Sparone: Ex Ims, sciopero rinviato Martedì in 100 a Torino di Ornella De Paoli

Martedì, dopo Pasquetta, i 230 dipendenti della ex Ims, fallita ai primi di marzo, riprenderanno lo stato di agitazione. Rinviato lo sciopero programmato per oggi, venerdì, da Sparone, nella mattinata di martedì, partiranno alla volta di Torino almeno in 100 (sono previsti due pullman) per unirsi ai colleghi dello stabilimento di Druento e presidiare la sede dell’assessorato regionale al Lavoro, in via Magenta. Martedì prossimo, infatti, alle 11, in quegli uffici avrà luogo l’incontro, convocato dall’assessore Gianna Pentenero, con i responsabili di Mtd, la società del gruppo Tiberina che nel mese di giugno aveva affittato azienda e lavoratori e che ora pare intenzionata ad acquisirli dal fallimento.
Tra i 165 lavoratori dello stabilimento di Sparone, che martedì 22 marzo hanno scioperato per 8 ore presidiando i cancelli della fabbrica, la tensione è molto alta, poiché Mtd ha comunicato di essere interessata all’acquisto, ma con un drastico taglio dell’occupazione che potrebbe significare il licenziamento di 80, 100 persone. Un dramma per molte famiglie, in gran parte monoreddito,non solo della Valle Orco, ma di tante altre località. Qui, infatti,oltre a molti sparonesi, lavorano operai che arrivano da Locana, Noasca, Valprato e Frassinetto, ma anche da Cuorgnè, Feletto, Banchette e persino da Cavagnolo e da Torino.
«Abbiamo dato un segnale di apertura rinviando lo sciopero programmato e ci auguriamo che Mtd riveda la sua posizione – afferma Gianni Ferrari, rsu Fiom – . Non è detto che quello di martedì sarà l’ultimo sciopero: difenderemo i posti di lavoro con i denti». «Lo scorso mese di giugno noi della Fim abbiamo firmato un accordo con Tiberina che prevedeva l’impegno ad assorbire 250 dipendenti – fa notare Enzo Jentile, rsu Fim – . Vorremmo capire come mai, adesso
che per di più sono scesi a 230, non vuole più garantire tutti i posti di lavoro». Tutti i lavoratori di Sparone hanno aderito alla moblitazione, fatto che tempi addietro sarebbe stato impensabile nella fabbrica dei Ceresa (così la chiamano ancora oggi i valligiani).
Ornella De Paoli