La felicità, come la ricchezza, ha i suoi parassiti.

 L’attuale crisi sociale ed economica è satura di  parassiti senza dignità, questo ogni giorno nel cercare di migliorami. Ma si sa adulatori e parassiti sono come i pidocchi.. Ma chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.

 

Avviso prelievo collettivo donazione sangue

Donare fa vivere, questo lo sai già. Una donazione di sangue, può salvare la vita. Ma donare o predisporsi a donare fa molto di più: proietta ad un livello superiore, oltre la solita formula del “dare per avere”. Anche Tu supera le barriere, salta sopra a pregiudizi, egoismi, parole senza fatti. E ti accorgerai che sai volare! Grazie del Tuo aiuto. Ti aspettiamo mercoledì 16 gennaio dalle ore 8-11 nel cortile interno del Comune di Favria

 

Dalla Saudade al piemontese splin

In questi giorni parlavo con una cliente che era momentaneamente in Canavese prima di ritornare in Brasile, la signora mi raccontavano di come la figlia adolescente aveva nostalgia del suo piccolo mondo lasciato in Italia parecchi anni fa. E si la nostalgia, tra le sfumature dei sentimenti umani, la più delicata e crepuscolare. Porta nelle vite individuali e nel mondo un tocco di poesia, almeno necessaria a contrastare l’accusa, da qualcuno avanzata, di essere diventati una comunità senza ideali e senza cuore.  Come allora non fare nostra la frase di Massimo Gramellini, su La Stampa del 18 maggio 2012, dove scriveva che”Dovremo imparare a vergognarci meno del presente, perché prima o poi diventerà un passato da rimpiangere”. Ma pensando che questa persona risiede quasi sempre in Brasile mi è venuto in mente che proprio li si usa una parola portoghese quasi intraducibile che spiega che cosa è la nostalgia, la “saudade!” Che non è semplicemente "nostalgia" o "rimpianto", e nemmeno esattamente "tristezza", ma è quella particolare specie di malinconia che si prova quando si è, o si è stati, molto felici. Si sente questa sensazione quando nell'allegria di insinua un sottile sapore di amaro, una percezione acuta, lancinante, che la felicità non dura più di un attimo. Questo sentimento è stato immortalato in una canzone poesia  da Vinicius De Moraes: “La felicità è come la goccia / di rugiada sul petalo di un fiore: brilla tranquilla, poi oscilla un poco e cade come una lacrima d'amore”. Questo lemma idiomatico portoghese mi ha molto colpito e non ho potuto fare a meno di  associarlo al piemontese   “slpin”,  malinconia, malumore.  Ma l’origine di questo lemma è ancora più strana, infatti  un analoga parola esiste in francese ed in inglese: “ spleen” che deriva dal greco splen ed in inglese significa milza. "Milza" in latino è "lien", in greco si pronuncia splen, certo che può sembrare strano, ma le due parole hanno la stessa radice indoeuropea! In italiano la parola "milza" deriva dal longobardo "milzi", molle, tenero, milse in borgognone, nel delfinato francese melso e melco, ed in piemontese milsa. Da "milza" derivano “milzo” e “smilzo”, senza milza, quasi vuoto. Tutte le parole relative a "milza" non sono derivate dal lemma italiano, ma da quello greco come per i termini medici relativi alla milza: asplenio, meglaosplenico, splenico, spleno.   Anche lo "spleen", la malinconia romantica di baudelaire, deriva da "splen". In questo caso lo  spleen decadente è una forma particolare di disagio esistenziale le cui motivazioni non risiedono in episodi specifici, ma rimandano alla natura sensibile del poeta nel suo complesso, alla sua incapacità di adeguamento al mondo reale. Lo Spleen, a differenza del tedium vitae leopardiano non produce riflessività sulla condizione umana, ma si esprime a livello artistico con la descrizione degli effetti opprimenti e terribili dell'angoscia esistenziale. In conclusione, gli anni passano e qualcosa cambia,  la nostalgia rimane agganciata a quel mondo in cui ero giovane e le mie speranze verdi. Ma adesso, ritengo che la  nostalgia può essere una leva positiva per affrontare  la giornata; averla dentro mi può portare a pensare ad un mondo diverso da questo, per alcuni dei suoi aspetti che proprio non mi piacciono. Se la vita è ben temperata da una   nostalgia positiva e consapevole, può prendere un’altra piega, quantomeno proporre un modello, che non sia un lasciarsi andare passivamente verso i giorni che dovrò ancora affrontare.

Favria 11.01.2013          Giorgio Cortese

 

Si tu veux un ami, apprivoise-moi / Se vuoi un amico, addomesticami. Antoine De Saint-Exupéry 1900-1944, il Piccolo Principe

 

Da morgana all’orso siberiano!

Certo che i meteorologi ne hanno di fantasia, affibbiamo alle varie ondate di maltempo, i nomi mitologici prima, e adesso sono passati dalla fata Morgana, conosciuta anche come Morgane, Morgaine, Morgan e altre varianti, una popolare   strega della mitologia celtica e del ciclo epico di re Artù.. L'epiteto “ la fata” deriva dall’inglese “le fay", a sua volta adattato dal francese "la fée", ed indica  la figura di Morgana come una creatura sovrannaturale. Ma tranquilli, dopo è in arrivo il gelo e la neve  con "l'Orso siberiano". E’ stato cosi chiamata la successiva ondata di freddo e neve per l’enorme serbatoio di aria gelida presente sulla Russia, che punterà verso l'Europa e l'Italia già prossimo fine settimana.  Ma  il nome “orso siberiano”, o meglio il suo nome latino che è Ursus arctos collaris, mi ha fatto ricordare quanto avevo letto diverso tempo fa di questo plantigrado. Questo orso è  una sottospecie dell’orso bruno, come quello che risiede Italia, quello siberano come ovvio in  Siberia e in Mongolia settentrionale, nell'estremità settentrionale dello Xinjiang e in quella orientale del  Kazakistan. Pensate che ha il  pelame è solitamente bruno scuro con zampe relativamente più scure, sebbene possa variare dal bruno pallido chiaro al bruno scuro, ma alcuni esemplari presentano toni giallastri, cannella o neri. Gli artigli, notevolmente incurvati, variano dal bruno al bruno-nerastro e sono lunghi fino ad 85 mm!. Le dimensioni, il colore e l'aggressività lo rendono simile agli orsi grizzly nordamericani. Prima ho usato il termine plantigrado, lemma che deriva dal latino planta, pianta del piede e grado, insomma tutti quei mammiferi, anche noi bipedi, che nel camminare poggiamo sul terreno tutta la pianta del piede, metacarpo o metatarso e dita. Parlando di orsi mi viene in mente alcuni modi di dire come  “invitare l'orso alle pere”, ossia  offrire a qualcuno un'opportunità che aspettava; sollecitarlo a fare qualcosa che gli è molto gradito e non gli costa alcuna fatica. Ma quella curiosa è “menar l'orso a Modena”, che  allude  a una curiosa richiesta della Casa d'Este, che come contropartita all'uso di determinati boschi della Garfagnana, pretendeva dal ducato di Modena un pagamento annuale che consisteva in un orso vivo. L'animale doveva essere reperito dalla gente del luogo, che ogni anno si trovava così a dover catturare un orso feroce e pericoloso e a trascinarlo fino a Modena, per parecchi chilometri di territorio accidentato, insomma modo di dire quando ci si deve sobbarcare un'impresa faticosa, pesante, rischiosa, e dall'esito incerto. Ed infine “pelare l'orso”, affrontare un'impresa molto difficile o considerata impossibile, come appunto quella di pelare un orso. Terenzio scriveva che: “L’adulazione procura amici, la verità genera odio”, ma i politici che continuano a promettere l’impossibile generano nel mio animo una profonda insofferenza.

Favria,  12.01.2013           Giorgio Cortese