Felice Festa. – Trenta giorni ha novembre.- Ognissanti. – Il castagno, leggenda. – Il centenario del Milite Ignoto – Pulvis et umbra sumus. – La campana sonante!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Felice Festa.

Scriveva San Bernardo da Chiaravalle che nostra vita nulla è impossibile per chi crede, nulla è difficile

per chi ama, e allora per la maggiore gloria di Dio, ogni giorno l’importante non è fare tanto, ma farlo bene.Felice Festa di Ognissanti a tutti!

Trenta giorni ha novembre…
Vi ricordate la filastrocca che inizia con “Trenta giorni ha novembre…” per ricordarci quanto hanno i singoli giorni dell’anno. Una cantilena rimata che inizia da novembre, penultimo mese dell’anno, ma anticamente nel calendario romano era il nono. Un mese dove la vera protagonista è la natura, custode del seme piantato nella terra in attesa di germogliare

Favria 1.11.2021 Giorgio Cortese

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

1 novembre 1897

In quel giorno su impulso degli studenti del liceo classico D’Azeglio, nasce a Torino lo Sport club Juventus

Ognissanti.

Il primo novembre la liturgica cattolica lo dedica al giorno di tutti i Santi, , noto popolarmente anche come Ognissanti, seguito dalla Commemorazione dei defunti il 2, ed è una festa cristiana che celebra insieme la gloria e l’onore di tutti i santi, ivi comprendendo anche quelli non canonizzati. Pensate che il 1 novembre venne decretato festa di precetto da parte del franco Luigi il Pio nel 835 d.C.  Il decreto fu emesso su richiesta di papa Gregorio IV e con il consenso di tutti i vescovi. La festa si dotò di ottava solenne ancora presente nel rito straordinario della Chiesa durante il pontificato di papa Sisto IV, quando, bandendo la crociata per la liberazione di Otranto nel settembre 1480, il pontefice implorò la benedizione dell’Altissimo sulle schiere cristiane. Nella liturgia cattolica, l’ottava  è periodo di sette giorni che segue a una solennità di cui costituisce un prolungamento. Pare che già i Celti festeggiavano in quel periodo i morti che loro chiamavano la festa del Samhain  dove i morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e che quel giorno celebrazioni gioiose venissero tenute in loro onore. Da questo punto di vista le antiche tribù celtiche erano un tutt’uno col loro passato ed il loro futuro. Questo aspetto della festa non sarebbe mai stato eliminato pienamente, nemmeno con l’avvento del cristianesimo che infatti il 2 novembre celebra proprio i defunti. La tesi venne messa in discussione da altri studiosi ma sta di fatto che il primo novembre resta una festa collegata al culto dei defunti in ogni tradizione occidentale. Ma, resta la domanda: perché si portano proprio i crisantemi sulle tombe dei propri cari? I  crisantemi sono considerati in quasi tutte le culture portatori di bene, gioia e prosperità, mentre, a quanto pare, nel Patrio stivale  vengono associati al lutto. Come mai? E perché? Ebbene, la risposta è piuttosto semplice: la festa dei morti avviene proprio in concomitanza con la fioritura di questi splendidi fiori e per questo proprio i crisantemi vengono collegati, nonostante tutto, a contesti tristi luttuosi. In Oriente ad esempio in i crisantemi, il cui nome in greco significa fiore d’oro,  vengono utilizzati per matrimonio e compleanni. Altra curiosità: il crisantemo è il fiore ufficiale del Giappone tanto che, in suo onore, viene celebrata una festa dall’imperatore. Numerose sono le leggende intorno alla sua nascita e tutte narrano storie legate ai numerosissimi petali del fiore. In ognuna i petali richiamano l’allungamento della vita o il prolungamento della felicità o dell’amore. Niente a che vedere con il lutto o il dolore.

Favria, 2.11.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. A novembre mi affretto a cogliere questi ultimi lampi di bellezza della terra esausta che si prepara a morire. Felice martedì.

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Il castagno, leggenda.

La storia racconta di come degli abitanti di un paese di montagna stessero morendo di fame e pregassero di continuo perché Dio desse loro qualcosa. Dio li accontentò, dando loro il castagno, ma il Diavolo, per andare contro il volere divino, avvolse il frutto in un guscio spinoso. Gli abitanti, sconsolati, continuarono a pregare Dio che a quel punto scese in terra e fece il segno della croce al frutto: da quel giorno l’apertura dei gusci era a forma di croce. Da questa storia si evince anche che ci siano 3 frutti dentro il guscio perché devono essere condivise: una per il proprietario terriero, una per i contadini e una per Dio, ovvero da ripiantare nella terra.

Favria, 3.11.2021  Giorgio Cortese

Buona giornata. Spesso il fiume della vita quotidiana conduce coloro che vogliono lasciarsi guidare e trascina anche quelli che non vogliono. Felice mercoledì

Il centenario del Milite Ignoto

Il 28 ottobre 1921 un treno parte da Aquileia con un carico molto speciale, in un vagone, riservato coperto dal tricolore con lo stemma sabaudo, viaggia il Milite Ignoto. La destinazione è Roma, dove il feretro sarà tumulato al Vittoriano in una cerimonia al tempo stesso mesta e grandiosa. Intanto il con convoglio ferroviario attraversa l’Italia in una sorta di via crucis nazionale e militare. Un mix di trionfo della morte ma anche celebrazione della vita che continua per l’intera Patria. Allora al passaggio del convoglio le stazioni si gremirono in silenzio di soldati, autorità, bandiere ma soprattutto tanti, tanti comuni cittadini e cittadine.  Allota, tutti, ma proprio tutti, vanno salutare il commilitone che non ce l’ha fatta. Altri vanno a versare una lacrima sul figlio che non è tornato dal fronte e, non si sa nemmeno che fine abbia fatto. Il Milite Ignoto impersona e rappresenta tutti, tanto che il treno è costretto continuamente a fischiare e a rallentare: anche fuori dalle città infatti la gente si assiepa vicino ai binari e inginocchia al suo passaggio. Il Milite Ignoto è la risposta liberatoria sulla recente tragedia della Prima Guerra Mondiale, con dieci milioni di soldati morti e, che solo a distanza di quasi tre anni inizia a far intravvedere le sue vere dimensioni.  Il Milite Ignoto, allora, cento anni fa è stato uno spettacolo collettivo abilmente diretto, capace di mobilitare ed emozionare le masse come mai era successo prima nell’Italia unita. Tra il 3 e il 4 novembre, Roma venne presa d’assalto da una moltitudine di popolo. Si parla allora di mezzo milione di non romani, giunti nella capitale con ogni mezzo, alcuni anche a piedi, per partecipare all’inumazione del nuovo eroe nazionale.  Come Alpini di Favria nel 97 anno di fondazione, vogliamo onorare anche noi il Milite Ignoto, davanti ai monumenti dei Caduti e amche al Cimitero, davanti al monumento dei Caduti senza Croce, perché il Milite Ignoto non un condottiero o un re, ma uno sconosciuto uomo in uniforme. Forse un giovane studente in armi, forse un umile contadino coscritto, comunque un nessuno che avrebbe potuto essere chiunque, uno di noi un nostro nonno o bisnonno che ha combattuto e non è più tornato a casa. Per tutti noi ancora oggi questo sconosciuto fante non è solo un simbolo di valore militare ma un ammonimento contro la violenza della guerra. Il Milite Ignoto è un patrimonio della memoria collettiva di tutti noi a cui dobbiamo omaggiare: il silenzioso anonimo cittadino comune, senza il quale anche lo Stato apparentemente più forte è destinato a cadere.

Favria,  4.11.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. A novembre nutro sempre la speranza perché niente dura per sempre, nemmeno il mese di novembre. Felice giovedì.

Viva la vita se doni la vita. Ti aspettiamo oggi a Favria VENERDI’ 5 NOVEMBRE   2021, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell.  3331714827- grazie se fate passa parole e divulgate il messaggio

Pulvis et umbra sumus.

Pulvis et umbra sumus”, frase tratta da una  ode di Orazio che tratta il tema epicureo della caducità della vita. Tutti noi siamo  viaggiatori sul treno della vita, un treno su cui saliamo senza averlo mai chiesto di nostra spontanea volontà, e da cui, un giorno, dobbiamo scendere indipendentemente dal nostro desiderio. Questo carme di Orazio inizia festoso, poiché la primavera riporta la vita sulla terra: gli alberi si ricoprono di foglie, l’erba spunta di nuovo nei campi, i fiumi tornano a scorrere nei loro argini, le Grazie e le ninfe danzano felici. Tuttavia il ritorno della primavera richiama il mutare delle stagioni che a sua volta è associato dal poeta alla fugacità dell’esistenza umana vhe a differenza delle stagioni annuali per non non si ripetono e alla fine cosa siamo se non “…pulvis et umbra…”. Il bello che su questo bel treno chiamato vita non conosciamo quando arriverà la nostra fermata definitiva. Se la vita è un dono, di fronte alla morte, credenti e no, dovrebbero chinare il capo e restare in silenzio. C’è, però, per gli uni e per gli altri, al di là del credere o meno nell’altra vita dopo la morte, un dato di fatto inconfutabile nella realtà che con la morte fisica il corpo che si dissolve nel sepolcro, oppure che diventa un pugno di cenere. E fino a qui non ci piove, scendiamo dal treno della vita e andiamo per un viaggio senza ritorno! L’incognita è del dopo, come cristiano dopo la morte c’è la vita eterna in attesa della resurrezione del corpo alla fine dei tempi e questo mi consola.  Per altri ancora, dopo la morte fisica,  c’è il nulla. Ecco il mistero della morte  non è mai da lnoi umani pienamente posseduto, ma indovinato, carpito tra chiaroscuri e ombre. Ed oggi immersi nella tecnologia che ci fa pensare di essere simili a Dio, con la possibiloità di cancellare con un click amicizie sui social o di fare gongolare lo smisurato ego con una pioggia ndi like la non  conoscenza del mistero tormenta chi vuole tutto sapere, scoprire cose nuove. Certo domandarci perché esistiamo, perché c’è il male nel mondo, perché le malattia che portano via le persone care e angustiano l’animo, ma il mistero rimane sempre impenetrabile, forse il mistero della morte va ricercato nel cuore della vita da viverla sempre con intensità come fosse l’ultimo alito di vita. Mi viene da pensare che l’avventura della vita è quello di imparare, poi lo scopo della vita è crescere, ma la natura della vita è  anche  cambiare, la sua sfida è superare le quotidiane difficoltà. Se ci penso bene l’essenza della vita è assistere gli altri dandomi la grande occasione di servire osando sempre nel fare nuove amicizie. La  bellezza della vita è osare nell’inerpicarmi su nuove sfide  con la gioia di dare, vivere e amare la vita. Alla fine è la felicità dell’animo dopo tutto, lo scopo della nostra vita, non viviamo solo per mangiare e per fare soldi!

Buona vita a tutti

Favria, 5.11.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Novembre dà un gran ballo alle foglie raminghe nel parco. E’ d’obbligo il costume giallo con gale di nastri rossi. Felice venerdì.

La campana sonante!

Oggi vi narro della leggenda di una campana che aveva una prerogativa, nella fusione della lega di bronzo anche delle monete d’oro. Ma facciamo un passo indietro, nel momento della fusione della campana, siamo nel VI secolo d.C.  il territorio dell’odierno Canavese subisce l’invasione dei brutali Longobardi che si dedicano al saccheggio, rapina ed uccisione dei ricchi patrizi romani ancora rimasti in questi luoghi, il loro arrivo veniva preannunciato dal lugubre grido di battaglia: “Arrivano i Longobardi”. I Longobardi, avanzavano minacciosi, raggruppati per “fare”, guerrieri, arimanni, uniti da vincoli di sangue al seguito del duca. Un ricco patrizio prima di fuggire lancia una manciata di monete nella fossa di fusione del villaggio dove veniva fuso con il bronzo, una lega composta da rame e stagno, il tintinnabulum, così venivano chiamate allora le campane con riferimento al suono. Con questo gesto il patrizio  di cui si è persa memoria voleva sottrarre quelle monete ai barbari saccheggiatori e  anche per devozione,  e poi scompare a cavallo inghiottito dalla vicina foresta. Passano i secoli, anni la Comunità cresce e la campana dal bellissimo suono viene posta sul campanile di San Michele, luogo deputato a chiamare a raccolta i favriesi per accorrere in caso di pericolo esterno, poi per partire al servizio del duca di Savoia e successivamente per la pulizia della roggia nei secoli passati. Questa è una leggenda, ma se ci pensiamo bene le campane hanno sempre avuto un ruolo di rilievo nella nostra vita personale e in quella della Comunità dove vivo e alla quale appartengo, mi accompagnano giornalmente nei miei momenti più significativi con i loro rintocchi ora limpidi e gioiosi, ora cupi e gravi, ora maestosi e possenti.  I nostri lontani progenitori non concepivano lo svolgersi della loro vita privo del suono delle campane. Quel suono, oltre ad assolvere il suo compito specifico nell’ambito religioso, quello cioè di riunire i fedeli alle quotidiane cerimonie del culto, esercitava anche molteplici funzioni, tutte di grande utilità, nell’ambito civile. Esso scandiva, specialmente per i contadini, le diverse fasi della giornata, indicando il tempo del lavoro e quello del riposo; avvertiva il popolo dell’imminenza di un pericolo, lo chiamava a raccolta in caso di gravi disastri, lo convocava nelle pubbliche assemblee, teneva lontane le tempeste o ne placava la forza distruttrice, faceva da guida ai viandanti smarritisi, porgeva il benvenuto della Comunità agli ospiti di particolare riguardo. Le campane sono diventate, così, parte integrante dell’esistenza di ciascuno di noi e dell’intera nostra collettività, assurgendo a simbolo del piccolo angolo di mondo in cui viviamo. Campane del mio paese! Che piena di sentimenti suscita il vostro suono! Quanti ricordi si alzano e si disperdono dietro i vostri rintocchi, lungo l’eco del vostro suono che dolcemente si smorza! Vi hanno sentito i miei avi, vi sento io, vi sentiranno forse un giorno i miei futuri discendenti. Coi quotidiani, lenti rintocchi del mattino voi chiamate la luce al giorno, l’uomo al lavoro. Coi lenti e caldi suoni della sera richiamate il contadino dai campi a godere il riposo dal lavoro, l’intimità di tare in famiglia, la gioia del focolare e del contatto umano, ringrazio l’anziano favriese che ha fatto riemergere questa leggenda nelle interviste del progetto Favria si racconta.

Favria, 6.11.2021 Giorgio Cortese

Buona giornata. Quando una porta si chiude, un’altra porta si apre; ma purtroppo tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa, che non vediamo quell’altra che si è appena aperta per noi. Felice sabato