Da Ceresole Reale al Premio Nobel per la fisica: la storia di John Michael Kosterlitz tratto da QuotidianoCanavese

Da Ceresole Reale al Premio Nobel per la fisica. Possibile? Si, se vi chiamate John Michael Kosterlitz, vincitore ieri del Nobel e «vecchia» conoscenza del Canavese. Da giovane, esperto alpinista, salì su diverse vette in Valle Orco, tanto che una fessura diventata mitica per tutti gli amanti dell’alpinismo a livello internazionale si chiama proprio fessura Kosterlitz (nel video sotto) perchè il futuro premio Nobel la liberò per la prima volta nel 1970. La storia di Kosterlitz come alpinista parte dalla fine del 1960 quando, allora studente del Politecnico di Torino, fu portato in Canavese da due guru dell’arrampicata: Gian Carlo Grassi e Gian Piero Motti. John Michael Kosterlitz «scopri e contribuì a sviluppare un nuovo modo di intendere e vivere l’arrampicata».
A metà degli anni novanta, durante la costruzione della nuova galleria per Ceresole Reale, il Masso Kosterlitz stava per essere distrutto dalle ruspe. Era stato un articolo pubblicato sulla Stampa nel maggio dell’89 a salvare la «Fessura Kosterlitz» dalle ruspe e dalla dinamite. Una encomiabile petizione degli arrampicatori riuscì incredibilmente a salvarlo. Il masso si trova all’uscita a monte della galleria, proveniendo da Noasca in direzione di Ceresole: basta svoltare subito a sinistra verso il campeggio La Peschiera. A lato della strada si incontra subito il masso Kosterlitz, con la celebre fessura. La fessura propone un incastro di mano, leggermente strapiombante all’inizio. È divenuta così famosa perché salendola con altre tecniche che non siano l’incastro è molto più difficile. La fessura è gradata 6b boulder, ma per alcuni arrampicatori non in possesso della tecnica adatta, risulta difficilissima, se non impossibile. Solitamente la Fessura Kosterlitz si sale slegati, ma è bene rendersi conto che si tratta di un high-ball, anche possedendo il crash pad. Si consiglia pertanto di provarla prima con la corda dall’alto.
Il Kosterlitz alpinista, ancora lontanissimo dal Nobel, tornò poi in Canavese nel 1973 quando disegna il «Pesce d’aprile» alla Torre di Aimonin e il «Sole nascente» al Caporal, altre due vie che rimarranno nella storia dell’arrampicata.
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