Cùgnet
da la "brasa ... la spluvia", per
gentile concessione
Cùgnet era un piccolo, grazioso folletto. Viveva nei sotterranei che collegavano la Torre Tellaria alla Ferranda. Ormai erano secoli che nessuno passava di li e perciò Cùgnet si sentiva al sicuro. I suoi occhietti vispi brillavano come due stelle e si erano così ben adattati che l'oscurità di quei cunicoli non era più un problema, anzi, proprio perché anche nella notte più oscura il folletto riusciva benissimo a muoversi,il suo compito era svolto con la massima cura e precisione. |
Cùgnet era piccolissimo ed agile e,
proprio grazie a questo, riusciva ad intrufolarsi dappertutto, silenzioso e delicato come
un soffio leggero.
Portava un vestitino nero, aderente, un berrettino lungo che scendeva quasi a coprirgli
gli occhi e, alla cintola, teneva sempre una minuscola clessidra per conoscere lo scorrere
del tempo, e un sacchettino.
Durante il giorno trovava sempre qualcosa da fare:
puliva, spazzava, andava in cerca di noci o castagne, ciliege o fragole, secondo la
stagione.
Allora calava il berrettino sugli occhi e faceva attenzione a che nessuno lo vedesse,
tenendo gli orecchi che percepivano ogni più piccolo rumore e camminando fra l'erba e le
foglie secche. Ogni tanto si arrampicava fin sulla torre sfruttando ogni minima fenditura
e quando giungeva sulla vetta il suo cuoricino batteva forte e lui si sentiva un gigante.
Ma il suo vero lavoro iniziava col calar della notte.
I bimbi devono andare a letto presto e il loro sonno tranquillo deve essere cullato da
dolci sogni. Questo Cùgnet lo sapeva e sapeva che toccava a lui far sì che ciò si
avverasse.
Scendeva perciò nel paese di Pont e di casa in casa spargeva la magica polverina che
custodiva nel suo sacchettino e le palpebre dei bambini piano piano diventavano sempre
più pesanti fino a chiudersi.
Un giorno una mamma che vegliava il suo bimbo malato si era accorta di lui. Un po' si era
spaventata ed allora Cùgnet, sedutole in grembo, le aveva raccontato la sua storia.
Com'era stato bello stare in braccio a una mamma: Cùgnet non l'aveva mai avuta. Era nato
per un incantesimo fatto da una fata buona che l'aveva creato proprio perché tutti i
bimbi potessero riposare tranquilli e risvegliarsi felici.
Quando gli occhi di un bimbo si chiudevano dicevano: «Presto, a nanna, è arrivato
Cùgnet».
Il folletto li conosceva ad uno ad uno, sapeva i loro nomi, conosceva i loro capricci, la
bontà, talvolta la miseria e il sale delle loro lacrime.
Per opera sua però tutti diventavano piccoli angeli senza più cattiveria né dolore.
Era contento di sé e, visitate le case più lontane, tornava soddisfatto al suo rifugio.
Ma sul pagliericcio di foglie fragranti, nonostante la
stanchezza, lui, che dispensava a piene mani il sonno, non riusciva a riposare.
Pensava a Rosetta, una ragazza dolce e delicata che stava giù in
paese.Era così innamorato e così senza speranza che gli occhi non riuscivano più a
contenere le lacrime che rotolavano lente e silenziose a bagnargli le guance.
Fantasticava allora di essere un bel giovanotto, di aspettare Rosetta alla fontana e
incontrare i suoi occhi per dirle tutto il suo amore.
La realtà però era ben diversa: se Rosetta l'avesse visto così com'era al massimo gli
avrebbe dato un buffetto sulla guancia.
Egli sapeva che se avesse chiesto alla sua fata di trasformarlo in uomo forse l'avrebbe
accontentato e questo era proprio il suo tormento: chi si sarebbe preso cura dei sogni dei
bambini?
Passano in fretta gli anni e Cùgnet non aveva ancora deciso anche se i sentimenti non
erano mutati. Rosetta era ormai una vecchietta coi capelli bianchi e le mani un po'
tremanti, ma era sempre la sua Rosetta. Nelle case poi qualcosa stava cambiando: uno
strano aggeggio era comparso in molte di loro.
Emanava voci e musiche, si vedevano piccoli uomini muoversi e si sentivano notizie strane
di paesi lontani.
Gùgnet non riusciva a capire come le persone potessero essere entrate in una scatola
così piccola... I bimbi stavano alzati fino a tardi, seduti là a guardare e a qualcuno
si chiudevano gli occhi.
Allora la mamma toccava un bottoncino e gli uomini e le musiche sparivano. Il folletto
capiva che non era più utile come un tempo, forse la fata aveva fatto un nuovo
incantesimo e aveva mandato qualcuno più potente di lui a sostituirlo.
Così decise e la fata volle esaudire il suo desiderio si ritrovò vecchietto alla
fontana, prese Rosetta per mano e lei gli diede un buffetto e una carezza, contenta di
averlo aspettato fino allora.
Questa storia ci e` stata raccontata da Renza Aimone