Franco Chiapetto al Castlas dl’Eremita

… sono già salito parecchie volte al Castlas, o per andare alla Cima del

Cavallo o piu’ facilmente per scendere alla Punta Vallotta per poi tornare fuori sentiero per l’Alpe Vallotta, il tesoro non l’ho mai trovato, ma neppure cercato, ma che in questo posto ci sia qualcosa di magico ne sono certo …
Tra molta realtà e un po’ di leggenda…. Valle Soana, Ronco Canavese nei dintorni dell’anno 1800 l’Eremita e il suo Castlas Giuseppe Fedele De Stefanis, nato nella seconda metà del settecento a Ronco Canavese e morto nel 1837, apparteneva a una illustre famiglia della valle che vide tra i suoi membri notai, sacerdoti e medici. Egli era appunto stimato notaio, che abitava a Ronco nella casa, ancora visibile nel centro del paese, attualmente di proprietà della famiglia Aimonetto, dove si trova un vecchio mulino. Il notaio, che fu a lungo anche il sindaco di Ronco, fortemente attratto dalle idee liberali provenienti dalla Francia, aveva aderito alla setta segreta della Carboneria e si riuniva spesso con altre persone influenti per parlare di libertà. Fu un attivissimo promotore delle idee di Mazzini e diffusore di stampati propagandistici; pare che gran parte delle cartelle del prestito mazziniano siano stata da lui importate attraverso i valichi alpini. Ovviamente la sua attività non era ben vista dalla polizia che, ogni tanto, mandava i gendarmi a controllarne e prevenirne eventuali attività sediziose. Il Sor Giusèp, come veniva amichevolmente chiamato dai paesani, poteva però utilizzare il sotterraneo che dalla sua abitazione conduceva alla Chiesa parrocchiale. Il che consentiva ai cospiratori, arrivati i gendarmi, di sparire dalla abitazione di De Stefanis per riapparire in Chiesa, intenti nella preghiera e nelle devozioni. Questo “passaggio segreto”, a differenza di molti altri di pura fantasia, è esistito veramente e si può ancora vedere l’accesso ai cunicoli, oggi murati: quando furono realizzati i lavori di asfaltatura di via Vittorio Emanuele II, proprio accanto all’attuale Bar Tre Rose, al passaggio del rullo compressore la strada crollò, rivelando il cunicolo che proseguiva verso la Chiesa. Dopo i moti del 1821, avendo il De Stefanis partecipato alla sommossa di Ivrea, venne attivamente ricercato. Si racconta allora che il Sor Giusèp si sia rifugiato sui monti dell’Azzaria, dove aveva una casa imponente, della quale restano i ruderi, dotata di una ingegnosa condotta d’acqua, costruita in pietra, che partiva dal vallone del Rancio della Losa e arrivava al “castello” di De Stefanis. Qui il notaio carbonaro visse in tranquillità sino alla sua morte, potendo contare sulla solidarietà dei montanari della valle che, al comparire delle guardie, stendevano sul tetto delle baite, visibili dalla sua residenza, un lenzuolo bianco, per avvertirlo e consentirgli di sfuggire alla cattura. La leggenda racconta che Sor Giusèp abbia nascosto nel suo “castello” un ricco tesoro, insieme a segretissimi documenti della sua attività nella Carboneria, ma ovviamente non si è mai ritrovato nulla. Si dice che il suo fantasma aleggi ancora intorno ai luoghi della sua latitanza e infatti, nelle baite poco distanti , la notte le pecore scappano dai recinti e le mucche non possono dormire se non vengono legate a due a due. Risponde invece a verità storica il lascito di De Stefanis ai poveri del comune del bosco della Bandita del Santo Spirito che domina il capoluogo di Ronco: l’ente comunale di assistenza procedeva ogni anno al taglio del bosco e, con il ricavato, emetteva buoni per le famiglie indigenti del paese.( testo tratto da “ il Canavese delle valli Orco e Soana 2009 Hever edizioni ) Foto di Franco Chiapetto