Parentopoli delle Valli l’inchiesta sarà archiviata

I reati ipotizzati per due dirigenti dell’ente montano erano truffa e abuso d’ufficio
Nessuna irregolarità nell’assegnazione dei lavori con i 5 milioni di fondi Ato
tratto dalla Sentinella del Canavese di Vincenzo Iorio
LOCANA. Viaggia spedita verso l’archiviazione l’inchiesta ribattezzata la parentopoli delle Valli Orco e Soana. Quasi due anni di indagine sulla gestione e sul modo in cui erano stati spesi cinque milioni di fondi Ato, porterà con ogni probabilità il pm Mauro Ruggero Crupi a chiedere l’archiviazione per i due indagati. Si tratta di Antonio Grisolano e Gualtiero Fasana, rispettivamente direttore e segretario generale della comunità montana Valli Orco e Soana. I reati ipotizzati erano di truffa e abuso d’ufficio.

L’indagine, con tanto di intercettazioni telefoniche, era partita nel giugno del 2012, quando a segnalare le presunte irregolarità era stato il gruppo consiliare della Lega Nord con l’ex deputato Walter Togni e il segretario locale Mauro Guglielmetti. L’inchiesta riguardava centinaia di lavori di manutenzione ordinaria del territorio realizzati negli undici Comuni delle due valli, nell’arco di tempo che va dal 2006 al 2011. Opere finanziate con fondi Ato per un ammontare complessivo di cinque milioni di euro.

Una somma notevole, destinata alla Comunità montana Valli Orco e Soana dall’Autorità d’ambito torinese Ato3 per opere necessarie all’assetto idrogeologico della montagna, eseguite secondo dei piani di manutenzione ordinaria (Pmo), predisposti ogni anno dall’ente montano e approvati dalla Regione Piemonte. Interventi di pulizia di rii, sentieri e strade, taglio di rovi e boscaglia, quanto mai necessari per frenare il dissesto idrogeologico della montagna.

Gli accertamenti hanno riguardato la modalità dell’affidamento dei lavori, che secondo gli esponenti della Lega sarebbero stati assegnati sempre alle medesime ditte e agricoltori locali, in alcuni casi parenti di amministratori locali. Era anche stato sollevato il dubbio sull’esecuzione di alcuni interventi, che non sarebbero mai stati effettuati o eseguiti solo in parte. Negli atti di indagine della magistratura era finito anche un appalto dato a un non vedente e un altro affidato a una donna ricoverata da tempo in una casa di riposo.

L’inchiesta, condotta dalla Finanza, avrebbe accertato che nell’assegnazione diretta dei lotti (trattativa privata) non c’erano irregolarità perché l’importo era sempre al di sotto dei 30mila euro, soglia entra la quale non è necessario un appalto pubblico. I lotti erano stati sempre pubblicizzati in maniera adeguata in modo da poter consentire a tutte le aziende di parteciparvi. Inoltre, la consulenza dell’ingegnere Paolo Maria Terzolo ha accertato che i lavori di manutenzione erano stati eseguiti e che i pagamenti erano stati effettuati tutti con mezzi tracciabili.