Spunta l’alba del 16 giugno. – Re Lear sempre attuale! – Fiducia? – Notte – Brandimarte e Fiordiligi. – Cissè la maraja!… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Spunta l’alba del 16 giugno…
L’Alpino in guerra al compagno triste, depresso o sfiduciato, scriveva

immutabilmente questa ricetta: “Canta che ti passa”. E di questi canti ce ne sono molti, nati appunto sulle bellezze dei monti, durante gli anni della guerra. Canti semplici, ingenui, quasi puerili ma in cui vibra tutta l’anima del soldato. Parlano di attaccamento agli aspri luoghi natii, di gioie ansiose per la festa del villaggio, di amori pieni e profondi, del commovente distacco per la chiamata alle armi, di sani propostiti di compiere il dovere, di vincere promesse di fedeltà. Dopo la splendida azione di Montenero fu, per citarne una, improvvisata e cantata questa canzone: “Spunta l’alba del 16 giugno comincia il fuoco l’artiglieria. Il terzo Alpini è sulla via Montenero a conquistar. Montenero, Montenero, traditor della Patria mia. Ho lasciato la casa mia per venirti a conquistar. Per venirti a conquistare abbiam perduto molti compagni tutti giovani sui vent’anni. La loro vita non torna più.” E il canto così continua semplice e commovente col racconto dell’assalto disperato a trenta metri dalla trincea del costone. Talvolta in una stessa arma gl’inni sono diversi, tra l’altro lo stesso inno ha diverse musicazioni. Giosuè Borsi, il poeta figlioccio di Carducci, caduto per la Patria, ad esempio, diede parole e musica all’Inno del mitragliatore: “Tra le milizie splendide che L’Italia scaglia in guerra per far da schiava libera ogni italiana terra, è sempre primo sul campo dell’onore il mitragliatore, il mitragliatore. Per l’Italia, per l’Italia, per l’Italia e per la libertà”

Dona il sangue e sii un eroe nella vita di qualcuno. Il sangue è destinato a circolare. Condividilo! Ti aspettiamo a Favria MERCOLEDI’ 7 LUGLIO  2021 cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio.

Buona giornata. A volte l’apparenza inganna, nulla è come sembra, tutto potrebbe essere come mai lo avremmo immaginato. Felice mercoledì.

Re Lear sempre attuale!

Spesso leggiamo frasi di secoli addietro che paiono scritte adesso, e poi quando scopro che  appartengono al tempo passato, rimango meravigliato di fronte alla storia che inesorabilmente si ripete costantemente. Ho riletto recentemente Re Lear di W. Shakespeare,  dove ho trovato questa frase sempre attuale: “Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi”. Ma è davvero così terribile la nostra epoca! Pochi, forse, come Shakespeare sono riusciti ad indagare così a fondo le pieghe dell’animo umano scandagliandolo fino ai lati più oscuri con lucidità priva di ipocrisie. Con il Bardo si giunge negli abissi dell’essere umano e mi interrogo sul senso stesso dell’esistenza, con la ragedia Re Lear, Shakesperare sposta l’obiettivo sul rapporto padri-figli/figlie. Si tratta della relazione più viscerale e naturale che l’individuo conosca, ma anche la più complessa e tormentata in questo caso. Il vecchio re Lear, nella Bretagna dei primi del ‘600 sta per abdicare il trono alle sue tre figlie femmine, ma vuole metterle alla prova. La sua vanità lo porterà a pretendere che la dote sia suddivisa in base alle dichiarazioni di amore incondizionato e di devozione senza limiti delle figlie. Le prime due, Goneril e Regan, faranno a gara per ottenere una cospicua parte dei territori del regno, mentre l’ultima figlia, Cordelia, quella più amata dal padre, si rifiuterà di sottostare a questo ricatto morale e rivelerà i suoi veri pensieri e sentimenti. Cordelia ama il padre come deve una figlia, ma amerà anche suo marito un giorno, per cui il suo amore non potrà essere incondizionato. Rivendica così, non solo la sua autenticità, ma anche la propria autonomia all’interno della relazione col padre che pretende di essere protagonista assoluto allo sguardo delle figlie nonostante esse siano sposate o in procinto di farlo. Cordelia pagherà a caro prezzo la sua mancata ipocrisia, sarà diseredata e cacciata dal regno, quando si svelerà la vera natura di Goneril e Regan e il povero Lear, abbandonato da tutti, in un momento della sua vita in cui, privo del titolo e avanti con l’età faticherà a riconoscere se stesso ritrovandosi solo e in preda alla follia, nel  finale tragico che accomunerà tutti, re Lear si renderà conto dell’errore commesso nei confronti di Cordelia. Nel contempo, s’intrecciano alle vicende dei reali quelle del duca di Gloucester, padre di due figli maschi, Edmund, illegittimo e mai completamente accettato, e Edgar figlio prediletto dal padre. L’atteggiamento poco equo nei confronti dei due figli, lo porterà all’odio sconsiderato di Edmund che tramerà alle sue spalle per eliminare dalla scena suo fratello e suo padre. Inoltre sarà la causa della morte di Goneril e Regan di cui diventerà l’amante. Nella tragedia di Re Lear, le tante tematiche si intrecciano e rendono molto densa e complessa. Il rapporto di Lear con le sue figlie è caratterizzato dalla sua egoistica pretesa di avere il loro amore esclusivo e di non riuscire a vederle come esseri separati e dotati di una propria autonomia, pena la recisione del legame. Il rapporto di Gloucester con i figli, invece è connaturato dall’incapacità di accettare e amare senza riserve un figlio non desiderato e di privilegiare spudoratamente quello legittimo. Accomuna invece figlie e figli la rivalità tra sorelle e fratelli. Altro aspetto attuale e interessante, infatti, è la mancanza di solidarietà tra i figli e il desiderio di primeggiare in vista di un’eredità o dell’amore genitoriale. Genitori, quindi, che non sanno amare in modo sano e figli rivali che giungeranno, per questo, ad un tragico destino. Sotto i riflettori anche la scelta coraggiosa di Cordelia di non rinunciare alla propria autenticità, accettandone coraggiosamente le conseguenze. L’animo puro di Cordelia ed Edgar, costretti a scappare per gli intrighi orditi da Edmund, è un controcanto agli animi abietti di Goneril, Regan ed Edmund, sullo sfondo l’ottusità genitoriale.  

Favria, 17.06.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno abbiamo cura di ogni attimo che rende indimenticabile ogni momento della nostra vita. Felice giovedì.

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Fiducia?

In latino fiducia deriva dall’aggettivo fiducus. Per capire come si forma l’aggettivo possiamo guardare a due casi analoghi, dalla parola mastico, manducus, colui che mangia, il mangione. Così da fido, mi fido, fiducus, colui di cui mi fido. Da li poi le parole fidare, fidarsi, fedele, fedeltà, fiduciario, federazione, fideiussione, fidanzamento. Come si vede questa parola indica il riconoscimento dell’affidabilità dell’altro, dunque indica qualcosa che si conquista sul campo, che richiede l’incontro e il contatto. Alla fiducia non possiamo abbandonarci come per la fede, che invece è un atto assoluto. La fiducia non è un atto istintivo, è invece un atto in cui abbiamo bisogno di familiarizzare, di esporci, di condividere, di saggiare la lealtà di chi ci sta davanti. Soltanto dopo tutto questo daremo fiducia. Quando abbiamo stabilito empatia e intimità nei ragionamenti, diventiamo sicuri che se il depositario della nostra fiducia dovrà decidere per noi lo farà nel nostro interesse. Ritengo che il bisogno di fiducia nasce dalla consapevolezza dei nostri limiti che ci impongono di cercare qualcuno di cui fidarci.  Da questa nostra consapevolezza che da soli non possiamo andare avanti e che siamo animali sociali ed insufficienti a noi stessi già da quando nasciamo. Da bambini la nostra sopravvivenza è dovuta all’aspettativa che riponiamo nella mamma che tornerà a sfamarci. L’opposto della fiducia è lo smarrimento che si prova quando chi riponevamo fiducia nella vita ci tradisce, il verbo latino tradere, significa appunto, l’abbandonare qualcuno, consegnarlo altrove. Oggi certe persone pongono la loro fiducia non sui loro simili ma sull’illusione che possedere delle cose e, qui mi vene in mente il personaggio Mazzarò di Verga! Oggi viviamo purtroppo immersi in una società dai valori liquidi dell’apparire e dell’avere e poco dell’essere. Possedere ricchezze, like e follower sui media a qualcuno provoca il senso di onnipotenza e di armonia con il proprio ego, un pensiero dominante che fa credere di essere autosufficienti. Eppure la parola fiducia è sempre presente nei media, sui social e nei discorsi quotidiani, e abusata quotidianamente. Oggi ci chiedono di avere fiducia nei mercati, i governanti vanno avanti a colpi di fiducia e lo richiedo anoi cittadini per essere votati e rieletti. Tutti ci dicono di avere fiducia che la pandemia passerà, fiducia che la crisi è passata e chi non ha fiducia è solo una persona che gufa! La domanda che mi pongo, ma sono proprio sicuro che quello richiesto in politica, nella pubblicità, sui media sia veramente fiducia. Per me no! la politica e il mercato non se la guadagnano sul campo, ma la domandano a ripetizione e la pretendono per esistere e rafforzare se stessi, senza dare più nulla. Smerciano questa parola in maniera grossolana e svalutata dall’abuso dell’utilizzo, rendendola priva di autorevolezza. La fiducia deriva dalla pratica, lenta e faticosa, della conoscenza e nasce da un rapporto che due o più persone intrecciano tra loro relazioni, tendendo la mano a chi ci ha conquistati, perché la parola fiducia ha una radice simile alla parola amore, il quale, a meno che non sia per per Dio, prevede che siamo sempre in due. Però è anche vero che ogni giorno per andare al lavoro, per mangiare, per muovermi, per vivere, compio una serie infinita di atti di fiducia. Mi affido agli altri, al medico che mi cura, al muratore che ha costruito la casa dove vivo, al meccanico che ha controllato la mia auto. Ogni giorno concedo la fiducia non perché lo voglio, ma perché davvero mi fido e non ne posso fare a meno. Allora la fiducia sui mei simili anche se me la richiedono senza darmi nulla ne tendermi la mano è un investimento sociale e pazienza se rimango deluso sul tale politico o su quella pubblicità. Non ho sbagliato a fidarmi, ma nel riporre la mia fiducia sulle persone o prodotti sbagliati. Da ottimista continuerò a dare sempre fiducia a tutti, non per obbligo e nè paggeria, perché la fiducia mi fa vivere e pazienza se ogni tanto rimango deluso, ne farò esperienza per il futuro.

Con fiducia

Favria, 18.06.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Spesso in pochi attimi c’è più vita che sospirare ogni giorno dentro a una pioggia di pensieri. Felice venerdì.

Notte

Buona notte. Calda è la notte di fine giugno. Nel fosso vicino a casa volteggiano le lucciole nel prato. La notte è serena, calda e vivacemente animata dal volteggiare delle lucciole, che bella la notte calda, lunga, e magnifica per ascoltare storie. Che strana la notte per alcuni è un tesoro di sogni e per altri un forziere vuoto per tutte le domande che si pongono. Di notte ogni cosa assume forme più lievi, più sfumate, quasi magiche. Tutto si addolcisce e si attenua, anche le rughe del viso e quelle dell’anima.

Favria, 19.06.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Quando a un tuo “come va” ti senti rispondere “tutto bene” non può mai essere un’assoluta verità. Felice sabato

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Brandimarte e Fiordiligi.

“Le donne, i cavalier, l’arme, gli  amori, le cortesie, le audaci imprese io canto, che furono al tempo che passarono i Mori d’Africa il mare”. Ludovico Ariosto. Brandimarte e Fiordiligi o Fiordalisa sono due personaggi immaginari presenti, nell’ Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo e nell’ Orlando furioso di Ludovico Ariosto. In tali poemi cavallereschi i due si ritrovano prima come schiavi e dopo, quando vengono allevati nel castello di Rocca Silvana, una volta che hanno compreso la loro regale discendenza, si amano di un mutuo affetto  e decidono di sposarsi. Si convertono al cristianesimo e diventano amici di Orlando  e  lo segue al suo ritorno dall’Oriente in Francia, e Fiordiligi, assai disinvolta viaggiatrice attraverso i paesi più remoti e pericolosi, finisce per unirsi con lui in matrimonio. Fiordiligi è sempre in cerca del suo Brandimarte ed è ansiosa di salvarlo dai pericoli che lo minacciano: ma, al pari di lui, essa rimane fino agli ultimi canti del poema una figura secondaria che interessa non tanto per sé quanto per il ricordo delle graziose avventure dell’innamorato.  Ma nell’episodio del combattimento di Lampedusa, la pagina più severamente epica e altamente umana che l’Ariosto abbia scritto, i due personaggi assumono un valore essenziale. Dopo tante traversie e pericoli finalmente ricongiunti, mentre la pace sta ormai per ritornare sul mondo e Brandimarte è chiamato a succedere al padre nel suo regno in Oriente, i due sposi sono di nuovo separati per un’impresa di guerra: accanto al suo Orlando e Oliviero, Brandimarte deve difendere la causa della cristianità del combattimento contro i superstiti campioni saraceni, i terribili Agramante, Gradasso e Sobrino. Fiordiligi, che non ha mai temuto per Brandimarte,  è ora turbata da tristi presentimenti: questi si avverano,  Brandamarte, mentre sta per uccidere Agramante, è colpito mortalmente da Gradasso e negli ultimi istanti di vita raccomanda a Orlamdo la sua sposa diletta. Orlando, disperato per la morte dell’amico, lo vendicava subito  e vince la dura lotta. Nei successivi funerali solenni dell’ultimo eroe caduto nella guerra,  Orlando pronuncia un discorso solenne e commosso del grande amico dinanzi al feretro.  l funerale di Brandimarte è molto solenne, parte da Biserta ad Agrigento per nave, e poi su fino all’Etna.  Purtroppo le note eroiche della morte del valoroso guerriero  non si possono disgiungere quelle patetiche, di Fiordiligi, che indovina prima ancora di averla intesa la funesta notizia, e poi si chiude in una cella presso il sepolcro dello sposo, dove muore dopo non molto tempo finita dal dolore.

Favria, 20.06.2021  Giorgio Cortese

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Buona giornata. Ogni giorno sono gli istanti che incantano il cuore a darci il senso per cui viviamo. Felice domenica

Cissè la maraja!

Alzi la mano chi non ha mai sentito o detto questa frase. In  piemontese, spesso e volentieri si dice cissé la maràja, vale a dire stuzzicare il gruppo, la marmaglia o una persona particolarmente debole su un determinato argomento. Partendo da lontano, c’è chi sostiene che il verbo cissé, provenga da una base onomatopeica originata dal verso che serve, o serviva, per incitare al movimento un animale da allevamento. Per citare un documento storico di Zalli, risalente al 1815: “voci contadinesche con le quali i bifolchi sollecitano i buoi e le vacche a camminare”. Del resto, sappiamo che l’espressione latina cis indica al di qua di un certo luogo. Cissè vuole dire aizzare e acissè pungolare e la cissa e cissada, pungolo per arrivare alla cissura, aizzamento. Adesso lasciamo perdere l’originario utilizzo animale e veniamo agli utilizzi attuali, specie tra persone. L’atteggiamento di cissé avviene non solo in fase di festeggiamento per dare una svolta di entusiasmo alla serata, ma spesso succede che un gesto, una provocazione o una parola di troppo, sia la goccia che fa traboccare il vaso e scaturisca così un malaugurato litigio. Tutto perché qualcuno è stato punto nel vivo. La vulnerabilità fa sì che questo verbo abbia una sua importanza anche tra i bambini. Quelli un po’ turbolenti, non perdono occasione per farsi provocare da altri e mostrare la loro convinta esperienza nel fare qualcosa e da piccoli i genitori quante volte. Io stesso, da piccolo quante volte i genitori mi hanno detto prima di uscire di casa: bèica ed nen fete cissé! vedi di non farti incitare! Beh per evitare le provocazioni cerchiamo sempre di sorridere rimanendo sempre calmi e composti in ogni circostanza.

Favria,  21.06.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana la saggezza è sempre femminile e la forza è maschile, ma la forza senza saggezza è debole. Felice lunedì

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