Quando le parole danno i numeri!
A scuola mi hanno insegnato che la matematica non è unopinione. Tre per nove fa
venti-sette e sette per cinque quarantadue, ok! Ma mi viene da pensare che anche a
Pitagora sarà successo di fa¬re cento cose in una mattina, di scambiare due chiacchiere
con gli amici o di aspettare qualcuno tre minuti. Spero che anche Pitagora approssimava e
arrotondava. La matematica è una scienza esatta, daccordo ma non sempre, penso a
quando devo fare un asse¬gno o una telefonata, usare il ban¬comat o prendere il treno,
ricor¬dare un compleanno o controlla¬re gli esami del sangue, con i numeri non posso
essere sommario ma al contrario quando dico che tarde¬rò cinque minuti o assicuro che
una certa cosa lho detta ripetuta mille, centomila o persino un miliardo di volte è
impossibile prendermi alla lettera, i numeri perdono di precisione e in modo sorprendente
diventano flessibili. Con i numeri e dei numeri parlo ogni giorno in abbondanza, lavorando
in banca, di percentuali, cur¬ve di bilanci, statistiche, durante le elezioni di voti,
con¬ti della spesa o nei modi di dire. Ogni giorno mi rendo conto che mischiamo i numeri
alle parole, li uso con uninterpretazione precisa, per fini matematici ma ne faccio
anche un uso creati¬vo, approssimato, rimandando a imprecise quantità piccole o grandi.
Minimizzando o esage-rando ne distorco luso sim¬bolico, cioè la precisione. Quando
esco di casa il sabato pomeriggio dico di volere fare quattro passi prima di andare in
biblioteca, di raccontare in due parole ma in realtà non intendo quattro e due di numero.
Ma quando assicuro di essere daccordo al mille per cento, usando
unesagerazione che dal punto di vista aritmetico non sta in piedi, non faccio altro
che escogitare una strategia molto efficace per sottolineare unadesione assoluta.
Poi mi capita che quando leggo dei libri o dei quotidiani, nei proverbi, nelle
conversazioni tra amici, nel¬le pubblicità, tra le email, i blog e gli sms, trovo
laltra faccia dei numeri, in quelluso creativo e approssimato che
inconsapevolmente uso nel parlare quotidiano. Non solo per comunicare informazioni ma
anche per esprimere emozioni, confessare desideri e incertezze o fingere sicurezze,
at-tenuare o enfatizzare un giudizio o unesperienza. Ci vediamo alle 10 in
punto. Raccomando ai ritardatari per amor di precisione oppure ti aspetto
cinque minuti cinque e quando non voglio equivoci chiedo due etti di prosciutto non
un grammo di più! Mi sembra che nel linguaggio comune numeri e parole si intrecciano.
Penso che nel linguaggio contemporaneo abbiamo un uso dei numeri tipico, per esempio
quando chiedo gentilmente e in senso lato due o cin¬que minuti di tempo, intendendo una
quantità di tempo breve ma imprecisa. Allo stesso modo a tavola posso chiedere due
fagiolini, intendendo che non mi riempiano il piatto, ma certo non mi aspetto due
fagiolini con¬tati. Uno straniero potrebbe fraintendere lespressione visto che
luso convenzionale del due per indicare in modo cortese, scusate laggettivo,
una piccola quantità è così frequente da noi da passare inosser¬vato ma è sconosciuto
allestero. Due, approssimato, sottintende qualche, un po. Dico due
battute, faccio due risate, scambio due parole, voglio pensarci due volte, abito a due
passi; al contrario uso centinaio, migliaio, milioni, miliardi e persino fantastigliardi
per esaspe¬rare una quantità. Se voglio fa¬re cento domande, vantare mi¬liardi di
ricette o mandare un mi¬lione di baci non dovrei tutta¬via sforzarmi troppo. È il
contesto, lesperienza, ad aiu¬tarmi perché uno stesso numero può indicare il poco
e il tanto: capisco cosa significhi es¬sere in quattro gatti ma gridare un fatto ai
quattro venti sottintende in ogni dove! È la bellezza ed il sorprendente potere della
lingua in tutte le sue sfumature. Non solo di quella ita¬liana. Frasi fatte, modi di
dire, proverbi, espressioni convenzio¬nali e metaforiche spesso variano da una lingua
allaltra. Da noi cadono quattro gocce ma in altre lingue ne cadono tre o cinque.
Pensate ch lOpera da tre soldi è stata tradotta diversamente in altri Paesi.
Impossibi¬le invece tradurre in inglese, letteralmente, un pezzo da novanta o
in quattro e quattrotto che certo non diventa in four and four eight!.
Persino il millepiedi è sog¬getto a una variazione del numero delle zampette. Molti
Paesi lo declinano a proprio modo. In francese è il millepattes, in spagnolof si nomina
ciempié, e nel greco moderno in sarantapodarousa. Il confronto tra le lingue è
interessante: spesso tra i proverbi i numeri usa¬ti non corrispondono, dimostran¬do la
variabilità e larbitrarietà delluso. Se in Italia mandiamo qual¬cuno al
diavolo i francesi lo spedi¬scono aux cinq cent diables o aux quatre cent mille diables.
Del resto in spagnolo una dozzina di volte può essere tradotto con cientos de veces o
miles de veces. Insomma paese che vai, aritmetica che trovi: per noi due settimane di
ferie fan¬no quindici giorni, ma i danesi non capirebbero, per loro due settimane fanno
quattordici giorni: fjorten. Precisini loro e noi nel totale sbando e non solo nei modi di
dire!
Favria 29.03.2012 Giorgio Cortese
L'intelligenza deve vivificare l'azione; senza di essa, l'azione è vana. Ma senza
l'azione, com'è sterile l'intelligenza! Nella vita quotidiana alcune volte il coraggio,
quello vero, non sta nell'attendere con calma un avvenimento, ma nell'andargli incontro,
per conoscerlo il più presto possibile, e accettarlo