Piccole cose. – La rivolta dei Bonnets rouges – I Burgravi – Il pomodoro. – 21 Aprile Sant’Anselmo di Aosta – Salvare capra e cavoli. – San Giorgio, il Megalomartire. – Il fischietto dell’arbitro…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Piccole cose. Da minime cose è attratta la mia attenzione specie quelle della prima

mattina la finestra in cucina con il merlo sulla ringhiera del balcone. Nel frattempo appena alzato cerco di mettere in ordine il disordine dei mei pensieri appena alzato. Osservo e rifletto sui colori e profumi minimi della vita tenendo sempre appuntita matita nel mio animo che fa rima con vita.
Favria, 17.04.023 Giorgio Cortese

Buona giornata.  Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza. Felice lunedì.

Esiste dentro di noi la gioia di aiutare. Basta ascoltarla. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA MERCOLEDI’ 19 APRILE  2023, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

La rivolta dei Bonnets rouges

Il 18 aprile 1675, a Rennes, la folla saccheggiò gli uffici delle autorità fiscali. Sfila per le strade al grido di: “Viva il Re… senza gabella e senza editti!” Iniziò così una delle più violente rivolte anti-tasse del XVII secolo, sotto il regno di Luigi XIV. Trascinerà in sedizione gran parte della Bretagna e in particolare i contadini della Bassa Bretagna, il paese di Bigouden e la regione di Quimper, nell’attuale dipartimento del Finistère. Rimane conosciuta come la rivolta del cappello rosso o la rivolta della carta bollata, dopo la tassa all’origine della rivolta. Tre anni prima, il Re Sole si era impegnato nella guerra olandese. Mancando le risorse per affrontarlo, introdusse nuove tasse. Ordinò quindi che tutti gli atti giudiziari e notarili fossero d’ora in poi redatti su carta timbrata con fleurs-de-lis, con una tassa dell’ordine di un sol, sou, per foglio. Inoltre, riscuote una tassa di venti centesimi su ogni libbra di tabacco. Queste nuova tassa suscitarono la  rivolta  prima degli quitani e poi la rivolta della popolazione di Bordeaux il 26 marzo 1675. Il Parlamento di Bordeaux pronuncia di propria iniziativa la sospensione delle nuove tasse. Gli abitanti di Rennes e Saint-Malo si ribellarono a loro volta. Stesse manifestazioni a Nantes il 23 aprile e di nuovo a Rennes il 3 maggio, dove il governatore della città preoccupa il segretario di Stato per la guerra Louvois per l’intensità della “emozione popolare”. Allo stesso tempo, a giugno, la rivolta è scoppiata nella campagna della Bassa Bretone, nel paese di Carhaix e Rohan. Non riuscendo a raggiungere gli agenti reali delle autorità fiscali, i contadini attaccarono i signori. Sotto la guida di Sébastien Le Balp, un notaio di Kergloff, vicino a Carhaix, i Berretti Rossi presto diffusero il terrore nelle campagne. Alla fine di giugno, nuovi castelli e manieri sono stati bruciati e i loro proprietari uccisi o feriti. Il 3 luglio, Madame de Sévigné scrisse a sua figlia: “Si dice che ci siano cinquecento o seicento berretti blu nella Bassa Bretagna che devono essere impiccati per insegnare loro a parlare”. Il 3 settembre 1675, i Berretti Rossi conquistarono il castello del marchese di Montgaillard, a Thymeur, vicino a Carhaix. Ma il signore trova il modo di affondare la sua spada nel corpo del notaio Le Balp. La sua morte pose fine alla rivolta. Il duca di Chaulnes, che nel frattempo si era rifugiato nella cittadella di Port-Louis, vicino a Lorient, guidò la repressione come avrebbe dovuto con i rinforzi inviati da Louvois. Nella Bassa Bretagna, il duca di Chaulnes represse tutti i presunti ribelli. Li appende agli alberi che costeggiano la strada, senza nessun’altra forma di prova. Ha anche raso al suolo i campanili delle chiese colpevoli di aver incitato alla rivolta. Alcuni sono rimasti come sono fino ad oggi. Madame de Sévigné, che va al suo castello di Vitré, scrive  che “ i nostri poveri, i Bretoni,  da quello che ho appena appreso, si radunano quaranta o cinquanta, vicino ai campi, e non appena vedono i soldati, si mettono in ginocchio e dicono mea-culpa. È l’unica parola di francese che conoscono…”, scrisse, il 24 settembre 1675. Il 6 ottobre, il duca di Chaulnes fece il suo ingresso a Rennes alla testa di seimila uomini. Un terzo del quartiere di Rue Haute fu demolito e il Parlamento, che aveva sostenuto i ribelli, fu esiliato a Vannes per quindici anni. La rivolta dei Berretti Rossi, circoscritta e breve, ma di estrema violenza, lascerà conseguenze durature nella provincia e in particolare nella regione di Carhaix, che si distinse durante la Rivoluzione per la sua simpatia per i repubblicani e il suo anticlericalismo.

Favria, 18.04.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Grandi sono quelle persone che portano il sole nella vita degli altri.. Felice martedì.

I Burgravi

Il Comitato di Rue de Poitiers, in francese Comité de la rue de Poitiers, chiamato comunemente Partito dell’Ordine, in francese: Parti de l’Ordre, è stato un partito politico francese attivo durante la Seconda Repubblica.  La parola burgravio deriva dal tedesco burggraf a sua volta dal latino medievale burcgravius o burgicomes, cioè conte di un castello o città fortificata, ovvero il castellano. I membri del partito erano chiamati i burgravi, burgraves, rappresentavano la destra politica, sostenendo secondo il loro stesso motto l’ordine pubblico, la difesa della proprietà privata e la religione cattolica. Questo movimento nacque in Francia nel 1848 dopo la rivoluzione di febbraio dove gli esponenti della vecchia classe dirigente si unirono per fronteggiare  il nascente sentimento socialista e per  annullare le riforme eccessivamente progressiste introdotte dalla Seconda Repubblica. Tra di loro vi erano simpatizzanti bonapartisti, orleanisti e legittimisti della monarchia appena abbattuta. Era un gruppo eterogeneo che candidò alle elezioni presidenziali del  settembre 1848 Napoleone Bonaparte divenne presidente della Repubblica. Poi con un colpo di stato il 2 dicembre 1851 divenne   con il nome di  Napoleone III fino alla sconfitta di Sedan nel 1870.

Favria,  19.04.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno mi sforzo di essere un piccolo arcobaleno sulla nuvola di qualcun altro. Felice mercoledì.

Il  pomodoro.

Questa bacca proviene dal Nuovo Mondo ed è diventata un emblema della contaminazione positiva tra culture, annegando nella sua polpa pregiudizi, diffidenze e la violenza dei conquistadores. All’origine era il jitomatl,  le prime tracce  nelle regioni andine e mesoamericane e, una volta importato dai terrazzamenti aztechi, venne coltivato e relegato a pianta ornamentale, miope presa di distanza, venata di razzismo, nei confronti degli usi e costumi indigeni. Ci ha pensato madre natura, con il clima mediterraneo ottimale per la  coltivazione della pianta, soprattutto nelle regioni meridionali, a trasformare il bistrattato pomodoro in “oro rosso”. Cantato dal premio Nobel per la Letteratura  nel 1971  Pablo Neruda, poeta cileno: “Astro della terra, stella ripetuta e feconda, ci mostra le sue circonvoluzioni, i suoi canali, l’insigne pienezza e l’abbondanza senza osso, senza corazza, senza squame né spine, ci consegna il regalo del suo colore focoso e la totalità della sua freschezza…”.  Ne ha fatta di strada il  jitomatl  per arrivare a pomodoro o, passando per il nahua e il tomate. Una storia  che attraversa i secoli e  s’incontrano personaggi come Francisco Fernandez, medico toledano del re di Spagna Filippo II, che sottolinea l’efficacia di quelli rossi “contro il fuoco di Sant’Antonio, il mal di testa, il bruciore di stomaco e le infiammazioni della gola”. La legittimazione alimentare, come ospite gradito della tavola, è datata 1791, porta la firma di Juan de la Mata, autore di Arte de Reposteria, dove compare per la prima volta la salsa de tomate a la espanola, con pomodori alla brace e una spruzzata di aceto. A sua volta il pittore sivigliano Esteban Murillo, con la sua Cucina degli angeli, 1646, testimonia la diffusione del pomodoro anche nel campo dell’arte.  Poi  troviamo Giovanni Vialardi, cuoco di casa Savoia, che afferma “i pomi d’oro o d’amore, sono un alimento sano, piacevole, agro, astringente, rinfrescativo” e Francesco Cirio, che nel 1868 inizia a coltivare e imbottigliare pomodori nei dintorni di Napoli. Già, Napoli. Matilde Serao ne dipinge così il colore e il calore: “Questo popolo ama i colori allegri e mette un pomodoro sopra un sacco di farina per ottenere un effetto pittorico mostrando che qui l’ortaggio è anche un simbolo di allegria. Tutte le strade dei quartieri popolari hanno osterie che installano all’aria aperta le loro caldaie, dove bollono sempre i maccheroni e il sugo di pomidoro…”. Concludo con il rammarico nell’ode al pomodoro sopra citato da Neruda.  C’è un velato rammarico nella (l)ode al pomodoro di Neruda: “…Ha luce propria, maestà benigna.  dobbiamo purtroppo assassinarlo: s’immerge il coltello nella sua polpa vivente, è una viscera rossa, un sole fresco, profondo, senza fine…”.

Favria, 20.04.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita la compassione diventa reale quando riconosciamo la nostra comune umanità. Felice giovedì

21 Aprile Sant’Anselmo di Aosta

Tra i massimi esponenti del pensiero cristiano, Anselmo nacque nel 1033 o 1034 ad Aosta, allora parte del Regno di Arles, da famiglia nobile di origine longobarda imparentata con i Savoia. Da ragazzo, scoperta la sua vocazione religiosa, cercò di entrare nel monastero benedettino della sua città, ma non riuscì a causa della ferma opposizione del padre. A quel punto, dopo aver tentato ancora di seguire la propria inclinazione, lasciò la penisola alla volta della Francia. Qui, giunto in Normandia, attirato dalla fama del teologo Lanfranco di Pavia che vi insegnava, si fece monaco nell’abbazia di Notre-Dame du Bec diventandone in seguito priore e poi abate, dopo la nomina da parte di Lanfranco, arcivescovo di Canterbury (in Inghilterra l’abbazia aveva diversi possedimenti). Anselmo si recò oltremanica più volte, stringendo rapporti di amicizia con Guglielmo il Conquistatore, che nel 1066 si era impadronito della corona britannica. Morto Lanfranco, Anselmo nel 1093 gli succedette, pur riluttante, sulla cattedra di Canterbury. Il tormentato rapporto con il nuovo sovrano, Guglielmo II, sorto anche a causa dell’annosa questione delle investiture, gli valse però un primo esilio nel 1098 e un secondo, regnante Enrico I, nel 1103. Anselmo sarebbe tornato in Inghilterra solo quattro anni dopo per morirvi il 21 aprile 1109. Le sue spoglie, sepolte nella cattedrale di Canterbury, furono riesumate nel Cinquecento durante i disordini religiosi che contraddistinsero il regno di Enrico VIII e se ne persero le tracce. Anselmo fu canonizzato nel 1163 da papa Alessandro III e nel 1720 dichiarato Dottore della Chiesa da Clemente XI per l’importanza delle sue opere, che toccano temi fondamentali quali il Male, il rapporto tra ragione e fede e la dimostrazione ontologica dell’esistenza di Dio.

Favria, 21.04.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita ognuno vede nel mondo ciò che porta nel cuore. Felice venerdì.

Esiste dentro di noi la gioia di aiutare. Basta ascoltarla. Lo scopo della vita di noi essere umani è quello di accendere una luce di speranza nei nostri simili anche donando il sangue. Ti aspettiamo a FAVRIA VENERDI’ 5 MAGGIO  2023, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Salvare capra e cavoli.

L’espressione “Salvare capra e cavoli” indica il tentativo, invero piuttosto virtuosistico e spericolato, di conciliare due interessi almeno in apparenza contrapposti riuscendo a salvaguardarli entrambi. Le sue origini risalgono all’alto Medioevo e in particolare, o almeno sembra, da una specie di gioco di logica proposto da Alcuino di York (735-804), monaco e intellettuale incaricato da Carlo Magno di dar vita alla Schola Palatina di Aquisgrana, un’accademia di intellettuali che sarà protagonista della cosiddetta “rinascenza carolingia”. Nelle “Propositiones Arithmeticae ad acuendos juvenes”, una raccolta di problemi concepita allo scopo di migliorare l’elasticità mentale degli studenti, Alcuino elabora un’intricata questione. Un contadino ha con sé un lupo, una capra e un cavolo e deve attraversare un fiume su una barca portandoli tutti dall’altra parte, ma sulla zattera c’è poco spazio e ne può traghettare con sé soltanto uno alla volta. I dati del problema sono complessi: se il lupo restasse da solo con la capra la sbranerebbe e lo stesso farebbe la capra con il cavolo; il lupo, però, non ama il cavolo. Come può fare allora per trasportarli tutti al di là del fiume sani e salvi? Due le soluzioni possibili. La prima. Il contadino attraversa il fiume portando la capra, poi torna indietro senza nulla, prende il lupo e lo traghetta riportando indietro la capra. Lascia quindi la capra, prende il cavolo, attraversa di nuovo il fiume e lo posa dall’altra parte. Infine, torna indietro a mani vuote, prende la capra e la porta dall’altra parte. La seconda soluzione è uguale alla prima, invertendo però i ruoli del lupo e dell’ortaggio. Ed ecco quindi che sia la capra che il cavolo sono salvati, ed è nato il modo di dire.

Favria, 22.04.2023  Giorgio  Cortese

Buona giornata.  Nella vita nessun impegno è più importante di un amico che bussa alla porta, ricordiamocelo sempre per non lasciare la nostra vita povera di tempo. Felice sabato

San Giorgio, il  Megalomartire.

La devozione popolare verso questo Santo è antichissima e diffusa ovunque. La Chiesa Orientale lo chiama il “Megalomartire”, il grande martire, è patrono di Inghilterra e Portogallo e di numerose città italiane. È il Santo protettore degli ordini cavallereschi ma le notizie sulla sua vita sono piuttosto scarne tanto che la liturgia cattolica nel 1969 lo declassò a memoria facoltativa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La festa liturgica si celebra il 23 aprile. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino. Viene onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. Nella tradizione popolare è raffigurato come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino.  Per avere un’idea del diffusissimo culto che il santo cavaliere e martire Giorgio, godé in tutta la cristianità, si danno alcuni dati. Nella sola Italia vi sono ben 21 Comuni che portano il suo nome; Georgia è il nome di uno Stato americano degli U.S.A. e di una Repubblica caucasica; sei re di Gran Bretagna e Irlanda, due re di Grecia e altri dell’Est europeo, portarono il suo nome. San Giorgio è patrono dell’Inghilterra, di intere regioni spagnole, Portogallo, Lituania, di città come Genova, Campobasso, Ferrara, Reggio Calabria e di tantissime località e Comuni, n Canavese abbiamo San Giorgio Canavese. Forse nessun santo sin dall’antichità ha riscosso tanta venerazione popolare, sia in Occidente che in Oriente. Chiese dedicate a SanGiorgio esistevano a Gerusalemme, Gerico, Zorava, Beiruth, Egitto, Etiopia, Georgia da dove si riteneva fosse oriundo. A  Magonza e Bamberga vi erano delle basiliche; a Roma vi è la chiesa di S. Giorgio al Velabro che custodisce la reliquia del cranio del martire palestinese; a Napoli vi è la basilica di S. Giorgio Maggiore; a Venezia c’è l’isola di S. Giorgio. Vari Ordini cavallereschi portano il suo nome e i suoi simboli, fra i più conosciuti: l’Ordine di S. Giorgio, detto “della Giarrettiera”; l’Ordine Teutonico, l’Ordine militare di Calatrava d’Aragona; il Sacro Ordine Costantiniano di S. Giorgio. Il santo è considerato patrono dei cavalieri, armaioli,dei soldati, degli scouts degli schermidori, della cavalleria, degli arcieri e dei sellaia. Questo santo viene invocato contro la peste, la lebbra, la sifilide, i serpenti velenosi, le malattie della testa, e nei pesi alle pendici del Vesuvio, contro le eruzioni del vulcano. Il suo nome deriva dal greco gheorgós cioè agricoltore e lo troviamo già nelle Georgiche di Virgilio e fu portato nei secoli da persone celebri in tutti i campi, oltre a re e principi, come Washington, Orwell, Sand, Hegel, Gagarin, De Chirico, Morandi, il Giorgione, Danton, Vasari, Byron, Simenon, Bernanos, Bizet, Haendel. In Italia è diffuso anche il femminile Giorgia, Giorgina; in Francia è Georges; in Inghilterra e Stati Uniti, George; Jörg e Jürgens in Germania; Jorge in Spagna e Portogallo; Gheorghe in Romania; Yorick in Danimarca; Yuri in Russia.  Il suo culto  così diffuso in tutti i secoli, abbia di fatto superato le perplessità sorte in seno alla Chiesa, che in mancanza di notizie certe e comprovate sulla sua vita, nel 1969 lo declassò nella liturgia ad una memoria facoltativa, ma i fedeli di ogni luogo dove è venerato, hanno continuato comunque a tributargli la loro devozione millenaria. La fantasia popolare e i miti greci di Perseo che uccide il mostro liberando la bella Andromeda, elevarono l’eroico martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge il male (demonio) rappresentato dal drago ed in seguiti i crociati lo invocarono come santo protettore dei combattenti. Con i Normanni il culto del santo orientale si radicò in modo straordinario in Inghilterra e qualche secolo dopo nel 1348, re Edoardo III istituì il celebre grido di battaglia “Saint George for England”, istituendo l’Ordine dei Cavalieri di San Giorgio o della Giarrettiera. In tutto il Medioevo la figura di s. Giorgio, il cui nome aveva tutt’altro significato, cioè ‘agricoltore’, divenne oggetto di una letteratura epica che gareggiava con i cicli bretone e carolingio. Nei Paesi slavi assunse la funzione addirittura pagana di sconfiggere le tenebre dell’inverno, simboleggiate dal drago e quindi di favorire la crescita della vegetazione in primavera; una delle tante metamorfosi leggendarie di quest’umile martire, che volle testimoniare in piena libertà, la sua fede in Cristo, soffrendo e donando infine la sua giovane vita, come fecero in quei tempi di sofferenza e sangue, tanti altri martiri di ogni età, condizione sociale e in ogni angolo del vasto impero romano. San Giorgio è onorato anche dai musulmani, che gli diedero l’appellativo di profeta. Il mio augurio è che San Giorgio  protegga tutti voi ovunque andate, buona giornata, auguri a tutti i Giorgio e Giorgia

Favria, 23.04.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita la gioia è contagiosa, quindi siamo sempre pieni di gioia. Felice domenica.

Il fischietto dell’arbitro.

L’invenzione del fischietto dell’arbitro avvenne in un modo un po’ insolito. William Harrington Atack, arbitro neozelandese di rugby pensò che urlare durante una partita molto animata e tornare a casa afono era spiacevole. Per un caso nel 1884 durante una partita infilò una mano in tasca e si accorse di avere il fischietto che usava per i suoi cani. Ebbe l’idea di servirsene per sospendere il gioco e funzionò, lasciando tutti sbalorditi. Tuttavia, secondo gli storici  il fischietto in sé non è un’invenzione moderna, gli archeologi hanno ritrovato fischietti che risalgono al Paleolitico realizzati con ossa umane, e di animali o gusci di frutti e di molluschi. Si pensa che venissero utilizzati soprattutto nei riti propiziatori per la fecondazione della terra, ma anche come richiami da caccia. In alcune culture, il fischietto a forma di volatile veniva donato dai giovani alle ragazze come pegno d’amore poiché esso assume anche un significato augurale di fecondità e prosperità.

Favria, 24.04.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo. Felice lunedì