La speranza – Più forte della pandemia, la Festa del Ringraziamento! – Quel cialtrone di novello re Lear! – E la Viuleta la va, la va.. – Oggi.. – Quale caratteristica ci contraddistingue come esseri umani? – Esistono..- – Da briga a brigantino…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

La speranza

Prima della libertà e dell’amore c’è la speranza. Ogni giorno è l’idea che le

cose possiamo migliorare. La speranza non è ottimismo e nenche la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo, ma sicuramente i sacrifici che stiamo facendo avranno un significato. Ecco questo è il potere della speranza che ci libera dalle catene della disperazione e della sofferenza. Benvenuta speranza!
Favria,  10.01.2021   Giorgio Cortese

Nella vita le decisioni sono soltanto l’inizio di qualcosa. Quando si prende una decisione, in realtà si comincia a scivolare in una forte corrente che ci porta verso un luogo mai neppure sognato al momento di decidere

Domenica 17 gennaio

Più forte della pandemia, la Festa del Ringraziamento!

Il 2020 è stato, un anno particolarmente difficile per la pandemia mondiale che ha sconvolto la vita delle persone, le attività produttive e il sistema economico. Tuttavia, l’agricoltura Favriese non si è mai fermata per garantire ai cittadini la disponibilità di cibo anche nel periodo del lockdown. A causa del covid 19, il settore agricolo ha risentito della crisi con la chiusura di ristoranti, bar e agriturismi, un effetto negativo a cascata sull’agroalimentare. Nonostante la morsa della pandemia la Federazione Provinciale Coldiretti, sezione di Favria con il sempre attivo segretario Abbà Flavio, il Gruppo Giovani Agricoltori in collaborazione con il Comune organizza per domenica per domenica 17 gennaio la festa del mondo agricolo, la Giornata del Ringraziamento e Festa di Sant’Antonio Abate; Priori: Favole Ilaria e Feira Alex.  Il mondo agricolo è attaccato al senso della vita e della famiglia e ogni anno con la Giornata del Ringraziamento vuole ringraziare il Signore sia nelle annate positive che in quelle negative. Dire grazie è tipico dell’animo nobile ma oggi è difficile sentire ringraziare perché è tutto dovuto. I coltivatori diretti, invece, sono tra i pochi che riconoscono nella terra un dono di Dio. Quello che gli agricoltori producono nei campi, nelle serre e nella lavorazione del latte, del miele è BENE COMUNE, per tutti noi. L’agricoltura italiana attraverso gli agricoltori è più quello che dona ogni anno allo Stato rispetto a quanto riceve in termini di economia.  Le origini di Favria sono agricole e buona parte del territorio Comunale è ancora caratterizzato dall’attività agricola che vede imprese specializzate con un ritorno di giovani che sono e impegnati e preparati nel dare futuro al settore. Quest’anno l’annata agraria è stata condizionata oltre che da problemi commerciali con conseguenti danni economici per il Covid-19 anche da episodi violenti di maltempo che hanno colpito Favria e il Canavese provocando ingenti danni alle coltivazioni. I cambiamenti climatici dimostrano una sempre maggiore tendenza del clima alla tropicalizzazione con nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate tanto da rendere insufficienti anche le reti di protezione. Diventa fondamentale una maggiore attenzione all’ambiente e alla sostenibilità.  Per tutto questo domenica 17 gennaio avverrà la giornata del Ringraziamento, una ricorrenza importante per Favria di tradizione contadina per ringraziare per il lavoro dei campi e chiedere la denedizione sulla nuova annata.  Cerimonia religiosa con Santa Messa alle ore 11,00 a seguire alle ore 12 benedizione animali e trattori in piazza della Repubblica.

Favria,  11.01.2021   Giorgio Cortese

Certe persone vivono la loro vita pensando di essere in movimento ed invece sono fermi ed immobili

Quel cialtrone di novello re Lear!

Quel cialtrone di Trump mi ricorda sempre di più re Lear dell’omonimo dramma shakespeariano. Nel dramma re Lear anziano, ma ancora potente e riverito  decide di abdicare e affidare il regno alle sue tre figlie. Decide di dividerlo tra chi tra le sue figlie lo ama e lo loda di più senza prendere in considerazione chi tra le figlie è più capace a gestire il regno, ma solo chi è più brava ad adulare. Cordelia, la figlia minore, che pure è quella che Lear stima maggiormente, preferisce essere leale nel rispondergli che lei gli vuol bene e gli è devota. ma si rifiuta di partecipare a questa gara tra adulatori. Lear s’infuria, la disereda e la caccia, proprio come Trump con i membri dello suo staff in questi ultimi tempi. La sua cialtroneria mi ricorda anche in certi frangenti anche la fiaba di Andersen dei: “I vestiti dell’imperatore” dove da perfetto imbroglione di mestiere non cerca di convincere gli scettici ma di permettere ai creduloni di continuare a credere quello che vogliono credere  fino a portarli a fare il gesto insensato di occupare le sacre stanze della democrazia come un desposta del Terzo Mondo e chiedo scusa ai despoti! Pertanto che sia arrivato a a fare il golpista non dovrebbe essere una novità! Questo novello re Laer è il primo presidente antiamericano della storia degli Stati Uniti, ma non lo è solo da ieri, da quando ha incitato una massa di poveri di spirito,  cioè la versione yankee  di quella nostrana del popolo del vaffa e del Dio Po, ad assaltare il Congresso degli Stati Uniti. Il novello re Laer sa  che prima o poi finirà ospite di altri edifici federali, meno prestigiosi di quello sito al 1600 di Pennsylvania Avenue, non per vendetta giustizialista del paziente Biden, ma per questa insurrezione che è contro a  quell’ordine democratico che a parole proclamava di voler proteggere. Tranquillo re Lear, Dante spedisce gli adulatori nel secondo cerchio delle Malebolge, condannati a essere immersi nello sterco fino al busto e magari forse ci finirài pure Tu! Forse questo farlocco non ha mai letto il celebre discorso di Gettysburg di Abramo Linconln durante l’inaugurazione del cimitero militare dell’omonina battaglia tra Unionisti e Confederati. In quel discorso Lincoln si rivolgeva a tutta la Nazione con l’idea che nessun soldato del nord o del sud era molto invano. Quel discorso parla di come  gli esseri umani siano uguali con la rinascità della libertà  all’interno di un’unica nazione finalmente unita. Dobbiamo fare sempre nostro questo discorso dove Lincoln incoraggia il popolo ad aiutare la democrazia americana, in modo che il “governo del popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia a perire, non sia distrutto,  dalla terra”.  Se amiamo la libertà anche nel Belpaese tutti dobbiano essere consapevoli che la democrazia non richiede l’unanimità, ma richiede un senso comune di solidarietà, nonostante la diversità di idee e per quante siano le nostre differenze apparenti, siamo tutti sulla stessa barca. Nella democrazia vinciamo, o perdiamo, insieme!

Favria, 12.01.2021   Giorgio Cortese

Ogni giorno mi sforzo di rimanere sereno anche in mezzo ai peggiori sconvolgimenti della vita.

E la Viuleta la va, la va….

La Viuleta è un canto antico probabilmente di origine risorgimentale, già presente in alcune raccolte di fine ottocento, è noto in tutte le regioni alpine del versante italiano ma anche svizzero e francese. Questo canto ha attraversato secoli e generazioni, cantato nelle feste, durante attività lavorative, nelle guerre e per fare addormentare i bambini. E’ stato documentato in numerose varianti ma la storia e la melodia si sono tramandate molto simili.  Il canto compare anche nella raccolta “Canti popolari del Piemonte” di Costantino Nigra  nella prima edizione 1888, con il titolo “La Lionetta”. La storia narrata racconta di una figura femminile sognante, la Lionetta, Linota, Viuleta o Violetta, che che va,  anzi “E la Violetta la va, la va, la va, la va, la va, la va. La va sul campo, e la s’era insugnada”  e qualcuno nel prato, campo, la vede e la desidera: “che gh’era ‘l so Gingin che la rimirava”. La canzone nasce sognante,  poi la figura maschile la invita poi ad andare in guerra: “E perchè mi rimiri , Gin Gin d’amor…Io ti rimiro perchè tu sei bella e se tu vuoi venire con me alla guerra.” La Viuleta rifiuta dicendo che in guerra si mangia male e si dorme per terra. Allora Gigin gli dice: “No, no, no, per terra non dormirai, non dormirai, non dormirai. Tu dormirai sopra un letto di fiori e quattro begli Alpin ti faranno gli onori. Tu dormirai sopra un letto di fiori e quattro begli Alpin ti faranno gli onori. Inizialmente nel Risorgimento il canto era utilizzato tra i bersaglieri e poi si diffuse anche ad altri corpi sostituendo semplicemente il termine bersaglieri con Alpini, nella versione originaria : “ Con quattro bersaglier che ti fan lume… o, Con quattro bersaglier che ti consolan”. . Quest’ultima strofa è il modulo più diffuso riscontrato anche in altre forme orali come fiabe e filastrocche. Alcune versioni si concludono con il rifiuto di lei, altre con promesse allettanti da parte della figura maschile, altre ancora con richieste della Viuleta e la sua partenza. In quest’ultimo caso solitamente compare la figura dei suonatori, della musica e del ballo. La canzone popolare risorgimentale ha cambiato diverse volte il titolo, nel 1933 La Violetta la va, la va nel Fascismo per i fanti oppure la Violetta per gli Alpini, poi altre versioni nel 1941 e nel 1943. Una curiosità esiste anche il profumo Violetta, esile e delicato più di una rosa. Etereo e delizioso, simbolo di gentilezza e affetto, ma anche capace di veicolare enigmatici messaggi politici. Un minuscolo fiore che fin dai primi decenni dell’Ottocento si lega indissolubilmente al nome  di Parma. Una mitica fragranza che accompagna Parma fin dai tempi di Maria Luigia. Ci sono le prove, Maria Luigia andava pazza per i fiori in generale, ma soprattutto per la violetta di Parma. La utilizzava sia come decoro di palazzo, ma anche sotto forma di fragranza profumata. La inviava alla figlia in segno di amore materno. Ne assunse il colore per le divise di corte, gli addobbi della sua dimora, i simboli del ducato. La storia della violetta nasce con Napoleone, non a caso chiamato anche “Caporal violet” o rappresentato direttamente sotto forma di violette nelle stampe dell’epoca. Mazzetti di violette appuntanti sul petto venivano utilizzati dai bonapartisti come segno distintivo durante gli anni del primo esilio dell’imperatore in decadenza. La duchessa di Parma, ormai lontana dal consorte e pronta a iniziare una nuova vita senza l’ingombrante coniuge epura il fiore da ogni significato politico e lo assume come emblema di purezza e umiltà.

Favria 13.01.2021   Giorgio Cortese

Ogni giorno, tutto a volte sembra sempre impossibile, finché non viene fatto.

Oggi….

Oggi c’è qualcosa che non torna nella narrazione che sembra prevalere nei mezzi di comunicazione, in particolare nella televisione. Il risultato è che con la ricerca del consenso individuale passano in secondo piano i beni collettivi, come la scuola e la sanità. E si penalizza il merito, non si incentiva il lavoro, si soffoca l’iniziativa e lo spirito imprenditoriale!

Favria,  14.01.2021   Giorgio Cortese

Ogni giorno la paura può farci prigionieri ed è la speranza che ci rende liberi

Quale caratteristica ci contraddistingue come esseri umani?

Questa mattina pensavo a qual è la caratteristica che fa ognuno di noi un essere umano? Qual è l’abilità che ci distingue dal più piccolo degli insetti, dal più veloce dei felini? Le risposte potrebbero essere molte, ma io provo a dire con la parola, senza di quella non ci sarebbe la scrittura! La parola è uno strumento potente e oggi molto di più nell’era della comunicazione veloce, con l’accesso ad un numero altissimo di informazioni. Oggi le parole giuste, dette con il timbro di voce giusto fanno la differenza. Ma le parole servono solo a comunicare con i miei simili o anche altro? Le parole servono a descrivere la realtà che mi circonda attraverso una lingua o dialetto. Ed ecco che con la lingua e ancora di più con il dialetto, lingua madre, delimito i confini di chi proviene dalla medesima tribù, intendo con la parola tribù, la parola popolazione che mi permette di individuare gli altri. Come vedete se cambio la parola di riflesso descrivo con la lingua il cambiamento. La lingua madre è uno strumento che rispecchia la nostra realtà, e spesso siamo noi ad adattarla al nostro mondo mutevole, ma è vero anche il contrario. La lingua influenza il mio modo di pensare, diverso se penso in piemontese o italiano e di conseguenza la mia percezione su tutto ciò che mi circonda, dal modo di ragionare a descrivere i colori della natura, e non soltanto in modo grammaticale e razionale. Pensate a come cambierebbe la nostra percezione del tempo se non usassimo i concetti di destra e sinistra, ma solo i punti cardinali? Passami una tazzina di caffè che è sul tavolo a sud ovest! Gira in lontananza ad est e poi piega a nord est! Sicuramente con una lingua così, non avremmo avuto una evoluzione sociale come la nostra, ma ci sono popoli aborigeni che hanno questo tipo di linguaggio. Questi popoli tribali hanno un senso dell’orientamento molto sviluppato che si sono sviluppati con questa lingua figlia della loro cultura. Esprimo  con differenti modi di esprimere dei concetti differenti come la cognizione del tempo e la sua misurazione. Quando dobbiamo mettere in ordine delle foto o documenti  in ordine cronologico dalla più antica, alla più recente, noi le ordiniamo da sinistra a destra, ma se fossimo di madrelingua araba o ebrea sarebbe in direzione opposta da destra a sinistra.  La lingua che parliamo influenza il nostro pensiero e ragionamento, perché  descrive la realtà ed influenza il modo in cui noi la percepiamo, ma non si ferma qui. Ogni parola che usiamo è letteralmente un atto  che mi identifica, nel senso che dico a chi è fuori dalla mia tribù, che sono italiano, chi sono, faccio una dichiarazione». È proprio per questo che, devo scegliere con cura le parole che uso, perché queste definiscono la mia identità per me e per gli altri. Oggi con, internet, ognuno di noi ha un microfono, ognuno di noi può potenzialmente parlare a tutto il mondo dove anche senza avere il potere, abbiamo la possibilità di dire quello che pensiamo. Scriviamo i nostri pensieri anche con errori di ortografia, con garbo o villania a volte facendo un baccano enorme. Su internet purtroppo  per parlare non basta solo conoscere le regole del gioco, le parole da dire o non dire, il politicamente corretto. Se una cosa non riguarda noi il prima persona, non siamo noi a fare le regole ad esempio per decidere  se una cosa è razzista perché è difficile riconoscere il razzismo se non ne siamo stati vittime, perché non siamo allenato a vederlo anche nelle parole, le buone intenzioni non sono sufficienti. Se sbagliamo, anche in buona fede, la responsabilità rimane sempre nostra, perché le parole sono proiettili e fanno molti più danni! Le parole ci fanno compiere le nostre quotidiane azioni, e sono quello che per me più ci caratterizza di più come esseri umani, e sono strumenti potenti, che condizionano la nostra realtà, capaci di azioni tangibili, sta a noi usarle in modo responsabile e con garbata umanità.

Favria, 15.01.2021   Giorgio Cortese

La vita può essere fredda, indifferente e offensiva, ma anche sincera, diretta e vera. Tutto dipende da come noi ogni giorno l’accettiamo cosi come è e non come la vogliamo!

Esistono..

Esistono persone dall’animo squallido che pensano solo al profitto e all’interesse, questi personaggi non hanno parenti, né amici, né concittadini, per loro esiste solo il dio denaro, meno male che ci sono  le persone belle dentro, merce rara, generose ed interessate ai propri simili e alla natura che ci circonda. E si l’avidità è un grasso demone con una bocca piccola e tutto ciò che lo alimenta non è mai abbastanza. Il denaro non rende felici, e né lo farà mai. Non c’è nulla nella sua natura che possa produrre felicità. Più un essere umano possiede denaro, più ne desidera ed invece di riempire un vuoto, ne crea uno. Che tristezza, invece di accontentarsi di quello che hanno, accumulano ricchezze senza pensare che la più grande la possediamo già, la salute.

Favria,  16.01.2021   Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana, tra gli innumerevoli percorsi a disposizione, si può scegliere il più corto o il più lungo, il più facile o il più difficile, ma la meta finale è una ed è sempre quella, la conoscenza!

Da briga a brigantino passando da brigante

La briga significa seccatura, molestia, noia; difficoltà, questione complessa; raggiro, affare torbido; controversia, lite. Pare che il lemma derivi dalla voce celtica briga che voleva dire forza. A prima vista pare che le frasi, prendersi la briga e attaccare briga esauriscano gli usi di questa parola. Ma da questa parola nascono le parole brigante e brigantino. Brigante che anticamente significava compagnia di soldati ed avventurieri mercenari e poi brigantino, bastimento che viaggia insieme con altri, che fa da scorta, velieri di modeste dimensioni, attrezzato con due alberi a vele quadre, trinchetto e maestra, e bompresso, attrezzatura che si dice appunto a brigantino, inizialmente nato come nave corsara. Come si vede all’inizio questa parola significava forza e vigore: successivamente, con un passaggio non chiarissimo, è passata ad indicare la molestia, la difficoltà e la controversia. Insomma la compagnia di certi briganti è una bella bega che  significa lite, disaccordo; faccenda spiacevole, molesta che deriva dal gotico  bega indicando lite e disaccordi perlopiù futile.

Favria, 17.01.2021  Giorgio Cortese

Dalla speranza nasce lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle.