• Architettura in Val Soana Archeologia in V.Soana
• un preciso canone architettonico…
dal libro “Sui sentieri della Val Soana” – ed CDA Torino Tor: la casa-forte
• Cappelle votive
Camminando attraverso le vecchie frazioni della Val Soana, per capire le modalita’ di costruzione delle case e la struttura delle borgate.
Brenvetto e` un bellissimo villaggio della Val Soana che conserva ancora oggi le caratteristiche architettoniche di un tempo, con le case in pietra e legno prive di qualsiasi ristrutturazione o rimaneggiamento.
Nelle valli alpine la casa non e` infatti solo una nota di colore, ma l’espressione dell’uomo, della sua lotta continua con la natura che lo circonda, delle sue usanze e delle sue necessita’.
La sovrapposizione di diverse civilta’ e il corso precipitoso della storia sfiorano appena le nostre montagne. Qui la civilta’ agricola e pastorale, assorbita sempre piu’ dall’attrazione dei centri industriali della bassa valle e della pianura, ha lasciato le sue tracce: frazioni purtroppo deserte, case ormai disabitate e in rovina…
Una solitudine che fa pensare alle generazioni di montanari che su questi monti vissero, e alle fatiche patite per costruire le loro abitazioni, nella ricerca e nell’applicazione di quello che possiamo definire un preciso canone architettonico, dove niente e` dovuto al caso, ma alle necessita’ e alle esigenze di ciascun periodo.
Caratteristica arcata in pietra, ricorrente in Valle Soana
Architrave ricavato da un blocco monolitico
I villaggi della Val Soana
Se ci poniamo in tale prospettiva, va da se’ ammettere che oggi viviamo un paradosso piu’ che evidente. Cioe’ : appena possiamo, ristrutturiamo queste costruzioni, le ampliamo, le modifichiamo in funzione di gusti, di sensibilita’, di concezioni tutte nostre. Ma di esse, della loro storia, della loro tipologia, dei loro materiali non sappiamo – colpevolmente – quasi nulla. E proprio per colmare una simile ignoranza, per rinsaldare la frattura che divide la nostra civilta’ da quella della montagna di un tempo,e` al contrario utile conoscere a fondo appunto quello che il passato e` stato.I villaggi o le case della Val Soana sono simili a quelli di alcune valli limitrofe, ma in sostanza le singole costruzioni sono profondamente diverse nell’aspetto e nello spirito e rappresentano un patrimonio artistico da salvare.
Ma per salvare bisogna conoscere. Ad esempio: comprendere che per la costruzione di una casa (elemento che accomuna l’abitazione di ieri a quella di oggi) fondamentale e` la sua esposizione al sole e la difesa dal freddo. La vita che si svolgeva in tutte le frazioni della Val Soana, ancora fino a pochi anni fa, era basata su un’economia chiusa, di ciclica autosufficienza, fondata essenzialmente sulla pastorizia: i lunghi inverni si trascorrevano nelle stalle e – durante l’estate – la maggior parte degli uomini conduceva la vita nomade degli alpeggi. Durante la stagione fredda il villaggio rimaneva isolato, e doveva dunque bastare a se stesso: il forno, il mulino, il torchio, la fontana con l’abbeveratoio, erano in comune.
Generalmente, le borgate venivano costruite sulle alture, seguendo le valli naturali e i corsi dei torrenti, e avevano come epicentro la chiesa e la fontana comune. Inoltre, la posizione di ciascuna casa era subordinata alla collocazione e alla distribuzione dei terreni di proprieta’, che risultano nei pressi delle vie di comunicazione, frazionati in minutissime particelle. E va da se’ che anche la pendenza del terreno era importante, se non altro per far si che la costruzione della casa richiedesse uno scavo delle fondamenta il meno dispendioso possibile.
I materiali utilizzati per la casa valsoanese erano quelli che la natura offriva: la pietra e il legno. Materiali che erano fonte di risparmio di denaro e di energie, nonche’ uno dei fattori fondamentali che influivano sulle forme dell’architettura rurale. La pietra, utilizzata per le murature e per la copertura dei tetti, veniva estratta da cave della zona, mentre il legname, adoperato per le travature dei tetti,per la formazione dei solai e per la costruzione dei serramenti, proveniva dalla lavorazione di grosse piante di alto fusto, principalmente larici, tagliati nei boschi e fatti stagionare per circa un anno.
Le caratteristiche della casa
La distribuzione interna delle abitazioni valsoanesi non e`molto dissimile da una casa all’altra, e gli ambienti sono i medesimi: al piano terra o seminterrato vi e` la stalla (lo beui) con adiacente la cantina (la crota), per la conservazione dei cibi e formaggi. Il primo piano e` adibito a cucina. Le camere sono in prossimita’ della cucina, divise da una semplice tramezzatura, oppure ai piani sovrastanti, collegate da una scala in legno interna. L’ultimo piano e` adibito a solaio dove, alcune volte, trova sede il fienile. La latrina esterna posta generalmente sul balcone o ballatoio. Alla fine dell’800, la casa degli abitanti piu’ facoltosi si e` trasformata in un abitazione di tipo cittadino, con il balcone in pietra lavorata e la ringhiera in metallo, con ampie finestre, facciate intonacate a calce.
La stalla (lo beui) era il luogo dove – nei tempi passati – si trascorrevano le lunghe serate invernali. Le donne, chiacchierando e raccontando ai bambini fantastiche storie di maghi e di streghe, filavano la lana e la canapa. Nella stalla non mancava un pagliericcio di foglie di faggio bisatchon, sul quale si dormiva quando si seguiva il parto della mucca . E a dire il vero, per il caldo gradevole che regalava, durante l’ inverno, le persone anziane preferivano dormire appunto su questo pagliericcio.
Nella cucina c’ era un camino in pietra, che serviva a cuocere i cibi e a scaldare le bevande per le mucche.
In alcune case c’ era lo peio, una sala con le credenze, il tavolo e le sedie : qui si desinava nelle occasioni piu’ importanti o nella stagione estiva. Le camere da letto avevano ach’esse un arredamento molto semplice. I letti erano in legno, alti, privi di rete metallica, al posto della quale vi erano delle assi. Le famiglie piu’ povere invece del materasso avevano un saccone pieno di foglie di faggio . Al contrario , quelle benestanti mettevano due materassi, uno di crine e – a partire dagli anni ’20 – uno di lana. Le lenzuola erano ruvide e in canapa filata in casa. In inverno ci si copriva con la trapunti, in estate con le cuerte de drap.
I vestiti erano riposti nelle cassapanche, spesso portate in dote dalla sposa. I gonel del costume, le giacche degli uomini e i cappelli si appendevano agli attaccapanni o a semplici ganci in legno. Non tutti avevano i comodini, il taulin da noit. In un angolo, per lavarsi c’era lo cadin, in ferro smaltato. Verso gli anni ’20 comparve il porta catino con la brocca per l ‘acqua.
Il tetto in pietra
Quando la pietra sia salita sul tetto, non e` facile dirlo. Ciascun paese aveva la sua particolarita’ nell’impiego e nella tipologia dei materiali utilizzati nella costruzione, creando cosi un’invidiabile armonia con il paesaggio circostante. Una delle caratteristiche principali degli edifici valsoanesi era l’utilizzo di grandi lastre di pietra per la copertura dei tetti, le lose, ricavabili dalle rocce scistose stratificate. Il perche’ delle lose e` semplice: possono resistere secoli, con una durata ben superiore a quella delle travature che le sorreggono; e, recuperate dai vecchi tetti o dalle rovine di un fabbricato crollato, possono essere riutilzzate piu’ volte.
La tipologia di posa si differenzia in base all’artigiano che la esegue. In passato le lose venivano solamente appoggiate alla travatura sottostante, e intercalate tra di loro con piccole scaglie sempre in pietra. Si trattava di una tecnica che richiedeva numerosi interventi di manutenzione, soprattutto dopo i lunghi inverni con abbondanti nevicate.
Attualmente le lastre utilizzate sono a forte spessore (fino a 7 centimetri) o sottili (3-4 centimetri), generalmente realizzate con elementi irregolari o scantonati a mano, in formati squadrati o arrotondati. La posa prevede nei tipi piu’ grezzi la messa in opera di pietre di maggiori dimensioni verso la falda di gronda, con formati via via decrescenti verso la falda di centro. Nei tipi di minore spessore la posa e’ eseguita con regolarita’ , fatte salve le pietre di gronda che, per realizzare il necessario sporto, sono generalmente di maggiori dimensioni. La posa per semplice appoggio e` ormai quasi del tutto abbandonata a vantaggio di altre due tecniche: la “posa per chiodatura” consiste nel forare le lose e fissarle con chiodi alla sottostante struttura di appoggio, mentre la “posa mediante ganci” prevede il fissaggio delle lose con ganci in rame o acciaio all’orditura in legno sottostante.