In ginocchio a San Pietro  (tratto dal "Il sole 24 ore")

 

di Mattia Losi 

Oggi a Roma accade qualcosa di straordinario, che forse sarà difficile spiegare ai nostri nipoti. Perché da domani il mondo tornerà a essere quello di sempre, diviso da logiche politiche, guerre e interessi economici. Ma almeno per oggi il mondo è in ginocchio, a San Pietro, per l’ultimo saluto a Giovanni Paolo II. Un Papa che scopriamo, dopo la morte, ancora più straordinario di quanto non sia stato dipinto nei ritratti tracciati in questi giorni.

Chiunque abbia parlato di Giovanni Paolo II lo ha fatto tenendo ben presente una chiave di lettura: la propria. E quindi, di volta in volta, Karol Wojtyla è stato indicato come fine politico, paziente tessitore del riavvicinamento tra le diverse religioni, tenace oppositore dei regimi comunisti, inflessibile difensore dei principi morali della dottrina cattolica.

Ognuno, tra i potenti della terra, ha dato l’immagine di un suo personalissimo Papa, mediata dal ricordo di un incontro che sempre e comunque ha spostato di un passo più in là un confine che fino ad allora sembrava invalicabile.

È stato così con il viaggio in Israele e la preghiera al Muro del Pianto, il viaggio a Cuba, l’incontro con Gorbaciov in Vaticano, quello in Polonia con il generale Jaruzelski. È stato così ad Assisi, nel 1986 e nel 2002, con la preghiera per la pace insieme ai rappresentanti delle grandi religioni: buddisti e induisti, ebrei e musulmani, ortodossi e shintoisti. «Miei cari fratelli e sorelle...», aveva esordito il Papa: parole semplici indirizzate a tutti, senza distinzione.

E oggi tutti si ritrovano sul sagrato di San Pietro, vicini alla più straordinaria presenza di folla mai chiamata a raccolta da un evento che ha il dolce profumo dell’amore e del rispetto, e non l’acre olezzo del fanatismo.

Forse ai nostri nipoti basterà raccontare questo: che nella stessa piazza di Roma, per qualche ora, si sono trovati fianco a fianco il presidente americano e quello iraniano, il presidente di Israele e quello siriano. Basterà raccontare che la Russia ha inviato il suo primo ministro e che Castro, rappresentato a Roma dal presidente del Parlamento cubano, ha varcato per la prima volta le porte della cattedrale dell’Avana per assistere alla Messa in suffragio del Papa. In tutto, tra capi di Stato, teste coronate e autorità religiose, circa 200 delegazioni: per una volta, e solo questa volta, unite al di sopra delle divisioni e delle rivalità quotidiane.

Basterà raccontare questi attimi, illogici e surreali per come siamo soliti vedere il mondo in cui viviamo, per far percepire a tutti la grandezza di Giovanni Paolo II. Capace almeno per un giorno di rendere uguali anche quelli che, da domani, ricominceranno a sentirsi più grandi degli altri.

ml@ilsole24ore.com

8 aprile 2005