Pont: gli abitanti di Pont in forte calo nel 2020 a cura di Marino Pasqualone

Ma i morti nell’era covid sono stati nove in meno che nel 2019

(da IL RISVEGLIO POPOLARE del 18 febbraio 2021)
PONT CANAVESE – Tremila 155 residenti al 31 dicembre 2020, con un ulteriore calo di 66 abitanti: è questo, in estrema sintesi, lo sconfortante bilancio anagrafico di Pont Canavese nell’anno appena trascorso, che avvicina sempre di più il paese di fondovalle alla soglia, non solo psicologica, di “quota tremila” residenti, al di sotto della quale ne verrebbe decretato l’ingresso a tutti gli effetti nella galassia purtroppo assai nutrita dei “piccoli” comuni italiani.
E nel cercare le ragioni di questa ulteriore e marcata contrazione della popolazione non ci si può appellare neppure all’epidemia in corso, perché in realtà i decessi registrati negli ultimi dodici mesi (62) sono inferiori di nove unità a quelli dell’anno precedente che ne aveva contati ben 71, mentre i nati invece scendono a 21 (11 maschi e 10 femmine), contro i 23 dell’anno 2019.
A differenza dell’anno prima quello che salta agli occhi è invece il pesante bilancio negativo tra immigrati (87) ed emigrati altrove (112), segno che ormai il paese non è più in grado di richiamare nuovi residenti in misura maggiore di quelli che se ne vanno.
D’altronde basta fare un giro per Pont Canavese e vedere le numerose case in vendita, alcune ormai da qualche anno, e le tante serrande degli appartamenti chiuse: in qualche caso si tratta addirittura di interi condomini messi in vendita, anche se, a quanto sembra, i possibili acquirenti per il momento mancano.
Le cause di questa continua e sempre più marcata contrazione del numero di persone che abitano all’ombra delle “ristrutturate” torri pontesi sono sempre le stesse, ed ormai da decenni le sentiamo ripetere e ne scriviamo come una triste litania, senza che se ne trovi la possibile via d’uscita : al netto ridimensionamento del comparto industriale, che almeno fino all’alba degli anni duemila era il settore trainante dell’economia locale, con agricoltura e l’allevamento ormai ridotti ai minimi termini ed il piccolo commercio che, qui come altrove, vede sempre più serrande abbassate e luci spente di bar e negozi per le vie del paese.
A questa situazione già ampiamente compromessa, nel corso del 2020 si è aggiunto pure lo tsunami del virus pandemico cinese, i cui effetti disastrosi sull’economia si vedranno solo nei prossimi mesi: per un’inversione di tendenza bisognerebbe forse puntare maggiormente su quello che oggi viene pomposamente chiamato “turismo di prossimità”, peraltro già in voga fino agli anni settanta dello scorso secolo quando intere famiglie di “torinesi” passavano le vacanze estive a Pont e negli altri paesi valligiani, affittando case e appartamenti e dando fiato anche al piccolo commercio locale.
Tornando ai dati demografici dell’anno 2020, come sempre gentilmente forniti dall’ufficio anagrafe comunale, come già detto Pont nell’anno appena lasciato alle spalle ha visto 21 nascite bilanciate in negativo da 62 decessi, comune pure è negativo (- 25) anche il saldo tra gli immigrati ed emigrati, che insieme hanno così complessivamente fatto calare la popolazione pontese dagli iniziali 3.221 agli attuali 3.155 residenti.
Di questi più del 10 per cento (333 abitanti) sono di nazionalità non italiana: la maggiore comunità di stranieri residenti a Pont rimane decisamente quella rumena, sostanzialmente stabile con 197 unità, seguita dal Marocco con 86 residenti (7 in più dell’anno prima) e dall’Albania con 25.
Se ci è permessa una considerazione finale, salta agli occhi che la gran mole di lavori pubblici (nuova scuola, aree verdi e parchi gioco, asilo nido, marciapiedi, nuova piazza Craveri e quant’altro) messi in opera negli ultimi quindici anni dalle precedenti amministrazioni comunali, non sembra sia comunque granché servita a rendere il paese di Pont più appetibile dal punto di vista residenziale o turistico.
Anche qui, pur se molte delle risorse economiche disponibili sono ormai già state spese, occorrerebbe forse cambiare radicalmente le priorità di intervento, partendo dal territorio nel suo insieme anziché concentrarsi solo sul capoluogo: qualche idea in merito la nuova amministrazione comunale guidata da Bruno Riva l’aveva delineata nel suo programma elettorale, anche se la difficoltà maggiore sarà ovviamente metterle in pratica trovando una giusta ed indispensabile sinergia con l’Unione Montana e gli altri comuni valligiani.
Come abbiamo già avuto modo di rimarcare in passato, in questi tempi sempre più bui o ci si salva tutti insieme o si precipita nel baratro, ma gli undici comuni delle valli Orco e Soana, separati in casa in due Unioni Montane, sembrano invece essere lì a dimostrare che sono ancora in pochi ad averlo davvero capito.
Marino Pasqualone