Meraviglia e stupore. – In Estate prima di partire ricordati di donare sangue.- Rugiada del mare. – Cartoline da Favria. -Un caffè alla…menta!.- Un fiore nato da una stella.. -Ferragosto! -Quando doni… -Portunalia…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Meraviglia e stupore. In estate, la natura rinasce con tutta la forza che solo la natura

può imprimere e allora nel frutteto vicino a casa sono stato colpito da un nido di formiche. Voi mi direte embè di nido di formiche in estate se ne vendo parecchi, nei campi e cortili e poi cercano anche di colonizzare le case, ed un se le trova dappertutto. Personalmente osservavo quel nido, una piccola protuberanza marrone di terra che si innalza nel verde del tappeto del prato e pensavo con quale perizia le formiche operaie mantengono la corretta pendenza e angolazione la formicaio, anche nella parte che fuoriesce dal terreno per sfruttare la massima quantità di luce solare, che poi vuole dire calore, che serve alle piccole formiche nel via vai quotidiano nel formicaio per fare loro stesse dei piccoli radiatori. Da li pensiamo alle api che in estate con le ali raffreddano l’interno dell’apiario per mantenere l’ambiante fresco e non danneggiare il prezioso miele, pare che a questo scopo vengano demandati i fuchi, i maschi, che forse non sono del tutto inutili. Il nido delle vespe appeso ad un ramo ha una forma sferica perfetta e anche il suo ingresso è di bella fattura. Poi penso alle termiti, dei paesi tropicali capaci di scavare gallerie lunghe fino a quaranta metri, che riportato su scala umana solo circa nove chilometri! I piccoli animali ed insetti sono dei costruttori capaci di creare habitat perfetti per le loro varie esigenze. I materiali sono quelli che la natura offre loro: fili d’erba, rami, peli o piume, ma anche argilla, legno o addirittura molluschi! La formica australiana, detta tessitrice, dispone con le sue compagne le foglie in un certo modo finché non combaciano, poi, mentre alcune con la forza delle mascelle le tengono ferme, altre le incollano con uno speciale liquido prodotto dalle ghiandole delle loro larve. Non da meno è un pennuto detto Tessitore di Bahia, in Asia meridionale che ha imparato ad usare il becco come ago, ed i maschi creano il nido con questo metodo e se hanno successo allora ci saranno più possibilità che una femmina lo scelga per la riproduzione. Diverso è il passero repubblicano nell’africa australe che vive in grandi colonie fino a 300 esemplari per tenere lontani i principali predatori, come i serpenti. In questo periodo leggo molti romanzi di fantascienza di Jules Verne, e poi molte delle sue intuizioni oggi sono realtà quotidiana. Molti animali hanno ispirato delle invenzioni ad esempio il Martin Pescatore che ha ispirato la realizzazione di un treno ad alta velocità in Giappone, lo Shinkansen. Per ovviare al forte inquinamento acustico del terreno che viaggia 300 km/h gli ingegneri, allora, si sono ispirati a questo uccello, il Martin Pescatore, infatti, con il suo becco allungato, può muoversi nell’aria e nell’acqua per cercare le proprie prede, schizzando il meno possibile ed emettendo meno suoni possibili. Gli esseri umani studiando le dita dei gechi si sono accorti che la loro conformazione rende questi piccoli rettili degli arrampicatori straordinari, creando cosi dei materiali per l’arrampicata sui vetri, invenzione molto utile a tutte quelle persone che quando si scusano si arrampicano sui vetri! E per favore non dite a nessuno che è una Balena! Ma lo sapete che l’aerodinamica di questi mammiferi li rende nuotatori perfetti, perché hanno delle pinne più simili a delle ali, caratterizzate da delle protuberanze chiamati tubercoli, hanno attratto l’attenzione degli ingegneri, per realizzare delle turbine eoliche, innovative, sono dentate, più silenziose ed efficienti delle pale lisce. Anche lo squalo è un eccellente nuotatore grazie alle piccole scanalature sulla pelle che riducono la resistenza dell’acqua, quando nuotano e per questo la NASA ispiratasi a questi pesci ha realizzato un tipo di materiale usato per navi, aerei e adesso pare anche per costumi da bagno ed uno ascellare non mi dispiacerebbe averlo. Parlando d’acqua in altro contesto studiano lo scarabeo del deserto della Namibia hanno scoperto che il coleottero conserva l’acqua, condensandola in gocce nel suo guscio per poi dirigerla nella sua testa e poterla bere. Da questa sua caratteristica che gli ingegneri hanno escogitato un sistema per raffreddare e pulire dalle tossine l’acqua. I pannelli solari di nuove generazione sono nati osservando le ali della farfalla nera, che ha delle cellule in grado di assorbire la luce del solare in qualsiasi angolazione e con migliore resa. Si potrebbe parlare dei ragni e la loro ragnatela che pare molto resistenti e riflettenti ai raggi dando modo di progettare un tipo di vetro che sia visibile agli occhi degli uccelli per evitare che si schiantino addosso alle finestre, facendosi male e danneggiando il vetro. Ecco l’uso corretto della scienza che sta non nel conquistare la natura, ma nel vivere in essa. Questa è la nostra amata terra, amiamo queste meraviglie naturali, custodiamo le risorse naturali, custodiamo la storia e il romanticismo come patrimonio sacro, per i nostri figli ed i figli dei nostri figli. Non lasciamo che gli egoisti o gli avidi interessi spoglino la nostra amata terra della sua bellezza, delle sue ricchezze o del suo fascino.
Favria,  9.08.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana preferisco camminare sempre sulla strada giusta, anche se era stretta, perché in quella larga, ci sanno camminare tutti. Felice martedì.

In Estate prima di partire ricordati di donare sangue.

Dopo l’emergenza sangue che c’è stata durante la pandemia, anche l’estate, complice l’inizio delle ferie, può essere motivo di un rallentamento delle donazioni. Il sangue è la base e carburante del sistema sanitario e non è riproducibile artificialmente. Chiedo a tutti i donatori o chi non ha mai donato e gode di buone condizioni di salute, peso superiore ai kg 50 età compresa tra 18/60 anni  di venire a donare. Fatelo in Estate c’è ne ancora più bisogno.

Rinnovo l’invito a tutti coloro che possono donare a farlo prima di partire per le vacanze perché  le malattie non vanno mai in ferie.

Prossima donazione a Favria giovedì  18 AGOSTO.

Per  informazioni o prenotare Cell.  3331714827-

grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio.

Favria, 10.08.2022   Giorgio Cortese

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a FAVRIA  prelievo straordinario GIOVEDI’ 18 AGOSTO  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Rugiada del mare.

La pianta di rosmarino (rosmarinus officinalis) è nota da sempre come pianta odorosa ed aromatica ma anche per le notevoli proprietà medicinali. Appartenente alla famiglia delle Lamiaceae il Rosmarino è comunissimo allo stato spontaneo lungo tutte le coste del Mediterraneo e anche sui pendii asciutti e assolati delle nostre regioni meridionali. E’ un arbusto con foglie sempreverdi alto da alcune decine di centimetri fino a due, tre metri; il fusto, eretto o spesso sdraiato alla base è molto ramificato. Le foglie sono coriacee, persistenti e riunite nei rametti giovani ed inserite a due a due nei nodi. I fiori sono riuniti in gruppetti all’ascella delle foglie superiori; la corolla è azzurra, tubulare. Il frutto è composto da quattro acheni ovoidali con la superficie liscia, di colore bruno e racchiusi al fondo del calice. Non regge al forte gelo, soprattutto in zone dove sono frequenti le nebbie oppure dove il terreno è poco permeabile all’acqua. Il nome latino rosmarinus potrebbe derivare dall’associazione delle parole ros e maris, con il significato di “rugiada del mare”: in riferimento al colore lilla-indaco dei fiori che ricorda il colore del mare, ma un’altra tesi lo farebbe provenire dal greco rops, arbusto e myrinos, odoroso. I popoli antichi consideravano il rosmarino, rosmarinus officinalis, una pianta eccezionale per doti aromatiche e terapeutiche. Presso gli Egizi veniva considerato un elemento magico, i cui rametti erano in grado di procurare l’immortalità perché pur recisi si mantenevano freschi nel tempo. I Romani fecero del rosmarino il simbolo della morte e dell’amore. In onore degli dei ne bruciavano i rametti per purificare l’aria durante i sacrifici, e Orazio consigliava: “Se vuoi guadagnarti la stima dei defunti, porta loro corone di rosmarino e di mirto”.

Pianta dedicata a Venere, era ritenuto un afrodisiaco che se preso in dosi massicce poteva provocare l’aborto. Le sue proprietà corroboranti trovavano applicazione sia nel “vino al rosmarino”, sia nel cosiddetto “bagno di rosmarino”, quest’ultimo indicato per stimolare la circolazione sanguigna e rendere molto sensibile al tatto la pelle.

Fino al II sec. d.C. questa erba non era un ingrediente di cucina, poi Galeno ne identificò la virtù digestiva. Da allora il rosmarino iniziò quel percorso gastronomico che la portò a diventare quell’aroma italiano per eccellenza, che nelle calde giornate estive emana il suo aroma intenso e gradevole, trasportato dalle brezze marine. Nel XVII sec. alla corte di Francia divenne di gran moda una particolare preparazione detta “Acqua della Regina d’Ungheria”, fatta distillando due parti di fiori di rosmarino e tre di alcol. Si narra che nel XVII secolo, la regina Isabella d’Ungheria, settuagenaria e piena d’acciacchi, ritrovò, si dice, la salute e una seconda giovinezza grazie al rosmarino.

 Quest’acqua era considerata una panacea, re Luigi XIV la assumeva per curare la gotta, mentre Madame de Sévigné la portava in tasca per profumarsi la pelle. Dall’Ottocento, poco alla volta, l’Acqua della Regina venne sostituita da un’altra preparazione al rosmarino: l’Acqua di Colonia, che è di origine piemontese, ma questa la racconto un’altra volta. Il rosmarino verde tutto l’anno, mostra foglie all’apparenza aguzze ma in realtà morbide. E’ un’erba d’elezione nella nostra penisola e molto gradita anche nella Francia del sud, benché nelle cucine degli altri paesi del bacino mediterraneo non incontri lo stesso apprezzamento. Grazie al gusto intenso è adatta ad accompagnare pesce, carne e molte verdure. Non può mancare con le patate arrosto e viene spesso usata per spennellare d’olio la carne e il pesce cotto alla griglia. L’erba fresca ha un aroma più delicato rispetto a quella secca, e può essere usata anche in cottura. Nella medicina popolare il rosmarino è ideale: per uso interno a tonificare la memoria, per uso esterne, olio essenziale, a combattere dolori muscolari o reumatici.  Il mito sulla nascita di questa pianta lo troviamo narrato da Ovidio nelle “Metamorfosi”. La storia racconta  quando Venere, per vendicarsi di Apollo che l’aveva scoperta con Marte, lo fece innamorare pazzamente di una mortale, una principessa araba, Leucotoe, figlia del re di Persia Orcàme e di Eurinome. Apollo non ebbe più pace, bruciava di passione, ma la fanciulla non era mai sola, dovette quindi ricorrere ad uno stratagemma: si trasformò nella madre della fanciulla e riuscì così ad entrare nella stanza dove in compagnia delle ancelle Leucotoe stava tessendo. Con una scusa le fece uscire tutte e non appena rimase solo con lei diede sfogo alla sua passione. Ma Clizia, una ninfa innamorata di Apollo, per vendicarsi di essere stata respinta in seguito a quel nuovo amore, rivelò il segreto al padre della giovane, che non era affatto disposto a tollerare la cosa, e la condannò a morte, una morte atroce, per punirla della sua debolezza, e la fece seppellire viva. Apollo non aveva i poteri di riportarla in vita e fece l’unica cosa in suo potere, deviare i raggi del sole facendoli penetrare nella tomba perché Leucotoe potesse avere un po’ di luce. Sotto il calore del sole, le spoglie della infelice fanciulla si trasformarono lentamente in una pianta dal profumo intenso, dalle foglioline sottili e dai fiori viola azzurri. Da questa leggenda i greci e i romani coltivarono il rosmarino come simbolo dell’immortalità e i rami venivano messi nelle mani dei defunti e poi bruciati in sostituzione dell’incenso, soprattutto fra i poveri che non avevano la possibilità di acquistarlo. Infatti, nel Nord Europa, durante i funerali la tradizione voleva che il defunto fosse accompagnato al cimitero tenendo tra le mani un rametto di Rosmarino; in Italia, similmente, si ornava il capo del defunto con una corona composta da questa pianta, oltre che da Alloro e Mirto. 

Molte sono le leggende che hanno poi contribuito a far conoscere i diversi utilizzi di questa pianta come rimedio medicinale. Nella Francia del Sud ancora oggi c’è l’usanza di fumare i fiori di rosmarino con la pipa assieme a foglie di eucalipto per allontanare catarro e bronchiti, mentre le donne ne bruciavano gli aghi sulle stufe per facilitare la respirazione degli influenzati.  

L’altra leggenda ha invece origini cristiane. Un arbusto di Rosmarino che allora aveva i fiori bianchi, offrì riparo alla Vergine Maria durante la fuga in Egitto, nascondendo lei e Gesù nel groviglio dei suoi rami. E quando, passato il pericolo, Maria appese alla pianta il proprio manto, i fiori del rosmarino divennero azzurri.

Evviva il rosmarino,  un dono della terra profumato, odoroso e resistente.

Favria, 11.08.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Solo nel mio giardino, il mio cuore riposa, tra il rosmarino odoroso
e i petali di rosa. Felice giovedì

Cartoline da Favria.

Vi ricordate una volta durante l’estate che trovavamo nella buca della posta delle cartoline di luoghi di vacanza di parenti, amici e vicini di casa, era l’estate al tempo delle cartoline, prima dell’avvento di internet.

Ricordate quando allora si andava in viaggio e si mandava un pensiero a chi era rimasto a casa?Mi ricordo che, quando da bambino andavo al mare a S. Bartolomeo al Mare in Liguria, una delle prime azioni che si compivano dopo aver preso possesso della stanza della pensione ed esserci rinfrescati dal lungo viaggio in treno, che durava da Torino parecchie ore, si andava in passeggiata e si compravano le cartoline, un buon numero di francobolli e mia mamma  estraeva il foglietto con la lista degli indirizzi.

Queste cartoline, spesso poi  venivano scritte qualche giorno  prima di partire.

La sorpresa era poi trovare, tornando a casa di sapere chi ci avesse scritto, mia nonna le metteva in bella mostra sul mobile all’ingresso, e la prima cosa che facevo, appena ritornato a casa era di andarle  a vedere.

Pensate al percorso che hanno compiuto e compiono ancora oggi le poche cartoline che arrivano.

Ne ho travate diverse in casa, un vecchio francobollo, poche parole scritte con riguardo, una firma vergata con la stilografica.

Immagino quelle che spedivamo noi, un destinatario stupefatto, magari un signore con dei bei baffi, che se ne stava seduto in poltrona a leggere il giornale e poi entra la moglie che ha aperto la buca della posta, entrava e consegnava la cartolina, nel frattempo la moglie chiamava i figli e tutti curiosi accorrevano a guardare e ognuno vuole  rendere in mano la cartolina.

Mi immagino, la madre che con voce ferma dice a tutti di stare buoni, perché volevano mica sciuparla.

Erano scene di vita quotidiana, che sembrano lontanissime e che invece sono di un decennio addietro, ecco cosa succedeva  al tempo delle cartoline.

Oggi le persone quando sono in viaggio e non solo ci inondando con foto in tempo reale, grazie ai  social network e a Whatsapp, e non ci allontaniamo mai veramente  dalle persone che non partono con noi.. I tempi accelerano e le distanze si annullano, tutto in pochi secondi.

Una volta, e anche adesso, spedire una cartolina, voleva dire impiegare del tempo nella scelta dell’immagine che ci piace e che sia gradita a chi la riceverà, nella scrittura anche di una sola frase, dell’indirizzo del destinatario, nella ricerca di un francobollo e di una cassetta postale in cui imbucarla, era ed è ancora un modo di dare più attenzione agli amici, anche da lontano.

Spedire una cartolina significa donare una parte del tempo del viaggio, che spesso coincide con quello della vacanza, a chi non è con noi; quindi è molto di più che regalare una foto, per di più scattata da qualcun altro e a volte con grafiche totalmente kitsch. Un altro valore aggiunto della cartolina è poi quello che potrebbe apparire un suo difetto: la non istantaneità del messaggio, e molte cartoline giungevano  dopo che noi eravamo arrivati.

Adesso, nell’epoca delle immagini digitali, le cartoline sono passate di moda. Che peccato, vero?

Tra i miei amici ci sono alcuni viaggiatori, era bello sapere che anche dall’altro capo del mondo si ricordavano di me. Forse la mia è una delle ultime generazioni che ha avuto la fortuna di poter collezionare le cartoline, molti di noi hanno una grande scatola che trabocca di spiagge e monumenti, di capitali europee e di tramonti. Anche voi ne possedete una, vero? Eh, ma noi certo non provavamo stupore nel ricevere una cartolina, i nostri occhi sono da tempo abituati allo skyline di Manhattan e a paesaggi tropicali, li abbiamo già veduti, pur non essendoci mai stati. Ma un tempo? Come sarà stato trovarsi tra le mani la fotografia di un luogo mai visto e magari tante volte immaginato? Che faccia avrà fatto il canavesano destinatario di questa immagine?

Ma posso lasciarvi così, senza farvi un adeguato saluto?

Saluti da Favria, saluti dal verde Canavese

Favria,  12.08.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita bisogna avere cuore per capire quello altrui. Felice venerdì.

Un caffè alla…menta!

Carissimi, sono stato invitato ad assaggiare a casa un concittadino favriese una vera delizia che personalmente non conoscevo.

Di cosa parlo? Del caffè alla menta, che pare sia molto rinomata a Padova, dove è conosciuto come caffè alla menta del Pedrocchi, o Pedrocchino, qui venne creato per la prima volta da un Maestro Caffettiere del Gran Caffè Pedrocchi con il desiderio di realizzare il perfetto equilibrio tra caffè, menta, panna e cacao amaro.

Beh noi non siamo arrivati a tanto, ma già assumere un caffè dove al posto dello zucchero mettiamo un goccio di estratto di menta, una vera libidine delle papille gustative, specialmente le mie poco abituate ad assumere sostanze dolci, in genere bevo il caffè amaro.

Chiacchierando davanti al caffè alla menta il discorso è caduto sulla pianta aromatica, la menta.

Il nome latino della menta è mentha, questo rimanda a un antico mito greco, narrato da Ovidio nelle metamorfosi.

Secondo questo mito, una ninfa d’acqua di nome Mentha, creatura di bellezza straordinaria, figlia del dio dei fiumi Cocito, avesse una relazione con Ade e che la moglie di questi, Persefone, travolta dalla gelosia usò i suoi poteri per trasformarla in una pianta insignificante e a bassa crescita, sottoposta al calpestio dei passanti. Ade nulla poté per annullare questa trasformazione, ma conferì alla pianta una straordinaria fragranza in modo che quando veniva calpestata, la sua vera bellezza potesse manifestarsi sotto forma di aroma.

Nell’antica Grecia la menta veniva usata nei rituali funebri insieme al rosmarino e ad altre erbe aromatiche. Quest’uso della menta nei funerali e l’associazione con la morte e l’aldilà avevano probabilmente ragioni pratiche, correlate al fatto che l’intenso aroma della pianta potesse coprire gli odori del corpo dei defunti. Gli antichi romani utilizzarono le proprietà detergenti e rinfrescanti della menta, che aggiungevano comunemente ai loro bagni oltre che per lavarsi i denti, aprendo la strada a un impiego ancora attuale. Gli antichi Greci e Romani l’apprezzavano quale stimolante dei piaceri amorosi.

Le spose, per essere gradite agli sposi, ne intrecciavano i fusti fioriti ed odorosi nelle corone nuziali.

Gli Assiro-babilonesi la impiegavano contro l’atonia gastrica, mentre gli egizi la usavano per trattare i problemi digestivi, ma anche nelle operazioni di imbalsamazione e mummificazione. Anche gli antichi rituali ebraici prevedevano di spargere foglie di menta sul pavimento della sinagoga, così che mentre le persone calpestavano le foglie, venisse rilasciata la fragranza della menta.

Dioscoride, Plinio e Galeno le attribuirono proprietà stimolanti dello stomaco, mentre Ippocrate la considerava una pianta anafrodisiaca.

Diversi testi riportano credenze secondo le quali i Latini vietavano il consumo di menta ai soldati, perché se resi schiavi del suo potere afrodisiaco avrebbero preferito impegnarsi nelle battaglie amorose anziché in quelle con il nemico. 

A conferma delle virtù stimolanti della pianta, presso alcuni popoli del Mediterraneo era tradizione la prima notte di nozze distribuire moltissime foglie di menta sul pavimento della camera da letto.

L’opinione che la pianta possedesse qualità corroboranti rimase tale fino al XVII sec. poi nell’Ottocento si affermò il convincimento che questa erbacea avesse solo la virtù di stimolare l’apparato digerente.

Attualmente si riconosce alla menta un’azione corroborante dello stomaco e del sistema nervoso centrale, se ne consiglia l’uso per curare l’alito cattivo e le infiammazioni delle mucose.

In erboristeria questo prodotto naturale trova grande considerazione per pozioni rigeneranti e bagni tonificanti.

Parlando dell’uso della menta in cucina possiamo ricordare che mentre Apicio, il famoso cuoco dell’antica Roma, l’apprezzava per insaporire piatti rustici e campagnoli.

Attualmente le sue foglie si utilizzano abbondantemente nelle regioni centro meridionali per aromatizzare paste, semifreddi, frutta e verdure stufate, in particolare melanzane e zucchine.

Nel Medioevo la menta  veniva  comunemente utilizzata come rimedio popolare per problemi gastrici, mal di testa e altri disturbi. In Cina applicavano l’olio essenziale di menta con un pennellino per calmare prontamente i dolori nevralgici della faccia.

Esistono numerose varietà di menta selvatiche e da giardino, tra quelle più usate in gastronomia spicca la menta piperita, nata in Inghilterra della peppermint, ibrido naturale nato attorno al Seicento, dal sapore molto forte adatto nelle preparazioni dolci e nelle bevande.

Alla fine dell’incontro possiamo dire che la vita è una bellissimo e interminabile viaggio alla ricerca della perfetta tazza di caffè.

Favria, 13.08.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana non si ricordano i giorni ma gli attimi. Felice sabato

Un fiore nato da una stella.

Il  gelsomino è una pianta originaria del Medio Oriente e dell’America meridionale, fiorisce a fine maggio, inizio giugno regalando un profumo straordinario.

Si tratta di un fiore conosciuto sin dai tempi più antichi da molti popoli, tanto che per gli arabi era il simbolo dell’Amore divino. Racchiude significati positivi che variano a seconda del colore: il bianco vuol dire amabilità; quello giallo felicità; il rosso significa che si desidera la persona alla quale si dona. Inoltre il gelsomino è legato anche alla sessualità e ai disturbi della mente, tanto che i Persiani producevano un olio dall’estratto dei suoi petali e lo offrivano agli invitati durante il banchetto. Secondo la tradizione aveva tra le qualità benefiche quella di alleviare i dolori del parto.

La nascita del gelsomino è legata alla mitologia araba in cui si narra la vita di Kitza, la madre delle stelle, che nel suo palazzo preparava gli abiti d’oro per le figlie. Alcune di queste iniziarono a protestare perché le vesti non erano all’altezza del loro splendore. Il loro chiasso disturbò Micar, il re dello spazio, che per punirle le cacciò dal firmamento strappando i loro abiti. La madre, spaventata che queste venissero calpestate dagli uomini, chiese aiuto a Bersto, la signora dei giardini, che le trasformò in fiori profumatissimi. l primo a coltivarlo in Italia fu Cosimo I de Medici, che però ne proibì la diffusione fuori dai giardini granducali.  Secondo una leggenda, un giovane giardiniere rubò una pianta e la regalò alla sua fidanzata, che la mise in terra e la accudì con tanto amore. La pianta crebbe e fece tanti fiori meravigliosi. I due fidanzati si sposarono e vissero felicemente. La storia vuole che, dal quel rametto di gelsomino, trafugato dalla residenza dei Medici, nacquero quasi tutte le piante di gelsomino presenti in Italia. Da allora in Toscana, la tradizione vuole che le spose aggiungano un rametto di gelsomino al bouquet di nozze, in memoria della fortuna della ragazza vissuta al tempo dei Medici e come segno di buona fortuna e prosperità. Altra leggenda è quella di una giovane nomade araba di nome Jasmine, che si copriva il volto per proteggere la candida pelle dal sole. Un giorno, arrivò un principe da un ricco paese lontano e la chiese in sposa. Il padre della giovane acconsentì ed arrivarono schiavi e servi per scortarla all’harem. Anche nel palazzo più bello del mondo, Jasmine sapeva che non poteva vivere rinchiusa e mostrò il suo dolce viso al sole. Il sole rimase abbagliato dalla sua bellezza ed esaudì il suo desiderio, trasformandola in un gelsomino, che nasce libero nei luoghi più luminosi del mondo.  La specie più conosciuta è lo Jasminum officinale che ha come caratteristica la presenza di cinque petali. Il numero cinque, nella tradizione orientale è molto significativo poiché rappresenta la Grande Madre che ha assunto vari nomi a seconda delle civiltà diventando Afrodite per i greci o Ishtar per i babilonesi. È un fiore caro alla città di Damasco, chiamata anche la città dei gelsomini. La pianta non richiede molta attenzione e cresce rapidamente. Essendo una specie rampicante ha comunque bisogno di un sostegno per crescere, come pergolati o semplici fili metallici. Il gelsomino ama le zone di calore, anche se non dirette, e nonostante cresca in luoghi con inverni rigidi e temperature al di sotto dei 10°C, non ama le correnti fredde. Per crescere ha bisogno di un terreno costantemente umido, soprattutto nel periodo estivo.

Favria, 14.08.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno ricordiamoci di guardare le stelle ai nostri piedi. Per quanto difficile possa essere la nostra vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare e in cui possiamo riuscire. Felice domenica 

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a FAVRIA  prelievo straordinario GIOVEDI’ 18 AGOSTO  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Ferragosto!

Ferragosto è il Capodanno del tempo libero. Il rito di mezza estate che sospende le attività lavorative per celebrare il momento del riposo. Il meritato break al quale la maggior parte degli Italiani quest’anno è arrivata stremata, stressata e surriscaldata. Perché quando la crisi batte, il lavoratore combatte. E il parlamentare dibatte, complice la crisi di governo che ha ridotto le ferie dei deputati all’osso. In ogni caso, il 15 di Agosto la chiusura di aule e fabbriche è garantita da una lunga consuetudine. Ma anche dal codice. Infatti, la sospensione del lavoro non è una semplice licenza, una regalia, una concessione, ma un diritto sancito dalla nostra Costituzione, che all’Articolo 36 recita “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Un anno dopo, nel 1948, lo stesso concetto viene inserito nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Dove all’Articolo 24 è scritto che “ogni individuo ha diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite”. Magari fosse sempre vero. Di persone che faticano a testa bassa, senza ricevere il giusto corrispettivo, è pieno il mondo. Ne sanno qualcosa i nostri precari. Ma metterlo nero su bianco negli ordinamenti giuridici è pur sempre un passo fondamentale per indicare una via auspicabile, seppur non immediatamente attuabile. Anche perché si tratta di un principio di equità strettamente legato al concetto stesso di democrazia fin dalle origini. Vale a dire nel V secolo a. C., quando Pericle, il capo del partito democratico di Atene, inventa di fatto il diritto al riposo. In uno dei suoi celebri discorsi l’illuminato stratega dice espressamente che compito delle istituzioni è “creare un gran numero di momenti di riposo per ricreare lo spirito” dei cittadini. Insomma, per evitare la saturazione, oggi la chiameremmo “burn out”, i lavoratori dovevano di tanto in tanto staccare la spina. Erano esclusi però tutti coloro che non beneficiavano della cittadinanza, schiavi, servi, stranieri. Come dire una umanità di serie B, che faceva funzionare il sistema, dovendosi accontentare delle briciole. Il che, fatte le debite proporzioni, è esattamente quel che accade anche a molti, troppi lavoratori nell’Italia di oggi. Che saltano da un contratto all’altro rimanendo sistematicamente senza stipendio nei periodi di vacanza. Paradossalmente è quel che accade negli USA persino ad una categoria tutelata come quella dei professori universitari, che nei mesi estivi si autofinanziano, per ritrovare lo stipendio ad attenderli solo alla ripresa dei corsi. A riprova del fatto che nulla, in fatto di diritti, va mai dato per scontato. I primi lavoratori europei ad ottenere il diritto alle ferie remunerate sono stati i bancari del Regno Unito, che con il Bank Holiday Act del 1871, si vedono riconosciuti alcuni giorni di riposo al di fuori delle feste comandate dalla Chiesa o dalla Nazione. Ma la vera rivoluzione la compie nel 1936 l’Assemblea francese, votando una legge che prevede quindici giorni di vacanze pagate per tutti. L’anno successivo, approfittando dei biglietti ferroviari appositamente scontati, a partire per le vacanze è oltre un milione di francesi. Solo nel 1947, con il varo della nostra carta costituzionale, questa conquista civile tocca anche a noi. E alcuni giorni vengono destinati alla festa dell’Assunta, che è l’erede cristiana di un’antica festa pagana, le Feriae Augustae, da cui la parola Ferragosto. Erano le cerimonie che si celebravano a Roma in onore dell’imperatore Augusto e solennizzavano il giro di boa dell’anno agrario. Niente lavoro e tutti a far bisboccia fuori porta. Un accapo del calendario celebrato con abbuffate e scampagnate, processioni e indigestioni, balli e sballi. Né più e né meno di quello che facciamo oggi. Con la differenza che allora si celebrava il dux, l’uomo solo al comando. Oggi si festeggia la Madonna per chi ha fede. E la democrazia per chi ancora ci crede.

Favria, 15.08.2022 Giorgio Cortese

Buona giornata. Auguri per un Ferragosto pieno di stelle cadenti in ritardo e qualche sogno che diventa realtà! Vi auguro una serena giornata e una bella serata. Felice lunedì.

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a FAVRIA  prelievo straordinario GIOVEDI’ 18 AGOSTO  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Quando doni…

Quando doni il sangue doni un altro compleanno ad una persona, doni un altro giorno da vivere, doni un altro giorno da sognare, doni un’altra  risata, un’ altra possibilità, doni la vita, GRAZIE DEL DONO. FAVRIA  prelievo straordinario GIOVEDI’ 18 AGOSTO  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te!

Favria, 16.08.2022  Giorgio Cortese

Buona giornata. Se nella vita non ci fosse la speranza il cuore si spezzerebbe. Felice martedì.

Portunalia

Portuno, in latino Portunus, era il dio romano, considerato il protettore delle porte e dei porti. Questo dio veniva celebrato a Roma, ed era uno dei dodici flamini, il flamine portuale. Seguendo l’etimologia, il nome Portuno deriverebbe dal latino porta’ e a sua volta dalla radice indoeuropea protu. Veniva festeggiato il 17 agosto e la sua festa era chiamata Portunalia. Il suo tempio si trovava presso il Ponte Emilio. L’indicazione si trova anche in alcuni antichi calendari romani. Ci sono diverse ricostruzioni circa cosa avvenisse durante la tradizione e la festa di Portuno: secondo alcuni si gettavano delle chiavi nel fuoco, invece secondo altre fonti si compiva una sorta di sacrificio di espiazione. I moderni studi su questo dio romano hanno individuato che nell’iconografia classica veniva rappresentato con le chiavi in mano. Non a caso, e per il fatto che fosse dio delle porte, alcuni studiosi hanno azzardato una sorta di corrispondenza fra Giano e Portuno. Secondo altri studiosi, Portuno era il protettore delle entrate, e solo secondariamente dio delle porte. Non solo: era anche dio della navigazione, posta la correlazione fra il porto fluviale e la porta come entrata. Inizialmente, secondo la tesi di alcuni studiosi, egli sarebbe stato il dio dei guadi, e come tale sarebbe derivato dall’abitudine degli antichi latini che vivevano su palafitte. Nell’Eneide, Portuno viene invocato da Cloanto durante la gara delle navi e il dio risponde spingendo la nave in avanti. Durante il processo di reinterpretazione delle divinità romane sulla base della mitologia greca, il dio Portuno fu identificato con Palemone, anch’egli protettore dei porti, assorbendone anche i miti, cosicché a Portuno fu attribuita come madre la dea  Mater Matuta,  che a sua volta era stata assimilata a Leuctea,  la madre di Palemone. Il mito greco racconta che la dea Era, Giunone per gli antichi romani, come punizione di aver accolto e allevato Dionisio, figlio illegittimo di Zeus avuto da Semele, sorella di Ino, fece impazzire i due coniugi, Atamante ed Ino, facendo sì che il padre uccidesse Leandro, sfracellandolo sulle rocce, e che la madre uccidesse Melicerte, gettandolo in un calderone bollente. La madre, rinsavita, raccolse il cadavere del figlio e si gettò con lui in mare, secondo la leggenda, dalla roccia molare di Megara. Afrodite però, prova pietà per Melicerte, suo pronipote, così prega Poseidone di salvarli. Il dio del mare toglie a loro le scorie mortali ma, cambiandoli però nome ed aspetto, li fa esistere come divinità marine. Così la madre Ino divenne Leucotea e Melicerte divenne Palemone. Melicerte per i latini divenne Portuno; divinità che protegge i naviganti. Secondo altre fonti il corpo esanime di Melicerte fu portato da un delfino fino all’istmo di Corinto e depositato sotto un pino. Qui fu trovato da suo zio Sisifo ed in seguito per ordine delle Nereidi istituì i Giochi istmici e dei sacrifici in suo onore. Palemone è anche il nome di più di un eroe della mitologia greca: oltre a un figlio di  Ercole e a uno degli Argonauti.

Favria, 17.08.2022   Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana tutti noi abbiamo una riserva inaspettata di forza dentro che emerge quando la vita ci mette alla prova. Felice mercoledì

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a FAVRIA  prelievo straordinario GIOVEDI’ 18 AGOSTO  2022, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio