Giornata mondiale della Croce Rossa. – L’incoronazione. – I popoli biblici. – Il pilento. – La Ritina di Steller, Hudrodamalis Gigas. – Eja, eja, alalà. – Cara mamma… – Grazie mamme! …LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Giornata mondiale della Croce Rossa Il 24 giugno 1859, nel corso della 2° Guerra di

Indipendenza italiana, a Solferino si consuma una delle battaglie più sanguinose dei XIX secolo, sulle colline a sud del Lago di Garda. Trecentomila soldati appartenenti a tre eserciti distinti, francese, sardo-piemontese e austriaco, si scontrano, lasciando sul terreno circa centomila fra morti, feriti e dispersi. Castiglione delle Stiviere è il paese più vicino, a sei chilometri da Solferino, dove esisteva già un ospedale e la possibilità di accedere all’acqua, elemento fondamentale nel soccorso improvvisato ai novemila feriti che, nei primi tre giorni, vengono appunto trasportati a Castiglione. Lì si trova anche un cittadino svizzero, Jean Henry Dunant, venuto ad incontrare per i suoi affari Napoleone III. Egli si ritrova coinvolto nella terribile carneficina, aggravato dall’”inesistenza” della sanità militare. Rimane talmente colpito dalla situazione che decide di descrivere quanto stesse accadendo in quello che diventerà, poi, il suo testo fondamentale: “Un Souvenir de Solferino”, tradotto in più di 20 lingue. Dall’orribile spettacolo nasce in Dunant l’idea di creare una squadra di infermieri volontari preparati, il cui operato potesse dare un apporto fondamentale alla sanità militare: la Croce Rossa. Dal Convegno di Ginevra del 1863, 26-29 ottobre, nascono le Società Nazionali di Croce Rossa e la quinta a formarsi è proprio quella italiana. Nella 1° Conferenza diplomatica di Ginevra, che termina con la firma della Prima Convenzione di Ginevra, 8- 22 agosto 1864, viene sancita la neutralità delle strutture e del personale sanitario. Guida e faro delle azioni dei Volontari della Croce Rossa sono i sette principi fondamentali della Croce Rossa, che ne costituiscono lo spirito e l’etica: Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza , Volontariato, Unità e Universalità, valori adottai nella XX Conferenza Internazionale della Croce Rossa, svoltasi a Vienna nell’ottobre del 1965. Questi principi fondamentali sono garanti dell’azione del Movimento, ma anche della CRI e di ogni suo Volontario e aderente. Per tutti noi la Croce Rossa dovrebbe l’anima e tavolozza della vita dalla quale si attingono i colori più belli dell’animo umano. La croce rossa è l’albero dal quale prendo i frutti del volontariato alla stato puro. La Croce Rossa è l’energia dell’amore umano che moltiplica la voglia di vivere e di donare al prossimo. Insomma la Croce Rossa è amore.
Favria 8.05.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana dopo il verbo amare il verbo aiutare è il più bello del mondo. Felice lunedì.

L’incoronazione.

Si è svolta il 6 maggio  l’incoronazione di Carlo re del Regno Unito. L’incoronazione è un unicum, visto che nelle altre monarchie il rito è abolito o mai introdotto. La scena dell’antico spettacolo dell’incoronazione rappresenta l’essenza profonda della monarchia, l’origine divina del potere regale. Proprio questo carattere, peraltro, aiuta a capire perché già nel XIX secolo in molte monarchie le cerimonie dell’incoronazione fossero abolite o non fossero proprio introdotte. Esemplare il caso dei regni dei Paesi Bassi e del Belgio, nati, nella forma attuale, nel 1830. In nessuno di essi, infatti, è mai esistita un’incoronazione. In Belgio il sovrano diventa tale non alla morte o all’abdicazione del predecessore, ma solo dopo aver giurato fedeltà alla Costituzione. Ciò avviene al Palais de la Nation, sede del Parlamento, e non al Palais Royal. Inoltre nella cerimonia è assente ogni simbolo religioso. Anche nei Paesi Bassi a segnare l’ascesa al trono del nuovo sovrano non è un’incoronazione, kroning,  ma una inaugurazione, inhuldiging, in cui il sovrano giura fedeltà alla Costituzione di fronte agli Stati Generali. Sebbene si svolga nella Nieuwe Kerk, la più importante chiesa di Amsterdam, anch’essa non è una cerimonia religiosa. Anche nel Regno di Grecia, sorto nel 1832, nessun sovrano fu mai incoronato. E lo stesso accadde in Italia. Vittorio Emanuele II lo avrebbe desiderato, usando l’antica corona ferrea, celebre reliquia, conservata nel Duomo di Monza. Tuttavia, la rottura con il papa e le scomuniche risorgimentali rendevano impraticabile quel rapporto col sacro, necessario a una simile cerimonia. L’ascesa al trono dei re d’Italia era quindi anch’essa effettuata col giuramento di fedeltà allo Statuto di fronte alle Camere. La messa da parte delle incoronazioni non fu propria, però, solo di monarchie nate nell’Ottocento. Lo stesso accadde, infatti, anche in alcune di millenaria antichità. È il caso di quelle scandinave.  In Danimarca l’incoronazione fu abolita nel 1849, in Svezia nel 1907. Da allora nei due regni l’ascesa al trono è avvenuta con rituali nel complesso semplici. Nel 1972 la proclamazione di Margherita II di Danimarca si è tenuta sul balcone del Palazzo reale a opera del primo ministro, mentre la folla assisteva nella piazza sottostante. Nel 1973 Carlo XVI Gustavo di Svezia ha giurato fedeltà alla Costituzione presso il Consiglio dei ministri e ha poi tenuto una piccola cerimonia nella sala del trono, dove corona e scettro erano esposti su un tavolo. Differente il caso della Norvegia: in essa un’incoronazione si ebbe solo nel 1905, quando il Regno ritrovò la propria indipendenza, dopo secoli di unione con Svezia o Danimarca. Quando nel 1957 divenne re Olav V, il governo avrebbe preferito un semplice giuramento, ma il re volle che oltre ad esso vi fosse anche una cerimonia di consacrazione nella cattedrale di Nidaros, a Trondheim, durante la quale i sovrani furono benedetti dal vescovo. Se a questo quadro si aggiunge che anche in un regno importante come quello di Spagna non s’è mai tenuta un’incoronazione, si comprende bene come quella del Regno Unito sia veramente un unicum. Questa è l’importanza dell’incoronazione che si è tenuta a Westminster  non solo nel suo significato politico, ma anche nella capacità di adattarsi ai tempi.  Recentemente uno  storico della monarchia britannica, ha notato in un suo studio  che nell’Ottocento, mentre nella maggior parte delle monarchie europee il cerimoniale era usato per esprimere l’effettivo potere della Corona, in Gran Bretagna esso era divenuto più importante ed elaborato man mano che i sovrani perdevano il loro potere. Le grandi cerimonie che ancora oggi caratterizzano la corte di San Giacomo erano state, in effetti, quasi tutte re-inventate proprio in quei decenni, al fine di segnare il carattere super partes della Corona rispetto ai partiti. Dopo il 1918, con l’avvento di un’epoca di cambiamenti, la monarchia si propose e si raccontò come un elemento di stabilità nel mutare, sempre più convulso, d’una storia incontrollabile. Una strategia che continua tuttora ed alla quale il lungo regno di Elisabetta II ha dato un notevole contributo. Le incoronazioni, in particolare, cerimonie religiose e cavalleresche, ricche di simboli ed apparati fuori dal tempo, se da un lato si sono connotate quasi come un evento fiabesco, dall’altro hanno saputo via via adattarsi con lucidità e pragmatismo allo spirito delle epoche in cui si sono tenute, superando anche lo scoglio,  simbolicamente molto forte,  della fine dell’Impero. Carlo III, per esempio, nella sua ha scelto di rinunciare per la regina Camilla alla corona in cui è incastonato il Koh-i-Noor, prezioso diamante, ma anche simbolo del colonialismo. Non è dunque per caso che solo il sovrano del Regno Unito possa ancora portare in capo la corona. God Save the King!

Favria, 9.05.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Per quanto grandi siano i re, essi sono come siamo noi: possono ingannarsi come gli altri uomini. Felice martedì.

I popoli biblici.

La travagliata storia del popolo eletto di Israele s’intreccia con quella di numerose altre civiltà e popolazioni del Vicino Oriente antico, talvolta generando accese rivalità. Chi erano e cosa sappiamo di loro? I Filistei erano i  più acerrimi nemici degli Ebrei apparvero alla fine del II millennio nell’area meridionale della Palestina, dove fondarono la “Pentapoli filistea”. Secondo le ultime teorie sulla loro origine, sarebbero emigrati dall’Asia Minore. Aramei erano etnicamente affini agli Ebrei, il centro del potere di questo antico popolo semitico era situato ad Aram Damascus, Damasco, in Siria. A partire dal VII secolo a.C. il loro idioma, l’aramaico, divenne per gli Ebrei lingua sacra.  Le ostilità tra i Moabiti e gli Israeliti narrate nella Bibbia sono storicamente provate dall’iscrizione celebrativa della Stele di Mesha (oggi al Louvre), che riporta le gesta vittoriose del re moabita sul Regno d’Israele nell’840 a.C.  Gli Edomiti  o Idumei, secondo la Bibbia, erano discendenti di Esaù, uno dei figli di Isacco. L’archeologia ha dimostrato che gli Edomiti fiorirono tra il XII e l’XI secolo a.C. nel deserto dell’Arava, tra Israele e Giordania.  Gli Ammoniti nel  XIII secolo a.C. instaurarono una monarchia con sede a Rabbath Ammon, oggi Amman, capitale della Giordania. Alleati dei Moabiti, combatterono senza successo contro i re d’Israele Saul e Davide. Sono citati anche in testi scritti in caratteri cuneiformi in cui si narra la loro sconfitta da parte degli Assiri, nel VII secolo a.C.  Infine i Seleucidi regno nato dalle ceneri del vasto regno di Alessandro Magno, l’Impero seleucide s’impossessò della Palestina nel II secolo a.C., attuando una violenta politica di repressione religiosa. Si scatenò allora la rivolta ebraica capeggiata dai Maccabei, così detti dal leader Giuda Maccabeo.

Favria, 10.05.2023  Giorgio Cortese

Buona giornata. Certe persone a forza di seminare vento raccolgono poi la tempesta. Felice mercoledì

Il pilento.

Se oggi dico pilento, mi direte ma di cosa parlo?  Il pilento dal latino pilenta, pilentum è una carrozza di gala a quattro ruote che le matrone romane usavano in occasione di solennità in luogo del carpento. Il pilento era un carro cerimoniale molto lussuoso, e sono stati molti gli storici a scrivere del pilenta,  ma Claudiano, in particolare, ha raccontato dei loro colori: l’azzurro e il rosso, così come li vediamo nel modello riemerso recentemente a Pompei. Difficile farlo, ma proviamo a immaginare automobili di rappresentanza d’altri tempi,  ed ecco qui i pilenta. Servivano per le nozze e più in generale per le cerimonie religiose di  natura diversa. A sedersi su, erano solo i nobili. Quelle due spighe di grano lasciano presupporre una cosa: che il carro venisse per lo più usato per adempiere i culti in onore di Cerere, che spesso, a Pompei, veniva celebrata insieme alla dea Venere. Eppure, quel dettaglio porta gli storici ad indicare che le spighe sul sedile potrebbero essere l’indizio di un matrimonio celebrato da poco o che era pronto per essere celebrato. Le fonti antiche alludono all’uso del pilentum da parte di sacerdotesse e signore, non si esclude che potesse trattarsi di un carro usato per condurre la sposa nel nuovo focolare domestico.

Favria,  11.05.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata.  Oggi ricordiamoci che non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. Felice giovedì

La Ritina di Steller, Hudrodamalis Gigas.

Nonostante la prematura scomparsa causata da una febbre e le non molte informazioni disponibili sul suo conto, il botanico e zoologo tedesco Georg Wilhem Steller ha lasciato un segno molto profondo nella storia delle Scienze Naturali, essendo stato il primo europeo ad avere descritto diverse specie della Siberia e dell’Alaska. Imbarcatosi nel 1738 come volontario in qualità di naturalista durante la Seconda Spedizione in Kamchatka guidata dal capitano Vitus Bering, salpò da San Pietroburgo sulla nave S. Pietro,  fino a raggiungere l’attuale Kayak Island, Alaska, nel 1741, premurandosi sempre di trascrivere sul suo diario di viaggio minuziose descrizioni di piante e animali che riusciva a osservare.  Durante il tragitto di ritorno la nave sulla quale era imbarcato, al comando di Vitus Bering, in navigazione nelle fredde acque delle isole Aleutine, sorpresa da una terrificante tempesta fece naufragio e venne spiaggiata su un’isola deserta. L’isola che, successivamente prese il nome dal capitano Bering,  non offriva molte varietà alimentari e costrinse l’equipaggio a valorizzare ogni singola risorsa. Le intense ricerche, stimolate da una fame sempre incombente, spinsero i superstiti ad interessarsi ad un animale sconosciuto, divenuto presto, oltre che fonte di cibo, anche oggetto di approfondimenti scientifici, soprattutto grazie alla presenza del già citato Georg W. Steller medico – naturalista della spedizione. Tra le tante specie da lui descritte figurano un’otaria (Eumetopias jubatus), un’aquila (Haliaeetus pelagicus), un cormorano (Phalacrocorax perspicillatus) e una straordinaria creatura attualmente ufficialmente estinta, oggi conosciuta con il nome di ritina di Steller (Hydrodamalis gigas). La ritina, che apparteneva all’ordine dei Sirenii, era un animale di dimensioni imponenti, poteva raggiungere i 9 metri di lunghezza, che fu portato all’estinzione nel 1768 a causa della caccia condotta dall’uomo, dopo appena 27 anni dalla sua scoperta. Tutto quello che si sa circa l’aspetto e il comportamento di questo sfortunato e mite frequentatore delle coste siberiane è racchiuso nel diario di Steller, pubblicato sotto forma di volume De Bestiis Marinis, cinque anni dopo la sua morte. Considerati la mole e il comportamento di questi animali, non è difficile immaginare come i cacciatori siano riusciti a decimarne gli ultimi esemplari conosciuti in un tempo così breve, ma nonostante la loro palese bassa elusività, che non li avrebbe di certo aiutati a sopravvivere per troppo tempo lontani da occhi indiscreti, nel corso degli anni non sono mancati presunti avvistamenti e aneddoti che hanno fatto ipotizzare la sopravvivenza di esemplari di ritina in epoche successive alla data di estinzione comunemente accettata. Va inoltre specificato che il loro areale di distribuzione non era strettamente limitato all’isola di Bering,  infatti al suo ritorno in Kamchatka infatti, Steller fu notevolmente sorpreso nell’apprendere che i nativi conoscevano da tempo la strana creatura, con il nome di kapustnik, mangiatore di cavoli, che stando alle loro testimonianze era diffusa lungo tutta la costa orientale della penisola. È quindi possibile che questa enorme distesa di coste in cui la presenza umana è soltanto occasionale, possa avere permesso alle ultime ritine di continuare a sopravvivere indisturbate? Gli elementi a nostra disposizione, purtroppo, sono piuttosto vaghi e alquanto frammentati. Nel luglio del 1962, l’equipaggio della baleniera Buran dichiarò di avere osservato degli strani animali presso la regione di Capo Navarino, promontorio della costa siberiana che si trova a sud del Golfo dell’Anadyr, nella Provincia Autonoma di Chukot. L’avvistamento ebbe luogo in prima mattinata mentre la nave si trovava in prossimità della costa. Furono avvistati almeno sei animali dall’aspetto giudicato insolito, da una distanza di circa 100 metri. La loro lunghezza fu stimata a 6 – 8 metri e stavano stazionando in acque basse, presso una sorta di laguna all’interno della quale sfociava un fiume. L’equipaggio non seppe annoverare questi animali a nessuna delle specie di cetacei e mammiferi da loro conosciute.  Nel 1976 sempre in quella zona, un  giorno, dopo una forte tempesta, un grosso animale avvicinatosi alla costa attirò l’attenzione dei pescatori in quanto non somigliava a nulla di ciò che conoscevano: la sua pelle era scura e possedeva una coda bilobata come quella delle balene, erano presenti due pinne anteriori e sotto la pelle era possibile intravedere delle costole. I testimoni si avvicinarono per toccare l’animale e rimasero stupiti per la forma insolita della testa, che descrissero come allungata. Quando   gli fu mostrato il disegno di una ritina esclamarono che era esattamente quello che avevano visto. Oggi non esistono ulteriori presunti avvistamenti conosciuti di ritine di Steller oltre a quelli sopra menzionati, il che rende una possibile sopravvivenza di questi animali un’eventualità alquanto improbabile. Tuttavia da un paese come la Kamchatka, che conta un abitante per km2, eventuali incontri potrebbero non riuscire a diffondersi a sufficienza per arrivare alle orecchie degli addetti ai lavori.  Forse, dopotutto, una ricerca rigorosa della ritina potrebbe essere un gesto doveroso, anche se molto probabilmente oramai tardivo, nei confronti di una delle innumerevoli, straordinarie creature viventi, la cui presenza sulla Terra è stata cancellata prematuramente a causa dell’intemperanza dell’uomo.

Favria, 12.05.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita si dice che è meglio dare che prendere, ma a volte può esserci più umiltà nel ricevere che nel donare. Felice venerdì.

Eja, eja, alalà.

Così esultavano, brindavano e si salutavano i fascisti.  Questo  curioso grido di giubilo, la cui invenzione si attri­buisce a Gabriele D’An­nunzio, durante il bombar­damento di Pola, 8 agosto 1917, era in realtà la combinazio­ne di due esclamazioni antiche. “Eja” era lega­ta al mondo romano e fu tramandata dai crocia­ti. Alalàera il grido di guerra dei Greci: Achille lo usava per aizzare i cavalli. Di eja si tro­vano tracce in racconti e poesie, da Boccaccio a Pascoli. E sempre Pasco­li fu il primo a recupera­re, nei Poemi conviviali, il grido alalà. L’escla­mazione, che doveva so­stituire l’inglese di origine cosacca “hip, hip, urrah!”, venne fat­ta propria dagli aviato­ri e poi dai fascisti, che la gridavano nelle adunate e la inserirono nei loro canti, primo fra tutti il rifacimento di Giovinezza: “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, della vita nell’asprezza il tuo canto squilla e va. E per Benito Mussolini: eja, eja, alalà!”.

Favria, 13.05.2023 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita la strada che porta alla conoscenza è una strada che passa per dei buoni incontri.  Felice sabato.

Cara mamma…

Cara mamma, quando  guardo la Tua foto, guardo l’amore  più puro che io ho mai conosciuto. Ritengo che ci sono molte meraviglie nell’universo, per me il  capolavoro della creazione è il cuore di una madre. Nela vita di noi esseri umani dietro tutte le storie c’è sempre la storia di una madre. Perché è dalla loro storia che inizia la nostra storia. Tutto ciò che siamo e speriamo di essere lo dobbiamo alla nostra mamma. Le madri non ci guidano solo alla pratica, ci guidano verso la grandezza. L’amore di una madre è il carburante che permette a un essere umano normale di fare l’impossibile, il  potere, la bellezza e l’eroismo dell’amore di una madre non possono essere tradotti in alcuna lingua. Con affetto te lo dico, con amore te lo do. Buona Festa della Mamma! Da lassù stai sempre al mio fianco.

Favria, 14.05.2023 Giorgio Cortese

Grazie mamme!

Oggi domenica 14 maggio, festa della mamma vogliamo ringraziare  tutte le donne, le mamme donatrici che tutti i giorni i giorni dell’anno contribuiscono a rendere la nostra società, una società migliore! Il mestiere della mamma è il più difficile, ma  per ricordarci di tutto quello che fanno ogni giorno non abbiamo bisogno di una festa, dobbiamo farlo sempre! Chissà quante volte il lavoro della mamma è stato sottovalutato, ma una mamma non è solo questo. Una mamma è anche colei che è sempre attenta ai bisogni dei figli. Colei che ha la soluzione ancor prima che noi capiamo dove sia il problema Essere mamma non è solo mettere al mondo i figli ma è dedicare la propria vita ad essi. Ricordiamolo sempre, ringraziamola sempre e soprattutto amiamola sempre! Come donatore poi un ringraziamento personale alle nostre mamme donatrici che hanno coinvolto anche i loro figli e figlie in un gesto d’amore per gli altri. In occasione della Festa della Mamma 2023, come Fidas Favria Gruppo Comunale D. Chiarabaglio- l. Tarizzo vi vogliamo ringraziare con le parole di una vostra figlia: “Nostra mamma ci ha insegnato ad essere solidalie ad aiutare gli altri.  Abbiamo incontrato la Fidas e siamo divenuti donatori con l’esempio di papà e mamma già donatori e con la maggiore età sia io e mio fratello abbiamo desiderato compiere questo gesto che ci rende felici. Grazie mamma!”

Fidas, 14.05.2023 Favria

Buona giornata. Certi giorni se il lavoro pensa allora la pigrizia sogna. Felice  domenica