Il malvagio figlio dell’odio
Oggigiorno c’è una crepa in tutti i paesi del mondo, una crepa che sembra a volte sepolta dalla storia ma poi con la crisi che morde esce con il suo rosso filo di sangue. Mi riferisco all’astio e l’odio per “loro”, la contrapposizione “tra noi e loro” che spesso viene alimentata da certi governi sia democratici per non parlare di quelli autoritari dove ne diviene addirittura religione di Stato. Questo astio e odio per “loro”, per il diverso genera la violazione dei diritti umani, la diffidenza verso gli altri, migranti, omosessuali, donne, minoranze etniche. Verso di loro cresce un puro clima di odio, alimentato da un malcontento sociale diffuso, con il crescere di persone che con sempre più in difficoltà ad ottenerei servizi fondamentali come il cibo o le cure mediche e la “loro” concorrenza nel mercato del lavoro. Ecco che allora si vedono “loro” come concorrenti alimentando l’odio. Adesso il clima di odio ha alzato il livello in maniera preccupante con la campagna elettorale in corso, dove vari leader alimentano la paura dell’altro, del diverso, e fanno accrescere l’odio razzista xenofobo. In questo linguaggio ostile, tornano a risuonare parole superate dalla storia e da questa bocciate senza appello come: “fascisti, comunisti,” mi sembra di rivivere gli anni dell’adolescenza quando leggevo sui giornali scontri tra neri e rossi, le botte e le coltellate per la strada e anche l’uso di armi da fuoco nei cortei. Oggi questi piromani dell’odio ritornano ad imbrattare i muri con svastiche e falci martello su targhe che ricordano la memoria viva di martiri della democrazia. Ritorna l’insulto e l’aggressione ai tutori dell’ordine che difendono la sicurezza di tutti noi, mettendo ogni giorno a rischio la loro incolumità con stipendi davvero bassi. A chi difende la democrazia va la mia profonda gratitudine, a loro Onore autentico in mezzo a tanto dis-onore autoproclamato.
Favria, 27.02.2018 Giorgio Cortese
Dicono chi non legge, a 60 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito … perché la lettura è un’immortalità all’indietro
60! Primavera di senilità!
Oggi compio sessant’anni e rifletto Il tempo è un’emozione, ed è una grandezza di doppia dimensione, nel senso che lo posso vivere in due dimensioni diverse: in lunghezza e in larghezza. Se lo vivo in lunghezza, in modo monotono, sempre uguale, dopo sessant’anni, domani ho sessant’anni ed un giorno. Se invece lo vivo in larghezza, con alti e bassi, innamorandomi sempre di più della vita, allora dopo sessant’anni avrò solo trent’anni. Il guaio è che noi esseri umani studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla. Oggi con sessant’anni cerco di smettere di vivere da maturo l’età giovanile e vivo da giovane l’età senile. Mi sento agli albori della senilità, ed entro da cadetto nella squadra dei seniores. Nella Roma antica rottamare i sessantenni non era un modo di dire: sexagenari da ponte, ossia i sessantenni erano da gettare dal ponte Sublicio nel Tevere. Era quello allora lo scivolo per la pensione e il trattamento di fine rapporto con relativa liquidazione! In realtà il lancio era figurato, buttavano nel fiume il simulacro del rottamato. Ora ci sono modi più soft per rimuoverti e ci sono perfino privilegi risarcitori, come la carta d’argento con lo sconto sui treni e al cinema. E scatta la solita consolazione del paragone coi sessant’anni di mio padre e dei mei nonni, per dire che ora a sessant’anni sono diversamente giovane. Adesso che trasloco anch’io nello Stato dei sessantenni, da inguaribile ottimista ritengo che da oggi incomincia la pubertà della vecchiaia, l’adolescenza della quarta stagione. Gioco a carte scoperte con la sorte. Aspetto il turno, paziente. Evviva la sessantezza, primavera di saggezza!
Favria 28.02.2018 Giorgio Cortese
Ho scoperto prestissimo che i migliori compagni di viaggio sono i libri, mi parlano quando ho bisogno e tacciono quando voglio silenzio. Mi fanno compagnia senza essere invadenti, insomma mi danno moltissimo, senza chiedere nulla
A Marzo doniamo sangue, doniamo speranza di vita a chi ne ha bisogno!
Carissime donatrici e donatori, il principale compito della FIDAS ADSP è di sensibilizzare i cittadini sull’argomento donazione di sangue, piastrine e plasma, elementi fondamentali. Il sangue è un’esigenza quotidiana che diventa tragica ogni volta che manca, non solo in caso di eventi eccezionali quali terremoti, disastri o incidenti, ma anche e soprattutto nella gestione ordinaria dell’attività sanitaria: nell’esecuzione di trapianti e di vari interventi chirurgici, nei servizi di primo soccorso, nelle terapie oncologiche contro tumori e leucemie. In campo medico, il plasma composto dal 90% acqua e dal 10% proteine, è un componente del sangue sempre più richiesto e necessario. Oltre all’impiego che se ne fa in medicina generale, viene infatti largamente utilizzato per la composizione farmaceutica dei plasmaderivati come albumina, globuline, fattori della coagulazione, che sono dei veri e propri “farmaci salvavita” necessari alla cura delle malattie del sangue. Vi ricordo che il sangue i suoi componenti sono quindi presidi terapeutici indispensabili per la vita e purtroppo non sono riproducibili in laboratorio. Ciò significa che non esistono ad oggi alternative possibili alla donazione e se vogliamo una Sanità capace di prendersi cura di noi, non possiamo far appello solo sulla scienza e sulla medicina ma dobbiamo dare il nostro contributo. Penso che forse molto probabilmente che conosci queste informazioni, ciò che invece è importante che tu sappia è che c’è sempre necessità di donazioni. Mi rivolgo a Te donatore o persona che non hai mai donato di divulgare questo messaggio presso i Tuoi conoscenti e contatti. Se Vuoi donare o vuoi iniziare a donare a Marzo puoi andare a Pont Canavese venerdì 2, sabato 3. Bosconero domenica 4 – Feletto Domenica 4- Valperga domenica 4; Lunedì 5 a Pont C.se- Martedì 6 a Rivarolo C.se- Giovedì 8 a Locana- Sabato 10 a Ciriè-Lunedì 12 a Rivarolo Canavese- Giovedì 12 a Rivarolo C.se- Mercoledì 21 a Varisella – Giovedì 22 a Rivarolo C.se – Venerdì 30 a Bosconero. Indirizzi dei punti raccolta mese di Marzo, a Pont. Cse in via F. Roscio 2- Davanti Unicredit- Scuola Materna; Bosconero via Pagliassotti 16 – P. Interrato- Scuole Elementari-Piano terra; Feletto in via Bretto 12 presso scuole elementari; Valperga c.o RSA A. Barucco- via Busano 6; Rivarolo in Vicolo Castello 1 al Centro Sociale 1 piano; Locana presso edificio scolastico in Via Torino; Varisella in via don Cabodi 4 al piano terra locali del Municipio. Per info potete tel 011 6634225 – udrsegreteria@fidasadsp.it o contattare direttamente i Presidenti dei gruppi Fidas zona 2 Canavese che donano a Marzo. Facciamo tutti assieme un bel raccolto di sacche, facciamo un regalo alla vita e doniamo sangue. Grazie di cuore.
Quando ogni giorno ci poniamo un obiettivo sappiamo bene che è la più forte forza umana di auto motivazione e niente e nulla ci può fermare
I sillogismi sofistici dell’attuale politica.
Questa mattina un conoscente mi chiede a bruciapelo, di prima mattina, cosa vuole dire apodittico? Beh rimango sorpreso, respiro lungo per mettere in funzione l’unico malconcio neurone e poi mi riprendo, mi ricordo che deriva dal greco e significa mostrare! Insomma con apodittico si potrebbe definire un ragionamento inconfutabile, indubitabile. Un ragionamento apodittico dovrebbe avere già in sé tutta la forza di una dimostrazione che giustifica ogni obiezione. Secondo si definisce apodittico un giudizio assolutamente dimostrabile, di un’affermazione o di una negazione: ”Tutti i cerchi hanno un centro”. E fino qui va tutto bene, ma se apodittico deriva dal deiknymi, io mostro, e sembra che dimostri tutto in modo indiscutibile ma forse sarebbe meglio dire che apodittico è suscettibile di dimostrazione, allora il suo contrario che ne è alla base è anapodittico che indica che i principi enunciati non possono essere dimostrati e neppure hanno bisogno di esserlo, perché immediatamente evidenti e non possono essere contestati. Si parte da una affermazione di se per se evidente. Se dico che tutti gli uomini sono mortali, come premessa, io sono un uomo, in conclusione, io sono mortale, una conclusione apodittica innegabile. Ma da qui nasce la confusione nel linguaggio comune della politica, in quanto tutte e tre le affermazioni sono vere, solo che le prime lo sono di per sè, mentre la terza deriva da un ragionamento. In politica questi termini diventano dogmatico con l’utilizzo di ragionamenti cavillosi detti sillogismi sofistici, che permettono a certi politici di affermare che hanno sempre ragione anche quando hanno perso la ragione e pure la celebrata l’onestà come virtù congenita con le loro idee di cui si sentono i depositari e unici celebranti.
Favria, 2.03.2018 Giorgio Cortese
Leggo dei libri e loro mi rispondono e sembra che mi parlino. Alcuni libri mi donano gioia ed altri mi fanno riflettere o mi consolano. Che bella la lettura che mi insegna a conoscere me stesso
La rivolta dei dottori.
Nel leggere un libro ho trovato questo episodio accaduto a New York , Stati Uniti, nel 1788. In America ma anche in Inghilterra c’era la pratica diffusa, seppure illegale, riesumare i corpi dei defunti per studiarli a scopo scientifico. Richard Bayley, direttore dell’ospedale di New York, era un fervente fautore della tradizione. Finché a essere riesumati erano i corpi di bianchi poveri o di schiavi di colore, nessuno disse nulla. Quando però si diffuse la notizia che a essere riesumato era stato il corpo di una donna bianca… duemila persone si riversarono nell’ospedale, dove trovarono molti corpi mutilati e dissezionati. Indignati, i manifestanti scesero per le strade dando vita a una rivolta che, prima di essere sedata, costò la vita a tre persone, ma alcune fonti riferiscono addirittura di 20 morti.
Favria, 3.03.2018 Giorgio Cortese
La coerenza nel tempo di quello che si pensa e si dice è una cosa, la coerenza fra quello che si dice e quello che si fa è un’altra. Nella prima cambiare idea, pensiero è ammesso e, talvolta auspicabile, nella seconda è vergognoso.
La bisbetica domata!
All’inizio dell’anno, causa influenza ero bloccato a letto in casa e mi sono riletto La bisbetica domata, o addomesticata, come si tradurrebbe alla lettera, una delle prime commedie di Shakespeare, la più contorta forse, la più discussa. Una commedia che suo malgrado mi fa ridere amaramente perché piena di atrocità e di strani rapporti, dove l’amore non è amore ma interesse, dove la finzione è uno dei primi ingredienti già dopo due pagine di testo, dove si trova il gioco Elisabettiano del travestimento, perché in fondo i rapporti sono così falsati, cosi poco naturali che solo una stranezza quasi animalesca poteva rendere bene l’idea di cuori “selvatici”, appunto da addomesticare. Ma alla fine mi domando, ma era solo il cuore di Caterina, la bisbetica, a dover essere domato? Il tema principale di questa commedia è la condizione della donna nell’epoca elisabettiana, periodo storico in cui visse Shakespeare. L’autore, con La bisbetica domata, vuole criticare il ruolo affidato alle donne del tempo, analizzando la psicologia femminile con grande abilità. La figura di Caterina mostra con ironia i conflitti di una donna sposata, che vive uno scontro interiore tra il suo modo di essere e la sua intelligenza da una parte, e i doveri di moglie e il coraggio e l’ostinazione nel vivere con il marito Petruccio. Certo, generalmente Shakespeare non vede di buon occhio la natura femminile, considerando le donne frivole e civettuole, attirate solo dal lusso e dall’apparenza esteriore. Con La bisbetica domata vuole dimostrare che non sempre la ragazza che appare più educata e remissiva, come Bianca, sia in realtà la sposa in grado di amare veramente. Tuttavia, critica anche il ruolo degli uomini e in particolare del padre mercante delle fanciulle, che tratta le figlie come merci da vendere al migliore offerente. Consiglio di leggerla, molto interessante, la lettura di questa commedia è una sorta di conversazione con un grande autore del passato.
Favria, 4.03.2018 Giorgio Cortese
Nella vita di ogni giorno dobbiamo camminare insieme sostenendoci a vicendevolmente con ruoli ben definiti e con l’obbiettivo comune di concorrere alla buona riuscita di un’idea
Il fiorino, il dollaro del Medioevo.
Se si legge nei libri di storia in Europa si parla di una sola moneta dal 1252 in poi, del fiorino di Firenze. Viene battuto la prima volta quell’anno, in novembre, ma non è la solita moneta d’argento, ma fatto sorprendente, è d’oro. Per secoli nessuno aveva osato tanto. Da Carlo Magno in poi si era solo usato l’argento, l’oro era diventata una chimera, il commercio languiva. Ma nel Duecento, con la ripresa dei mercati nasce la necessità di un solido mezzo di pagamento di un valore unitario elevato, insomma affidabile nelle compravendite. I fiorentini hanno l’intuizione e della necessità e mettono in commercio questa moneta, dal diametro dei 5 centesimi attuali, del peso di 3,53 grammi, moneta riconoscibile da tutti da un lato l’effige si S. Giovanni il Santo Patrono di Firenze e dall’altra il giglio, simbolo della città. Nonostante il pare non lusinghiero di Dante, che nella Divina Commedia parla del fiorino come strumento di avidità che aveva pure modificato la Chiesa del suo tempo, il fiorino diviene l’emblema della nuova mentalità in Europa, che fonda tutta la sua forza nell’intraprendenza della banca, che si affida al sua capitale per crescere nella finanza internazionale del tempo. Insomma un successo che si propaga come una vera e propria epidemia. Dopo pochi anni ha già superato i confine di Firenze per diventare indispensabile negli scambi a Roma, nel Regno di Napoli e nell’intero Stivale. Poi arriva in Francia, Spagna, Inghilterra, nei Paesi Bassi, in Germania ed Ungheria. Si allarga sempre di più fino alla regione baltica, diventando come adesso il dollaro l’unica valuta accettata da tutti. La domanda di fiorini cresce e la zecca di Firenze risponde con l’emissione di 400.000 esemplari annui coniando negli anni Trenta del Trecento. Poi 352mila del 1344-45, oltre i 340mila nel 1350-51. Pensate che la fortuna del “fiorino” e dei banchieri Fiorentini durano tre secoli, ma nel 1400 viene scavalcato dal “ducato” Veneziano, una sua imitazione, ma le emissioni durano sino al 1542, anno dell’ultima emissione. Poi il tempo del fiorino e di Firenze cadono nell’oblio della storia, si profilano nuove monete espressione di una nuova egemonia europea, atlantica e mondiale, ma questa è un’altra storia
Favria, 5.03.2018 Giorgio Cortese
Ci sono persone false come un “Per 2 persone” sulla confezione dei tortellini!
Il rampante!
Chi non incontra durante la giornata delle persone che si atteggiano a rampanti! Persone che si arrampicano nella società ed hanno una smisurata ambizione. Pensare che rampante è il participio presente di rampare, derivato di rampa, che deriva da ranfia affine a granfia, zampa di animale con artigli per trarre a sé la preda. La parola deriva dal longobardo krampf, uncino. Come si vede. Anzi come si parla il verbo rampare, di cui rampante è participio presente, non viene più usato, nonostante la rampa, l’arrampicarsi, il rampicante, il rampino, il rampone, il ramponiere, e proprio il rampante, derivano da quel vecchio verbo. Come detto prima, il termine di base è rampa, che significava anche all’origine uncino, zampa, di origine longobarda. Nel rampare, e soprattutto nel rampante, questo elemento animalesco è colto quando si descrive l’arrampicata. Se penso ai rampanti, mi viene da pensare ai leoni e agli altri animali rampanti che popolano gli stemmi araldici, tutti maestosamente e aggressivamente dritti su una zampa, con le altre sfoggiate con gli artigli. Oggi la qualità di questi novelli rampanti è la loro ambizione, l’atteggiamento di mettersi in mostra come gli animali negli stemmi araldici. Quest’ascesa è simile a quella che si trova in un un rampante architettonico, l’arco rampante, uno degli elementi più caratteristici dello stile gotico. Tornando ai novelli rampanti trovo che con il loro atteggiamento cercano di scagliare in alto la loro ottusa bestialita ma la loro sostanza è solo l’ombra di un sogno. Un sogno non è che un’ombra!
Favria, 6.03.2018 Giorgio Cortese
Molte volte vedo che nelle grandi cose i miei simili si mostrano come conviene loro di mostrarsi, nelle piccole, si mostrano quali sono.