Protezione e prevenzione – Shibbolet! di Giorgio Cortese

Quale vantaggio hanno i bugiardi? Che quando dicono la verità non sono creduti. E giustificano la bugia è un’altra bugia.

Protezione e prevenzione
In queste giornate di pioggia e di disastri nell’Italico Stivale ci accorgiamo che abbiamo degli angeli che sotto la pioggia ed in mezzo al fango vegliano sulla nostra sicurezza: sono i volontari di Protezione Civile. Loro non fanno politica, lavorano sodo! Loro non fanno proclami della serie mai più condoni edilizi! Loro prevengono anche dove il territorio è ammalato di costruzioni fatte in luoghi dove non si doveva costruire. Loro non si lamentano delle opere mai fatte per la sicurezza, lavorano duro ed in silenzio per la nostra sicurezza. Purtroppo c’è sempre la mano dell’uomo, che non mette in sicurezza o toglie sicurezza. Vale per le alluvioni, e anche per i terremoti. Quando avviene un terremoto, la colpa non è del fenomeno naturale ma perché quelle case cadute non erano antisismiche in un’area sicuramente sismica. Quando certe zono zone abitate sono preda di esondazione dei fiumi e delle rogge, la colpa non è dell’acqua ma di chi ha permesso di costruire in luoghi soggetti ad esondazioni, di chi ha intubato in maniera innaturale gli stessi corsi d’acqua. Ma allora di domando quanto serve gridare “al lupo al lupo”? È la domanda che mi pongo in questi giorni dopo aver letto suoi giornali fosche previsioni. Ritengo che gli allarmi non siano inutili e bene ha fatto la protezione civile a darne un continuo aggiornamento con tempestività cronologica e puntuale. Penso che sia meglio allarmarsi prima che, poi dopo piangere i morti ed i danni e protestare. Certo prevedere non è possibile, ma prevenire sì. E anche abituarmi a convivere, allarmi compresi, con una natura che spesso per colpa dell’uomo può farmi molto male. Concludo ringraziando pubblicamente i volontari di protezione civile Comunale e quelli della Fenice che non fanno solo il loro dovere, ma con umanità e spirito di sacrificio durante le emergenze rappresentano davvero una catena di solidarietà, pronta a mettersi in moto in qualsiasi giorno e in qualsiasi ora, con uomini capaci di donarsi e di sacrificarsi.
Favria, 16.11.2014 Giorgio Cortese

Quando, a volte con difficoltà, “pratico” la pazienza la mia mente rimane libera da grandi confusioni e questo mi rende più tranquillo e sereno

Shibbolet!
Shibboleth, strana parola che deriva dal’ebraico con il significato di spiga o di torrente. Lemma molto raro che ancora oggi so usa per indicare come segno di riconoscimento di un gruppo linguistico determinato in base a varianti della sua pronuncia; il termine deriva da un episodio biblico. Nel Libro dei Giudici, la Bibbia parla di una battaglia sul Giordano fra Galaaditi ed Efraimiti, vinta dai primi. Alla fine di una battaglia non era così semplice capire chi dei sopravvissuti fosse di quale fazione, allora non esistevano le divise e le bandiere, così i Galaaditi, ai soldati che si avvicinavano al Giordano per guadarlo, domandavano di pronunciare una parola: shibbóleth. Gli Efraimiti, nella loro lingua, non conoscevano il suono “sh” , come sciarpa o sci, e quindi con la loro cattiva pronuncia rendevano subito palese di non essere Galaaditi, e venivano uccisi. Si tratta del più antico episodio di questo tipo ad essere documentato, e perciò la parola ha attraversato la storia, fino ai giorni nostri con la sua agghiacciante concretezza. Nel Italico Stivale è succedeva durante i Vespri siciliani del 1282, allora i siciliani in rivolta contro i francesi mostravano ai sospetti un pugno di ceci, e se i malcapitati pronunciavano la parola “ciciri”, con accento francese, venivano subito passati per le armi. Nel 1937 nella Repubblica Dominicana, quando il dittatore Trujillo fece uccidere decine di migliaia di haitiani: i suoi scagnozzi li identificarono mostrando loro rametti di prezzemolo, in spagnolo, perejil; anche in questo caso l’accento del creolo haitiano, derivato dal francese, li avrebbe traditi. E non si contano le volte in cui è accaduto in tutta l’Europa centrale, fra Francia, Paesi Bassi, Germania e Austria, sempre in occasione di battaglie o di guerre fra paesi vicini. E quella di usare uno shibbolet è stata una tattica praticata perfino in Estremo Oriente: in Giappone, dopo il grande terremoto del Kantō del 1923, scoppiò una caccia alle streghe contro i Coreani, a cui erano attribuiti sciacallaggi e sabotaggi; anche in questo caso furono individuati per il loro modo di pronunciare certe parole. Invece, durante la Seconda guerra mondiale, gli Statunitensi erano soliti far pronunciare la Parola lollapalooza, individuando in quel lemma la difficoltà di un giapponese, e perciò, nemico, nel distinguere “l” ed “r”, al contrario, ad esempio, dei Filippini. Vi sembra una parola strana ma il suo uso è sempre stato quello di eliminare gruppi linguistici nemici.
Favria 17.11.2014 Giorgio Cortese