L’ombra. – Settembre..- La stissa ca bat antla pera o ca la fura o ca la leva. – Achetta – S.p.a.l. – Dalla causia al pakol…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

L’ombra.
Durante la giornata con il sole alto allo zenit l’ombra mi è amica anche nel

senso che è il segno di riconoscimento della mia umana corporeità. Ogni giorno getto la mia ombra sulla terra fino a che resto vivo, e nessuno può rubarmela. Invidio l’ombra che duplica il reale senza il fardello dei dettagli. Ma l’ombra è anche segno della mia vita umana, che è l’attraversamento di luce e tenebra. L’ombra assorbe e trattiene, e mi ricorda sempre che l’inquietudine mi è compagna perenne, anche nei momenti di fugace felicità. Ogni giorno dal mattino quando mi alzo mi rimetto in cammino, ma non sono solo, cammino con l’ombra che mi rassicura che sono vivo. In estate mi riparo all’ombra, talvolta sedendo, talvolta camminando, e nel riflettere ricerco nel mio animo tracce di verità e riprendo il cammino. Quando sono seduto all’ombra oggi, è perché qualcun altro ha piantato un albero molto tempo fa. Riprendo il cammino seguito dall’ombra e del mio passaggio rimangono solo delle flebili impronte, e, niente più. La mia vita è quella di un viandante ed il cammino si fa andando e nel rivolgere lo sguardo sul sentiero della vita che mai tornerò a rifare. Nella vita tutto passa, tutto resta, ma il mio vivere è un passare, un passare battendo sempre nuovi sentieri. Alzo la testa e rivolgo il viso verso il sole e l’ombra cade alle mie spalle. Che bello, tutte le varietà, le delizie, la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce. Concludo riflettendo chi mai farebbe il nostro bene se non esistesse il male, e come apparirebbe la terra se vi scomparissero le ombre?
Favria,  31.08.2021Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita fino a quando abbiamo il vento in poppa dobbiamo sapere navigare.  Felice martedì

Ed eccolo qui, all’improvviso, l’ultimo giorno d’agosto. E l’estate che piano piano se ne va scivola via, tra una nuvola passeggera e un temporale.  L’ ultimo giorno d’agosto è il preludio di tanti nuovi inizi, da sempre. Quest’anno è arrivato all’improvviso e quasi mi aspetterei il ritorno di un’altra estate, con il solleone e l’aria bollente. E invece l’autunno è vicino e questo è l’ultimo giorno d’agosto.  E’ spuntata in casa l’ombrelliera, in caso di pioggia. E si, l’ultimo giorno d’agosto, aspettando settembre con i suoi nuovi inizi.

Settembre….

Con l’inizio del mese non posso fare a meno di pensare alla famosa canzone Impressioni di Settembre della Premiata Forneria Marconi, una canzone sulla speranza, una bellissima canzone.  Il testo scritto Mogol, ed è bello perché lui uscendo di casa ha raccontato quello che ha visto la mattina. È talmente realistico, una  fotografia momento per momento di quello che ha visto, una metafora del mese che  segna l’inizio dell’autunno un senso di nostalgia e di declino. Una fotografia che è ancora attuale oggi dove molte persone vivono  senza più certezze, senza più ideali o fedi a cui appigliarsi, la realtà è divenuta incomprensibile, sfuggente, e in essa è imprigionato il fattore che dovrebbe esserne il punto di autocoscienza: l’Io. La canzone termina con un’amara constatazione: “E intanto il sole tra la nebbia spunta già, un giorno come sempre sarà”. Lo dice bene Pavese quando il tutto diventa nulla: “Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno in cui nulla accadrà, non c’è cosa più amara della inutilità. La lentezza dell’ora è spietata per chi non aspetta più nulla”. Per questo gli antichi greci pregavano così: O padre Zeus, mandaci il miracolo di un cambiamento”.

Favria,  1.09.2021   Giorgio Cortese

Buona giornata. Il primo settembre è un po’ come il primo dell’anno, idealmente si ricomincia. Felice mercoledì.

La stissa ca bat antla pera o ca la fura o ca la leva.

Da questo bel proverbio Canavesano che afferma come la goccia, nella sua umile semplicità a forza di cadere sulla dura pietra o la buca o la sposta ho tratto due parole piemontesi dal curioso significato. La stissa, significa in piemontese la goccia con le sue derivazioni stiss, stizzo o istante e stissè gocciolare, stissin un goccino, un tantino e poi stissinot, un pochino. Pensate che la parola stissa deriva dal latino volgare extitionem, tizzone nascosto.  Il contesto semantico è di un tizzone nascosto da cui parte un lampo di luce, una piccola quantità che si manistesta in un attimo da cui quello della collera o dell’ictus, altro significato, ma per essere sempre positivi da un tizzone sotto la cenere si sviluppa un fuoco che illumina la dura notte, insomma la fura, la buca. La parola  fura o meglio forè viene anche usata per indicare l’azione di pungere con oggetto a punta o perforare dove in piemontese rende meglio il significato di foro il lemma pertus. Concludo affermando di mantenere sempre nel nostro animo nonostante tutto questo tizzone di ottimismo che come una stissa, goccia dopo goccia buca  con la dovuta prudenza la paura del coronavirus e sposta via la tenebrosa paura che non porta da nessuna parte.

Favria, 2.09.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Che bello settembre che ha sempre il retrogusto della fine e dell’inizio, che è sempre un concentrato di “è tempo di”, insomma un punto fermo della giornata in mezzo a tutto il resto. Felice giovedì.

Stupirsi ogni giorno vuol dire apprezzare le meraviglie che la vita ci dona. Ti aspettiamo a Favria MERCOLEDI’ 6 OTTOBRE  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Achetta

In piemontese la parola achetta indica un cavallo che va all’ambio destinato soprattutto al signore.  In italiano si dice chinea, dall’antico francese  haquenée, cavallo che va all’ambio. Prima di continuare ricordo che l’ambio è un tipo di andatura dei quadrupedi, effettuata col movimento contemporaneo degli arti di un lato, successivo a quello degli arti dell’altro lato, normale nel cammello, dromedario, giraffa, orso,  accidentale nei bovini e nei canidi. Nel  cavallo è per lo più acquisito con l’addestramento. La chinea veniva usata non solo per indicare il cavallo che andava all’ambio ma poi fu usata poi prevalentemente per designare il cavallo bianco che il re di Napoli presentava al pontefice in segno di omaggio feudale. L’uso risaliva a Carlo d’Angiò, che per ottenere il regno di Manfredi di Svevia si impegnò a un censo annuo di 8000 once d’oro e al dono della cavalla nella festa dei SS. Pietro e Paolo. L’usanza durò fino al 1788, quando venne disposta  l’offerta del solo censo. Nel 1855 Ferdinando II fu esonerato da ogni omaggio e tributo, dietro il versamento A Pio XII di 10.000 scudi, destinati al monumento all’Immacolata da costruirsi A Roma. Ma la parola  francese deriva dal medio inglese, il nome di un borgo  Londinese detto Hackney famoso per l’allevamento dei cavalli e loro addestramento

Favria, 3.09.2021   Giorgio Cortese

Buona estate. L’estate ha corso troppo e si siede a riposare, in attesa che settembre le consegni del buon vino per affogare i primi cenni di malinconia. Felice venerdì.

S.p.a.l.

Il nome di questa squadra di Ferrara mi ha sempre incuriosito da bambino e ne avevo una simpatica affezione. Pensate che il nucleo originale di quella che sarebbe poi divenuta la SPAL vede la luce nel lontano 1907 per iniziativa di un sacerdote salesiano, Pietro Acerbis, all’epoca direttore dell’oratorio ferrarese situato in via Coperta. Acerbis fondò un circolo religioso-culturale dal nome Ars et Labor che successivamente, un paio d’anni dopo, a opera del nuovo direttore, divenne “Circolo Ars et Labor” e aggiunse alle attività artistiche anche quelle sportive, inizialmente atletica e ciclismo. I colori sociali adottati furono il bianco e l’azzurro, quelli dello stemma della congregazione dei Salesiani. La sezione calcistica fu istituita nel 1912, quando il ramo sportivo si staccò dall’oratorio e si costituì in “Società Polisportiva Ars et Labor”. Inizialmente la squadra di calcio fu conosciuta con il nome di Associazione Calcio Ferrara. Si dovette attendere il 1919 e la fine della Grande Guerra perché anche la sezione calcistica uniformasse il suo nome a quello di tutta la polisportiva. La prima partita di calcio ufficiale giocata con la denominazione attuale fu SPAL – Triestina: 1-4, datata 16 giugno 1919. Grande e mitica la Spal!

Favria, 4.09.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Che belle certe sere di settembre dove  nel cielo la  luce morente dell’estate ha la dolcezze delle palpebre, quando il sole si è addormentato. Felice sabato.

Dalla causia al pakol.

Secondo Plutarco la causia, veniva indossata da tutti i sovrani macedoni. Tito Maccio Plauto nella celebre commedia Miles gloriosus, cita una “causeam…ferrugineam” ovvero un berretto scuro, dal colore rugginoso o, più correttamente, capace di ombreggiare e di riparare dalla luce chiunque lo indossasse. In quell’epoca tra  il III e il II secolo a.C,  era un copricapo d’uso comune nel bacino Mediterraneo. La causia in latino causea era il cappello di feltro indossato dai Macedoni e dai popoli da loro conquistati contermini. Aveva la forma d’un coperchio più o meno convesso, ed era talora fermato sotto la gola con stringhe. Era elemento essenziale del costume macedone e divenne l’emblema della regalità. I re portavano una causia fatta di feltro rosso, ornata d’un diadema di stoffa bianca, i cui capi frangiati ricadevano dietro il dorso. Tale causia divenne privilegio anche di principi e di alti dignitari. Dopo Alessandro Magno, anche i re successori assunsero la causia come insegna del potere. L’etimologia della parola causia potrebbe trarre le sue origini dal verbo greco bruciare, ardere, accendere che ci spinge a pensare che il berretto potesse avere come scopo originario quello di tenere caldo e coprire bene la testa. Questo copricapo non è da confondere ad un altro copricapo dalla forma simile alla causia, ovvero al famoso petasos, un cappello a falda larga usato da molti popoli greci e anche dagli etruschi, particolarmente utile per coprirsi dal sole e dalla pioggia. Molti sovrani ellenistici, precisamente dei regni greco-battriano e indo greco, si fecero spesso raffigurare con la causia, immettendosi all’interno di un filone iconografico riuscito perfettamente ad amalgamare gusti e stilemi di due culture grandemente distanti. Il berretto trovò favore ben oltre le classi dirigenti e militari, anche alle popolazioni autoctone dell’Asia centrale. Ed ecco oggi abbiamo il  pakol o cappello  chitrali un cappello da uomo morbido e tondeggiante, realizzato generalmente in lana prodotto in una vasta gamma di colori: marrone, nero, grigio, avorio, oppure colorato di rosso con tannino di noce. Quando non è indossato, è simile a una borsa con un fondo rotondo e piatto. Colui che lo indossa ne arrotola i bordi fino alla parte superiore, al fine di formare una banda spessa, che fa assumere al pakol la forma di un berretto, l’antica causia giunta fino in Afghanistan al seguito delle truppe di Alessandro Magno. Oggi lo vediamo indossato in foto o video nei servizi in Afghanistan, emblema della resistenza dei tagiki nella valle  del Panshir

Favria, 5.09.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. I giorni di settembre hanno il calore dell’estate nelle loro ore più centrali, ma nelle sere che si allungano c’è il soffio profetico dell’autunno. Felice domenica.

Stupirsi ogni giorno vuol dire apprezzare le meraviglie che la vita ci dona. Ti aspettiamo a Favria MERCOLEDI’ 6 OTTOBRE  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio.