Sono ormai passati quarant’anni da quel 6 gennaio 1978 in cui a Pont Canavese muoveva i suoi primi passi, con tanto entusiasmo e pochi mezzi, l’associazione “Ij Canteir”, ponendosi l’obbiettivo di promuovere e valorizzare i “valori etnico-ambientali” delle valli Orco e Soana.
Proprio mentre il declino della civiltà alpina segnava il suo punto di non ritorno con l’abbandono di intere borgate e dell’agricoltura di montagna, che nei secoli aveva profondamente plasmato la fisionomia del territorio dei solchi vallivi compresi tra l’Orco e la Soana, un folto gruppo di amici pontesi, uniti dalla comune passione per l’ambiente e la cultura valligiana, decidevano che tutto questo ricco patrimonio di architettura, tradizioni, lingua e modi di vivere non poteva e non doveva andare completamente perduto.
E’ doveroso quindi ricordare prima di tutto i nomi dei fondatori e promotori della nascita dell’associazione Ij Canteir, avvenuta in quell’ormai lontano 1978: Domenico Aimonetto, Teodoro Albertano, Giacomo Castagna, Alfredo Gea, Don Piero Orso, Bruno Panier, Renzo Pettinà, Massimo Querio, Silvio Querio, Luciano Truffa, Albino Vaja e Alfredo Valsoano, a cui si aggiungeva, tra i “promotori”, anche Giuseppe Sereno Garino.
Ed è importante sottolineare anche i nomi dei quattro presidenti dell’associazione che si sono succeduti in questo quarantennio, ad iniziare da Giacomo Castagna, che ha guidato il sodalizio per oltre vent’anni dalla sua fondazione fino all’alba del nuovo millennio, a cui è succeduto Alfredo Gea e, per alcuni mesi dopo la sua prematura scomparsa, l’allora vicepresidente Roberto Valle, fino all’attuale presidente Marina Balagna, che guida Ij Canteir dal 2015.
Ed insieme a loro ovviamente i tanti altri soci e membri del consiglio direttivo che nel tempo hanno cercato pur tra mille difficoltà di continuare a tenere alta la bandiera della storia e delle tradizioni locali, anche se purtroppo le nuove generazioni di pontesi sembrano oggi essere diventate meno sensibili, per non dire “impermeabili”, a questi temi.
Quasi a dispetto di quel cartello stradale che, posto all’imbocco di Pont (e che allora ancora non c’era), segnala e dovrebbe rammentare, anche agli spesso immemori e “distratti” abitanti locali, che si sta entrando nelle “Valli Francoprovenzali”.
Ma, se si guarda la realtà senza inutili abbellimenti di maniera, ci si accorge che oggi sono purtroppo ormai pochissimi i ragazzi che in paese ancora si esprimono abitualmente, in famiglia ed altrove, in dialetto o patois che dir si voglia, che decine e decine di borgate sulle montagne valligiane sono ormai diventate sequele di ruderi persi tra rovi ed arbusti, e che i prati ed i coltivi che, ancora mezzo secolo fa, facevano loro da contorno sono ormai stati invasi dall’avanzare prepotente del bosco.
Eppure Ij Canteir in questo scenario del tutto sfavorevole del panorama culturale, demografico ed economico delle valli Orco e Soana, e pur con gli scarsi mezzi sia economici che umani a disposizione, in questi ultimi decenni hanno comunque dato il loro importante contributo affinché di questa civiltà alpina valligiana rimanga almeno qualche brandello di ricordo per le future generazioni.
Forse (anzi, quasi certamente) più di quanto fatto da tante altre istituzioni pubbliche, alcune cose importanti e tangibili sono state realizzate, ed il Museo Etnografico di Pont, la pubblicazione di oltre 40 numeri della rivista sociale “La brasa… la spluvia”, le uscite sul territorio valligiano, il gruppo in costume locale, l’organizzazione e la partecipazione alle manifestazioni anche internazionali sulla lingua e cultura alpina, ne sono tra tante altre la concreta testimonianza.
“ Ora non ci resta che costruire il futuro – scrivono Ij Canteir sull’ultimo numero uscito della loro rivista sociale – Per fortuna ultimamente si stanno unendo al nostro gruppo in costume alcune graziose fanciulle, molto motivate e piene di entusiasmo. Speriamo in loro, speriamo che mantengano nel tempo questo impegno a mantenere vive le tradizioni del nostro paese e che portino una ventata di freschezza e di passione nell’Associazione. Senz’altro questo è il migliore augurio che ci possiamo fare dopo quarant’anni di vita”.
(da IL RISVEGLIO POPOLARE del 1 febbraio 2018 di Marino Pasqualone )nella foto Giacomo Castagna e Alfredo Gea