NOVEMBER – Ognissanti! – Carne viva! di Giorgio Cortese

NOVEMBER

Nella notte di halloween, la maschera migliore da indossare dovrebbe essere finalmente la nostra vera faccia.

Per certi politici Halloween ed è il momento giusto per tirare fuori tutti gli scheletri dall’armadio.
Ognissanti!
Siamo giunti ormai nel mese di Novembre, un mese fatto di nebbia e brina, che inizia con la festa di Ognissanti e prosegue il giorno successivo con la commemorazione dei defunti, questa atmosfera mi suggerisce la frase di Marcel Proust, mi pare che si trovi nel “Tempo ritrovato”: “Un libro è come un grande cimitero dove, sulla maggior parte delle tombe, non si possono leggere più i nomi cancellati.”Questa immagine è forse molto energica, le pagine dei libri sono come cimiteri che hanno tombe con epigrafi stinte perché un’ampia porzione delle idee, dei dati, dei materiali appartiene a chi ci ha preceduto nella ricerca. Novembre inizia appunto, con Ognissanti e il giorno dei morti, due ricorrenze che la memoria riporta al cimitero con quei vialetti ordinati, con forti profumi di fiori, la pesantezza delle foglie bagnate sulla terra umida. Il rumore dei sassolini sotto le suole delle scarpe. E purtroppo tanti ricordi, mescolati con qualche rimorso: l’immagine indelebile delle tante persona che ho amato, con tutto me stesso e che ho accompagnato con dolore, alla loro ultima eterna destinazione terrena. Ho 48 anni, quando entro nei cimiteri, mi tornano in mente tanti, forse troppi, momenti di tristezza. Mi fermo, come paralizzato. Le testimonianze del passato riemergono. Non passa funerale in cui io non provo queste sensazioni. La mia frenesia esistenziale, di cui sono un po’ schiavo, si placa, si ferma. Mi coglie una strana e malinconica serenità, un’irreale tranquillità. Ed é allora, che mi viene voglia di immaginare i visi, le voci e gli sguardi di chi non c’é più. Il tempo, per un po’, si ferma, volando sopra la mia testa; come fanno le nuvole, nel bellissimo cielo azzurro autunnale.Mi vengono in mente altri pensieri personali, perdonatemi per il tema veramente plumbeo e per le riflessioni: qualcuno le troverà comuni e banali. I ricordi mi assalgono, sarà la suggestione del luogo: avrei voglia di restare solo in meditazione davanti alla tomba dei miei cari, con i miei discorsi immaginari. Gli altri, i parenti e conoscenti che trovi e saluto, li sento di troppo. Ma non sarebbe altrettanto giusto scappare, non esserci nel giorno dedicato dalla mia cultura, dalla mia società, al suo stato d’essere. E sono combattuto: andare o non andare? Partecipare al rito collettivo, immerso in tanti colori di petali e circondato da tanti cappotti nuovi, o fare, come faccio spesso, una visita silenziosa, quasi cercando di rendermi completamente invisibile? Come un fantasma, che si muove tra i morti. Il dolore di una scomparsa é una cosa personale. Onorare la memoria dei morti la sento come un forte dovere morale. Qui sorge il grande dilemma! Alla fine, come ogni anno, cedo; entro nel cimitero, sapendo che la mia presenza, la mia testimonianza d’affetto, sicuramente, farebbe piacere a miei cari defunti. Penso alla loro memoria e non al mio banale disagio.
E un altro giorno dei morti, passa; in mezzo alla solita e distratta confusione dei vivi.
Favria, 1.11.2014 Giorgio

Carne viva!
Ho letto recentemente la frase di un pensatore francese da me poco conosciuto del Seicento, Pierre Nicole: “Non è l’ingiustizia in sé che ci ferisce ma è piuttosto l’esserne l’oggetto”. Trovo questa frase che rispecchia bene quante parole, ogni giorno, sono dette e scritte, predicate e urlate, sul tema della giustizia e delle sue violazioni. Ma tutto questo nobile sdegno alla fine corre il rischio di diventare solo enfasi ed ipocrisa. Ma quando mi sento, personalmente vittima di un’ingiustizia, sia pur minima, allora riesco a capire cosa significa il sopruso, l’abuso, l’iniquità. Quando mi toccano sulla carne viva la reazione diviene fiera. Allora penso che dovrei trasferire la passione con cui difendo i miei diritti che ritengo violarti anche quando le giustizie anche quando esse colpiscono gli altri. Il rigore morale costante e la coerenza sistematica sono la cartina di tornasole di una coscienza che mi permette di guardani ogni mattina allo specchio senza vergogna. L’eventuale offesa inflitta all’altro deve lasciare una traccia anche nel mio animo, proprio perché mi devo schierare per la giustizia in sé e non solo per quella che va a mio uso e consumo altrimenti sono della stessa forza dei quotidiani meschini, egoisti, prepotenti che continuano ad agire per l’ingiustizia ed il loro tornaconto.
Favria, 31.10.2014 Giorgio Cortese

Murì anzogna murì, per furtoina i n’han nent dicc an che dì. Morire bisogna morire, per fortuna non ci hanno detto in quale giorno

Cortese