Much Ado About Nothing: “Molto Rumore per nulla” – Le parole insegnano, gli esempi trascinano di Giorgio Cortese

Much Ado About Nothing: “Molto Rumore per nulla”
Già il titolo della commedia di Shakespeare allude a doppi sensi, già le parole dall’uguale suono ma dal significato diverso che purtroppo nen sono più presenti, oggigiorno, nella lingua inglese Nothing, Niente e Notino, Annotare, sottolinea nel corso della commedia delle sfumature che generano doppi sensi del molto rumore generato per nessun motivo, l’’adulterio di Ero non è infatti mai avvenuto, ma anche di molto rumore causato da maldicenze, spionaggi, confidenze sibilline, parole simili ci sono anche in italiano come “bòtte”, percosse o “botte” ecipeinte per liquidi, oppure “pòrta”, uscio, oppure “porta” dal verbo portare. Un’annotazione del libro dove ho recentemente letto la commedia, con frontespizio in lingua originale, dice che il titolo della commedia allude all’espressione vittoriana “ ‘n O-thing”, una cosa a forma di O che lascio immaginare a che cosa vuole alludere. La commedia si svolge si svolge a casa di Leonato, governatore di Messina, dove arrivano il principe Pedro d’Aragona seguito dal fratello Claudio, accolti dal padrone di casa, dalla figlia Ero, dalla nipote Benedetta e da Benedetto amico di Claudio. La vicenda si svolge tra schermaglie amorose tra le due coppie di ragazzi e trame per vendette di torti subiti, con i personaggi caratteristici del teatro shakesperiano e il lieto fine per gli innamorati. La commedia si ispira ad una novella scritta da Matteo Bandello ambientata al tempo dei Vespri siciliani e introducendo direttamente tra i personaggi la figura storica del re Pietro III di Aragona, chiamato dai siciliani per sbarazzarsi degli angioini. Come la maggior parte delle commedie shakesperiane Much Ado About Nothig sviluppa due vicende parallele. La vicenda principale, quella di Hero e Claudio, passa in parte in secondo piano davanti a quella di Beatrice e Benedick che non è altro che un pretesto per una serie di dialoghi brillanti e arguti. Alla base della vicenda c’è l’uso della parola e dei bisticci verbali. Leggendo la commedia mi viene da pensare che nella vita quotidiana devo essere sempre pronto a qualsiasi inconveniente e non mi devo mai fare cogliere di sorpresa. Gli eventi che incontro devo affrontarli a viso aperto, con umile coraggio, senza farmi travolgere il meno possibile dalle emozioni, come fa Claudio, ma soprattutto devo capire di volta in volta se si tratta di un vero problema o se è solo molto rumore per nulla. E soprattutto nella vita si devono evitare dei personaggi come Don John, il fratellastro di don Pedro, che chiamarlo canaglia è poco, e che vive per fare del male al suo prossimo e gode di ciò. L’intera commedia è sapientemente costruita su questo gioco, che si estende perfino al suo titolo: “Molto rumore per nulla” il quale suggerisce che si tratta di un puro e semplice divertimento, senza significati riposti e senza conseguenze. Molto rumore, molte parole per non dire, per non approdare a nulla, un po’ come l’attuale politica italiana ad ogni livello. Favria, 24.11.2014 Giorgio Cortese

E’ inutile cercare la felicità nelle grandi cose, la trovo solo nelle cose semplici.

Le parole insegnano, gli esempi trascinano
Oggigiorno è sempre più raro vedere delle persone che danno l’esempio, ma personalmente sono convinto che per educare bisogna saper dare l’esempio. L’esempio deve essere l’ossatura di ogni discorso che riguarda il comportamento con i miei simili. Mi ricordo di un mio vecchio professore che ogni tanto ripeteva: “«verba docent, exempla trahunt”. Certo l’incitazione a far bene ogni cosa, a comportarsi bene, a essere d’esempio agli altri era insistente una volta e questo leit motiv ci entrava nella mente, nel sangue oserei dire, spingendo a un comportamento virtuoso che era spesso contagioso. Ma se guardiamo la televisione, tutti parlano, tutti danno la colpa agli altri, tutti si criticano sovrapponendosi, in una babele di chiacchiere dalle quali non esce mai una proposta concreta. Penso che si debba iniziare a dare il buon esempio. Molte volte sento dire che tutti “dobbiamo” dare il buon esempio e che tocca a tutti, ma principalmente alla classe più alta, ai politici, ai vertici dello Stato e da loro si estenderà fino all’ultimo dei cittadini. Tutti vorremmo sperare nella fine di questo stato di cose in cui tutto è permesso, tutto è giustificato e dove si trova sempre la scappatoia per giustificare comportamenti riprovevoli. I doveri sembrano essere scomparsi: questa è l’epoca dei diritti, del relativismo dove se una cosa mi piace, la posso fare perché è mio diritto, a nulla valendo le leggi civili e tanto meno quelle morali. La giustizia e la rettitudine però non sono state cancellate dal cuore degli uomini di buona volontà, e sono tanti, che hanno solo bisogno di essere incoraggiati, di ricevere, appunto, il buon esempio. Ma se è giusto pretendere dagli amministratori della «res publica» comportamenti specchiati, anche sul piano della condotta privata, non si deve aspettare che siano costoro a manifestare l’auspicata inversione di tendenza. Sarebbe un alibi inaccettabile per ogni retta coscienza. Ognuno di noi deve cercare, negli ambienti in cui vive e opera, di essere esempio, e così il bene diviene “contagioso Favria, 25.11.2014 Giorgio Cortese