UNITRE Cuorgnè, Mercoledì 23 ottobre: Cantastorie un viaggio tra letture e canzoni a cura di Giorgio Cortese

Tutti sorridono nella stessa lingua

Il docente della lezione Unitre di Cuorgnè, Fabrizio Griffa, ha portato in scena la lezione sulla figura del Cantastorie, questo con l’ausilio come voce fuoricampo e immagini di Sabina Mascali. Il cantastorie è il seminatore di sorrisi con le storie: “Tango o gelosia”, “La festa di San Rocco”, dove ha unito il sacro e il profano, poi l’avvincente il “Collezionista di attimi”, “La prossima vita”, “Le donne di Botero”, sempre attuale nel riflettere sul bullismo e i problemi dell’obesità giovanile. Fabrizio Griffa ha portato in scena per sessanta minuti le umane emozioni. Ma chi sono i cantastorie? Una figura tradizionale della letteratura orale e della cultura folkloristica, che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica, spesso in una nuova rielaborazione, sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei che entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità, attività che negli anni Cinquanta del Novecento è stata sopraffatta dalla radio e dalla nascente televisione. Allora i cantastorie usavano uno strumento per accompagnare la “Cantata”, di norma la chitarra, ma ne usavano anche altri, come la fisarmonica o la lira in tempi più remoti. Si aiutavano con un cartellone dove veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, dove era descritta la storia. L’uomo del “cantastorie” fa ridere, è vero; ma commuove anche, ed è umano, troppo umano perché lo si abbandoni a sé stesso con cinismo. No, il “cantastorie” non è cinico: sembra svagato, divertito, fantasioso, distratto, ma invece è appassionato, indignato, pronto a battersi a modo suo. Sempre a fianco di chi non si arrende, anche se è un poveraccio che fa sorridere, che fa pena. I “cantastorie” sono dei ribelli, il loro motto è quello degli anarchici contro i padroni: “Una risata vi seppellirà”. Per questo ridono: per non piangere. Ridono con furore, con sarcasmo, taglienti, irridenti, irriverenti. Il messaggio a fine della lezione è stato proprio quello di sorridere sempre, di guardare negli occhi con chi parliamo lasciando da parte i social che non socializzano, ma parlare e sorridere. Nella vita un sorriso non costa nulla, ma dà più luce della corrente elettrica. Il mondo sembra sempre più luminoso dietro un sorriso e possiamo arrivare al cuore di ognuno, passando per il sorriso. Insomma inondiamo il mondo con la pandemia dei sorrisi, perchè due cose ci salvano nella vita: amare e ridere. Se ne abbiamo una va bene. Se le abbiamo tutte due, beh allora saremo invincibili.Giorgio Cortese