L’utilità di fare la punta ai chiodi di Giorgio Cortese

Si sa che è inutile fare la punta ai chiodi, ma a volte si ha sempre un chiodo fisso in testa, un pensiero ossessivo, un’idea assillante che non si riesce ad allontanare. Viene allora la tentazione, per puntiglio di fare la punta al chiodo tornando sempre sullo stesso argomento, battendo sempre lo stesso chiodo. In quei frangenti ci sembra di provare lo stesso gusto che a succhiare un chiod, perseguire ostinantemnte le nostre idee o fare qualcosa che non dà alcun piacere o soddisfazione, ma solo per l’ostinazione di farlo. In quei momenti di dura ostinazione è passare al chiodo scaccia chiodo, un nuovo pensiero ne scaccia un altro dello stesso genere ma più sgradevole. Questo detto colloquiale può avere origine da un antico gioco praticato in Grecia, che consisteva nell’usare un piolo per scalzare o affondare maggiormente un altro piolo conficcato nel terreno. purtroppo nella vita quotidiana ci confrontiamo con delle persone che sono dei grandi venditori di fumo ma non battono chiodo e questo è sttto gli occhi di tutti. Se poi devono battere un chiodo molte volte lo piantano contraendo dei debiti che rimangono in sospeso molto a lungo, o che si dubito verranno mai saldati. Il modo di dire piantare il chiodo nasce da una antica usanza di affiggere pubblicamente il nome dei falliti e dei debitori pubblici nella “bolletta”, e ancor oggi molti esercenti tengono infilzati o appesi a un chiodo scontrini e foglietti che riportano i crediti da riscuotere. Visto che è impossibile fare la punta al chiodo appendo al chiodo tale argomentazioni. Pensate che la frase “appendere al chiodo” arriva dall’Antica Roma, un’usanza seguita dagli antichi gladiatori, che quando venivano liberati dedicavano le loro armi al Dio Ercole e le appendevano alle partei del tempio a lui dedicato. (Orazio, Libro I, Epistola I, e Libro III, Ode 26). Altri invece appendo il cappello al chiodo, si stabiliscono in un luogo per non andarsene più. Al riguardo una a vecchia favola racconta di un uomo che si vide un giorno costretto a vendere la sua casa. Tuttavia si riservò la proprietà di un chiodo che sporgeva da una parete, e prima di andarsene vi appese un vecchio cappello. Il tempo passò, l’uomo riuscì a migliorare le sue condizioni finanziarie e decise di tornare in possesso della vecchia casa, ma quando si presentò per riacquistarla gli venne chiesto un prezzo esorbitante. L’uomo sembrò rinunciare all’acquisto, ma da allora in poi si ripresentò ogni giorno per riprendere e per riporre sul “suo” chiodo il vecchio cappello. Giorno dopo giorno, esasperò talmente i nuovi proprietari che questi gli rivendettero la casa a condizioni accettabili. Mi rendo conto che parlo di roba da chiodi! Una esclamazione che può anche significare “roba di pessima qualità” oppure la trattazione di argomenti strani o mai sentiti. Fra le moltissime ipotesi, la più verosimile è che quest’espressione vada intesa, letteralmente, come “roba da chiodi”; roba adatta, cioè, solo per ricavarne chiodi. E’ noto, infatti, che un tempo i fabbri adoperavano gli avanzi di ferro, i residui di altre lavorazioni, insomma materiale di scarto per fabbricare i chiodi quando questi, i chiodi, venivano lavorati a mano. Insomma argomentazioni insostenibili e inconcludenti come fare la punta ai chiodi e, quindi, abbisognevole di essere insieme a forza di chiodi.
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