Il più grande funerale della storia (tratto da lunita)
di Vincenzo Vasile
Per un laico la notizia più
toccante, unica sfuggita alle telecamere, è la stretta di mano a piazza san Pietro del
presidente israeliano Katsav al siriano Assad e all'iraniano Khatami. Per un credente è
quel coro «San-to, san-to, san-to» unito ai perentori striscioni - «santo subito» -
che riportano la Chiesa al Medioevo di un popolo che impone ai cardinali di piazzare sugli
altari già adesso il pontefice defunto, e di adeguarsi nel prossimo conclave.
Per lo storico è questo immenso
funerale planetario e televisivo (per paradosso qui, a Roma persino a tratti lieto, con i
12 applausi fuori cerimoniale all'omelia, i canti e i balli, le chitarre e i girotondi dei
papaboys a Tor Vergata e al Circo Massimo, mentre a Cracovia il rito di un milione di
fedeli era invece cupo e rattenuto): il più sconfinato omaggio mai visto a un morto,
adesso conservato nelle Grotte Vaticane con un velo di seta candida sul viso dentro a una
bara di austero cipresso, che abbiamo vista, segnata dalla «M» della Madonna, e
sormontata da un Vangelo dalla copertina di marocchino rosso, sfogliato dal vento.
Nastri
rossi. Ora, legata da nastri rossi, colore del lutto
papale, la salma sta in fondo alle Grotte vaticane tra la sepoltura di Paolo VI, e quella
di Benedetto XV, altro capo di Chiesa che maledisse la «inutile strage» delle guerre, e
- novità - vicino anche a due donne, Cristina di Svezia, e Carlotta di Cipro. Il corpo di
La cronaca della giornata è
racchiusa tra i rintocchi a martello di San Pietro alle dieci e poi alle dodici e mezzo,
all'inizio e alla fine delle esequie. E ha la sua drammatica sintesi visiva nelle folate
che agitano le pagine del libro sacro, e poi lo chiudono, e infine lo spostano quasi in
bilico su un lato del feretro, gonfiano le tonache, le stole e le pianete rosse dei 140
cardinali concelebranti, i paramenti bianchi dei monsignori, le bandiere polacche - ancora
bianco e rosso - , e asciugano il sudore dei «pellegrini» in fila con i panini, i
telefonini e le foto, e delle suore che hanno visto l'alba in sacco a pelo.
Il
vento. Il vento spande l'incenso dei celebranti
insieme all'afrore della folla ammassata da un giorno e una notte d'attesa. Dall'alto si
vede la macchia rossa dei prelati a sinistra, a destra quella degli abiti scuri delle
autorità. La sicurezza impone corridoi e spazi vuoti. È un grande palcoscenico che parla
al mondo.
La Protezione civile benedice la
meteorologia, che ha risparmiato la pioggia al milione e passa di persone che hanno invaso
una Roma mai vista così deserta, tranne l'epicentro di San Pietro e i luoghi di raccolta
delle tendopoli e dei maxischermi, con il traffico vietato in certi tratti persino ai
pedoni, e moltissimi in fuga per un week-end anticipato, in una giornata paziente,
tollerante, e magicamente ordinata.
I potenti della terra - Bush
giovane e vecchio, con assaggiatori personali al seguito e fischi davanti ai megaschermi,
Blair con Carlo sabato sposo, Kofi Annan, tante «teste coronate», Ciampi e
La
casa del Padre. Persino il freddo Joseph Ratzinger, che nella
sua qualità di decano del Collegio cardinalizio, presiedeva il rito, trova un tono
cordiale:
Sono suoni antichi. La Messa è in latino, la parte affidata agli officianti orientali è
in greco.
Seguono le preghiere
multilingue: inizia una ragazza spagnola, una francese, poi lo zwali... Sul terrazzo del
colonnato del Bernini dove si radunano gruppi di giornalisti e fotografi il vento
raddoppia le sferzate; gli zoom stanno inquadrando monsignor Stanislao Dziwisz, per tutti
Stanislao o «il segretario del Papa». Confuso tra gli altri prelati sta accompagnando
per l'ultima volta Wojtyla; e per lui oggi finisce una lunga stagione in cui è stato
rispettato, ma anche invidiato, per la vicinanza fisica e assidua con il pontefice.
Scoppia, forse ancora per il vento un vetro a piombo di una finestra del palazzo
apostolico, dove anche Stanislao finora ha vissuto.
Poi la corrente d'aria
s'addolcisce, i dodici solenni «sediari» prendono sulle spalle la bara, scocca un'ultima
ovazione lunga dieci minuti, e adesso solo una brezza leggera accompagna il feretro dentro
la basilica, per la cerimonia a porte chiuse della tumulazione.
Calca
e auto blu. Come l'afflusso è stato tumultuoso, per la
pressione della folla già all'alba davanti alle transenne, i cori di «aprite-aprite»,
qualche carabiniere travolto nella calca in via della Conciliazione, il deflusso è invece
incredibilmente lentissimo e ordinato. Per Corso Vittorio si incolonnano le auto blu del
cerimoniale degli ospiti stranieri. Nelle altre strade tornano a formarsi fiumi di folla
che raggiunge a piedi i punti di concentramento. Gli scout sciamano fino a tarda ora per
le strade. Ma ancora per oggi è prevista l'ultima tranche delle partenze per almeno
150mila, solo per quel che riguarda le prenotazioni dei treni. Dopo due ore hanno chiuso
la «diretta» i canali arabi per la prima volta in collegamento, gli israeliani, le reti
europee e americane.
Cacciabombardieri. Tv,
radio agenzie e giornali stranieri elogiano l'eccezionale prova di Roma. Ciampi si dice
soddisfattissimo, Veltroni dà voce all'orgoglio della città che «ha vinto la sua sfida
più grande». In tutta Italia maxischermi e raduni hanno moltiplicato l'evento. Nel mondo
c'è stata unaparteciapzione mai vista.
Un solo atto sacrilego, lontano
da qui: l'incendio in una chiesa di Agrigento, proprio la stessa città da dove Wojtyla
condannò i mafiosi. Un solo brivido, risparmiato però alla folla con gli F16 che si
levano in volo durante il funerale per intercettare un aereo, fatto atterrare a Pratica di
Mare per un falso allarme-bomba, segnalato da autorevoli, ma fallaci fonti di
«intelligence». Verso le sei di sera inizia a piovere.
È stato il più grande funerale della storia. Dal
momento dell'aggravarsi della malattia hanno salutato il papa a Roma, secondo fonti
vaticane, in tre milioni. Dal 18 aprile in Cappella Sistina, 116 «principi della Chiesa»
cattolica dovranno tenerne conto cominciando a discutere la successione.