La schedatura pongolitica
La proposta letta sui media di schedare i Rom, mi ha fatto riflettere sul significato della parola scheda che deriva dal greco e indica un rettangolo di carta o di cartoncino di dimensioni varie, in bianco o con diciture a stampa, usato per trascrivere dati e annotazioni che possano essere poi raccolte e disposte secondo un determinato ordine. Usiamo anche la scheda e la scriviamo in inglese card, per indicare la carta di credito creditcard, postcard o in elettronica per indicare un circuito stampato, una scheda, una piastra, e in informatica, in passato come equivalente di scheda perforata. E qui arrivo alla seconda parola che è stata recentemente inventata e che fotografa l’attuale situazione politica, la pongolitica. Parola composta da Pongo, marchio registrato di materiale plasmabile e colorato, simile alla plastilina, usato dai bambini per modellare, e da politica, dal greco antico politikè, ovvero l’arte di Governare. Da bambino mi ricordo che ho giocato con il pongo, materiale che viene prodotto in svariati colori intensi e sfavillanti. Ricordo pure che dopo aver giocato a lungo e nel riutilizzarlo i colori si mescolavano fra di loro e alla fine aevo per le mani un ammasso informe, praticamente inutilizzabile, dal un colore indefinito sullo scuro con varie venature. Ecco che oggi in democrazia, come elettore magari voto un colore politico che per me è il più inteso e brillante e poi terminato lo spoglio delle schede, e qui torno alle schede la parola iniziale, quando si deve mettere in pratica le promesse elettorali i politici dell’italico stivale dove mesi di chiacchiere, mescolamenti e di manipolazioni, proprio come per il pongo, succede che il nuovo governo dai due colori iniziali diventa un inqualificabile colorino grigio e si riveli quindi inutile al suo scopo: risolvere i problemi del paese con delle inutili schedature perchè la scheda, quella che conta e che noi possiamo usare è quella elettorale.
Favria, 27.06.2018 Giorgio Cortese
Nella vita di ogni giorno devo sempre comportarmi con un fiume e mai come una roccia, perché alla fine il fiume vince sempre non grazie alla sua forza ma alla perseveranza.
Zuffa o Rissa!
Zuffa viene dal longobardo zupfa, che vuol dire “ciuffo”, da cui “acciuffarsi”, “prendersi per i capelli”. Ancora oggi in tedesco la parola zopf è l’equivalente di treccia o codino e zupfen traduce il verbo tirare, riferito spesso ai capelli. A tramandare il termine zuffa ai giorni nostri ci hanno pensato tra gli altri due tra i padri della lingua italiana: Torquato Tasso, che nel poema epico Il Goffredo scrive: “Dunque, codardo, il capitan tuo vedi In zuffa co’ nemici e solo il lassi?” e Niccolò Machiavelli, che nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, introduce l’espressione “zuffe campali”. Rissa invece, che di zuffa è sinonimo, viene dal latino rixa, litigio, da cui derivano anche il francese rixe e lo spagnolo rina.
Favria, 28.06.2018 Giorgio Cortese
Ogni giorno l’entusiasmo trova le opportunità, ma è la passione che metto che crea la maggiore parte di queste
Il senso dell’infinito.
Infinito e senza fine, senza limiti, senza forme senza forma, e quindi informe e mostruoso, come scriveva il poeta Esiodo, e il filosofo Pitagora il principio era il caos. Già, gli antiche greci non avevano molta simpatia per infinito, un concetto che significava soltanto l’assenza di ordine, e veniva ritenuto incomprensibile e paradossale. Incomprensibile perché non si poteva delimitare, circoscrivere, e allora come si poteva comprendere qualcosa che non ha fine? Con le nostri menti umane come si può a immaginare qualcosa di infinito. È paradossale perché se lo spazio è infinito, non ha senso di parlare di parlare di alto e di basso, se è infinito come potrebbe essere? Per immaginare l’infinito, nella mioa piccola e limitata mente penso a tutte le opere d’arte e libri del mondo che conosco, molto pochi, ed infinite loro volta sono opere d’arte e libri che non conosco e che non potrò mai calcolare. Ecco, devo ammettere, il mio limitato cervello spazia in questo mare infinito e si perde, sono umano e già limitato di mio ma penso a Leopardi che aveva capito tutto:! E’ bello naufragare ….
Favria, 29.06.2018 Giorgio Cortese
Troppe volte durante la giornata sottovaluto il potere di un sorriso, una parola gentile, di ascolta con pazienza o un piccolo atto di attenzione, che hanno tutti il potenziale per trasformare le vite delle persone che incontro
Blasonato.
La parola blasonato significa oggi nobile e che ha prestigio, deriva dal l francese blason scudo su cui solitamente campeggiavano su questi stemmi con il motto ispiratore. Secondo altri linguisti dall’antico tedesco blasen, ovvero soffiare, perché durante i tornei medievali, per annunciare l’arrivo di un cavaliere, l’araldo suonava il corno e poi descriveva lo stemma del cavaliere. Oppure anche dall’antico tedesco blasse, bolla, per la forma rotonda dello scudo o anche sempre dall’antico tedesco blas, con il significato di biancheggiare, da li blasse macchia bianca, per significare le strisce che percorrevano lo scudo gentilizio. Come si vede il blasone è lo stemma gentilizio, nobiliare, e il motto ispiratore che spesso lo accompagna. Evidentemente, quindi, è blasonato chi si fregi del blasone, cioè chi appartenga a un lignaggio di sangue blu. Ma oggi al crepuscolo delle casate nobiliari, questo attributo sopravvive con dei significati figurati che sono il prestigio. Tornando agli antichi blasoni, l’usanza di identificare una famiglia con uno stemma, come oggi si identifica una marca di auto o altro dal logo o detta all’anglosassone brand, termine e inglese che sta a significare marca. l’etimologia della parola brand deriva dal nordico brandr, bruciare, marchiare a fuoco. Come dice questa usanza dello stemma di dipingere lo scudo di un cavaliere con colori e figure tramandati da padre in figlio si affermò all’improvviso nella società feudale all’epoca della seconda crociata più o meno. Da allora signori e cavalieri firmavano i propri atti ufficiali con un sigillo , su cui ben presto cominciarono a far rappresentare il proprio scudo, diventato elemento essenziale del loro rango. Ma i sigilli venivano anche usato dai prelati e dai comuni, le corporazioni ed ordini religiosi, e poi anche da artigiani e borghesi, il possesso di una stemma smise di essere prerogativa esclusivamente nobiliare. Pensate che nel 1697 il Re Sole impose a diverse categorie di sudditi di portare uno stemma attribuito d’ufficio dai burocrati. Questi burocrati talvolta inclini a scherzare recapitarono ad un farmacista uno scudo su cui erano raffigurate una siringa e tre vaci da notte, e il malcapitato per tale onore dovette, come tutti, pagare la relativa tassa. Oggi ogni Comune ha il suo stemma, raramente antico. Il Comune di Favria ha lo stemma araldico, un drappo troncato di rosso e di azzurro che ricorda gli antichi signori del Monferrato ed i Savoia, mette in evidenza il carattere laborioso della popolazione mediante simboli che rappresentano le attività agricole e commerciali, ed il lavoro in genere. Le tre api, con la loro classica operosità, si sono prestate particolarmente allo scopo, la ruota dentata di nove pezzi accompagnate da nove spighe di frumento, disposte a raggera, alternate ai denti della ruota. Tornando ai blasoni in Unione Sovietica ogni sovchoz e kolchoz aveva il proprio stemma ornato di un trattore o mietitrebbia anziché il leone rampante. Pensate che lo stemma della Regione Piemonte, la croce bianca in campo rosso, caricata con un rastrello blu, è quello originario dei principi di Acaja, e secondo le regole araldiche il rastrello aggiunto al blasone dei Savoia indica che si trattava di un ramo cadetto. Una curiosità i colori delle due squadre di Milano, rossoneri e nerazzurri, erano i colori di due quartieri già rivali nel Cinquecento di Milano. E oggi se vedo il logo della Ferrari con il cavallino rampante non posso non pensare che il linguaggio dell’araldica sia ancora vivo tra di noi ma forse abbagliati da innumerevoli messaggi non riusciamo più a coglierlo.
Favria, 30.06.2018 Giorgio Cortese
Buona giornata. Nella vita di ogni giorno il coraggio e la perseveranza possiedono un talismano magico di fronte al quale le difficoltà scompaiono e gli ostacoli svaniscono nel nulla.
E’ importante!
È importante che tutte le persone in buona salute tra i 18 e i 65 anni siano consapevoli dell’importanza del gesto prezioso del dono e contribuiscano con la loro solidarietà a garantire la continua disponibilità di sangue anche durante questi mesi di caldo eccessivo. Ti aspettiamo mercoledì 11 maggio a Favria ore 8-11,20 cortile interno del Comune. Per chi si avvicina la prima volta o sono più di 5 anni che non dono sono previsti solo esami di idoneità con un permesso orario di max due ore. Per i lavoratori autonomi è previsto la corsia preferenziale dei prelievi entro le ore nove del mattino. Grazie del dono e se fate passa parola. E’ sospesa la donazione differita, se giudicato idoneo dal dottore doni subito!
Favria 1.07.2018 Giorgio Cortese
Ricordati che è importante donare sangue ed in estate è ancora più vitale. Vieni a donare mercoledì 11 luglio a Favria cortile interno del Comune dalle ore 8,00 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te! . E’ sospesa la donazione differita, se giudicato idoneo dal dottore doni subito! Per darti un miglior servizio e per informazioni telefona al cell. 3331714827