Nuove pagine di Giorgio Cortese dal 1 Ottobre

OTOBER
E’ un bel mese, ottobre. Il sole è un po’ stanco, ma si dà ancora da fare per dipingere le foglie di rosso e di giallo, nella natura dominano i colori. Le foglie del vicino parco, insuperbiscono di quei bei colori, senza sapere che basta un soffio di vento per staccarle dal ramo. Un lieve volo e giù, per terra . Se durante la notte il vento tira un po’ più forte, l’indomani c’è tutto un tappeto frusciante sul terreno. Ed intanto l’esperto del colore Ottobre gira per la natura donandole quesgli insuperabili colori.
Favria, 1.10.2014   Giorgio Cortese

Certi giorni rimango basito ed in  silenzio di fronte alla falsità di certe persone, perché il disprezzo che provo è davvero tanto.

Da putus all’odierno Botolo
Il lemma botolo, oggigiorno usato per indicare un piccolo cane,  tozzo, robusto e ringhioso, ma non ritenuto eccessivamente pericoloso deriva dal latino  putus, in senso di piccolo, mediante la probabile forma diminutiva putulus, da dove deriva anche la parola putto. Ma potrebbe anche derivare da una vecchia parola di origine celtica bot, con il significa di corpo gonfio, rotondo. Oggigiorno significa oltre ad un cane di piccola taglia, come sopra descritto anche una persona maligna, ma impotente a nuocere e, come scriveva Dante nel Purgatorio 14. 46: “ Botoli trovo poi venendo in giuso, ringhiosi più che non chiedere lor possa”.., purtroppo ci sono anche ai giorni nostri
Favria 2.10.2014     Giorgio Cortese

Non è vero che durante la giornata ho poco tempo, la verità ne perdo molto, anche a scrivere adesso questa frase!

I Dioscuri
Osservando il magnifico quadro in tecnica mista: “Lo strappo dei Dioscuri, due gemelli quasi invincibili” mi sono ricordato di questo mito degli antichi greci e romani, di cui sono sempre rimasto affascinato. I Dioscuri,  ossia “figli di Zeus”, di nome il primo Castore che era mortale ed il secondo Polluce che era immortale, generati insieme con Elena dall’uovo di Leda, congiuntasi con Zeus trasformato in cigno.  Questi due stupendi eroi mitologici compivano le loro gesta sempre uniti,  Castore domatore di cavalli e Polluce abile nel pugilato.  Questi due gemelli erano considerati delle  divinità benefiche e salvatrici. Erano anche protettori dei naviganti nelle burrasche. Fra le gesta a loro attribuite, la liberazione della sorella Elena che era stata rapita da Teseo, la loro partecipazione alla mitica spedizione degli Argonauti, la caccia del cinghiale Calidonio.  Ma forse gli antichi greci e romani erano legati molto a loro dal leggendario rapimento delle Leucippidi, in cui Castore fu ucciso dagli Afaridi. Allora,  Polluce pregò il padre Zeus che mandasse la morte anche a lui, ma Zeus gli concesse di rinunciare a metà della propria immortalità in favore del fratello. Così i due vivono insieme alternativamente un giorno nell’Olimpo e un giorno nel regno dei morti. Il mito di questi due fratelli gemelli, mi ricorda le relazioni tra fratelli ed a parenti molto stretti . Ci sono, infatti, relazioni che sono simili a una brace sulla quale si stende il velo della cenere del tempo, della distanza, delle preoccupazioni personali. Eppure la brace non è morta, può sempre tornare a sfavillare. C’è una grande carica nell’”implicito”, quando gli affetti sono profondi e autentici. Non servono le sdolcinatezze, la ripetizione ossessiva e l’esplicitazione ostentata, ma basta solo un intreccio degli sguardi, il tocco di una mano, il balenare di un sorriso. Questa felice situazione è raggiunta, però, solo quando c’è una base vera, un vincolo simile a quello dei mitologici Castore e Polluce. Questi tipi di legami sono sempre più rari nella nostra società, dove si vogliono solo costruire legami in fretta, affidandosi solo a ciò che si vede in superficie, che si tocca sulla pelle, che si misura in emozioni forti e immediate. Il sentimento genuino è invece, delicato, sboccia come un fiore, ha bisogno di poche ma intense parole. Parole che rimangono anche nei silenzi e che dicono un amore o un’amicizia o una fraternità destinati a non morire mai. Personalmente mi basta anche una parola una parola sentita e ripetuta molte volle nella mia infanzia, una parola antica ma sempre nuova e fresca per l’animo.
Favria 3.10.2014      Giorgio Cortese

In punta di penna.
Una libera riflessione in punta di penna sul  17 raduno del 1° Raggruppamento Alpini, 28 settembre ad Omegna. Mi rendo conto che l’adunata può essere un allegro convivio, ma spesso può diventare un viaggio trascendente, nel mio animo, di notevole portata dove presente e passato si fondono in emozionanti esperienze.  In un contesto mondiale globalizzato dove in nome della dittatura economica sono state spazzate via troppo frettolosamente culture, ideologie e forse religioni, la sfilata degli alpini ci richiama al passato, troppo recente per non averne già nostalgia. Probabilmente è l’unico esercito “vero” che ha ancora l’Italia, con ciò che rimane dell’arma dei Carabinieri e delle sue associazioni e simpatizzanti, sacrificati sull’altare della “nuova polizia europea”, Veci e bocia, con la loro semplice spontaneità,  mi inducono a riflettere su cosa siamo oggi come Italiani e come Nazione. Durante queste adunate emerge con sincero e positivo orgoglio, lo spirito alpino che mi genera linfa per rinforzare nel mio animo dei valori assoluti, i valori alpini fatti di pace, solidarietà e fratellanza. Questo spirito alpino, trae forza con ogni adunata ed è sopra di tutti noi ed allo stesso tempo noi tutti, che abbiamo partecipato alla bella giornata di festa, ne facciamo parte. Noi alpini siamo uniti da un unico tetto, il capello e da una sola bandiera, il tricolore. La nostra peculiarità è la penna che oltre a portarla con sincero e positivo orgoglio sul cappello ci unisce su sani valori, lo Spirito Alpino. Lo Spirito Alpino è dunque la somma e la parte di tutto questo è la colla che ci tiene assieme a scapito di tutte le avversità passate presenti e future esso sta in un raggio di sole di una fredda mattina d’inverno e alla stessa stregua  ci fa ben sperare in un domani dove comunque vada ci sarà sempre spazio  per i valori e i sentimenti in cui abbiamo sempre creduto, grazie al capogruppo Giovanni, Sergio, Antonio, Martino, Elio, Roberto, Daniela, Magda, Laura e a tutti quelli che hanno partecipato alla gita. Un sentito grazie a Valerio e Piera per la loro sincera spontaneità e voglia di trascinarci tutti una allegra giornata di contentezza e serenità. Grazie a tutti ed evviva gli Alpini, W la Veja!!!
Favria, 4.10.2014     Giorgio Cortese

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