L’elefante nella stanza del clima – Il respiro! – Chi salva… – Il valore di un libro. – Il Conte Verde e l’azzurro dell’Italia. – Oggi XXV Aprile – Le nostre piccole paure… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

L’elefante nella stanza del clima
L’espressione l’elefante nella stanza vuole indicare una verità ben visibile ma che

tutti fan finta di non vedere. Può riferirsi a un problema anche molto noto ma di cui nessuno vuole parlare. È impossibile ignorare un elefante al centro del salotto, ma si può far finta di non vederlo e così evitare di porre un problema al centro dell’attenzione e delle relazioni. Affrontarlo creerebbe un disagio difficile da sostenere, ma ignorarlo non ne elimina la presenza. Prima o poi l’elefante si muove, attira la presenza su di sé e può fare danni che si potevano evitare. Allora ci si accorge che molti sapevano ma nessuno, per le motivazioni più varie, aveva avuto il coraggio di rompere il silenzio. I Questo periodo di pandemia rifletto come abbiamo accantonato nella stanza il pachiderma della crisi climatica che incombe su tutti noi. Nel 1900 la Terra ospitava infatti 1.6 miliardi di esseri umani, divenuti in mezzo secolo 2.5 miliardi, per raggiungere quindi i 4 miliardi nel 1975, i 6 miliardi nel 2000 e infine i 7 miliardi nel 2011. Sicuramente il contenimento della popolazione non ha mai attirato la simpatia delle confessioni religione né tanto meno voti in campagna elettorale. Cercare di limitare la libertà di scelta su temi intimamente personali, quanto la decisione di avere dei figli e in che numero, hanno regolarmente fatto naufragare questo tipo di politiche governative, tanto che la stessa Cina nel 2013 ha abbandonato il diktat del figlio unico. Per oltre due secoli il timore del sovraffollamento si è basato, e in parte si basa ancora, sulla sicurezza alimentare: la popolazione cresce mentre il pianeta e le sue risorse rimangono le stesse. Tuttavia, la necessità aguzza l’ingegno, soprattutto quando è minacciata la propria sopravvivenza. Sicuramente cresceremo ancora come popolazione ma allora quello che inciderà sul clima sarà il modello che le nostre società sceglieranno di adottare e, in particolare, la quantità di risorse consumate pro capite. E così, proprio il consumo di risorse, e soprattutto le emissioni derivate dalla loro produzione, hanno riacceso nell’ultimo decennio il dibattito demografico, coniugato questa volta in ambito climatico. Secondo gli “ esperti” le quattro azioni più efficaci per la salute del pianeta consistono nel rinunciare alla carne, a viaggiare in aereo, usare l’auto e poi dicono la riduzione dei figli, beh nel Belpaese si sono portati avanti con politiche sociali che non hanno mai pensato alla famiglia, mettere al mondo dei figli diviene una epica impresa, poi pazienza se siamo nel deserto di natalità e nessuno lavorerà per mantenere chi andrà in pensione nei prossime decenni. Beh io non sono un esperto ne studioso del fenomeno ma nella mia ignoranza penso che se vogliano dare un mondo migliore e vivibile alle future generazioni dobbiamo iniziare da adesso, attingendo, distribuendo e riutilizzando oculatamente le risorse naturali. Purché nel frattempo si battano tre diverse strade: una rapida e completa transizione alle fonti di energia rinnovabile, la vera emancipazione femminile nella società, le donne sono più attente nel riciclare e l’abbandono dell’insostenibile stile di vita occidentale, troppo spesso visto dai governi dei Paesi emergenti come un modello da imitare. Una corsa contro il tempo per evitare che miliardi di persone mangino, consumino ed emettano quanto gli europei, o peggio, gli statunitensi. Insomma, il pachiderma demografico rimane saldamente ancorato al salotto vicino all’elefante della microplastica che inquina l’ambiente e anche noi, involontariamente lo mangiamo nelle catene alimentari e subdolamente potrà portare all’estinzione degli esseri umani ma quello dell’intero pianeta.
Favria, 20.04.2021 Giorgio Cortese

Quando si tratta di comprendere i perché e i percome del clima, c’è una quantità infinite di cose che bisogna apprendere, ma la vita concede solo un tempo limitato nel quale impararle.

Il respiro!

tutti noi esseri viventi tutto inizia con un respiro e finisce con la sua assenza e lì, nel mezzo, si tende l’arco della nostra vita. Oggi purtroppo complice la pandemia la parola respiro ha trovato purtroppo un significato del quale prima, forse, non abbiamo avuto piena consapevolezza. Il Coronavirus cinese, per dirla in modo semplice e banale uccide bloccando il respiro. Ferma l’ingresso della vita nel corpo. E non serve la psicoanalisi per sapere come l’incubo della mancanza d’aria indichi che siamo di fronte a una paura ancestrale.  Questa paura con la pandemia è diventata palpabile, prima davamo per scontato il respiro, intanto va da solo, come il vento, accellera e decelera seguendo le personali emozioni, ma non si ferma. Pensate che noi esseri umani respiriamo 21.600 volte al giorno, in media 15-30 volte al minuto senza rendercene conto! Quanto siamo consapevoli che cambiando il respiro cambiamo ciò che accade nel corpo, nella mente, nelle emozioni? La parola respiro deriva da respirare, voce dotta recuperata dal latino col significato di soffiare di nuovo, respirare, derivato di spirare soffiare, col prefisso durativo re-. Per i linguisti il respiro ha una base onomatopeica, non solo un sibilo ma un pulsare di vita, un ribollire, simile all’alternanza dell’onda del mare e la risacca. Il respiro non si vede se non grazie al freddo. Non si vede se non sul vetro che appanna gli occhiali al primo alito se indosso la mascherina, in quei momenti il respiro rimane anche se affannoso, sempre vitale. Alla nostra nascita su questa terra il respiro nel parto diventa forza vitale. Il primo inspiro-respiro del neonato, quando esce dalla pancia della mamma e incontra l’aria, è un suo sì alla vita, una sua decisione di esserci. Un modo di dire, io inspiro, prendo la vita dentro di me, esisto! Ogni respiro alimenta la combustione di ossigeno e glucosio e produce l’energia necessaria a ogni processo vitale, da quelli fisici a quelli mentali, emozionali, spirituali, anche adesso che scrivo queste poche parole. Nel respiro di ognuno di noi c’è la mappa della nostra vita, la nostra biografia vitale, proprio come c’è nelle rughe del volto, come scriviamo o nel modo particolare in cui ci muoviamo. Se non ci fosse respiro non ci sarebbe musica, e non mi riferisco  al respiro dei grandi della musica come Mozart, Bach o Beethoven ma anche di chi in casa sua per suo diletto il pianoforte.  La musica evoca anche le metafore delle partiture, appunto, di grande respiro. In un concerto si incontrano due organismi, il Maestro e i Musici che respirano la musica l’uno con l’altro, perché saper respirare e saper ascoltare sono due abilità interconnesse tra loro.  Il canto è la prosecuzione del respiro, il respiro per tutti noi è la vita e nella vita rappresenta l’anima. Ritengo che quando si canta, anche sotto la doccia è come guardare negli occhi il respiro, e quindi noi stessi. Quando cantiamo il respiro da forza alle note e alla nostra vita. Nelle partiture musicali mi ha detto un mio grande amico il segno in forma d’apostrofo posto sopra il pentagramma, serve a indicare a un cantante o a un suonatore di strumento a fiato il momento in cui può respirare senza interrompere la continuità di una frase musicale. Penso che se la condizione dell’inferno dovesse essere descritta aggiornandola ai nostri giorni, sarebbe proprio quella di trovarsi stesi in un letto di rianimazione, fermi immobili, consapevoli di non poter fare niente, neppure girarsi su un fianco, senza più nessuna dignità del nostro corpo nudo invaso da ogni tipo di cannula, e non responsabili di nulla, neppure del nostro respiro. E se oggi non è una bella giornata, facciamo un bel respiro profondo perché la vita è bella e cerchiamo di sorridere, il sorriso permette all’anima di respirare se poi ci vacciniamo proteggiamo noi stessi, i nostri affetti e tutte le persone che incontriamo e respiriamo con tranquillità!

Favria, 21.04.2021  Giorgio Cortese

Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. Il riscaldamento globale è il grande nemico.

Chi salva…..

Chi salva un uomo salva il mondo intero recide un detto del Talmud, che sottolinea come sia iscritta in ogni essere umano la capacità di opporsi al male e come, anche attraverso l’azione individuale, si possano compiere gesti di enorme rilevanza equiparabili a salvare il mondo intero. Ecco io aggiungere chi salva un albero salva tutta l’umanità presente e futura. Personalmente come a volte con superficialità dettata da molte  altre esigenza tra cui il nascondersi sotto la sicurezza si provvede all’abbattimento di alberi che sono indispensabili  con la fotosintesi a  rilasciare ossigeno per noi esseri umani. Gli esperti calcolano che la fotosintesi pareggi le 10000 tonnellate di ossigeno al secondo consumate dalla respirazione di tutti gli organismi viventi e dalla combustione di materiale organico sulla Terra. Una stima indica che un grande albero che abbia un diametro di 100 cm ad altezza petto di un uomo, rilascia 0.31 Kg di ossigeno al giorno. Un albero più piccolo, diametro 30 cm circa, rilascia solo 0.06 Kg al giorno.  Per confronto un essere umano usa mediamente 0.84 Kg di ossigeno al giorno per la respirazione. Ritornando alla frase iniziale oggi purtroppo è difficile associare questa frase ad una società come quella odierna, orientata all’individualismo e fondata, non sulla cooperazione, ma sul raggiungimento spregiudicato dei propri scopi. La libertà personale dovrebbe essere il giusto connubio tra il perseguimento di obiettivi personali e il bene della comunità ed il tempo per salvare il pianeta sta finendo, e non esiste un pianeta B e  smettiamola di fare finta di non vedere l’elefante della crisi ecologica nella stanza del nostro comune pianeta, la Terra, il pianeta blu!.

Favria, 22.04.2021 Giorgio Cortese      

Mentre gli esseri umani  discutono. La natura agisce.

Il valore di un libro.

Oggigiorno purtroppo si legge sempre di meno anche perché siamo ormai immersi nella consultazione di diversi tipi di dispositivi digitali, tra i quali primeggia il cellulare, che è un mondo virtuale parallelo a quello reale. Prima di questa pandemia sui mezzi pubblici notavo che sono rare le persone che leggono un libro, tranne gli studenti che ripassano la lazione, sono quasi tutti intenti a compulsare sullo smartphone con gli occhi  rigidamente puntati sul display. Oggi tra chi gioca e chi legge i messaggi siamo fagocitati   con  il cervello letteralmente dentro al telefonino e cosi  si leggono sempre di meno i libri di carta. I libri sono importanti per la nostra formazione culturale e critica verso tutto ciò che ci circonda. Quando compro un libro non acquisto solo delle pagine inchiostrate e unite dalla colla ma una nuova vita, un viaggio   nella memoria proiettata nel futuro, dove la realtà diviene meno vivida e concreta, ma più soffusa e particolareggiata, tanto da stimolarmi l’attenzione. La lettura di un libro mi permette di uscire dai miei luoghi comuni e conosciuti e di liberarmi verso altri pensieri.  Quando leggo un libro, dunque, incontro l’autore nella “strada” che sta tracciando; ma è solo una sensazione momentanea, perché, contemporaneamente, incomincio a costruire quella mia, e così  le idee si confrontano e si sviluppano. Leggendo un libro arricchisco  i miei pensieri.  Un buon libro, mi aiuta a trovar sempre qualcosa di nuovo, come se si fossi sullariva di un fiume sempre uguale e placido nel suo fluire ma sempre cangiante nel colore, nella portata, nella forza delle sue gagliarde acque. 

Favria,  23.04.2021 Giorgio Cortese

l futuro ci giudicherà soprattutto per quello che potevamo fare e non abbiamo fatto.

Il sangue è destinato a circolare. Condividilo! Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 7 MAGGIO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Il Conte Verde e l’azzurro dell’Italia.

Il Conte Verde fu anche una delle massime espressioni della cavaliera medievale europea, tanto è vero che il suo soprannome deriva dal fatto che partecipava ai tornei del tempo completamente vestito di verde, una specie di colore portafortuna che gli valse grandi vittorie e che conservò salendo sul trono. Presto il suo nome divenne leggenda, e grazie all’appoggio dei francesi riuscì infatti a imporre il potere dei Savoia dalla regione omonima al Piemonte sconfiggendo a più riprese i signori di Pinerolo, i Marchesi di Saluzzo e altri contendenti. Partecipò alle più importanti guerre dell’epoca tra cui quella contro i Turchi e i Bulgari nel 1366-67,  in difesa del cugino Giovanni V Paleologo, imperatore d’Oriente. Ancora oggi, in Piazza Palazzo di città a Torino, davanti al municipio, è presente una sua statua che ricorda questa leggendaria crociata in oriente. Di essa, risalente al 1366, sembra incredibile ricordarlo oggi nel 2020, ci è rimasto anche il colore “Blu Savoia”, una sorta di azzurro molto intenso, che ancora oggi le varie nazionali italiane dello sport usano. Questo particolare colore, che fu usato per la prima volta nello sport italiano per la nazionale di calcio nel 1911 in onore dei regnanti Savoia, deve la sua origine al fatto che il Conte Verde, durante la spedizione in oriente, fece issare sulla nave ammiraglia, accanto allo stendardo rosso-crociato dei Savoia, una bandiera azzurra in onore e protezione della Santissima Annunziata, ossia della Madonna, a cui i Savoia erano estremamente devoti. Anni prima il Conte Verde aveva infatti fondato l’ordine cavalleresco dei Cavalieri della Santissima Annunziata, ancora esistente e tra i più antichi d’Europa. Molti italiani non lo sanno ma quando nel calcio e nello sport in genere si dice gli “azzurri”, questo fatto si deve a qualcosa che è successo nel 1366. Per finire la ultima  avventura, nel 1382, fu una spedizione nel sud Italia al seguito di Luigi d’Angiò contro Carlo III per la conquista del Regno di Napoli, dove però il Conte Verde morì di peste, fra atroci sofferenze, il 1° marzo 1383, in Santo Stefano di Campobasso nel Molise. In questo piccolo paesino una lapide ricorda la morte di uno dei personaggi più importanti della storia europea del Trecento. Così è l’Italia, che nel tempo ha dimenticato tanti dei suoi eroi, e anche a chi deve il colore “azzurro” nello sport. Ecco perché  Amedeo VI di Savoia detto il Conte Verde, dovrebbe essere meglio ricordato dagli italiani, che invece ne ignorano la sua esistenza e le sue gesta, sensa di lui non avremmo mai avuti i colori azzurri della nazionale. Questo valoroso  Savoia riusci nel 1363 in terra Canavesana a barattare la libertà  del Vescovo di Ivrea Pietro de Camera in contesa con il  il Marchesato del Monferrato  e rapito dal mercenario di origine inglese Robin du Aspin, che non era Robin Hood. Come dicevo Robin du Aspin al comando di una soldataglia rapì il Vescovo Pietro de  Camera, per ottenerne un riscatto  di 8.500 fiorini d’oro e fù liberato grazie alla mediazione dell’astuto e valoro Savoia.

Favria,  24.04.2021 Giorgio Cortese

Oggi l’ossessiva ricerca del “segno più” davanti al prodotto interno lordo sembra essere l’unico obiettivo per il futuro, tutto il resto è secondario.

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Oggi XXV Aprile

Oggi celebriamo il  76esimo anniversario della Liberazione. Mi ricordo che le elebrazioni del 25 Aprile durante la cosiddetta Prima Repubblica rappresentavano un momento unitario di tutte le componenti politiche, sociali e culturali che si riconoscevano nella Costituzione. Con la cosiddetta Seconda Repubblica si è cercato, da parte di alcune correnti di destra, di storicizzare questa ricorrenza, presentandola come divisiva ed evidenziando la necessità di superarla. Oggi, più che mai dobbiamo ricordare quell’evento. Per chi c’era, in quella fine aprile e inizio maggio del 1945, la liberazione dai nazifascisti fu un evento enorme, e come tale allora non valutabile e non comprensibile. Sì, scappavano i fascisti e i nazisti, ma chi restava? E chi veniva? Per fare che cosa? S’intuiva che nella liberazione dai nazi-fascisti c’era il germe oscuro di un’Italia dai molti partiti, forse ancora monarchica o forse addirittura un Italia repubblicana, comunque senza manganelli, senza olio di ricino, con manifestazioni pubbliche, giornali, giornali radio. Si sentiva che la Resistenza avrebbe contato moltissimo. Facciamo parte di un popolo che ha avuto la  Resistenza dopo avere inventato il fascismo e il fascismo era stato il maestro del nazismo. Che poi l’allievo avesse superato il maestro, questo era già nella storia. Però noi italiani avevamo inventato il fascismo ma anche la lotta al fascismo, la resistenza del popolo. Furori dal Patrio stivale circola una  famosa barzelletta coniata contro di noi, alla domanda qual è il libro più breve del mondo? Risposta: l’elenco degli eroi di guerra italiani. A questa barzelletta potremmo rispondere con le parole di   Brecht : “Infelice quel popolo che ha bisogno di eroi”. E la Resistenza ha avuto un suo eroismo, che nasceva proprio dall’essere la parte militarmente improvvisata e dunque più debole. Bande contro esercito. Oggi, 25 aprile, noi festeggiamo la vittoria delle bande. Abbiamo un lungo elenco di eroi partigiani, perché abbiamo avuto una lunga Resistenza. E possiamo dire come sono infelici quei popoli che, avendo una dittatura, non hanno anche una Resistenza. Magari avranno diserzioni, tradimenti, congiure, attentati, ma le congiure dei comandi militari, gli attentati alla vita del dittatore, le bombe alle sue riunioni, sono atti eroici, molto eroici, però non sono azioni del popolo, sono sempre azioni del vertice. Man mano che cresceva la Resistenza al fascismo e che cresceva la repressione fascista, si faceva chiaro un concetto: una parte avrebbe vinto e l’altra avrebbe perso. La parte perdente non combatteva più per la vittoria: combatteva per la vendetta. Il suo motto era: “Morire come lupi”. È questo che rende impossibile oggi onorare ambedue le parti. Aver pietà per i morti dell’altra parte è umano ,  ma il tributo d’onore è un’altra cosa, da una parte si combatteva per la libertà, dall’altra per  la sopraffazione. Da una parte è venuta l’Italia in cui viviamo, che avrà mille difetti ma li possiamo denunciare e combattere, dall’altra sarebbe venuta un’Italia in prosecuzione di quella che moriva, che avrebbe continuato a far vivere i suoi cittadini in attuazione della volontà di un uomo o di una oligarchia o di una dottrina. Controllato da quella volontà, tu dovevi essere fascista, non potevi essere marxista, non potevi essere liberale, non potevi essere cristiano. Questa differenza sta nella nostra  Costituzione che è il risultato più grande e più duraturo della Resistenza.

Chi è morto da partigiano o da resistente, è morto perché fosse cambiata la Costituzione. La Costituzione si può perfezionare, tutto è perfettibile, ma non si può tradirla. Ricordare oggi la Resistenza, 76 anni dopo, vuol dire ricordarsi di questo.

W l’Italia!

Favria, 25.04.2021 Giorgio Cortese

Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.

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Le nostre  piccole paure

La paura in questi giorni di incertezza aggredisce tutti. I coinvolti non sono solo certe categorie di persone, gli ansiosi o gli ipocondriaci. Tutti noi rischiamo di trasformarci in vittime del panico, quando messi improvvisamente di fronte a un pericolo senza volto, allo spettro della malattia e della morte, ad emergenze e indizi di stravolgimenti sociali ed economici. Oggi Vi parlo di una paura, anzi un timore subdolo che riduce le adesioni degli aspiranti donatori di sangue. Potrei dire che donando il sangue si  fa comunque un regalo e che ogni regalo per avere valore deve costare un po’ di sacrificio. Talvolta si dona il superfluo, ma col proprio sangue si regala una parte di  noi, una parte, significativa ed importante. Regaliamo qualcosa che è nel nostro piatto, non regaliamo quello che cade casualmente dal piatto.  Purtroppo le paure nel venire a donare sono la paura dell’ago. Vi posso assicurare che dopo 120 e più donazioni l’abilità del personale sanitario è solitamente molto elevata. A ciò si aggiunge la qualità degli strumenti che rendono il procedimento tranquillo. Il  prelievo  è un’operazione tranquilla. Se si supera  tale paura il fastidio dell’ago. Motivati dal fare del bene, ecco che questo ago conferisce un plus valore alla donazione, aumentando il peso specifico del regalo! Molti potenziali donatori e anche dei donatori mi ha detto in questi anni di avere  timore della vista del sangue e girano lo sguardo dall’altra parte. Voglio solo ricordare che durante il prelievo non c’è “spargimento di sangue”.  In ogni ogni caso il tubicino di collegamento del sangue alla sacca in cui scorre è opaco e non evoca alcuna immagine cruenta ed Il  materiale utilizzato per il prelievo è rigorosamente sterile, monouso, a perdere. Io ho grande fiducia dell’equipe del prelievo, trovandolo sempre in questi anni molto preparate, Ne mi è mai venuta la paura di svenire dopo la donazione. Appena donato mi fermo sul lettino tranquillo dopo la donazione almeno qualche decina di secondi almeno in posizione assisa per favorire il normale adattamento pressorio e poi prima di fare colazione post donazione bevo un sorso d’acqua per ristabilire la perdita di liquidi avvenuta.  Voglio tranquilizzare che poi dopo la donazione uno non deve sentirsi  obbligato a tornare a donare, come gruppo sollecitidiamo la donazione per chi è idoneo ma non obblighiamo nessuno.  Tutto è demandato alla personale sensibilità e all’etica della responsabilità. chi supera le piccole paure che sono dentro noi stessi finisce col costruire una personalità più forte e strutturata. E’ una gran soddisfazione battere le paure e diventare artefici come donatori della cura delle malattie restituendo il significato profondo che gli appartiene, al dono del sangue.

Voi cosa aspettate a donare o diventare donatori.

Favria,  26.04.2021    Giorgio Cortese

Ti aspetto a Favria   VENERDI’ 7 MAGGIO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione preferibilmente entro mercoledi’ 28 aprile . Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio.

La vita non è trovare se stessi. La vita è creare se stessi.