Quinta colonna. – Evviva i nostri quotidiani eroi. – Il potere di salvare la vita l’abbiamo nel sangue. – Poubelle. – Tenaci come gli Alpini. – Campi Catalaunici. – Nec Recisa Recedit. – Legione contro falange. – L’esecuzione nella città vecchia. – La pagella…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Quinta colonna.Il significato originario si riferisce a un’organizzazione militare che

opera in clandestinità, favorendo il nemico. L’espressione nacque nel contesto del conflitto civile spagnolo, 1936-1939, coniata dal generale franchista Emilio Mola per riferirsi a gruppi filomonarchici e falangisti che a Madrid supportavano i nazionalisti in segreto. Usata spesso in senso spregiativo, questa espressione indica presunti traditori: durante una guerra la fazione che si oppone alla maggioranza può essere accusata di costituire la “quinta colonna”, minacciando, anche se involontariamente, il Paese. Sebbene le sue origini siano militari, l’espressione è usata anche in altri contesti, per esempio in quello giornalistico per chi si presume diffonda notizie false e denigratorie con lo scopo di influenzare l’opinione pubblica. In letteratura è famosa La quinta colonna di Ernest Hemingway, una raccolta di racconti ambientati durante il conflitto spagnolo, uscita nel 1938.
Favria, 18.06.2024   Giorgio Cortese

Buona giornata. La migliore medicina quotidiana è  pensare positivo con pillole di speranza, terapia non ha effetti collaterali, non costa, non ha limiti e la somministrazione è facile. Felice martedì

Evviva i nostri quotidiani eroi.

Buona giornata alcuni mesi addietro mi è stata diagnosticato un tumore alla prostata maligno con metastasi che si sono diffuse sulle ossa.  Ogni dieci giorni circa mi reco all’Ospedale San Luigi di Orbassano sempre con la speranza nell’animo e con un pizzico di ottimismo che mi porta ad affrontare serenamente questa prova. Certo che in oncologia i tempi sono lunghi dall’esame del sangue, ai successivi esiti con colloquio finale con equipe medica, oppure la chemio. Quello che noi pazienti dobbiamo avere è la pazienza di aspettare perché non siamo gli unici con quel problema e pur con l’evoluzione tecnologica, gli esami hanno il loro tempi per essere accurati per la nostra salute. Spesso sento persone che si lamentano del sistema sanitario, delle lungaggini, beh lasciatemelo dire, negli ospedali e nelle strutture sanitarie piemontesi lavorano delle persone straordinarie piene di umanità e gentilezza.

Grazie infermieri, dottori e tutti il personale che lavora negli ospedali, grazie per il vostro quotidiano impegno.

Grazie dell’attenzione

Favria, Giorgio Cortese

Il potere di salvare la vita l’abbiamo nel sangue.

Vieni a donare il sangue, vieni a donare a Favria Mercoledì 17 luglio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare  e portare  sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827. Ricordo i requisiti minimi per donare: età compresa tra i 18 e i 60 per la prima volta, poi dai 65 a 70 anni l’idoneità a donare va valutata dal medico. Grazie se fate passa parola e divulgate il messaggio

Poubelle

Se oggi la pattumiera di casa in francese si chiama poubelle, c’è una ragione storica. Nel 1883 l’allora prefetto della Senna a Parigi, una figura che faceva le veci del sindaco, Eugène Poubelle, 1831-1907, proibì il deposito di rifiuti per le strade e l’anno dopo rese obbligatorio per tutti i cittadini avere un contenitore personale per l’immondizia, chiuso da un coperchio. In realtà, si trattava di una prima forma di raccolta differenziata perché i recipienti erano tre: uno per i rifiuti organici, uno per stoffe e carta e uno per vetro e ceramica. Nonostante le proteste da parte della stampa, che si schierò in difesa degli chiffonniers, i raccoglitori di scarti, a rischio disoccupazione con l’introduzione del provvedimento, la nuova legge restò in vigore. E così, forse per scherno, al contenitore dell’immondizia fu affibbiato il nome del suo promotore. Pensate che  nel 1885, due anni dopo il provvedimento, la copertina del giornale francese “Les Hommes d’Aujourd’hui”  prendeva di mira ancora il prefetto, con una caricatura irriverente realizzata dalla matita del celebre disegnatore satirico spagnolo Manuel Luque, 1854-1924.

Favria, 19.06.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Libertà, Fraternità, Uguaglianza, d’accordo. Ma perchè non aggiungervi: Tolleranza, Intelligenza, Conoscenza? Felice mercoledì.

Tenaci come gli Alpini

Anche i nani hanno cominciato da piccoli potrebbe iniziare cosi  il racconto quando nel  1970, nasceva  il Giro d’Italia riservato ai giovani. Nella sua lunga storia ha cambiato vari nomi: è stato Giro d’Italia Dilettanti, Baby Giro, Girobio, Giro d’Italia Under 27 e poi Giovani Under 23. Da due anni si chiama Giro Next Gen Carta Giovani Nazionale.  In questo giro c’è di tutto: montagna, pianura, cronometro, percorso ondulato, circuiti. Perché oltre a essere la più importante corsa a tappe del mondo dedicata ai corridori élite under 23, quindi i dilettanti alle soglie del professionismo, ha anche un significato propedeutico: fare vivere ai campioni di domani le emozioni, come anche le difficoltà, di un evento con le caratteristiche di Giro d’Italia, Tour e Vuelta.  Un evento che ha la sua importanza, perché i corridori, anche se sono giovani, è bene che imparino a fare le corse a tappe, dove corrono un giorno dopo l’altro per acquisire il   lasciapassare per il mondo del professionismo, che è la corsa più ambita, tra i dilettanti. Mercoledì 12 giugno è passato a Favria questa gara a tappe che permette di capire  agli atleti dove possono arrivare e sognare. Nella corsa a tappe bisogna essere tenaci, non mollare mai, non avere paura di salite, meteo, avversari, essere pronti a tutto, ogni giorno, come nella vita quotidiana. Insomma avere la tenacia degli Alpini e del mulo che si inerpicano su per le montagne sempre avanti o la voglia di mettersi sempre al servizio degli altri come i volontari Alpini del gruppo Comunale di Favria facente parte della sezione di Torino La Veja.

Favria, Giorgio Cortese

Campi Catalaunici.

Campi Catalaunici, in un sito tra Chalon e Troyes, nelle pianure della Champagne, Francia, il 20 giugno del 451 d.C.,  sulla localizzazione e la data gli storici ancora dibattono, va in scena uno degli scontri più cruenti del V secolo, le fonti, probabilmente esagerando, parlano di due eserciti di 120mila uomini, romani e 150mila unni, di cui rispettivamente 50 e 80mila sarebbero rimasti sul terreno. Attila, il re degli Unni che ha fatto terra bruciata in Gallia, ha con sé contingenti di Ostrogoti, Gepidi, Turingi, Sciri e Rugi; di fronte si ritrova un esercito che di romano ha poco o niente, avendo il generale Flavio Ezio stretto alleanza con il re visigoto Teodorico, e reclutato Franchi, Sassoni, Burgundi, Bagaudi e Alani, questi ultimi, ritenuti poco affidabili, schierati al centro dello schieramento, controllati sulle ali da Romani e Visigoti. Tra i primi a cadere nello scontro è il vecchio sovrano visigoto. Nella piana si erge una collina scoscesa il cui raggiungimento può concedere un decisivo vantaggio strategico. Quando Attila e suoi riescono a raggiungere la cima vengono respinti dai Romani che li avevano preceduti salendo dal lato sinistro; l’avanguardia unna rincula disordinatamente andando a impattare sul resto dello schieramento che sbanda, mentre i Visigoti si fanno sentire sui lati. Agli Unni non resta che rifugiarsi nell’accampamento. Assediato dagli imperiali, Attila vede la possibilità della disfatta e pensa al suicidio. Ma non ci sarà mai nessun attacco. Ezio convince Torismondo, figlio di Teodorico, a togliere l’assedio al campo unno e rientrare a Tolosa. Il generale romano preferisce salvare Attila e i suoi, forse per evitare di accrescere a dismisura la forza degli alleati Visigoti. Attila e gli  Unni si ritirano oltre il Reno, ma l’anno successivo rivolgeranno la loro furia contro l’Italia.

Favria, 20.06.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. La case felici sono costruite con mattoni di pazienza. Felice giovedì

Nec Recisa Recedit.

Fino alla seconda metà del Settecento la raccolta dei tributi, il controllo dei dazi doganali e dei confini era affidato ad appaltatori privati che si avvalevano dell’operato di milizie mercenarie. Vittorio Amedeo III re di Sardegna fonda la Legione delle Truppe Leggere, corpo militare dal quale discende direttamente il Corpo della Guardia di Finanza,  il  5 ottobre 1774 Vittorio Amedeo III di Savoia, re di Sardegna, istituì a Torino la Legione truppe leggere, corpo specializzato nella tutela dell’erario, nella difesa dei confini e delle dogane e nel controllo dell’ordine pubblico. La Legione fu il primo dei corpi di Guardie di finanza che negli anni successivi si diffusero in tutti gli Stati italiani ed è considerata l’antenata dell’attuale Guardia di finanza. Il battesimo del fuoco della Legione fu la difesa delle frontiere sabaude durante la Guerra delle Alpi, 1792-1796 contro l’avanzata delle truppe rivoluzionarie francesi. Le truppe di Finanza del primo Ottocento non avevano la lunga tradizione militare di altri corpi e per questo non attiravano i rampolli dell’aristocrazia in cerca di prestigio e, magari, di un posto a corte. Viceversa, vi confluivano membri della borghesia, reduci dell’esercito napoleonico, carbonari delusi e mazziniani. Non certo a caso, nel 1825, 27 finanzieri furono processati per cospirazione patriottica contro il papa in Romagna. Così, allo scoppio delle rivoluzioni del 1848, i finanzieri della Imperialregia Guardia di finanza del Regno Lombardo-Veneto, anziché schierarsi con le truppe austriache, si unirono ai patrioti milanesi nelle Cinque giornate di Milano. Altre Guardie di finanza si unirono a Luciano Manara a Brescia mentre i finanzieri pontifici si distinsero nella difesa della Repubblica romana al fianco di Giuseppe Garibaldi. Proprio l’Eroe dei due mondi affidò al corpo della cavalleria della Guardia di finanza pontificia l’estrema difesa di Roma di fronte alle truppe francesi decise, nel 1849, a ripristinare il potere di papa Pio IX. Con l’Unità d’Italia i vari reparti di Guardia di finanza presenti negli Stati italiani vennero fatti confluire, nel 1862, nel Corpo delle Guardie doganali. I finanzieri avevano partecipato attivamente alle lotte risorgimentali, ma si faticava ancora a considerarli militari a tutti gli effetti. Le alte gerarchie dell’esercito continuavano a guardare con sospetto a una truppa, eterogenea, dove abbondavano mazziniani e garibaldini: rivoluzionari, insomma. Intanto, nel 1881, il Corpo delle Guardie doganali assunse finalmente il nome di Guardia di finanza. Ma solo nel 1892 poté fregiarsi dell’appellativo “regia”, importantissimo per l’epoca. La completa militarizzazione della Regia guardia avvenne però solo nel 1907, con la concessione delle stellette a cinque punte da apporre sulle fiamme gialle dell’uniforme. La Guardia di finanza mobilitò circa 12mila effettivi per la Grande guerra. Il caso volle che fossero proprio due finanzieri, Pietro Dall’Acqua e Costantino Carta, a sparare i primi colpi esplosi dall’esercito italiano in quel conflitto. I due, nella notte tra il 23 e il 24 maggio, fecero fuoco contro alcuni guastatori austriaci decisi a minare il ponte di Brazzano, sul fiume Judrio, in Friuli. Durante il conflitto si svolse anche un combattimento entrato nella leggenda, la battaglia del Solstizio, a cui prese parte anche la Guardia di finanza. Il 21 giugno 1918 un piccolo reparto di finanzieri superò il fiume Piave, dove erano attestate le truppe italiane dopo la rotta di Caporetto dell’ottobre 1917. Con un’azione fulminea riuscirono a sgombrare il campo dai nemici e a costituire una testa di ponte all’avanzata del grosso dell’esercito italiano in territorio ostile. Fu l’inizio delle operazioni che portarono nel giro di pochi mesi alla vittoria nella battaglia di Vittorio Veneto, che mise fine alla Grande guerra nella nostra Penisola. Per questo,  dal 1966, la data del 21 giugno è diventato il giorno in cui si celebra la Festa della Guardia di Finanza. L’espressione Fiamme Gialle con cui viene chiamata la Guardia di finanza ha origini antiche. La Legione truppe leggere fondata nel 1774 aveva come bandiera un drappo quadrato dai cui angoli si sviluppavano lingue di fuoco. In ricordo di questo antico vessillo, nel 1875 furono introdotte sulle uniformi delle Guardie doganali del Regno d’Italia le famose “asole di panno giallo”, che ben presto furono soprannominate appunto “fiamme gialle”. Il motto del corpo,  Nec recisa recedit, neanche recisa retrocede,  venne invece coniato da Gabriele D’Annunzio il 25 giugno 1920. Il poeta diede il via nel 1919 a un’impresa militare che portò all’occupazione della città di Fiume, contesa dopo la Grande guerra da Italia e Jugoslavia. Nei caotici giorni fiumani, soltanto i militi della Guardia di finanza presenti nel territorio avevano mantenuto le loro postazioni e avevano continuato a mantenere l’ordine nella città. D’Annunzio apprezzò la loro abnegazione e il loro senso del dovere. Il poeta venne nominato appuntato ad honorem del corpo e donò ai finanzieri fiumani una foto raffigurante una pianta di edera, una specie che notoriamente continua a crescere anche dopo la potatura,  con la dedica e il motto,  che divenne ufficiale nel 1933 per volere di re Vittorio Emanuele III.  Le apparizioni iniziali dei finanzieri nel contesto di gare sportive risalgono al 1911, con la partecipazione alle gare di ginnastica organizzate a Torino in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia. A partire dal 1921 vennero creati i primi gruppi sportivi delle Fiamme Gialle, oggi attivi in dodici discipline: atletica leggera, judo, karate, nuoto, tuffi, tiro a segno, scherma, canottaggio, canoa/ kayak, vela, pattinaggio su ghiaccio e sport invernali, sci alpino, sci nordico, salto con gli sci, bob, biathlon. Finanzieri sono stati, solo per citarne alcuni, ex campioni e campionesse dello sport come Gustavo Thoeni, Piero Gros, Isolde Kostner, Tania Cagnotto e Sofia Goggia. Le Fiamme Gialle vantano a oggi 85 medaglie olimpiche, 28 ori, 22 argenti, 35 bronzi, e 366 titoli (94 ori, 115 argenti e 157 bronzi) ai campionati mondiali nelle diverse discipline. Anche la Seconda guerra mondiale mise in luce lo spirito patriottico e il senso del dovere degli appartenenti alla Guardia di finanza. Al momento dell’ingresso italiano nel secondo conflitto mondiale, il corpo aveva un organico di oltre 31mila effettivi. Circa 2mila erano dislocati in Albania, un migliaio in Africa Orientale, 350 in Libia, e 156 nel Dodecaneso. Inquadrati in 18 battaglioni, gli uomini delle Fiamme Gialle affiancarono le nostre Forze armate nei vari teatri. I finanzieri seguirono il destino spesso sfortunato del nostro esercito: molti furono i caduti, molti di più coloro che caddero prigionieri. In particolare, il I Battaglione della Guardia di finanza di stanza a Cefalonia partecipò dopo l’8 settembre 1943 ai combattimenti contro le truppe tedesche, con la Divisione Acqui dell’esercito. Al termine della battaglia, nella quale caddero molti finanzieri, alcuni degli ufficiali superstiti furono passati per le armi dai tedeschi. Non mancarono, sempre dopo l’8 settembre, i casi di collaborazione tra la Guardia di finanza e le organizzazioni della Resistenza. Nella Roma “città aperta”, i finanzieri del generale Filippo Crimi presero contatti con il Fronte militare clandestino e si unirono attivamente all’acquisizione di informazioni sulle strategie nemiche, oltre procurando anche rifornimenti, finanziamenti e armi. Sorsero vere e proprie formazioni partigiane di finanzieri, come la Banda Fiamme Gialle, istituita da Crimi, e la Banda Buratti, guidata dal brigadiere Mariano Buratti. Quest’ultimo fu catturato a Roma, a Ponte Milvio, torturato in via Tasso e poi fucilato a Forte Bravetta insieme ad altri otto antifascisti, dopo essere stato sottoposto a settimane di sevizie. A Milano, il colonnello della Guardia di Finanza Alfredo Malgeri trasformò il suo comando in una struttura di copertura a disposizione del Comitato di liberazione nazionale, CLN. Non a caso, fu proprio a lui che Leo Valiani inviò l’ordine, la sera del 25 aprile 1945, di liberare entro la notte la prefettura e gli altri edifici pubblici della città, segnando così l’inizio dell’ultimo atto della lotta partigiana. Tra il 1943 e il 1945 la Guardia di Finanza fornì documenti falsi e agevolò l’espatrio in Svizzera di numerosi antifascisti. Un impegno che è stato riconosciuto nel 2015 con l’assegnazione della Medaglia d’oro al Merito Civile alla Bandiera di Guerra del Corpo. Inoltre, sette finanzieri sono stati insigniti del titolo di “giusti tra le nazioni”, la massima onorificenza dello Stato d’Israele, mentre altri 10 sono stati decorati “alla memoria” con Medaglie d’oro e di bronzo al Merito Civile, in virtù del coraggio dimostrato nel salvare centinaia di ebrei destinati alla deportazione, anche a costo della propria vita. Sempre durante la Resistenza si colloca uno degli episodi di eroismo più conosciuti della storia delle Fiamme Gialle. Nel tentativo di impedire una strage nazista, il maresciallo maggiore Vincenzo Giudice, comandante della Brigata di Marina di Carrara, perse la vita. Il 15 settembre 1944, Giudice ricevette informazioni su un’imminente violenta rappresaglia delle SS contro alcuni civili, tra cui sua moglie e i suoi figli. Si presentò allora al comandante delle SS, offrendo la propria vita in cambio di quella degli ostaggi. Gli fu risposto che la rappresaglia riguardava i civili e non i militari come lui. A quel punto Giudice si tolse la divisa e ripeté nuovamente la propria offerta: la mia vita in cambio di quella degli ostaggi. Sfortunatamente, il suo gesto non bastò a placare il nemico. Il sottufficiale, insieme ad altri 70 civili rastrellati, fu fucilato a Bergiola Foscalina di Carrara. I corpi di Giudice e delle vittime civili furono poi bruciati: era il 16 settembre 1944.

Favria, 21.06.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata.  Ogni giorno non dobbiamo arrenderci mai, guardare sempre avanti, sempre positivi e poi fare tutto quello che possiamo Felice venerdì.


Legione contro falange.

La netta vittoria ottenuta dalle legioni romane contro le forze macedoni nella decisiva battaglia di Pidna chiude la terza guerra macedonica e consente a Roma di sottomettere l’intera Greci. La battaglia di Pidna, combattuta nel 168 a.C., fu lo scontro decisivo della terza guerra macedonica ed epilogo del confronto tra Roma ed il Regno di Macedonia di cui segnò la fine. Alcuni fatti rendono questa battaglia emblematica ed unica. La sua breve durata di appena due ore, il confronto tra due strategie militari e due tecniche diverse di combattimento, i fattori ambientali e naturali e soprattutto le conseguenze per l’assetto geo-politico del bacino del Mediterraneo. Il giorno della battaglia di Pidna è oggi ricordato come  22 giugno 168 a.C., all’inizio dell’estate ma nei primi resoconti veniva indicata una data diversa; secondo quanto riporta proprio Tito Livio l’anno era il 594 Ab Urbe Condita ed il mese era settembre; la differenza di oltre 60 giorni è data dal non allineamento del calendario romano prima degli aggiustamenti che vi fece portare Giulio Cesare. L’individuazione del giorno esatto della battaglia è stato peraltro facilitata dalla notizia, testimoniata da molti storici ed annalisti, che nel giorno della battaglia si verificò una eclissi di luna.  Nella notte tra il 21 ed il 22 giugno i soldati videro che nel cielo la Luna sembrava “divorata” dal male, tanto che si diceva “Luna laborat” per liberarsi dagli influssi malefici che tentavano di divorarla e, come racconta Plinio, i soldati secondo la consuetudine  “si misero a battere oggetti di bronzo e alzarono verso il cielo tizzoni e torce in grande quantità” per aiutare la Luna a scacciare il maleficio. Fu allora che intervenne Sulpicio Gallo e spiegò loro che si trattava di un fenomeno naturale e che non era portatore di alcun presagio, riportando così la quiete nell’accampamento e gli auspici di successo. Pidna era una cittadina costiera della Tessaglia, di fronte al Golfo di Salonicco a lungo contesa fra ateniesi e macedoni finchè non fu annessa da questi ultimi, qui aveva posto l’accampamento del suo esercito Perseo dopo la ritirata a cui lo aveva costretto Publio Scipione Nasica, luogotenente di Lucio Paolo Emilio, che con un contigente di 8.000 legionari, 200 cretesi e 1.200 cavalieri aveva sbaragliato i macedoni che aspettavano negli accampamenti montani, privando così l’esercito di Perseo delle forze della sua retroguardia. Nello scontro in questione gli eserciti erano guidati rispettivamente dal console Lucio Emilio Paolo e dal re Perseo; il grande interesse che gli storici hanno per questa battaglia deriva dal confronto che vi si ebbe tra due modalità diverse di “fare la guerra”, tra la falange macedone e la legione romana.

Favria, 22.06.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Quando mi sveglio ogni giorno, ho due scelte, posso essere positivo o negativo, ottimista o un pessimista. Io scelgo di essere un ottimista perché è tutta una questione di prospettiva. Felice sabato.

L’esecuzione nella città vecchia.

Il 21 giugno 1621 sconfitti dagli Asburgo, i capi della Rivolta Boema, 3 nobili, 7 cavalieri e 17 borghesi, vengono decapitati nella Piazza della Città Vecchia di Praga di fronte a tutta la popolazione. Dopo la rivolta protestante negli stati boemi contro gli Asburgo e la sconfitta dei rivoltosi nella Battaglia della Montagna Bianca gli Asburgo  decisero di prendersi una rivincita esemplare di fronte a tutta la popolazione, facendo decapitare nella piazza centrale del paese 3 nobili, 7 cavalieri e 17 borghesi, mentre altri ebbero pene minori o vennero perdonati infine.  La battaglia della montagna bianca è una delle battaglie più celebri della guerra dei trent’anni. Si svolse il 8 novembre 1620 tra le forze cattoliche degli Asburgo e l’esercito protestante boemo. Questo scontro avvenne nella regione della Boemia, vicino alla città di Praga. La montagna bianca era una collina che offriva una posizione strategica agli Asburgo, consentendo loro di controllare l’accesso alla capitale boema. La vittoria degli Asburgo nella battaglia della montagna bianca fu determinante per il consolidamento del potere cattolico nella regione e segnò l’inizio di un periodo di dominio asburgico sulla Boemia. L’esito della battaglia ebbe anche conseguenze significative per la guerra dei trent’anni nel suo complesso. La vittoria degli Asburgo indebolì la causa protestante e rafforzò il potere cattolico in Europa centrale.

Favria, 23.06.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Il segreto quotidiano per coltivare la pazienza è fare qualcos’altro nel frattempo. Felice domenica.

La pagella.

La  parola pagella è il diminutivo del latino pagina, ovvero “colonna di scrittura”, “facciata scritta di libro o quaderno”. Pagella, dunque, è l’equivalente latino di “piccola pagina”. Ironia della sorte: nelle scuole superiori dell’antica Roma, dove non c’erano le pagelle, non esistevano né trimestri, né quadrimestri: gli alunni erano valutati mensilmente. La pagella fu inventata dall’imperatore d’Austria Giuseppe che la introdusse nel  1783. Venne introdotta ufficialmente in tutte le scuole italiane in epoca fascista, con un decreto del 20 giugno 1926. Non era, però, la scuola a procurare la pagella, ogni famiglia doveva acquistarla al costo di 5 lire, corrispondenti, al valore di oggi, a circa 4 euro, in tabaccheria. Le prime riportavano sulla copertina lo stemma dei Savoia e i voti erano espressi in giudizi: sufficiente, buono, lodevole. Le materie erano religione, canto, bella scrittura, lettura espressiva, lavori domestici e manuali. Il regime fascista se ne servì anche per indottrinare i giovani, i quali dovevano essere sani, atletici e istruiti ai valori fascisti. Con le successive riforme, la pagella assunse la forma che ancora oggi influenza le estati degli studenti. Ricordiamoci che la pagella scolastica non è Minosse, il giudice dell’Inferno della Divina Commedia, non è un giudizio sulla persona, ma solo sul profitto scolastico, e a questo si può sempre porre rimedio.

Favria,  24.06.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. La più grande cosa nella vita è mantenere la propria mente giovane. Felice  lunedì

Il potere di salvare la vita l’abbiamo nel sangue. Vieni a donare il sangue, vieni a donare a Favria Mercoledì 17 luglio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te.  Attenzione, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare  e portare  sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827. Ricordo i requisiti minimi per donare: età compresa tra i 18 e i 60 per la prima volta, poi dai 65 a 70 anni l’idoneità a donare va valutata dal medico .  Grazie se fate passa parola e divulgate il messaggio