“Vietare la montagna e la natura è una follia”. Intervista a Vincenzo Torti (presidente CAI)

Da lunedì 17 gennaio le navi da crociera italiane possono

riprendere a viaggiare. Dallo stesso giorno, gran parte degli italiani che amano praticare la montagna, e che vivono nelle Regioni dichiarate “rosse” o “arancioni”, non possono andare a fare una camminata in un bosco, o un’escursione ben distanziata sugli sci. Massimo rispetto, ovviamente, per chi lavora sulle navi da crociera o nei porti, e per gli armatori che, per far entrare in sicurezza mille e più persone in una nave, hanno messo a punto dei complicati e costosi protocolli anti-Covid. Ma l’ingiustizia è evidente, e dimostra ancora una volta che chi governa l’Italia non sa cosa sia la montagna.

Vincenzo Torti, presidente generale del Club Alpino Italiano, condivide queste preoccupazioni. Venerdì scorso, dopo aver letto l’ultimo DPCM governativo, ha scritto una lettera urgente al premier Giuseppe Conte, per chiedere l’autorizzazione a frequentare la montagna anche in zona “arancione”.

Cosa avete chiesto al Governo, presidente Torti?

“Il DPCM, come i precedenti, prevede che ci si possa spostare per “svolgere attività o usufruire di servizi non disponibili nel proprio Comune”. Secondo il Ministero dell’Interno e le sue FAQ, l’escursionismo con o senza ciaspole, l’alpinismo e lo scialpinismo sono attività sportive, e quindi consentite, purché in forma individuale e nel rispetto delle distanze di sicurezza”.

Nelle scorse settimane, sui social e sui blog, si è molto discusso di questo tema. Chi sa di codici e leggi pensa che si possa andare, molti praticanti hanno paura delle multe, e 530 euro a testa sono un sacco di soldi.

“Si deve poter uscire dal Comune, arrivare in montagna a praticare la propria attività senza assembramenti, per poi tornare direttamente a casa. Per evitare equivoci e multe, chiediamo che la Presidenza del Consiglio si pronunci ufficialmente. Abbiamo chiesto una risposta in tempi brevi, aspettiamo con fiducia”.

Lei cosa pensa, a titolo personale e come presidente del CAI, del divieto di andare in montagna e in natura?

“Penso che vietare di andare da soli in un bosco o in una valle, con o senza la neve, sia una follia assoluta. Non serve a rallentare il Covid, e ha un peso enorme sulla salute fisica e mentale delle persone. E’ un tema che conosciamo bene, anche perché 112 sezioni del CAI praticano la montagnaterapia”.

Molte federazioni sportive hanno ottenuto dal Governo, per i loro soci, il permesso di spostarsi verso gli impianti. Il 31 gennaio si correrà la Marcialonga, e la tessera della FISI consentirà ai partecipanti di arrivare in Trentino. Il CAI non può chiedere lo stesso per i propri soci?

“Il CAI non è una federazione sportiva e, con tutto il rispetto, non fa parte del CONI. L’alpinismo non è uno sport, ma un’attività di grande valore culturale, che l’UNESCO ha inserito nel Patrimonio immateriale dell’Umanità. Crediamo nella coerenza, non fingiamo di essere una federazione sportiva. Ma nella lettera a Conte, e in quelle che abbiamo spedito a partire da ottobre, chiediamo il permesso di andare in montagna e in natura”.

Qualche giorno fa, in un’intervista a Lorenzo Cremonesi sul ‘Corriere della Sera’, lei ha definito i divieti di andare in montagna “un provvedimento cieco e demenziale”. Qual è la causa secondo lei?

“Credo che sia soprattutto un problema di ignoranza. Non si capisce la bellezza della montagna, si ignorano i benefici che essa può avere sulle persone, si pensa alla neve solo in termini di sci di pista e di rifugi e ristoranti affollati”.

A novembre il premier Conte ha detto in televisione che “è incontrollabile tutto ciò che ruota attorno alle vacanze sulla neve”…

“Appunto, è una questione di ignoranza. Ma il problema non è solo del premier. Si è appena insediata la Commissione parlamentare incaricata di modificare e integrare la legge 363 del 2003 sugli sport alpini, io verrò sentito ufficialmente il 19 gennaio“.

E allora? Cosa c’è che non va?

“Leggendo la bozza del provvedimento si capisce che chi lo ha scritto sa poco o nulla degli sport di montagna. Ci sono disposizioni insensate, come l’obbligo di avere sempre con sé ARTVA, pala e sonda in ambiente innevato, anche se si fa una passeggiata in un bosco o accanto alla strada”.

Siete offesi perché non vi hanno sentito?

“Ma no, anche se il CAI e la sua esperienza sono sempre a disposizione di chi governa. La Regione Lombardia qualche volta lo ha fatto, e con buoni risultati”.

Allora il problema vero è il rischio…

“Certamente! L’alpinismo, come una passeggiata con le ciaspole, è un’attività di avventura e scoperta, in cui è fondamentale accettare, e poi saper individuare e gestire il rischio. Dev’essere l’escursionista a decidere quando deve portare l’ARTVA e quando ne può fare a meno!”

Lei nei giorni scorsi si è scagliato contro l’ordinanza emessa l’11 dicembre di Erik Lavévaz, presidente della Regione Valle d’Aosta, che consente ciaspolate e scialpinismo solo se ci si fa accompagnare da una guida alpina.

“Un altro provvedimento assurdo, che vorrebbe imporre un controllo assoluto. Non a caso, la petizione che chiede di abolirlo è stata promossa da due guide, Diego Bertazzo e Roberto Thuegaz. Tra i primi firmatari c’è Eugenio Gramola, presidente del Tribunale di Aosta e scialpinista”.

In questi giorni nel Lazio si discute sui nuovi impianti del Terminillo. Poi ci sono il progetto di collegamento Cervinia-Val d’Ayas per il Vallone delle Cime Bianche, i lavori per le nuove piste di Cortina in vista di Mondiali e Olimpiadi. Qual è la posizione del CAI?

“Lo abbiamo detto più volte, siamo contro la proliferazione di nuovi impianti. Si deve superare la monocultura dello sci alpino, si deve far crescere un turismo invernale più compatibile con l’ambiente, e che non faccia sperperare denaro pubblico. Tra le Alpi e l’Appennino abbiamo censito 312 impianti obsoleti e abbandonati, che devono essere eliminati”.

Prima delle vacanze di Natale ho proposto alle guide alpine, e in particolare a quelle di Roma e dell’Abruzzo, di regalare al premier e ai suoi ministri una passeggiata con le ciaspole per scoprire la bellezza dell’Appennino innevato. Era una provocazione, però…

“Abbiamo bisogno che qualcuno, nel Governo, si renda finalmente conto dell’importanza e della bellezza di ciò che viene ingiustamente proibito agli italiani”.