Un "commesso
viaggiatore" del Vangelo. Ha parlato a tutti
Schierato dalla parte dei deboli. I giovani l'hanno amato moltissimo
Ha piegato il
mondo e il papato
Entrerà eretto nella Storia
Ha patito anche insuccessi e
sconfitte, ma lascia preziose eredità
di MARCO POLITI (La REPUBBLICA)
Papa Wojtyla che fa la
"ola" con un milione di giovani a Torvergata. Papa Wojtyla davanti al Muro del
Pianto. Papa Wojtyla con lo sguardo assorto nella Casa degli schiavi in Senegal. Papa
Wojtyla che abbraccia il rabbino Toaff nella Sinagoga di Roma, che medita silenzioso nella
Moschea di Damasco, che accarezza la tomba di Gandhi, che dà la parola agli indios del
Perù, che si affaccia al balcone con il dittatore Pinochet. Papa Wojtyla che incede pieno
di forza a Varsavia e che diventa muto in Slovacchia. Papa Wojtyla che scia, va in barca,
vola in ogni parte del mondo, papa Wojtyla rannicchiato dolorante nella sedia a rotelle.
Papa Wojtyla che ride, che fa ruotare il suo bastone, papa Wojtyla che ammonisce irato.
Mai nessun leader ha parlato
davanti a folle così numerose, mai nessun leader ha proiettato così incisivamente le sue
immagini nella mente e nei cuori della gente. Quando ancora non si parlava di
globalizzazione, il pontefice polacco ha intuito che il papato andava proiettato in una
dimensione planetaria. E lo ha fatto. Quanti aspirano alla successione dovranno misurarsi
con un'eredità pesante. Perché dopo un quarto di secolo wojtyliano nessuno potrà
limitarsi ad essere Papa in Vaticano, ma dovrà riuscire ad essere Papa dei cinque
continenti.
Però la vera natura di Karol
Wojtyla, la radice del suo agire si ritrova altrove. In fondo alla sua anima. Wojtyla è
stato profondamente mistico, basta vedere come pregava. Quando si raccoglieva in preghiera
dinanzi ad un immagine sacra - preferibilmente una Madonna, cui affidava la regalità e la
protezione di una nazione - si assisteva al suo immergersi negli abissi dello spirito.
Pregare per lui significava abbandonarsi totalmente, perdutamente, nelle braccia del
proprio Dio. Persino il viso si trasformava, si scarneficava, perdeva di consistenza e di
colore durante questo viaggio in una dimensione sconosciuta.
Nasceva da radici mistiche la
ferma convinzione di Wojtyla della sacralità della dignità umana. L'uomo, per lui, non
era solo immagine di Dio come la Bibbia insegna, ma anche "gloria di Dio".
Incomparabile, dunque. Da salvaguardare nella sua unicità, libertà e dignità. Il filo
rosso dell'azione politica di Wojtyla nella Polonia di Solidarnosc degli anni Ottanta come
nel mondo globalizzato del trapasso di millennio, il suo impegno per la pace, il suo grido
in difesa dei derelitti del pianeta sta lì, in quella convizione che l'uomo è
"gloria Dei".
Quando fu eletto, in quel 1978
passato alla storia come l' "anno dei tre papi", nessuno poteva immaginare
quello che ne sarebbe seguito. Il terremoto che ha rovesciato la cortina di ferro, ridato
libertà ai paesi dell'Est e condotto infine alla dissoluzione dell'Unione sovietica e del
sistema comunista. Eppure, al di là di questo grandioso rivolgimento geo-politico, sono
altre le tracce che ha lasciato nella storia della Chiesa cattolica. In un'epoca segnata
dal "pensiero debole", dalla critica permanente e dalla relativizzazione
inesorabile di costumi e valori
E proprio dinanzi all'esplodere
del fondamentalismo religioso Karol Wojtyla ha insistito che l'autentica fede in Dio
contrasta radicalemente con l'abuso del nome di Dio che si manifesta nel terrorismo di
matrice integralista. Invocare Dio per portare la morte e la guerra, ha ripetuto
instancabilmente, è un peccato e una bestemmia. Con questa impostazione egli si è
sforzato di abbattere barriere secolari di odio e di competizione tra le fedi, auspicando
invece che nella comune adorazione del Divino gli uomini di religione trovassero motivi di
collaborazione per la pace, la giustizia, il riscatto dell'uomo.
Quando cominciò a viaggiare
freneticamente, c'era chi ironizzava su questo commesso viaggiatore del vangelo, quasi che
il narcisismo del comunicatore gli avesse preso
In venticinque anni ha trasformato
radicalmente la percezione del papato agli occhi del mondo. Con lui il romano pontefice ha
cessato di essere unicamente il capo dei cattolici o tutt'al più un importante leader
cristiano. Wojtyla è riuscito ad essere considerato ovunque come il portavoce dei diritti
umani al di là di ogni frontiera culturale, religiosa, socio-economica. Il primate
anglicano che gli bacia commosso l'anello, i leader musulmani che lo accompagnano
deferenti in moschea, i capi delle comunità ebraiche con cui si è incontrato in ogni
nazione, le folle di ogni religione o anche di non-credenti che sono accorse per
ascoltarlo in tanti luoghi, hanno testimoniato la sua capacità di rappresentare le
rivendicazioni fondamentali di milioni di uomini e donne del pianeta. Dovunque è apparso,
è risuonato l'appello alla dignità dell'essere umano, l'esortazione a prendersi a cuore
la sorte dei più indifesi, degli emarginati, di quanti sono schiacciati dalla logica del
profitto, i bambini, gli ammalati, gli handicappati, gli anziani, i poveri, i disoccupati,
gli immigrati, i rifugiati, le masse diseredate del sud del mondo. Non è un caso se i
giovani hanno sempre risposto con slancio emotivo ai suoi appelli.
Riecheggia ancora il grido
lanciato a Denver alla giornata mondiale della gioventù: "Non abbiate paura di
andare per le strade, nelle piazze di città e villaggi. Non è tempo di vergognarsi del
Vangelo. Non abbiate paura di rompere con i comodi modi di vivere. Giovani cattolici del
mondo, non deludete Cristo, nelle vostre mani portate la croce, sulle vostre labbra
portate le parole di vita!".
Portare parole di vita, così ha
concepito la sua missione.
In questa parabola straordinaria sono presenti anche insuccessi e sconfitte. Sarebbe
ingenuo non vederli. La sua lotta senza quartiere contro la teologia della liberazione in
America latina ha aperto la strada alla penetrazione delle sette fondamentaliste
protestanti, la sua repressione di ogni forma di teologia critica ha impedito il maturare
di nuovi approcci nel rapporto tra fede e mondo moderno, il suo condannare ossessivamente
divorzio e contraccezione, il suo combattere le leggi sull'aborto o sulle coppie di fatto,
il suo accanirsi contro l'omosessualità sono stati silenziosamente bocciati da milioni di
cattolici in ogni parte del mondo. Il suo veto "per sempre" all'ordinazione
sacerdotale delle donne è apparso velleitario, il suo rifiuto assolutista a concedere la
comunione ai cattolici divorziati e risposati, crudele.
Eppure anche di questo navigare
controvento resta lo stimolo a non banalizzare eventi e fenomeni della società
contemporanea: si tratti della crisi della famiglia o dei rapporti sessuali,
dell'ingegneria genetica o dei valori che devono animare le relazioni economiche,
politiche e sociali. Dopo il crollo del Muro di Berlino ha intuito lucidamente i pericolo
dell'espandersi di un pensiero unico ispirato al liberalismo selvaggio e non a caso
proprio dalla Porta di Brandenburgo ha proclamato nel 1996 la necessità di contrastare
l'ideologia di un "capitalismo radicale", spietato e livellatore.
Come Napoleone al termine della
sua sfolgorante avventura lasciò la Francia con i confini di prima, Karol Wojtyla lascia
al successore alcuni nodi già presenti alla sua elezione al trono papale. La grave crisi
del clero, che non riuscirà mai più - se resta nelle forme attuali - a coprire i bisogni
di fedeli e parrocchie. E l'insostenibilità di un modello assolutistico
dell'organizzazione ecclesiastica che si riassume nell'onnipotenza decisionale del
papa-sovrano. Molti vescovi attendono l'ora di un decentramento e di una partecipazione
democratica al governo della Chiesa, che si riassume in gergo ecclesiastico nel termine di
"collegialità".
Al successore Karol Wojtyla lascia tuttavia due grandi regali. La disponibilità alla
revisione del ruolo stesso del papato, da ridiscutere con i leader delle altre Chiese
cristiane come dichiarò nell'enciclica Ut Unum Sint. E l'aver portato la Chiesa a
pronunciare un solenne mea culpa per gli errori e gli orrori commessi attraverso i secoli.
Così, fra le tante immagini,
rimarrà quella del vecchio pontefice che a passi incerti si avvia verso il Muro del
Pianto, il muro dell'antico tempio di Dio a Gerusalemme, per infilare fra le fessure la
sua confessione di colpa per l'antisemitismo cristiano. "Purificare la memoria"
- è stata una delle sue intuizioni - libera dai fardelli impuri del passato l'annuncio
del vangelo. Perché questo, alla fine, è stato il suo unico scopo. Perseguito anche
quando il procedere inesorabile della malattia gli avrebbe consigliato il riposo o le
dimissioni.
Ma Karol Wojtyla non è arretrato.
Piegato dal dolore che lo ha consumato negli ultimi anni della sua vita, entra eretto
nella storia.