecniche di aucupio, molte delle quali elaborate in epoca rinascimentale, quando l’uso di questa metodologia di cattura degli uccelli divenne molto diffuso fra i nobili, che lo utilizzavano per fare sfoggio del loro ingegno realizzando trappole astute ma spesso crudeli come la ragnaia,  la prodina, il paretaio, la bressana,  il roccolo,  la chiusa e le panie.  Queste forme di caccia proibita vengono dette bracconaggio, la parola indica il bracconiere, dal francese braconnier, in italiano anche detto bracconare, persona che esercita la caccia o l’uccellagione abusiva a scopo di lucro o per diletto; cacciatore di frodo.

Favria, 9.06.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ci sono tre cose che possiamo fare con la nostra tua vita: possiamo sprecarla, spenderla oppure investirla. Il miglior uso della nostra vita è investirla in qualcosa che durerà più a lungo del nostro tempo sulla Terra. Felice mercoledì.

Cave canem, ma anche no!

Il cane è protagonista o semplice comparsa di tanti racconti. Il cane è presente nella nostra cultura da millenni con una forte ambivalenza, da una parte foriero di  ferocia e morte nelle rappresentazioni relative alla caccia, ma anche simboli di fedeltà al padrone, l’esempio di Argo è lampante!

Favria, 10.06.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Alla lunga nella vita quotidiana, l’arma più affilata di tutte è uno spirito gentile e di animo cortese. Felice giovedì.

Pensare positivo!

Penso positivo, perché son vivo, perché son vivo” cantava Jovanotti qualche anno fa. Molti, troppi discorsi vengono dedicati da anni alla dualità positivo/negativo, un pensiero che trova il suo coronamento nel tema delle energie positive/negative che emanerebbero dalle persone. Di questi tempi l’aggettivo “positivo” ha una brutta fama perché si riferisce al fatto di essere infetti, dal coronavirus. Quando penso alla paura dell’essere positivo, al contagio, nel mio animo si apre una fessura di disagio.  Per molti pensare di restare dentro la propria casa può rappresentare una semplice pausa, personalmente è un momento per accorgersi del patrimonio che abbiamo e non solo un motivo di reclamo.  Sfoglio un libro dalle pagine ingiallite che sembra abbia vissuto parecchie vite, guardo in tv un film con un grande attore o ascolto le note vocali di un famoso cantautore. Già dal mattino penso positivo per non dare al tempo che scorre di essere di essere con me lascivo. Oggi la pandemia mi impone in tante quotidiane situazioni uno stop, una pausa di riflessione. Ho la certezza che questa sciagura lo supereremo, e mi auguro che ne valorizzeremo l’esperienza per acquisire maggior consapevolezza della nostra fortuna al di là dei nostri meriti.  Nei momenti più tragici della nostra storia, noi italiani abbiamo dimostrato con orgoglio e spirito identitario, di saperci tirare su le maniche e riprendere il cammino con la schiena dritta, lo faremo anche questa volta, mi auguro, lo ripeto, in modo più virtuoso, con maggior serietà, responsabilità  e visione solidale. Siamo nel bel mezzo di un calamitoso cambiamento climatico, giusto per ricordarcelo. Eppure per quanto buia possa esser la notte segue sempre una luminosa alba. Ecco aspettiamola con occhi nuovi, con mente diversa. Avere gli occhi per uno sguardo d’amore, si avvertire amore, onorando  la presenza dell’altro, realizziamo che le nostre case siano anche case del linguaggio. Ricominciamo a parlare con chi ci sta vicino,  adesso è tempo di pensare e di fare  volare alte le parole.  Oggi è  tempo di alzarci nuova/mente! Che faccio io? Mi alzo, ogni mattino e leggo, prima di sentire i notiziari, un libro. Non cambia nulla, ma aiuta lo spirito. Poi disegno idee e ancora traccio da seduto, senza correre, il percorso che ancora voglio percorrere durante la giornata, con lucidità, senza terrore, senza affanno, perché ogni problema è una grande opportunità!

Favria, 11.06.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno i dettagli sono attimi di vita vissuta, che nemmeno il tempo può cancellare. Felice venerdì.

La prussa o parussina.

Parlo della cinciallegra dal ciuffo che viene detta parussa o parussina in quanto il ciuffo sul capo le dona una parvenza di parrucca in piemontese pruca, l’altra senza ciuffo la prussa. La cosa curiosa che la prussa in piemontese è anche una piccola incudine usata una volta dai calderai, per piccoli lavori artigianali. Anticamente con la prussa venivano lavorate le medaglie e le monete, in italiano le piccole incudini per gioielleria viene chiamato tassetto a mano. La prussetta in agricoltura è lo spazio fra le tre solcate per il grano e o spazio più piccolo, solo tra due solchi del campo viene detta preus, in italiano porca, se grande la porca in piemontese si dice pruson. La parola deriva dal latino volgare procem, solco scavato o dal lemma del latino classico portionem, porzione di campo coltivato, in genovese e lombardo si dice proza. Simile anche il lemma pruss che indica il pero, invece il biancospino è il prussat. Prussot è l’appellativo affettuoso ai bambini, in italiano peruzza, deriva dal latino pirum, pero, per questo si chiamavamo una volta i bambini con il vezzeggiativo di piccola pera prussot. In Canavese in alcuni luoghi la cinciallegra viene chiamata schincarna molto simile a come viene chiamato altro passeraceo, il fringuello in dialetto detto schinson, etimo forse di origine celtica. Chiedo scusa se dal lemma iniziale prussa sono arrivato alla fine al prussè, il pereto. Per concludere sulla cinciallegra in Campania viene chiamata a pappamosca, parridda, in Emilia Romagna la signacùa, in Lombardia, paissoeula, Bergamo, panisciora, parasciòla, in Puglia  la cucciumannedda , Toscana a Lucca la cincina, in Trentino la parnisola  ed in Veneto la perussola. La cinciallegra è uno degli uccelli più facili da riconoscere, viene spesso a farmi visita sul balcone. La cinciallegra è molto più intelligente e intraprendente di quanto pensiamo, questo piccolo esploratore chiacchierone ha ispirato anche poeti e scrittori. La cinciallegra è un uccello insettivoro che si nutre di larve, api e ragni trovati tra i rami bassi e nel terreno. questo uccello è molto goloso e non disdegna però anche semi, frutta e bacche. Inoltre è un uccello molto avventuroso e non ha paura di spingersi in nuovi territori per procacciarsi cibo prima degli altri animali, infatti è il primo ad arrivare sul balcone. Secondo alcune credenze la cinciallegra avvertirebbe col suo canto le persone di un pericolo imminente, prevedendo così il futuro. Come in ogni leggenda anche questa ha un fondo di verità. Secondo recenti studi le cinciallegre usano un linguaggio complesso, articolato e codificato. Stando a questa ricerca, basata sull’osservazione del comportamento e la registrazione del cinguettio dalle cinciallegre alle prese con diversi predatori, questi uccelli usano suoni e richiami specifici a seconda del predatore da affrontare. Questo permette a tutti gli esemplari nei dintorni di capire da quale tipo di pericolo dovranno difendersi. Diversi poeti hanno usato la cinciallegra per dare vita e colore ai loro componimenti. Guillame Apollinaire, per esempio, in una delle sue poesie paragona la donna amata proprio a una cinciallegra: “I suoi occhi erano i tuoi graziosi occhi / Le sue piume i tuoi capelli / Il suo canto le parole misteriose / Sussurrate alle mie orecchie”. Anche negli scritti di Giovanni Pascoli, dove per creare suggestioni sono ricorrenti animali e uccelli, troviamo più volte riferimenti alla cinciallegra. Nel poemetto La notte scrive: “E la macchia pareva un alveare, piena di frulli e di ronzii. Ma ella sentiva anche un frugare, uno sfrascare, un camminare. Chi sarà? Ma in quella che riguardava tra un cespuglio raro, improvvisa cantò la cinciarella” . La scrittrice Dacia Mariani paragona invece l’amore proprio alla cinciallegra, per la sua natura libera e intraprendente: “L’amore è una cinciallegra che vola e non riesci a fermarla, nemmeno a metterle il sale sulla coda”. E con questi Vi saluto e alla prossima.

Favria,12.06.2021   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana i numeri sono calcoli, le parole racconti, i fatti sono certezze. Felice sabato.

Le  zucchine, una festa per gli occhi!

Le zucchine, come alcuni altri prodotti molto diffusi, fra cui i pomodori e le patate, approdarono in Spagna nel 1500importate dalle Americhe da Colombo. Eppure fu proprio in Italia che vennero “derivate”, tramite incroci, le varie tipologie di zucchine attuali, diffuse in tutto il globo, tanto che a la zucchina si chiama così, proprio ad indicare una piccola zucca e anche in Inglese si usa la parola “zucchini”. Questa è la stagione delle zucchine, sono ortaggi che necessitano di un clima soleggiato per maturare, una caratteristica questa, indicata pure dal loro singolare nome scientifico, cucurbita pepo, laddove il greco péponsignifica appunto, maturato al sole. Tuttora il Patrio Stivale è uno dei maggiori produttori al mondo di questo ortaggio. Le Cucurbita che apprezziamo dobbiamo dire grazie a  Cristoforo Colombo che  le scoprì il 3 dicembre del 1942 in cima a una montagna di Cuba, definì il campo “una festa per gli occhi“. Grazie ai portoghesi, le zucchine attraversano l’oceano e arrivano in Angola e Mozambico, fino in Cina. La zucchina è stata per lungo tempo snobbatadalla cucina francese, che la considerava un ortaggiotroppo acquoso ed insapore, al contrario del nostro Paese, dove essa ha iniziato ad essere largamente consumatafin dal secolo scorso, Anche in Paesi come il Regno Unito la zucchina entra in cucina verso la metà XX secolo. Già le zucche e zucchine, quanti ricordi di cibo in tavole affollate, ghiottoneria nel mio piatto. Della zucca ho sempre pensato che la sua vocazione fosse il cocchio come nella famosa fiaba, mi ricorda da bambino il Tuo fertile braccio serpeggiare l’orto, tentare un muretto ed infine avvolgere un ramo per aspirare al cielo. Se volete comprate delle ottime zucchine andate a La Borghesia a Favria,  che semina, mette a dimora e vende ortaggi prodotti nella verde campagna favriese.

Favria,  13.06.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Niente è più meritevole di un cuore grato. Felice domenica

Il sangue non è acqua, molto di più! 

Il sangue che scorre nelle nostre vene, scorre non  solo il nostro corpo ma tutta la nostra cultura, dalla scienza alla religione, dalla simbologia, alla letteratura al cinema. Il corallo, rosso secondo la mitologia, ha un genitore mitico, come racconta Ovidio, nel quarto libro delle “Metamorfosi”.  Perseo, dopo avere ucciso la Medusa, ne appoggiò la testa mozzata su uno strato di alghe marine che, assorbendone il sangue, si trasformarono nella rossa vegetazione che abita i nostri mari e adorna il bambino della “Madonna di Senigallia” di Piero della Francesca o pende su quella della “Madonna della Vittoria” di Mantegna. Perché il corallo non è solo l’amuleto a cui fin dai tempi di Plinio venivano attribuite proprietà curative e il potere di tenere lontano il malocchio, è anche il sangue versato da Gesù per la salvezza del mondo. Vita e salvezza, protezione e meraviglia, il sangue è anche, inevitabilmente, morte e vendetta, come per esempio quello che schizza dalla testa di Oloferne nella tela cruenta di Artemisia Gentileschi, o quello invocato tre volte da Otello cieco di gelosia. Il filo rosso del sangue, la sua formidabile carica metaforica che lega il sacro al profano, cola sul nostro immaginario umano coagulando simboli ora terribili ora di speranza. Nella storia ha anche generato un manifesto nazista perverso: “blut und boden, sangue e suolo. Siamo come esseri umani immersi di sangue, irrora di vita i nostri organi e porta ossigeno ai nostri pensieri è anche quello che fa esplodere il terrore nei nostri incubi, traboccando dall’ascensore di Shining o dai corpi squartati di Bacon. Del resto, in inglese “bloody” vuol dire maledetto. Il sangue dei nobili si dice che sia blu, dalle rape cavarlo è un’impresa, i più sensibili svengono alla sua vista e i più carnivori ordinano al cameriere una bistecca al sangue. Nei rettili è freddo come quello dei giovani assassini del romanzo più bello di Truman Capote: “Cold blood”. L’elenco di espressioni dove è il sangue è metafora è piuttosto lungo: buon sangue non mente, occhi iniettati di sangue, sangue alla testa, pestare a sangue, sputar sangue, all’ultimo sangue, un bagno di sangue, musica nel sangue, farsi cattivo sangue, non corre buon sangue, gelare il sangue, sangue del mio sangue, il sangue non è acqua. Se oggi il sangue salva milioni di vite lo dobbiamo a Karl Landsteiner, lo schivo medico austriaco emigrato negli Stati Uniti che nel 1900 identificò i gruppi sanguigni umani e li classificò col sistema AB0. Una scoperta che gli valse il Nobel. Infaticabile, nel 1940 scoprì il fattore Rh che, in base a un antigene proteico sulla superficie dei globuli rossi, distingue il nostro sangue in Rh+ e Rh-. Grazie a Landsteiner oggi pratichiamo trasfusioni in tranquillità, regalandoci l’un l’altro la vita di rubino e ossigeno nel cui fiume di plasma scorrono i globuli rossi, i bianchi e le piastrine. Cioè le cellule il cui numero corriamo subito a vedere – se sono troppe, se sono poche – non appena ritiriamo l’esame emocromocitometrico, quello che in famiglia chiamiamo l’esame del sangue.   Per onorare questo medico ogni anno il 14 giugno suo giono natale si celebra la Giornata mondiale dei donatori di sangue. W i donatori

Favria, 14.06.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Il sangue è destinato a circolare. Condividilo. Felice lunedì.

L’idra di Lerna.

Ercole dopo la prima fatica veniva riconosciuto dalla leontè, la pelle del leone di Nemea, ucciso e scuoiato. Poiché essa era invulnerabile e poteva resistere al ferro e al fuoco, Ercole la indossa come corazza e usa la testa del leone come elmo. Ercole uccise l’idra di Lerna su ordine di Euristeo.   Lerna era una palude pestifera a sud di Argo, nei pressi delle sorgenti di Amimone.  L’aria del luogo era talmente pestifera da uccidere tutti gli uccelli in volo, la causa di quest’aria tanto velenosa era il fiato di un drago immane e terribile che viveva tra il fango della palude. I pastori e contadini della zona chiamavano il drago Idra, e dicevano che il mostro avesse nove teste, nove bocche fameliche e diciotto occhi di fiamma; quando usciva dalla tana, devastava tutto e divorava greggi e mandrie. L’idra è un un mostro a forma serpente, capace di nuotare e uscire dall’acqua, di istinto diabolico e di grande resilienza. L’Idra  era  la figlia di Echidna e di Tifone, una coppia di mostri che aveva partorito anche diverse altre creature, fra le quali Cerbero, Ortro, il leone Nemeo, la Sfinge e la Chimera, e fu allevata da Era, Giugnone, moglie di Zeus, Giove,  acerrima nemica di Ercole. Le fonti greche più antiche la dipingono come un grande serpente marino dotato di nove teste, di cui quella centrale era immortale. Creatura molto velenosa tanto da poter uccidere un uomo con il solo respiro ma anche il suo sangue, e persino le sue orme, erano velenose!  Uccidere l’Idra era la seconda delle dodici leggendarie fatiche di Ercole. Ercole si recò a Lerna con il suo fedele compagno Iolao. Per far uscire dalla tana l’idra lanciò delle frecce, appena questa sbucò fuori con la sua clava riuscì ad abbattere due o tre teste, si accorse però che dal sangue delle teste abbattute nascevano due teste nuove. Ordinò allora a Iolao, di appiccare il fuoco a un gruppo di alberi e di bruciare le teste nuove che sbucavano con un tizzone ardente. Ercole, alla fine, schiacciò sotto un masso la testa immortale. Durante la battaglia, Era mandò un’altra creatura ad aiutare l’Idra, il Carcino, un grande granchio. Il Carcino pizzicò i piedi di Ercole con le sue chele, ma l’eroe lo schiacciò sotto il tallone.  Ercole, dopo aver vinto i mostri prima di andarsene, intinse le sue frecce nel sangue delle ferite dell’idra e le frecce diventarono subito velenose,  cosìcché le ferite da esse provocate fossero incurabili, un’accidentale puntura con una di tali frecce avrebbe provocato più avanti a Chirone atroci sofferenze. Euristeo comunque dichiarò la vittoria non valida, poiché Ercole aveva vinto con l’aiuto di Iolao. Per ricompensarli del loro sacrificio  Giunone  trasporto i due mostri nel cielo dove divennero delle costellazioni, dell’Idra e del Crancro. Nella zoologia mitologica medioevale, il termine “idra” sta ad indicare un generico drago con molte teste. In alcuni bestiari medioevali è citato anche l’hydrus, un serpente nemico per antonomasia del coccodrillo dal quale si fa inghiottire per poi lacerarne l’intestino, analogamente a come faceva l’icneumone. Icnèumone, dal greco con il significato che segue le tracce, specie di carnivori viverridi, noto con il nome di mangusta,  diffusi in Africa e Asia, con arti corti e unghie non retrattili che cacciano ratti, uccelli, rettili, e sono capaci di sostenere lotte con i serpenti più velenosi. Erasmo da Rotterdam paragona, nei suoi “Adagia”, la guerra all’Idra di Lerna.

Favria, 15.06.2021   Giorgio Cortese

Dona il sangue e sii un eroe nella vita di qualcuno. Il sangue è destinato a circolare. Condividilo! Ti aspettiamo a Favria MERCOLEDI’ 7 LUGLIO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Buona giornata. Ogni giorno non è mai tutto oro quello che luccica, usiamo sempre prudenza e buonsenso. Felice martedì.