Andorina … Il bosco di faggi e larici di Giorgio Cortese

 

L’amico Eumeo, nome di fantasia, mi ha raccontato di una sua escursione effettuata, diverso tempo addietro in Valle Soana e che trascrivo.
Risalita la Valle Fantastica, oltrepassata Ingria, a Ronco avevo lasciato l’auto nell’ampio parcheggio davanti alla casa di riposo San Giuseppe. Poi proseguendo in via Vittorio Emanuele dietro la casa di riposo e, subito a destra insieme ai segni di vernice bianco/rossi, mi ha detto che aveva trovato l’indicazione per Andorina a Mt 1453,  una  splendida borgata in bella posizione panoramica, non raggiunta da nessuna strada, ma da antiche mulattiere e sentieri, che  attraversano suggestivi boschi, dove il silenzio è rotto solo dal vento tra i rami. Eumeo mi dice che il bosco è un essere vivente e le piante comunicano gli odori, suoni e profumi. Le piante mangiano senza bocca, digeriscono senza stomaco ed ascoltano senza orecchie. Le piante percepiscono  la nostra presenza e nel silenzio del bosco ascoltiamo le loro storie. Proseguendo il racconto mi dice che si era addentrato nella salita in uno  stupendo bosco di larici e faggi, poi era passato vicino ad alcune baite e,  uscendo gradatamente dal bosco era arrivato infine ad Andorina, dove aveva sostato sul sagrato della bella chiesetta che mi dice  dedicata a San Silverio martire,  posta in posizione panoramica e soleggiata. Appena più sopra,  era salito sul pianoro sovrastante la frazione, dove aveva potuto ammirare degli scorci della valle e la  Rosa dei Banchi. La frazione  oggi è disabitata, il  Bertolotti nel suo libro Passeggiate nel Canavese del 1873, dice che il borgo allora contava 21 abitanti. Questo bel borgo si anima solo  d’estate, quando la gente sale quassù per festeggiare san’Antonio, protettore del paese e al quale si riferisce una leggenda che si ritiene abbia dato origine alla festa. Si narra che un  giorno di giugno un bimbo assai piccolo, di appena cinque anni, mentre era al pascolo nei dintorni di Andorina, fu avvicinato da un uomo che si diceva fosse un mago. Egli, non si sa come, riuscì a convincere il bambino ad allontanarsi dalle sue mucche e a seguirlo in un luogo appartato. Quando cercò di toccarlo, si accorse che era protetto come da una barriera invisibile, poiché portava al collo una medaglietta di sant’Antonio. Il mago cercò di convincere il bambino a togliersi la medaglietta, ma ottenne un netto rifiuto. Tentò allora di togliergliela con la forza,  ma anche questo tentativo risultò vano. Intanto nella frazione erano iniziate le ricerche del bambino, invocando l’aiuto di sant’Antonio. Poco dopo il piccolo venne ritrovato, singhiozzante ma illeso, e raccontò del suo cattivo incontro con il mago. I paesani, felici per lo scampato pericolo, decisero di passare il giorno seguente a festeggiare e ringraziare il loro santo protettore. Nacque così la festa di sant’Antonio all’Andorina. Da allora molte persone si sono rivolte al santo per richiedere grazie, e ancora oggi vi è un apposito comitato incaricato di raccogliere le offerte per celebrare l’annuale festa dell’Andorina, che negli ultimi anni si tiene nel mese di agosto. La ragione è presto detta: in una valle che si sta spopolando, il 15 giugno, giorno della ricorrenza, c’è poca gente.. Ma sant’Antonio è figura assai cara a tutta la Val Soana. Tanto che c’è l’abitudine di rivolgersi al santo anche quando si perde qualche oggetto, recitando la formuletta: “Sant’Antoni patanu, faime troar fin que djei perdu” sant’Antonio tutto nudo, fammi ritrovare ciò che ho perduto.” Eumeo  finisce il racconto della sua escursione  nel  piccolo borgo abbandonato di Andorina, dicendomi che è un luogo dove si  respira e si sente il profumo della vita di montagna di una volta, della sua giovinezza.
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