Tutti sorridono nella stessa lingua
Il docente della lezione Unitre di Cuorgnè, Fabrizio Griffa, ha portato in scena la lezione sulla figura del Cantastorie, questo con l’ausilio come voce fuoricampo e immagini di Sabina Mascali. Il cantastorie è il seminatore di sorrisi con le storie: “Tango o gelosia”, “La festa di San Rocco”, dove ha unito il sacro e il profano, poi l’avvincente il “Collezionista di attimi”, “La prossima vita”, “Le donne di Botero”, sempre attuale nel riflettere sul bullismo e i problemi dell’obesità giovanile. Fabrizio Griffa ha portato in scena per sessanta minuti le umane emozioni. Ma chi sono i cantastorie? Una figura tradizionale della letteratura orale e della cultura folkloristica, che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica, spesso in una nuova rielaborazione, sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei che entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità, attività che negli anni Cinquanta del Novecento è stata sopraffatta dalla radio e dalla nascente televisione. Allora i cantastorie usavano uno strumento per accompagnare la “Cantata”, di norma la chitarra, ma ne usavano anche altri, come la fisarmonica o la lira in tempi più remoti. Si aiutavano con un cartellone dove veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, dove era descritta la storia. L’uomo del “cantastorie” fa ridere, è vero; ma commuove anche, ed è umano, troppo umano perché lo si abbandoni a sé stesso con cinismo. No, il “cantastorie” non è cinico: sembra svagato, divertito, fantasioso, distratto, ma invece è appassionato, indignato, pronto a battersi a modo suo. Sempre a fianco di chi non si arrende, anche se è un poveraccio che fa sorridere, che fa pena. I “cantastorie” sono dei ribelli, il loro motto è quello degli anarchici contro i padroni: “Una risata vi seppellirà”. Per questo ridono: per non piangere. Ridono con furore, con sarcasmo, taglienti, irridenti, irriverenti. Il messaggio a fine della lezione è stato proprio quello di sorridere sempre, di guardare negli occhi con chi parliamo lasciando da parte i social che non socializzano, ma parlare e sorridere. Nella vita un sorriso non costa nulla, ma dà più luce della corrente elettrica. Il mondo sembra sempre più luminoso dietro un sorriso e possiamo arrivare al cuore di ognuno, passando per il sorriso. Insomma inondiamo il mondo con la pandemia dei sorrisi, perchè due cose ci salvano nella vita: amare e ridere. Se ne abbiamo una va bene. Se le abbiamo tutte due, beh allora saremo invincibili.Giorgio Cortese