Se nella vita possono esistere dei meriti ottenuti senza successo,   ma sicuramente non esiste successo senza qualche merito.

14 aprile 1561 fenomeno celeste di Norimberga

Il 14 aprile 1561 avvenne a Norimberga,  secondo le cronache del tempo, uno strano episodio. La  popolazione vide comparire in cielo numerosi oggetti volanti, di varie forme, che ingaggiarono fra di loro una sorta di combattimento. Qualcosa di analogo si verificò, cinque anni più tardi, anche a  Basilea. Le cronache del tempo riportarono l'accaduto con dovizia di particolari, affinché della vicenda rimanesse chiara memoria. Inoltre, furono eseguite diverse incisioni su legno e su stampe di carta.. L'avvenimento durò circa un'ora e terminò quando diversi oggetti precipitarono al suolo, alla periferia della città, causando un incendio. Secondo il racconto di un testimone del tempo, Glaser: “la battaglia nei cieli durò circa un'ora e fu vista da numerosissime persone, sia nella città che nelle campagne circostanti, poi alcuni oggetti caddero in fiamme sulla terra, alla periferia della città, provocando un vasto incendio ed una grande nube di fumo. I presenti videro anche, vicino alle sfere volanti, una specie di grande lancia nera”. Senza scomodare gli Ufo pare che lo strano episodio si possa attribuire a fenomeni solari di tipo naturale come   pareli, detti cani solari, è un fenomeno  ottico atmosferico dovuto alla rifrazione della luce del sole da parte dei cristalli di ghiaccio sospesi nell'atmosfera e che solitamente costituiscono i cirri, fenomini comuni nel nord Europa.

Favria, 14 .04.2013               Giorgio Cortese

Con l’attuale crisi tutta la nostra saggezza umana si può riassumere in due parole: aspettare e sperare!

Se non puoi convincerli, confondili!

Ho preso come riferimento la frase Confucio per parlare dei numeri, ed è sempre attuale quanto scriveva il grande Galileo Galilei che: “Il grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo) è scritto in lingua matematica e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali è impossibile a intenderne umanamente parola"   i numeri sono dappertutto, in televisione la pubblicità mi esalta la capacità della tale crema di ridurre del 73% l’invecchiamento della pelle e l’altra cura di ridurre del 60 il peso superfluo. Se guardo un programma scientifico il climatologo di turno mi istruisce che tra  50 anni siamo quasi senza ghiaccia sulle Alpi. Se leggo il giornale leggo del Sindaco di qualche Comune italiano che si pavoneggia  delle 400 delibere fatte in un anno e delle 200 ordinanze emesse della sua Giunta. Il sindacalista, annuncia entusiasta al telegiornale che due milioni di scioperanti che hanno aderito alla sua manifestazione di piazza. Il politico, per dimostrare la sua professionale competenza snocciola uno dopo l’altro i dati del Pil pro capite, del tasso di produttività, dell’inflazione, del cuneo fiscale. Insomma fanno tutti la stessa cosa,  danno i numeri, ma non usano le cifre e dati non per quello che significano, ma in funzione puramente di ridondante retorica. Ma questo non è un problema di oggi, già nell’VIII secolo, Paolo Diacono scriveva che nel 643 il re longobardo Rotari aveva ucciso in battaglia ottomila bizantini, sia lui sia i suoi lettori sapevano perfettamente come quel numero andava letto. Se i caduti bizantini fossero stati davvero ottomila, Rotari avrebbe di fatto distrutto l’intero esercito imperiale, sarebbe arrivato fino a Ravenna, a Roma e poi chissà dove; invece, si limitò a conquistare Modena. Secondo la “forma menis” medievale il numero era semplicemente un simbolo. Con la cifra di ottomila caduti si voleva affermare che erano morti moltissimi soldati, insomma una grande vittoria. La  cifra esatta dei morti, saranno stati al massimo qualche centinaio, secondo la storiografia moderna, non c’entrava nulla, in quel caso il numero dei caduti era un semplice artificio retorico. Per paradossale che possa sembrare, oggi noi, postmoderni disincantati del XXI secolo, utilizziamo i numeri esattamente allo stesso modo dei nostri antenati, solo come simboli, non come indicatori di uno stato di fatto preciso e misurabile. Solo che non lo sappiamo più, oggigiorno vengono sempre di più esaltate la scienze esatte, che sui numeri poggiano le proprie fondamenta, quasi fossero una   panacea. Ed ecco allora, che l’uso del numero, all’interno del processo comunicativo, garantisce all’oratore una solida patina di affidabilità, serietà, competenza. Vera o falsa, millantata o no, non importa, non sono quei numeri, sbandierati con tanta sicurezza, a garantirlo. Perché in realtà nessuno o quasi è in grado di capirli. E perché, spesso, non corrispondono affatto alla verità. Alcuni dei numeri che costituiscono il nostro tappeto audiovisivo quotidiano non vogliono dire concretamente nulla. Molte volte nei numeri che ci vengono propinati, c’è il nulla cosmico come l’azienda energetica Voltamper, nome di fantasia, che si impegna a “rispettare l’ambiente aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili... che contribuiranno a ridurre del 29% le emissioni di CO2. Benissimo del 29%! Ma... rispetto a che? Detta così, sembrerebbe rispetto alla totalità delle emissioni di CO2 umane, in altre parole, lo spettro del riscaldamento globale sarebbe subito dissolto. Ma è quel “contribuiranno” che mi fa pensare in che misura? Insomma: una frase altisonante e dall’apparenza 'scientifica', ma che, una volta letta con un po’ di occhio critico, non vuol dire assolutamente nulla; pura retorica, dove il numero -29%, viene sbandierato  come certificazione indiscutibile di veridicità e di indubbio, comprovato successo. Se poi si passa dalla pubblicità a sua sorella gemella, la propaganda, anche qui si danno i numeri sulle manifestazioni di piazza, sui concerti, sugli ascolti televisivi. Manifestazione a Roma, duemilioni per gli organizzatori, ma solo settecentomila per la  Questura, circa quattrocentomila per la fazione avversa. Eppure al di la dei vari metodi applicati per conteggiare i presenti, basterebbe il buonsenso per ricordare che quei milioni di persone, in piazza San Giovanni o al Circo Massimo, semplicemente non ci stanno, sono più dell’intera popolazione di Roma stessa. Ma nella propaganda come nella pubblicità, il gioco al rialzo è dettato dalle esigenze della comunicazione, perché se porti meno di un milione di persone in piazza hai fallito. Ma quelle cifre che poi saranno oggetto di discussione i giorni successivi, non hanno nessun ancoraggio con la realtà, sono solo dei simboli per dire che c’era tantissima gente.  Numeri ingannevoli, che diventano anche uno scudo difensivo contro le critiche di contenuto, perché se certi politici del momento che vantano delle popolarità alte mettiamo al 70%, difficile poi che siano sensibili alle critiche del loro operato. Con i numeri si conquista una forma fittizia di autorevolezza, basata su un menzognero ragionamento poiché i numeri sono lo strumento della scienza esatta, da tutti apprezzata, e allora certe persone si ostinano a parlare attraverso i numeri per non dire nulla. Certo non tutti sono capaci di far vibrare gli animi come Martin Luther King con il suo “I have a dream”, senza nemmeno un numerino in tutto il discorso. Ma oggi dalla  pubblicità alla politica, è un continuo parlare attraverso dati, statistiche, sondaggi. Lo sciorinare dei numeri serve solo a darsi un tono e se mi soffermo a leggere attentamente quei numeri scopro sconsolato che sono il nulla cosmico, nonostante grafici colorati e torte con le percentuali, sono solo puerili artifici retorici. Purtroppo ogni giorno sono  giorno disarmato di fronte alla continua alluvione di dati e di statistiche, la mia unica arma e trovare una   verità nella logica di quei numeri solo se la trovo senza di loro ragionando non come numeri ma  come esseri umani.

Favria, 15.04.2013                     Giorgio Cortese

 

I buoni matematici riescono a vedere le analogie. Le persone di buon senso riescono a vedere le analogie tra le analogie.