Leggende della Val Soana
a cura di Riccarda Viglino
LA MADRE li maijna de Trasi
Il suo villaggio gli apparve
allimprovviso come sempre, dietro una curva del sentiero. Sistemò il carico di
legna sulle spalle e guardò in basso, verso lultima casa dove stavano i bambini.
Dal camino di pietra saliva del fumo, bene la piccola non aveva lasciato spegnere il
fuoco. Solo quattro anni, ma ci si poteva fidare. Lo sorprese un sentimento confuso di
tenerezza e di rispetto, come sempre quando pensava a lei. Era stata la loro prima figlia
ed egli laveva attesa, amata da subito, da quando glielavevano mostrata
infagottata nei panni di lana che le avevano messo per proteggerla dagli spifferi di
quellinverno gelato.
Lui e la madre si erano sposati in primavera , marzo riempiva i prati più esposti
al sole di bucaneve multicolori; spuntavano ovunque, come per una festa, tra le chiazze di
neve e nei fossi.
Ed erano stati felici, nulla mancava a soddisfare i loro semplici bisogni, non
risparmiandosi certo la fatica, il lavoro duro per entrambi. Ma questo faceva parte della
vita, lunica possibile per loro, o che loro conoscessero.
Poi, in un altro inverno, allimprovviso se nera andata, morta di parto
come molte altre donne prima e dopo di lei . Lui era corso , volando sui sassi della
mulattiera che scendeva in paese, a cercare la levatrice, il medico se avesse avuto
fortuna, non appena le donne lo avevano avvisato che questo bambino proprio non voleva
nascere. Invece alla fine era nato: sano e forte, mentre sua madre moriva. Quando aveva
fatto ritorno , al villaggio lo avevano accolto solo sguardi muti ed impotenti.
Lo aveva assalito allora un gran rabbia contro se stesso, il mondo , la vita e quel
bambino. Quando più tardi sua madre gli aveva chiesto: - non vuoi vedere tuo figlio? era
uscito dalla stanza senza rispondere, serrando i pugni.
Poi fuori, sulla soglia, aveva incontrato la bambina, lo guardava attonita, stupita
per quellespressione dura che gli vedeva sul volto e a cui non era abituata.
Laveva presa in braccio , consolata, e dopo finalmente aveva pianto.
Poi i giorni sommandosi ai giorni avevano attutito il dolore, il lavoro, la fatica,
facevano il resto. Molti gli dicevano che non avrebbe potuto farcela da solo, che cercasse
allora una compagnia, una madre per i bambini, soprattutto per il piccolo così bisognoso
di cure.
Era un bambino troppo piccolo, di cui si prendevano cura a volte le vicine, a turno
così non si poteva continuare. Ad un certo punto qualcuno aveva fatto un nome e lui aveva
accettato.
Si erano sposati in fretta, senza festa, e senza allegria era anche la loro vita.
La donna non era cattiva, lavorava duramente in casa e fuori, accudiva ai bisogni della
famiglia e con i bambini era sbrigativa e un po rude, non abituata a loro come loro
non si abituavano a lei. Il piccolo poi piangeva sovente, si bagnava, bisognava alzarsi di
notte nella stanza fredda e cullarlo a lungo prima che riprendesse sonno: Lei non aveva
pazienza, era stanca, lo lasciava piangere spesso.
A volte luomo sentiva su di sé lo sguardo interrogativo della bambina, ma
non chiedeva nulla diventata più silenziosa e solitaria. Spesso durante il giorno
prendeva in braccio lei il fratello, lo cullava consolandolo come poteva.
Ora allingresso del villaggio, voltando il capo poteva scorgere la donna che
lo seguiva anchessa col suo carico, con passo più incerto e più stanco.
- Siamo arrivati - disse ed entrò nel vicolo davanti a casa illuminato dal sole.
Nel vento primaverile si muoveva sul filo del balcone il bucato, le fasce e le piccole
cose del bambino lavate e stese in bellordine ad asciugare- - Hai cambiato tu tuo
fratello? - chiese la donna alla bambina che veniva loro incontro allegra con il piccolo
in collo.
No - rispose questa. - è stata la mamma! E venuta, lha cambiato e ha
lavato la sua roba. Ha detto anche di dirti di non trattarlo più così e di non chiamarlo
mai "moro da cin". - E poi, proseguendo rivolta al padre: - Ho cercato di
prenderla sai, di trattenerla..... ma toccavo solo laria , proprio non sono riuscita
ad afferrarla.......-