Bandiere d’Europa: Estonia, Germania e Grecia. – Coa d’ vulp, Pè de leure. – Doldrums. – La Naja – Per una fetta di anguria. – Il ventaglio. – Marchfeld…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Bandiere d’Europa: Estonia, Germania e Grecia. Nell’Estonia i colori delle sue bande

orizzontali rappresenterebbero, secondo l’ipotesi più accettata, il colore del cielo, dei laghi e del mare estoni, blu, la produttività della terra nazionale, nero, e la libertà del popolo che l’abita, il bianco. Nella bandiera della Germania  le tre bande orizzontali, di colore nero, rosso e oro, gli stessi delle uniformi dell’esercito prussiano, sarebbero ispirate, allo stemma del Sacro Romano Impero: un’aquila nera, con becco e artigli rossi, su sfondo dorato.  Nella bandiera della Grecia la croce allude alla chiesa greco ortodossa, mentre le nove strisce orizzontali blu e bianche, forse ispirate ai colori del mare greco e alla schiuma delle onde, rappresenterebbero le sillabe dello slogan “Libertà o morte”, in lingua greca, in auge durante la guerra d’indipendenza.
Favria, 20.08.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Ogni giorno seguiamo il ritmo della natura: il suo segreto è la pazienza. Felice  martedì

Coa d’ vulp, Pè de leure.

Camminando lungo le strade di campagna dai campi fa capolino l’Erba mazzolina o Dattile, Dactylis glomerata L., 1753,  una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Poaceae. In Francese Dactyle aggloméré; in inglese: Cock’s foot; negli Usa, Orchard-grass  ed in tedesco Knaulgrass. Il termine Dactylis proviene dal greco  dáctylos dito, per la somiglianza della pannocchia con le falangi di un dito. L’epiteto specifico glomerata deriva da glomero avvolgere, raggomitolare, addensare, raggruppare: per via delle spighette che si dispongono caratteristicamente a mazzetti. Una pianta  una graminacea d’importanza mondiale e certamente tra le più interessanti essenze da sfalcio o da pascolo per quasi tutti gli ambienti italiani. E’ conosciuta con altri nomi  comuni: Erba pannocchia, Spiga bianca, Paleo aggruppato, Dattolo a gomiti.  Nelle varie regioni italiane viene chiamata con diversi nomi, Covetta,  Covetina, Pajana in Lombardia, Affuca cavaddi in Sicilia; erba mazzetti in Umbria;  erba  dura, erba Mazadego, Mazzolina in Veneto; Mazego,  mazzuleina in Emilia-Romagna; erba  mazzolina o Spiga bisaca, Panocchina  in Toscana; Vergheta e Spigheta;  Falasca  negli Abruzzi; Larino, Falascina  in Calabria; erba razzolina in Puglia;   Jerbe dal ghitt, Sparnaciele, in Friuli; Mazzaredda in Sicilia;  Mazzucchella in Campania; infine in Piemonte con il nome di Coa d’ vulp, Pè de leure. Originaria dell’Europa e delle zone temperate asiatiche e africane, l’erba mazzolina è una graminacea d’importanza mondiale e certamente tra le più interessanti per quasi tutti gli ambienti italiani. L’ Erba mazzolina è un’essenza da sfalcio o da pascolo. Con lo sfalcio è utilizzata come fieno o come insilato. Viene utilizzata generalmente non in coltura pura, bensì come componente di prati oligofiti ed in particolare alla consociazione con l’erba medica in virtù della sua limitata competitività. È, inoltre, una specie con buona composizione chimica del foraggio e buona appetibilità purché utilizzata prima della spigatura in quanto, dopo tale periodo, si ha un peggioramento qualitativo molto rapido. È una specie che controlla bene le infestanti sia se coltivata da sola che in consociazione; da buoni risultati nei miscugli oligofiti o polifiti con erba medica, trifoglio violetto, trifoglio bianco, lupinella e sulla. Di questa specie esistono numerose varietà di origine europea, americana ed australiana. Fra le varietà italiane ricordiamo: “Dora”, precoce taglia alta, a rapido ricaccio, da sfalcio; “Cesarina”, intermedia, da pascolo. “Jana”, “Dama” e “Padania”; fra le straniere: “Curie”, australiana di adattamento mediterraneo; “Phillox”, danese e “Prairial”, francese, queste due ultime a ciclo tardivo.

Favria, 21.08.2024

Buona giornata. Se la vita mi lascia le briciole io comunque penso alla panatura dorata.
Che condanna meravigliosa l’ottimismo. Felice mercoledì.

Doldrums.
In natura ci sono diversi esempi di vento calmo o quasi del tutto assente, come i “Doldrums”, regioni vicino all’Equatore terrestre ben conosciute dai naviganti. In queste zone il riscaldamento del Sole è molto uniforme, quindi c’è pochissima differenza di  pressione, che genera di conseguenza movimenti d’aria molto leggeri. Questa striscia, nota come “Zona di convergenza intertropicale”, è caratterizzata da una circolazione atmosferica molto debole e l’aria quindi ristagna, con temperature e tassi di umidità molto elevati. Per questo motivo, la navigazione a vela nei Doldrums è particolarmente ardua, dovendo fronteggiare lunghi periodi di calma piatta alternati a improvvisi e violenti temporali. Queste regioni di calma tropicale  sono indicate in inglese come Horse Latitudes, o Latitudini dei cavalli: al tempo della navigazione con i velieri, infatti, poteva succedere che le imbarcazioni che si imbattevano in questa calma piatta rimanessero bloccate per settimane. I marinai allora razionavano le scorte di acqua, così, se fra le merci trasportate c’erano anche cavalli, che hanno bisogno di bere molto, questi venivano sacrificati e buttati in mare.

Favria, 22.08.2024

Buona giornata. Oggi quello che abbiamo bisogno è una tazza di comprensione, un barile di amore e un oceano di pazienza. Felice giovedì

La Naja

Quest’anno ricorre il ventesimo anno dall’abolizione del servizio di leva in Italia, con la legge n. 226 del 23 agosto del 2004 che sancì il passaggio a forze armate ridotte e professionali. Contestualmente, lo sviluppo degli avvenimenti legati al drammatico conflitto in Ucraina ha posto alla ribalta il dibattito sull’opportunità di tornare a strumenti di difesa basati sulla coscrizione obbligatoria, o su sistemi misti, capaci di sostenere conflitti convenzionali prolungati, connotati da tassi di logoramento elevati, proprio come quello che si sta combattendo in Ucraina da oltre due anni. All’indomani dell’Unità d’Italia, nel 1861, la leva obbligatoria di 5 anni fu estesa a tutto il Paese con il “reclutamento nazionale”. I reggimenti furono formati da reclute provenienti da tre diverse province, poi impiegati in una quarta: si riteneva pericoloso creare reparti composti da soldati provenienti da una stessa provincia, magari repubblicana o ex borbonica, dove più dura era stata l’opposizione al processo di unificazione guidato dai piemontesi. L’esercito assunse così quel ruolo di amalgama per la nuova nazione che, in quel momento, era ritenuto prioritario rispetto all’efficienza. Successivamente, l’Ordinamento Ricotti, emanato il 19 luglio 1871, sancì per tutti i cittadini maschi al compimento del ventesimo anno di età l’obbligo della leva, riducendo il servizio a tre anni. Con lo stesso decreto, fu istituita la rete dei distretti militari, uno per provincia, cui i giovani venivano iscritti al diciottesimo anno di età e a cui dovevano presentarsi in caso di chiamata alle armi. Tale sistema resterà sostanzialmente immutato fino alla sospensione della leva, dal 1° gennaio 2005, con la legge n. 226 dell’agosto dell’anno precedente, nasceva la Naja obbligatoria. Alla vigilia della Grande guerra il periodo di coscrizione fu ridotto a due anni. Nel Ventennio, il regime fascista introdusse l’istruzione premilitare, impartita a tutti i giovani di età compresa tra gli 8 e i 21 anni. E con la nascita della Repubblica italiana fu confermata l’obbligatorietà del servizio di leva, espressa nell’art. 52 della Costituzione. Il successivo decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 ha istituito infine il servizio militare volontario in Italia, attraverso periodi di ferma prefissati, da uno a quattro anni, al termine dei quali il personale, maschile e femminile, ha l’opportunità di passare in servizio permanente effettivo.

Favria, 23.08.2024  Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita alla fine non conta cosa hai fatto, ma come l’hai fatto.  Io sono felice nell’animo alla sera se ho fatto del bene  durante la giornata. Felice  venerdì.

Per una fetta di anguria.

A volte  fetta di anguria può costare molto cara,  e lo o capirono a loro spese Stati Uniti e Panama quando quest’ultima era ancora un distretto di una Colombia scossa da guerre civili e colpi di Stato. A Panama gli statunitensi stavano costruendo la ferrovia che collegava i due oceani e la facevano da padroni. Il 15 aprile un americano ubriaco, Jack Oliver, prese una fetta di anguria da un ambulante, José Manuel Luna, e la mangiò rifiutandosi di pagare. Alle proteste del venditore reagì sparandogli. Alcune versioni dicono che il panamense aveva tirato fuori un coltello e che non volle accettare un risarcimento, di 10 centesimi,  da parte di un altro americano. Comunque sia andata, finì male, e cominciò il peggio. Rivolta. Esasperata dalla povertà dilagante, la folla prese ad aggredire tutti gli stranieri che capitavano a tiro, diede alle fiamme gli edifici pubblici e assaltò la stazione ferroviaria. La polizia si unì alla sommossa, mentre dall’altra parte sopraggiunsero via treno le forze di sicurezza della compagnia ferroviaria. Il rapporto ufficiale sulla battaglia registrò 15 stranieri morti, tra cui un francese, e 16 feriti e, sull’altro fronte, 2 panamensi morti e 13 feriti. I locali celebrano oggi l’episodio come l’unica vittoria sugli yankees, ma in realtà fu proprio quella battaglia che fornì il pretesto per la definitiva occupazione Usa dell’istmo: nelle settimane successive arrivarono due navi da guerra e sbarcarono i marines e pi sappiamo come è andata.

Favria, 24.08.2024

Buona giornata. Noi non ereditiamo la terra dai nostri antenati, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli. Felice sabato

Il ventaglio.

In queste giornate di caldo tropicale il ventaglio è divenuto compagno indispensabile  delle signore in queste serate estive, il ventaglio è un accessorio affascinante, che ha secoli di storia e che, in passato, è stato usato come un vero e proprio strumento di comunicazione. Il ventaglio nasce in epoca antichissima per assolvere funzioni molto pratiche: rinfrescarsi, scacciare gli insetti, ravvivare il fuoco. Inizialmente, per questi scopi, si usavano grandi foglie, o rudimentali attrezzi fatti intrecciando vegetali, poi il ventaglio si è legato all’abbigliamento femminile, oggetto indispensabile per le dame che spesso avevano “fame d’aria”, a causa dei corpini troppo aderenti che stringevano la vita e impedivano loro di respirare. Come già detto l’ origine del ventaglio si perde nella notte dei tempi.  Nel II secolo, in Cina, si usavano ventagli rigidi in bamboo, mentre i giapponesi inventarono quello pieghevole. Anche gli Egiziani lo conoscevano: lo sappiamo dalle rappresentazioni che si trovano nei bassorilievi e pitture dell’epoca. I romani lo chiamavano flabèlum e lo usavano solo durante le cerimonie importanti, ma anche al pari degli  Etruschi, e dei Greci lo utilizzavano anche uso domestico, mentre nel Medioevo lo si torna ad utilizzare nelle cerimonie religiose ed in alcuni riti civili. In Europa viene introdotto da  Caterina de’ Medici e subito si diffonde rapidamente, all’inizio come oggetto per l’aristocrazia, per poi estendersi a tutti gli strati sociali. La prima vera estimatrice del ventaglio fu la Regina Elisabetta I che ne diffonde l’uso alla corte inglese. Intanto grazie alle nuove rotte commerciali, i ventagli pieghevoli ideati in Giappone e poi diffusi in Cina sono arrivati anche in Europa. Ma se in Oriente vengono prodotti con carta di riso e stecche di bambù, in Europa  sono reinventati in metalli o legni preziosi, piume esotiche e incrostati gemme, per dichiarare al mondo la ricchezza della proprietaria. Nel Settecento la fortuna del ventaglio giunge all’apice. Nascono ventagli da usare per i balli di corte, altri fatti apposta per la chiesa, altri ancora per le cerimonie di fidanzamento e nuziali,  modelli per le vedove, opportunamente orlati di pizzo nero. È  in quest’epoca il ventaglio diventa messaggero di vere e proprie comunicazioni cifrate. Aprirlo in certo modo, appoggiarlo su una guancia o sull’altra: ogni gesto aveva un preciso significato. Nasce un codice per comunica con il ventaglio come prima c’era il linguaggio dei finti nei. La dama con il ventaglio tutto aperto, ma coprendo la bocca: voleva dire che era libera, se lo lasciava scivolare sugli occhi un invito al cavaliere di andare via, se la dama sosteneva il ventaglio con la mano destra di fronte al viso, invito a seguirla, se poi appoggiava il ventaglio sulle labbra, invito a baciarla. Per dire si o no, se appoggiava il ventaglio  sulla guancia sinistra era no, se appoggiato sulla guancia destra era si. Se la dama lo sosteneva con la mano sinistra di fronte al viso, invito a fare conoscenza, se chiuso a metà sulla destra e sulla sinistra, il non potere parlare, invece se veniva aperto molto lentamente con la mano sinistra, invito a parlare. Se veniva aperto nello stesso modo con la mano destra, la dama invitava il cavaliere ad aspettarlo. Se il ventaglio veniva chiuso appoggiato all’occhio destro, la dama chiedeva quanto poteva rivederlo. Se il ventaglio veniva chiuso e agitato in modo minaccioso, la dama invitava il cavaliere a non essere imprudente, se il ventaglio copriva per un pò l’orecchio sinistro, la dama voleva essere lasciata in pace: lasciami in pace.  Se la dama appoggiava il ventaglio all’orecchio sinistro voleva far sapere al cavaliere che gradiva  che si togliesse di torno. Se cambiava il ventaglio nella mano destra, chiedeva al cavaliere come osava. Muoverlo con la mano sinistra: ci osservano. Se la dama si copriva con il ventaglio con la mano sinistra con il ventaglio chiuso, invito al cavaliere di scrivere una lettera. Per dire al cavaliere che era crudele la dama apriva e chiudeva il ventaglio lentamente e ripetutamente. Se la dama lasciava il ventaglio  scivolare sulla fronte, diceva che il cavaliere era cambiato, se  sventagliava ripetutamente voleva dire che era sposata o  fidanzata. Se il ventaglio veniva mostrato  chiuso e fermo, la dama chiedeva se il cavaliere gli voleva bene. Se lo lasciava scivolare sulle guance, la dama affermava il suo amore. Se la dama nascondeva gli occhi dietro il ventaglio aperto, voleva dire al cavaliere ti amo! Se lo chiudeva  lentamente: prometteva di sposarlo. Ma se lo abbandonava lasciandolo appeso, comunicava di restare amici, se faceva  un dito dell’altra mano sui bordi, voleva parlarti. Nell’Ottocento, grazie alla litografia si possono ottenere stampe a colori a prezzi contenuti. E questa innovazione, assieme alla crescente industrializzazione dei processi, consente di realizzare ventagli economici. Questi ventagli di carta diventano subito popolarissimi, e vengono decorati con motti di spirito, mappe dei teatri o addirittura messaggi promozionali. Da qui al ventaglio pubblicitario il passo è breve. Verso la fine del secolo, i ventagli reclamistici diventano molto comuni.  Poi a partire dagli Venti del Novecento il ventaglio perde interesse, con abiti sempre più leggeri e destrutturati assieme ai nuovi sistemi di areazione prima, e di climatizzazione poi, lo relegano al ruolo di accessorio obsoleto e ingombrante. Ma poi nei primi anni Trenta del Novecento il ventaglio scopre nuove funzioni, come quello  realizzato  in piume di struzzo, e in taglia extralarge, diventa un accessorio indispensabile negli show piccanti di un nuovo genere di cabaret, il burlesque. Da allora il ventaglio rinuncia ad ogni funzione pratica, rivendicando però una decisa valenza estetica. Adesso, complice l’aumento delle temperature sempre più tropicali e l’abitudine all’aria condizionata ci ha resi intolleranti anche alla più breve permanenza in ambienti non climatizzati, il ventaglio è tornato in auge. Oggi il  ventaglio è una fisarmonica di carta che porta i messaggi del fresco per restire a questo grande caldo.

Favria,  25.08.2024  Giorgio Cortese.

Buona giornata. La speranza certi giorni è riuscire a vedere una luce nonostante tutta l’oscurità. Felice domenica

Marchfeld.

La Battaglia di Marchfeld, sul fiume Morava, fra Dürnkrut e Jedenspeigen, venne disputata il 26 agosto 1278 e fu decisiva nella storia dell’Europa Centrale per i secoli seguenti. Si affrontarono l’esercito boemo guidato dal re Ottocaro II di Boemia e l’esercito imperiale guidato da Rodolfo I del Sacro Romano Impero alleato con re Ladislao IV d’Ungheria. Nell’esercito ungherese era compresa un’unità di cavalleria leggera e gli arcieri a cavallo Cumani. Si arrivò alla battaglia dopo la  deposizione dell’imperatore Federico II del Sacro Romano Impero, da parte di papa Innocenzo IV nel 1245, che creò una grave crisi nel Sacro Romano Impero, poiché nei seguenti decenni diversi nobili vennero eletti Rex Romanorum ed imperatori, nessuno dei quali riuscì ad ottenere il potere necessario a governare. A seguito di questo interregno Ottocaro II, figlio del re Venceslao I di Boemia, nel 1250 invase i ducati senza un valido governo, Austria e Stiria, e si proclamò duca. Nel 1253 Ottocaro II divenne re di Boemia dopo la morte del padre; la sua aumentata importanza divenne un campanello d’allarme per il re Béla IV d’Ungheria, che intraprese un’azione in Stiria e Austria ma venne definitivamente sconfitto nel 1260 nella Battaglia di Kressenbrunn. Nel 1268 Ottocaro firmò un trattato di non ereditarietà con l’ultimo duca di Carinzia del Casato degli Sponheim, Ulrico III, e quindi acquisì la Carinzia, comprese la Marca di Carniola e la Marca vindica, un anno dopo. Dall’alto del suo potere decise di aspirare alla corona imperiale, ciò nonostante i principi, diffidenti per il suo aumentato potere, elessero il piccolo conte Rodolfo d’Asburgo, Rex Romanorum il 29 settembre 1273.  Poiché l’elezione era avvenuta in sua assenza, Ottocaro non diede credito a Rodolfo come re. Rodolfo stesso aveva promesso di riconquistare i territori “alienati” che avrebbero dovuto essere conferiti al potere imperiale con il beneplacito dei principi-elettori. Egli reclamò l’Austria e la Carinzia all’impero e chiamò in causa Ottocaro convocando un Reichstag nel 1275 a Würzburg. Poiché il re di Boemia non si presentò alla Dieta, venne messo in una situazione di prossima destituzione. Venne messo sotto bando imperiale e tutte le sue terre vennero confiscate, comprese quelle della corona boema. Nello stesso tempo Rodolfo accoglieva alleati e si preparava alla battaglia. Realizzò due di queste alleanze attraverso i classici matrimoni degli Asburgo. Prima, fece sposare suo figlio Alberto I d’Asburgo con Elisabetta di Tirolo-Gorizia ed in contropartita il padre di Elisabetta ricevette il ducato di Carinzia come feudo. Poi, stabilì un’instabile alleanza con Enrico XIII di Baviera offrendogli in sposa sua figlia Caterina come moglie per suo figlio Ottone III di Baviera oltre alla regione attuale dell’Austria Superiore come pegno per la sua dote. Realizzò anche un’alleanza con il re Ladislao IV d’Ungheria che intese stabilire i vecchi accordi con Ottocaro. Nel 1276 Rodolfo, rafforzato dalle alleanze assediò Ottocaro a Vienna e lo costrinse a cedere tutte le terre che aveva conquistato rimando soltanto con la Boemia e la Moravia come vassallo di Rodolfo. Privato completamente dei suoi poteri, Ottocaro tentò di riconquistare i suoi territori, e contrasse un’alleanza con il margravio di Brandeburgo e nel 1278 partecipò ad una campagna in Austria. Ottocaro pose l’assedio alle città di Drosendorf e Laa an der Thaya, mentre Rodolfo lasciava Vienna per affrontarlo in una battaglia aperta dove la cavalleria dei Cumani di e Ladislao potesse congiungersi facilmente alle sue forze. Ottocaro abbandonò l’assedio il 26 agosto ed incontrò le truppe di Rodolfo e Ladislao vicino a Dürnkrut. Quando egli giunse sul campo di battaglia, i suoi nemici avevano già avuto l’opportunità di esplorare la topografia dei luoghi. In mattinata, le truppe boeme vennero coinvolte in pesanti attacchi da parte di quelle dei Cumani, ciononostante all’inizio della battaglia la cavalleria di Ottocaro sembrò avere il sopravvento quando il cavallo di Rodolfo venne ucciso ed il re riuscì a stento a salvarsi. Dopo tre ore di continui combattimenti, i cavalieri di Ottocaro con le loro pesanti armature erano esausti. A mezzogiorno Rodolfo ordinò l’entrata in scena della cavalleria pesante austriaca ed ungherese nascosta dietro le colline e nel bosco ai margine del campo di battaglia per attaccare Ottocaro sul fianco del suo schieramento. Sebbene un’imboscata simile era considerata comunemente guerra disonorevole, l’attacco dal retro ebbe la meglio sulle truppe boeme accordando una vittoria decisiva a Rodolfo ed ai suoi alleati. Il campo di Ottocaro venne depredato, ed egli fu trovato ucciso sul campo di battaglia. Rodolfo si assicurò il possesso dei ducati di Austria e Stiria, il nucleo fondante dell’ascesa della Casa d’Asburgo. Nel 1282 egli nominò i suoi figli Alberto e Rodolfo come duchi d’Austria. Comunque in Boemia Rodolfo agì cautamente e giunse ad un accordo con la nobiltà e con la vedova di Ottocaro, Cunegonda di Slavonia, sulla successione di suo figlio Venceslao II sul trono di Boemia. Nella stessa occasione si riconciliò col margravio del Brandeburgo. Re Ladislao IV si lanciò nell’opera di cristianizzazione dei guerrieri Cumani e venne assassinato nel 1290. La tragedia König Ottokars Glück und Ende scritta da Franz Grillparzer nel 1823, è imperniata sull’ascesa e la caduta di Ottocaro II. Questo dramma era stato originariamente ispirato alla vita di Napoleone, ma poiché Grillparzer, temeva la censura del principe Metternich , scelse di scrivere il dramma su Ottocaro nella cui storia egli trovò molte similitudini. Nonostante ciò la pubblicazione non gli fu consentita fino al 1825.

Favria, 26.08.2024 Giorgio Cortese

Buona giornata. Quando ho piantato il mio dolore nel campo della pazienza, mi ha dato il frutto della felicità. Felice lunedì.