Preferisco l'analfabetismo all'imbecillità con la firma di certe persone che sono solo degli ignavi incapaci di bassissima statura mentale

 Profughi & profughi!

Ritengo che per capire bene il problema e le soluzioni per i continui sbarchi di profughi forse bisogna capire chi sono gli esseri umani che sbarcano o che tentano di sbarcare sulle italiche coste. Bisogna capire chi cerca di entrare in Italia se vi arriva spinto dalla guerra che c’è nel suo paese come nel caso della Siria o se arriva spinto dalla fame per esseri umani provenienti da altre zone del mondo. Certo il drammatico naufragio di Lampedusa ha messo a conoscenza, anche ai distratti indifferenti, del problema umanitario che avviene ai margini dei nostri confini nazionali. La legge Bossi-Fini ha dimostrato in questa occasione tutta la sua inconsistenza, come per molte altre leggi, e mi viene il dubbio che molte volte i legislatori abitino su Marte. Stivale. Ritengo che la maggior parte  dei potenziali profughi che poi tentano di entrare in Italia, utilizzano il canale dei nuovi negrieri non perché sprovvisti di passaporto o perché le comunicazioni sono impedite. Ma, il paradosso, sono proprio le compagnie aree e navali a fare il lavoro infame nel respingere le persone per evitare di incorrere in sanzioni e oneri di rimpatrio, a chi non abbia passaporto e visto validi. Allora questa marea umana si rivolge agli scafisti. Forse l’Italia e l’Unione europea potrebbero decidere di  consentire nel  presentare domanda di asilo prima della partenza, bloccando alla fonte, dai porti di partenza il turpe traffico di esseri umani.. Ma se si vuole dare un messaggio chiaro sull’immigrazione clandestina la Ue può decidere di accogliere un certo numero di profughi e, se necessario, li vanno a prendere in luoghi prossimi al conflitto. Certo se l’area del conflitto, risulta troppo estesa e non ci sino criteri preferenziali e se si vuole fare una modalità di soccorso, si stabilisce un tetto di profughi diviso tra tutti i paese Ue. E gli altri, ricorreranno senza dubbio agli scafisti. Certo che non si risolve il problema ma  si va a dare sollievi ai paesi in prima linea e poi con la convenzione  di una quota annuale di profughi si pattugliano i porti di provenienza, dando soccorso direttamente il quelle località.

Favria, 5.11.2013                       Giorgio Cortese

 

Nella vita non mi basta avere ragione: bisogna avere anche qualcuno che me la dia.

 

O tempora, o mores!

La vita quotidiana è un insieme di azioni ripetute ogni giorno. In quest’ottica, la “quotidianità” può sembrare immobile: il termine infatti nacque durante la rivoluzione industriale, con una connotazione fortemente negativa quotidianità = tempo del lavoro noioso e ripetitivo. Molti altri oggetti sono stati presi a modello per speculazioni filosofiche, in particolare: brocche, fessure, fili, imbuti, sapone e cestini. Ma oggi voglio parlare dell’ombrello dopo lo sguaiato e diseducativo gesto di un ex campione del calcio che forse con il ”gesto dell’ombrello” in televisione è diventato il “'testimo­nial” dell’evasione fiscale, dando un calcio a quanto di bello aveva fatto sui campo di calcio. Ma grave è anche l’atteggiamento del conduttore che ha  lasciato che il pubblico. presente in sala, gli tributasse un’ovazione per quell’atto di volgare offesa, che irride la legge e gli italiani onesti. Mi sembra assurdo che  la disobbedienza fisca­le ora passi anche attraverso la tv pub­blica, chi  versa le imposte va rispettato e non irriso! Già l’ombrello, oggetto dal nome ambiguo che rievoca una protezione dalla pioggia che deriva dal latino, sempre questa lingua, umbrella inteso come “umbraculum”, da umbra, ombra,   a dimostrazione che i primi che se ne servissero proprio per ripararsi dal sole, quindi il termine più corretto per definirlo sarebbe “parasole. Nella storia all’ombrello gli venivano attribuito divinità o potere, erano presenti gli ombrelli con funzioni cerimoniali nell’Antico Egitto e Cina, nell’antica Grecia e in alcuni rituali della Chiesa. Più esclusivamente usati contro pioggia o sole, i modelli anche lussuosi sono presenti dal 15° secolo. Dal 17° sec., indispensabili per la donna alla moda, ebbero pure manici preziosi e coperture di seta leggera, importate dall’Oriente. Di scarso successo il primo ombrello con asta telescopica del 1710,  diversamente dal tedesco Knirps, pigmeo, del 1928. Se nel 1769 i nobili usavano affittare ombrelli. pubblici per strada, dal 1827, ma diffuso dal 1870,  un modello minuscolo, concepito per imprevisti cambi di tempo, pendeva alla cintura da una catenella. Nel 1866 la montatura metallica pesava 350 grammi contro 1,6 kg di quella con fanoni del 1645. Nel 20° sec., con 6 o 24 stecche, con apertura automatica o manuale, sono presenti l’ombrello alla giapponese’, corto e con spessa impugnatura dritta, e quello classico con manico lavorato. Di rayon e a tinte vivaci dagli anni 1930, di nylon e poliammide in tinta unita o fantasia dagli anni 1960, l’ombrello, oggi,. segue le mode di stagione. L’ombrello a bandoliera da sospendere alla spalla è del 1970, quello economico usa e getta, tutto di plastica anche trasparente, in pochi pezzi contro i 70 dell’ombrello classico, data dalla fine degli anni 1980.  Pensate che il  parasole, ormai d’uso comune durante la Rivoluzione francese, per le merveilleuses del Direttorio era assortito all’abito; dal 1830 era anche nei modelli ‘a cappello’, che lasciava libere le mani, e ‘a ventaglio’. Fuori luogo al tempo della Prima guerra mondiale, il parasole riapparve negli anni 1920, coordinato ad altri accessori o all’abito; anche importato, quello ‘alla giapponese’ era di carta oleata o cretonne e aveva fino a 18 stecche invece di 8. L’abbronzatura negli anni 1930 e poi la Seconda guerra mondiale ne accelerarono l’oblio. Se nel 1954 si segnala ancora la novità del piccolo parasole basculante, per non infastidire i vicini durante gli spettacoli, è d’uso raro, se non nel più tradizionale Oriente. Ma se l’oggetto dell’ ombrello è   accostato da  diversi pensatori all’immagine dell’oblio, perché è per eccellenza quella cosa che si dimentica in un angolo. In molti casi, dimenticanza e oblio definiscono, per contrasto, la verità: l’ombrello si presta particolarmente a evocare un occultamento della verità nelle sue pieghe. Comunque, l’oblio dell’ombrello non è qualcosa di definitivo: a chi è capitato di ritrovare, magari per caso, l’ombrello sparito? E’ quindi l’oblio della cosa messa da parte e poi ritrovata. In questi giorni di pioggia autunnale l’ombrello  è un compagno ideale e non solo in queste giornate di pioggia. Dona gravità al passo e grazia alla posizione da fermo e, chi lo ama non lo porta con sé solo se gia tuona e lampeggia, ma appena il cielo sia sufficientemente coperto. Si tratta di un utensile quasi immutato dal diciottesimo secolo, realizzato sullo stesso principio dei suoi antenati e in parte con gli stessi materiali. Una volta per tenderlo si usavano fanoni di balena ed oggi si usano acciaio o fibre tecnologiche, ma la foggia è la stessa ed i legni tradizionali sono in uso da secoli. Mentre dei cappelli si sono occupati in molti, manca una bibliografia sugli ombrelli.. Personalmente ritengo che l’ombrello sia un oggetto molto umile perché ripara tutti quelli che lo utilizzano e sicuramente vale molto di più di quel gaglioffo che in televisione lo ha evocato un volgare ed ineducato gesto. Ma gli applausi che ha ricevuto sono il termometro della barbarie che avvolge sempre di più la nostra Patria, insomma o tempora, o mores!

Favria, 6.11.2013                Giorgio Cortese

 

Le lettere di certe persone sono simili a dei quadri moderni, caspisco una sola cosa: la firma!

 

Res Gestae Favriesi, dai Longobardi ai Bertetti

In Italia circa 103 persone hanno il cognome Bertetti. Il cognome Bertetti è è il 30 614° più diffuso in Italia. Il cognome Bertetti, Bertetto, Bertello o Bertella deriva da  forme ipocoristiche,  del nome medioevale Bertus, originato dal termine germanico bertha "libertà". In linguistica,   l'ipocoristico è una modificazione fonetica, si  tratta in genere di un raccorciamento, di un nome proprio di persona; questa può dare origine a un diminutivo o a un vezzeggiativo o a una commistione di entrambe le forme. Il termine ipocoristico deriva dal una parola greca che significa “chiamare con voce carezzevole o con diminutivi”.  Secondo alcuni studiosi questo cognome potrebbe essere una derivazione da toponimi come Casa Bertella (PV), Fontana Bertelli (BG) citata ad esempio in un Iudicatum del 1023 a Bergamo: "...videtur non multum longe da Fontana que Bertelli dicitur..." . Ma anche questi toponimi derivano sempre  dal nome proprio Berta, Berto che a sua volta è un’abbreviazione del nome longobardo Adalberto, Adelberto, Alberto, Etelberto. La radice germanica adal, che significa nobile, e behrt, brillante, e significa illustre nobiltà. in Italia la poco usata  variante Etelberto è un'italianizzazione di Ethelbert, la forma inglese di Æðelbeorht, un nome anglosassone imparentato con  Adalberto: esso venne sostituito da Adalberto allorché i Normanni lo  importarono in Inghilterra dopo la battaglia di Hastings. Dall’originario nome longobardo  è probabile che derivino gli innumerevoli Berta, Berti, Bertacchi, Bertacci, Bertazzi, Bertelli, Bertetti, Bertetto,  Bertoni, Bertatti,  Bertuzzi.

Favria, 7.11.2013      Giorgio Cortese

 Dimenticare di apporre la propria firma in un documento ufficiale è un caso intermedio tra il lapsus calami e la dimenticanza